ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 26 maggio 2018

I deviati

Dopo la legge 194 e la legge 40 si prepara l’invasione finale. E i cattolici non hanno niente da mettersi 

La legge 194, intitolata con macabro umorismo istituzionale “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”, ha appena compiuto quarant’anni.
Una carriera di successo, va riconosciuto, perché, grazie a lei (la legge), la maternità è stata “tutelata” con sei milioni di esseri umani chirurgicamente ammazzati nel grembo delle loro madri e un numero indefinito ma sterminato di altri esseri umani soppresso chimicamente grazie ai veleni spacciati dall’industria del farmaco, la cui straordinaria fortuna va comunque ascritta agli strepitosi effetti pedagogici della stessa legge. Insomma, quarant’anni di soddisfazioni.
La 194, infatti, non solo ha trasformato i reparti di ostetricia in strutture che schizofrenicamente somministrano la morte mentre, nel box accanto, assistono la vita nascente, ma, rimuovendo il divieto di aborto e la relativa sanzione, ha aperto la porta alla rapida assimilazione di un nuovo modo di pensare, determinando il rovesciamento del generale giudizio di condanna fondato sul presupposto della intangibilità della vita umana e del suo valore; giudizio che, a partire dal mondo greco, si era consolidato nella morale comune e, col diffondersi del messaggio cristiano, aveva attraversato tutta la cultura occidentale.
La norma è riuscita in breve tempo ad assorbire e via via cancellare nella coscienza collettiva la percezione del disvalore morale insito nella soppressione di un essere umano innocente. Il significato del principio di intangibilità della vita è stato nel frattempo mistificato e oscurato anche per via mediatica, distorcendo il concetto stesso di vita: da dato oggettivo, naturalisticamente accertabile, la vita è diventata nel comune sentire la proiezione di un criterio soggettivo, ovvero termine di una valutazione personale, e perciò dipendente da questa valutazione.
Nel conflitto tra il valore della vita in sé e il valore della volontà (del soggetto designato: nel caso dell’aborto, la madre, previamente suggestionata e rieducata per estirparle ogni barlume di ragione), vince la volontà, a cui – onde non rischi di essere assimilata sic et simpliciter all’arbitrio – viene artatamente assegnata quella qualifica di “diritto” che oggi non si nega più ad alcuna pretesa desiderante, da che il relativismo etico è assurto stabilmente a criterio giuridico. È chiaro che Alfie e l’aborto post-natale teorizzato da Singer e dai mostri suoi allievi, e realizzato impunemente oggi sotto l’ombrello delle istituzioni, sono gli epigoni raccapriccianti di una mentalità radicatasi negli ultimi decenni come una metastasi nel corpo sociale.
Come sempre, le parole magiche servono a offuscare la realtà dell’oltraggio alla vita umana fino a rendere digeribile l’indigesto e fare di questo oltraggio, nell’immaginario collettivo, cosa buona oltre che cosa giusta. Il canovaccio si ripete e passa dall’interruzione volontaria di gravidanza all’eutanasia all’eugenetica e a tutte le pratiche di morte mascherate da azioni benefiche figlie del progresso etico e tecnologico nell’era gloriosa del postumano.
Il dopo 194: la perversione del creato
 Tuttavia, posti gli innegabili meriti eversivi della nostra legge, che “tutela la maternità” in modo alternativo, c’è da chiedersi quale significato e quali prospettive abbia oggi la battaglia sedicente pro life concentrata sulla 194, quando l’ecatombe quarantennale dell’aborto è moltiplicata all’ennesima potenza dalla pratica faustiana della fecondazione in vitro (cioè della industria manifatturiera degli esseri umani) che, per ogni bambino sintetico prodotto in provetta, una ventina ne distrugge di default.
Agitarsi solo contro l’aborto nel tempo delle catene di montaggio dell’uomo artificiale e dei suoi pezzi di ricambio è una battaglia di retroguardia pura, un po’ come discutere di cavalli e di carrozze quando le autostrade sono solcate da veicoli elettrici a guida autonoma, e i cieli da jet supersonici. O come, mentre la casa va a fuoco, pensare a mettere lo yogurt in frigo.
