A un amico che ha perso la fede a causa del neoclero. Queste righe non sono una mera esercitazione letteraria, ma una lettera vera indirizzata a un amico vero una persona in carne e ossa, che si trova nella situazione descritta
di Francesco Lamendola
Per prima cosa, vorremmo precisare che queste righe non sono una mera esercitazione letteraria, ma una lettera vera, indirizzata a un amico vero, una persona in carne e ossa, che si trova esattamente nella situazione descritta nel titolo: ha perso la fede a causa del modo di fare e di essere del neoclero della neochiesa, specialmente da quando il neopapa Bergoglio è stato eletto al soglio di san Pietro. Questo amico è rimasto talmente ferito e amareggiato nei suoi sentimenti di cattolico, talmente umiliato e offeso – come direbbe Dostoevskij – da quel che sta succedendo nella Chiesa cattolica non solo ai nostri giorni, ma ormai da un bel po’ di anni, e talmente scoraggiato e frustrato al pensiero che non vi è più, secondo lui, alcuna speranza di veder tornare la Chiesa, la vera Chiesa, sulla retta via ora smarrita, e di vedere archiviata, come un brutto sogno, la funesta stagione presente, nella quale, all’ombra di una attuazione dello “spirito del Concilio”, si sta distruggendo tutto, dottrina, pastorale, liturgia, e, in ultima analisi, la fede stessa, da averci confessato di aver perso la fede.
Siamo stati testimoni del suo progressivo smarrimento, del suo crescente ripiegamento interiore, del progressivo avanzare della malattia dell’incredulità, e possiamo assicurare, in piena coscienza, che la causa di tutto ciò risiede non in lui, in una sua problematica personale, ma nello stravolgimento della Chiesa attuato dal neoclero, specialmente – ma non solo - in questi ultimi anni. Il nostro amico è una persona di buon cuore, molto generosa e benevola; una persona molto, molto colta; una persona cresciuta con una educazione cattolica, severa ma non bacchettona; la quale, giunta al culmine di una vita di lavoro e di intensi impegni familiari, si vede crollare addosso tutto l’edificio spirituale nel quale è cresciuta e sul quale ha sempre fatto affidamento. Come lei, ce ne sono chissà quante, che stanno vivendo, in silenzio, lo stesso dramma, o qualcosa di molto simile. Abbiamo visto la sua tristezza aumentare un giorno dopo l’altro; abbiamo trascorso tanti giorni a discutere, a considerare la situazione, a domandarci cosa stia realmente accadendo, quale sia il senso dei cambiamenti in atto, dal Concilio Vaticano II in poi, nella Chiesa di Cristo; anche il nostro amico si è sforzato, a lungo, di conservare un po’ di speranza, e ha cercato, fin quando gli è stato possibile, delle spiegazioni che permettessero di salvare un minimo di fiducia nei pastori che oggi accompagnano il popolo cristiano. Da un po’ di tempo, però, si è arreso: ha gettato la spugna. Ha visto l’orizzonte di speranza restringersi sempre di più; ha visto un neoclero arrogante, apostatico, sfrontato, fare a pezzi, un giorno dopo l‘altro, con protervia crescente, quanto è più sacro al cuore di un credente: la santa Messa, il Sacramento dell’Eucarestia, quello della Confessione, il senso della grazia e del peccato, il valore immenso della preghiera come riconoscimento del limite umano e come affidamento totale alla volontà di Dio, come Gesù ci ha insegnato:Padre, sia fatta la Tua volontà, non la mia.