Una fissazione, di certo cattolicissimo mondo monomaniaco, incomprensibile e quasi sospetta: vien da pensare che gli adepti di questo mondo vivano ibernati in una realtà parallela, o non vedano più in là del proprio naso, oppure chissà, magari chiudano consapevolmente un occhio, o anche due, sulla voragine aperta dalla legge 40 al fine di  distrarre l’attenzione delle truppe pro life dal vero fronte apocalittico, che intanto può galoppare nel silenzio tombale della presunta opposizione: su questo tocca dare paradossalmente ragione allo spudorato Bergoglio, che, fresco di Conclave, disse al suo fido megafono Spadaro che la chiesa non poteva continuare ad essere ossessionata dall’aborto. Presa così, al netto dei contestuali vaneggiamenti, l’affermazione è verissima. Senza scherzi.
La vera strage di embrioni – ma questo non è certo l’unico tema in gioco – non la fa più la legge democristiana 194: la fa la legge 40, ossia quella con la quale lo stato simildemocratico e la chiesa ex cattolica uniti sdoganavano una volta per tutte, nel 2004, la fecondazione artificiale. Che significa la riproduzione umana su scala industriale, al di fuori del disegno della creazione di Dio.
Diligenti interpreti del modello di Overton, i vescovi hanno preso in carico ciò che era impensabile, cioè l’uomo concepito in laboratorio da apprendisti stregoni – Edwards dichiarò senza reticenze che, producendo Louise Brown, la prima bambina in provetta, aveva dimostrato di sapersi mettere al posto di Dio – per farlo risalire, lungo una manciata di decenni, verso la certificazione legislativa con timbro episcopale.
Così, la perversione del creato, con morte massiva incorporata, è legge. Legge voluta e vidimata dai vescovi e applicata su scala nazionale con il denaro dei contribuenti.
Il numero di embrioni distrutti con la fecondazione in vitro di stato (una ventina per ogni suppellettile sottoforma di bambino che le coppie sterili si ritrovano in braccio) ha superato di gran lunga il bilancio, di magnitudine post-atomica, dell’aborto di stato.
La legge 40 e il piano clerical-demoniaco
 Ma la strage indefessa connessa alla FIVET è oscurata da un colossale quanto grossolano inganno: la FIVET passa come una pratica vòlta a dare la vita, sicché l’enormità di materiale umano che viene sezionato, selezionato, congelato, scartato in vista dell’impianto, resta nascosto dietro la facciata falsamente benefica della operazione. Sfugge come questa sia espressione somma della blasfemia dell’uomo che si sostituisce a Dio e gioca con gli ingredienti della vita scimmiottando una ricetta che non gli appartiene. Le decine di aborti che stanno dietro un solo bambino sintetico sono eclissati dal prodotto finale: appaiono cioè come ossimorici aborti pro life.
I numeri stratosferici della micromorte in provetta, incruenta sterilizzata e invisibile, offerti da statistiche che nessuno si prende la briga di interpretare, si riferiscono peraltro a prima che il cattolicissimo ministro Lorenzin, longamanus della conferenza episcopale a palazzo Chigi, inserisse la FIVET nei LEA (a spese nostre) e lanciasse a tappeto la propaganda fertilizzante per conto delle multinazionali del farmaco.
L’orizzonte della politica lorenziniana era dichiarato a chiare lettere tra gli obiettivi del Fertility day, la geniale trovata accalappia-prolife partorita nel laboratorio neodemocristiano, la cui dichiarazione di intenti così suonava: «Educare alla procreazione. Identificare i difetti nella riproduzione. Aiutare la procreazione, quando necessario, con percorsi di fecondazione omologa ed eterologa». E ancora, della fecondazione artificiale, si diceva: «quella che era nata come risposta terapeutica a condizioni di patologia specifiche e molto selezionate, sta forse assumendo il significato di un’alternativa fisiologica».
“Alternativa fisiologica”. Il passaggio che precede di poco la “scelta doverosa”, quando la massa si convincerà che non giovarsi dei passi avanti della tecnica può essere percepito ad extra come manifestazione di cieco egoismo, sicuramente di una scarsa sollecitudine nei confronti del nascituro a rischio imperfezione (che significa insufficiente qualità della vita).
Dunque il Fertility Day ha suggellato, anche sulla scena mediatica, il cambio di paradigma della procreazione, che da naturale deve diventare sintetica. Nella fisionomia della riproduzione umana, l’asse va spostato verso la “fertilizzazione”, su modello zootecnico, in vista di una totale de-sessualizzazione della maternità e della paternità e di una selezione tecnologica che azzeri le incognite della natura (la tecnica, essendo buona per definizione, è emendata a priori dai rischi a medio e lungo termine legati alla riuscita della operazione; per i difetti di fabbricazione sovviene invece l’aborto pre e post natale).
Va ricordato una volta di più come il mondo cosiddetto pro life abbia applaudito all’unanimità l’iniziativa, comprese le frange ritenute più intransigenti, esprimendo tutti grande soddisfazione. Dal loro punto di vista, si trattava di una iniziativa prolife. Uno strano caso di miopia conclamata e, vien da pensare, forse non del tutto involontaria.
L’aborto è stato il trampolino della nuova umanità sintetica
 Alla luce di quanto sopra considerato, diventa evidente come l’aborto, e prima ancora il divorzio, non siano stati altro che una sorta di trampolino di lancio per raggiungere un obiettivo ulteriore. E lo stesso vale per le nozze sodomitiche con i loro uteri affittati: grandi specchi per allodole preordinati a un fine più ambizioso e comprensivo, quello di cancellare la procreazione naturale e di soppiantarla con la riproduzione artificiale, per popolare il mondo con la nuova umanità sintetica.
Questo traguardo non è frutto casuale del progresso inarrestabile: è l’esito di un piano diabolico apparecchiato decenni or sono da una regia che ha a che fare con certo mondo cattolico deviato. Qualcuno nella chiesa ha voluto tutto questo e si è speso perché il disegno si realizzasse.
In questa prospettiva, inquietante ma assolutamente realistica, tornano tutti i passaggi politici documentati dalla storia più o meno recente: torna la resistenza simulata alla 194 (le belle trovate dell’”aborto minimale”, dell’”abortismo umanitario”, del “minimo etico” e di tutte le finte escogitate all’inseguimento del male minore); tornano i ridicoli “paletti” sulla provetta, fatti per essere abbattuti; torna la formulazione contraddittoria e spesso surreale, persino esilarante, delle disposizioni di legge; torna la filosofia dell’eterno compromesso che aleggia sopra ogni cosa: compromesso che non era nemmeno postumo, per salvare il salvabile, bensì preventivo, cioè congegnato ex ante per favorire il raggiungimento di un risultato che altrimenti sarebbe apparso inconcepibile e inaccettabile agli occhi dei più.
La legge 194 e la legge 40 sono state apparecchiate dal carrozzone episcopale foraggiato con l’otto per mille, al preciso scopo di traghettare a medio termine l’invasione dell’uomo sintetico, salvandosi la faccia (ma neanche poi tanto) con una contestuale falsa opposizione. L’operazione si è svolta con successo se oggi siamo arrivati a dover assistere alla frequentazione abituale degli ambienti vaticani da parte dei guru della ricerca transumanista e del credo malthusiano (“il grande Ehrlich” è tra le ultime guest star dei sacri palazzi).
Con la compartecipazione attiva del cattolicesimo degenerato, la riproduzione diviene così un rubinetto che si apre e chiude a volontà di qualcuno. E l’uomo un automa senza identità, privo di legami di sangue e senza le radici di una famiglia di una patria di una storia: l’uomo sintetico è facile da controllare, sia in quantità sia (in teoria) in qualità.
Non sappiamo dove abiti la sua anima. Come ha commentato una lettrice al nostro ultimo articolo, il libro dell’Apocalisse (17,8) parla degli uomini “il cui nome non è scritto nel libro della vita fin dalla fondazione del mondo”, e sono quelli che adoreranno l’anticristo.
La cosa certa è che la chiesa ha lavorato per questo nuovo massacro di figli di Dio e per l’invasione delle nuove creature. Gli architetti clericali dediti alla edificazione del postumano, che da lustri sguazzano nel liquido amniotico della chiesa postcattolica, hanno nomi e cognomi e tuttora rivestono ruoli cardine, più o meno visibili, nel contesto politico ed ecclesiale che ruota intorno ai temi della vita e della morte.