Vorremmo dire qualcosa a questo carissimo amico, e a tutti quelli che si trovano in uno stato d’animo simile al suo; vorremmo dire ad essi quelle parole di consolazione, di fede e di speranza che il neoclero ha smesso di dire, perché troppo occupato a parlare dei migranti, dei ”poveri”, dei “profughi”, e dei peccatori che non vanno aiutati a uscire dal peccato, ma “accompagnati” fraternamente, non si sa dove, forse ancora e sempre nel loro peccato, ma, sia chiaro, con misericordia, con tanta, tanta misericordia, come non si stanca mai di dire il misericordioso signore che siede attualmente, e abusivamente, sul soglio di san Pietro; quel signore che ha detto di non credere in un Dio cattolico e che ha osato benedire le persone, venute da lui per ricevere una parola cristiana, con queste assurde parole: Chiedo per questo su tutti voi la benedizione di Dio, Dio Padre di tutti noi, Padre di tutte le confessioni… Dio Padre del giudaismo, dell’islamismo, del buddismo: questa è stata la benedizione del “papa” cattolico ai cattolici. Non importa quale Dio pregate, non importa a quale Dio vi rivolgete per la benedizione. Dio, che non è cattolico, è il Padre di tutte le religioni. Molto bene: dunque, la religione che professa il signor Bergoglio è il sincretismo globale. Buono a sapersi. Ma intanto il nostro amico ha perso la fede; e, se osa esprimere i suoi dubbi, le sue angosce, deve anche sentire le parole di rimbrotto, d’irrisione, e gli amari insulti che Bergoglio rivolge a lui e a tutti quelli come lui, pubblicamente, un giorno sì e un giorno no, specialmente dall’ambone della chiesa di Santa Marta, nell’omelia della Messa. E intanto il neoclero trionfa, e miete applausi e consensi, specialmente al di fuori della Chiesa: dai radicali, dagli atei militanti, dagli esponenti delle false religioni, con il falso papa che bacia il Corano (cioè il libro in cui è scritto che Gesù non è il Figlio di Dio e che sono degli infedeli quanti lo affermano) ed invita i musulmani alla santa Messa, oppure che si mette in testa la kippah e assicura ai “fratelli maggiori” giudei (l’infelice appellativo è stato varato da Giovanni Paolo II) che l’Alleanza stabilita da Dio con loro è sempre valida, ossia che non vale la pena di farsi battezzare, e meno ancora di convertirsi al cristianesimo: basta farsi circoncidere e restare nella fede di Mosè, e la salvezza è comunque assicurata, insieme al possesso della Verità. Anche se Gesù ha detto, di se stesso, con estrema chiarezza: Io sono la Via, la Verità e la Vita. Non ha detto: io e Buddha; non ha detto; Io e Mosè; non ha detto: io e un profeta che verrà dopo di me, Maometto. No, ma ha detto: Io sono la Via, la Verità e la Vita; chi ha visto me, ha visto il Padre.
Che cosa dire a una persona più grande, più colta, più ricca di esperienza, e anche più esperta di psicologia e problemi esistenziali, in una situazione di questo tipo? Un tempo la Chiesa sosteneva, confortava, consigliava le anime in dubbio; oggi è diventata, spesso, la più grossa pietra d'inciampo sul cammino della fede. Oggi i fedeli cattolici hanno, nel loro parroco, nel loro vescovo, non la guida spirituale sicura, non il maestro di vita e di dottrina, ma il tentatore, il "diavolo", nel senso etimologico della parola: colui che, mediante la calunnia, viene a portare la divisione. E al vertice della piramide dello scandalo c'è proprio lui, il papa argentino, o colui che dovrebbe essere papa: che dovrebbe assicurare la fede e proteggere l'unità dei credenti, anche a prezzo della sua stessa vita. Quali insegnamenti dobbiamo trarre da tutto ciò, verso quali mete ci indirizza il momento storico che stiamo attraversando? Prima di tutto, una cosa non deve mai essere dimenticata: la Provvidenza di Dio non va mai in vacanza (e nemmeno le male arti del diavolo, se è per questo). Pertanto, se la Chiesa, a partire dal Concilio Vaticano II, ha fatto il tremendo errore - ammesso che si sia trattato "solo" di un errore - d'immaginare che la guerra tra il bene e il male è finita, e che il credente non deve più guardarsi le spalle da alcun nemico, né esterno, né interno, ciò non significa che Dio ci ha abbandonato come pecore senza pastore, in mezzo ai lupi. Il pastore c'è, c'è sempre e ci sarà sempre: è Lui stesso, il Buon Pastore, che già una volta ha dato la sua vita per noi, e che, dopo averci lasciati materialmente, ci ha affidati alla protezione, al consiglio, all'aiuto del Paraclito, il Consolatore da Lui mandato, per vegliare sulla sicurezza delle nostre vite e per indirizzare i nostri passi verso la vita terna. Pertanto, il credente non deve sentirsi abbandonato, mai; messo alla prova, sempre.
Oggi la prova viene soprattutto da dentro la Chiesa, non dal di fuori: è questa la sconcertante novità. Ma di che stupirsi, in fondo? Il diavolo è astuto; se non riesce a entrare nella fortezza da un lato, prova dall’altro, per vedere se è altrettanto ben difeso, oppure no. In questi ultimi decenni la nostra fede si è indebolita, il modo di pensare della società moderna ha sopraffatto i convincimenti e i valori religiosi, e di riflesso anche il clero, con la scusa di “aggiornarsi” e di essere più in sintonia con gli uomini di questo tempo, ha fatto la stessa cosa: ha posto fra parentesi il modo di essere cristiano e si è adeguato al modo di essere del mondo. Ci ha guadagnato applausi e popolarità, sia dai non cattolici, sia da quei cattolici, e sono molti, i quali non aspettavano altro che un clero così “misericordioso” da essere pronto e disposto a tirare un colpo di spugna su tutti i peccati, alcuni abbuonandoli in nome della misericordia, altri, addirittura, dichiarando che non sono più peccati; e, per tutti, affermando che ogni credente deve essere giudice della propria coscienza e che se, in coscienza, sente di non poter fare diversamente da come sta facendo, allora va bene anche ciò che, in teoria, non sarebbe bene, ma lo diventa, in nome di un “realismo” che altro non è se non una resa al mondo. L’ottavo capitolo di Amoris laetitia è la codificazione di questo “realismo” che, in nome di una falsa e ingannevole misericordia, annulla il concetto stesso di peccato, cioè di quel che è male in base a una legge oggettiva, stabilita da Dio stesso, e introduce il relativismo, cioè l’idea che ogni atto morale deve essere valutato caso per caso, a seconda delle situazioni, ma, in ogni modo, sempre lasciando l’ultima parola al singolo individuo, libero e sciolto dalla legge oggettiva. Ciò avviene quando si toglie al cristianesimo ciò che gli è proprio ed essenziale: la croce. I cattolici odierni, a ciò incoraggiati da un clero allo sbando e da alcuni teologi irresponsabili, vorrebbero un cristianesimo senza la croce, un Vangelo senza bisogno della Redenzione, un Dio che non giudica, e che forse non è nemmeno Dio, ma un simpatico, allegro e tollerante compagno di strada, una specie di Babbo Natale che serve solo a dire “bene, bravi, continuate pure così” anche a quanti si sono messi su strade sbagliate. Però, sia chiaro, l’hanno fatto in coscienza e poi, si sa, il mondo moderno è assai complesso, e in tutta questa complessità non si deve essere troppo severi, bisogna tener conto della delicatezza di certe situazioni. Se uno ha rotto il Sacramento del Matrimonio, per esempio, e si è preso una nuova compagna, o l’ha sposata in municipio, non si potrà mica per questo negargli il “diritto” a ricevere la Comunione. E non si potrà essere tanto inumani da pretendere che egli lasci quella donna, o che viva con lei castamente. Inoltre, forse ci sono dei bambini di mezzo: dico, non vorremo mica far soffrire i bambini? Preoccupazione che non c’era, evidentemente, quando quel matrimonio è stato infranto, e lui (o lei) se n’è andato per la sua strada: in quel caso, i bambini se ne sarebbero fatta una ragione, e poi, si sa, ci sono legioni di psicologi pronti a giurare e spergiurare che il trauma della separazione dei genitori non è poi così grave, non è veramente un trauma, anzi, tutto sommato è il male minore, se proprio non si poteva fare altro… E così, di compromesso in compresso, di ipocrisia in ipocrisia, di falsificazione in falsificazione, i cattolici moderni se la raccontano, si giustificano, rifiutano ogni accusa, non accettano indici puntati,nessuno li può giudicare, come dice il papa; il quale, per premiare una coppia “cattolica” che viveva da otto anni senza essersi sposata, ma avendo fatto alcuni figli nel frattempo, ha messo tutto a posto, sposandola, si fa per dire, a bordo di un aereo di linea, sopra le Ande, a undicimila metri d’altezza: unendo così l’utile e il dilettevole, e la morale cristiana alle ragioni dello spettacolo, le quali non lasciano certo indifferente o insensibile il signor Bergoglio.
Dio non ci abbandona mai, (nonostante il falso papa argentino) ma talvolta ci mette alla prova. Oggi la nostra prova è questa: conservare la fede nonostante il neoclero e nonostante i suoi disastrosi esempi.
A un amico che ha perso la fede a causa del neoclero
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