– di Elisabetta Frezza e Roberto Dal Bosco


https://www.riscossacristiana.it/dopo-la-legge-194-e-la-legge-40-si-prepara-linvasione-finale-e-i-cattolici-non-hanno-niente-da-mettersi-di-elisabetta-frezza-e-roberto-dal-bosco/


Eleison Comments DLXVII

TOTALITARIAN ABORTION
Commenti settimanali di

di S. Ecc. Mons. Richard Williamson
Vescovo della Fraternità Sacerdotale San Pio X


  26 maggio 2018

La Brexit potrà proteggere dagli stranieri le coste dell’Inghilterra,
Ma quando l’Inghilterra uccide se stessa senza posa?
Aborto totalitario

È possibile che si dia troppa importanza alla lotta contro l’aborto, in quanto è solo la vita naturale che verrebbe difesa e non la vita soprannaturale. A parità di condizioni, lo stesso tempo e gli stessi sforzi sarebbero spesi meglio a difendere con qualsiasi mezzo la vita di grazia piuttosto che la vita non nata della natura, ma nella società di oggi non ci sono pari condizioni. Soprattutto, c’è così poca fede nel nostro mondo senza Dio, che parlare oggi del soprannaturale con la maggior parte delle persone è come parlare loro in greco – “Dio, Paradiso, Inferno, eternità - di che diavolo stai parlando?” 
Ma se oggi alle persone è rimasto un briciolo di decenza, possono ancora concepire quale crimine sia trasformare il santuario della vita, il ventre di una madre, in una prigione di morte. 
Perciò Dio benedica i cattolici che fanno il possibile per ostacolare l’aborto..

Ma essi sono contro lo Stato totalitario dell’Inghilterra di oggi. 
Un attivista anti-aborto di lunga data scrive che una nuova tecnica di “consulenza da marciapiede”, che si impegna più direttamente con le donne che vorrebbero abortire, ha provocato una reazione draconiana da parte del sistema in atto, senza dubbio perché è stata efficace, almeno a breve termine. Nel PSPO (Public Space Protection Order – Spazio pubblico di protezione dell’ordine), primo del suo genere nel paese, il Consiglio locale ha votato per confinare gli anti-abortisti in un’area erbosa a 100 metri da dove si pratica l’aborto, e qui non devono essere più di quattro, e non è permesso loro di esporre dei poster di dimensioni maggiori al formato A3, essi non devono parlare di aborto, bambino, mamma, feto, anima, uccisione, inferno o omicidio, non devono mostrare alcuna immagine, riprodurre musica o voci amplificate, diffondere messaggi relativi all’aborto o pregare ad alta voce. 
Queste restrizioni sono entrate in vigore il 23 aprile e potrebbero essere applicate più ampiamente sia da questo Consiglio locale, sia da altri. In caso di trasgressione, le multe potrebbero arrivare fino a 1.000 Sterline.

Che dire? L’Inghilterra si sta suicidando. Forse il Consiglio locale ha scelto di applicare le restrizioni il 23 aprile perché questo è il giorno di San Giorgio, quando l’Inghilterra celebra il suo Santo Patrono, come se proteggere l’aborto fosse un atto di patriottismo, di amore per il paese! Ma cosa è più anti-naturale per una donna del distruggere il frutto del proprio seno? Più anti-sociale per un uomo dell’incoraggiarla a farlo? Fino a che punto una donna deve percorrere la strada dell’autodistruzione acconsentendo all’uccisione letterale della sua maternità: scopo principale della sua esistenza dopo la salvezza della propria anima? 
Eppure la donna “potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia”, dice la Scrittura (I Tim. II, 15), che non è la Parola di un supposto misogino, ma di Dio.

Fedele alla norma, Shakespeare ha colto l’essenza dell’autodistruzione della donna in poche righe, che mette in bocca a Lady Macbeth (Atto 1, Scena 5) che spinge il marito ad uccidere Duncan, il suo re, cugino e amico, mentre Duncan sarà ospite sotto il tetto di Macbeth. Con parole terrificanti, ella chiede ai diavoli di strappare tutta la sua femminile tenerezza e compassione:

“... Venite, spiriti
                               addetti ai pensieri di morte! 
                               strappatemi questo mio sesso,
                               riempitemi, dal cranio ai piedi,
                               della ferocia più cruda. 
                               Fatelo denso il mio sangue,
                               sbarrate la porta e il passo al rimorso,
                               che nessuna compunta visita della natura
                               faccia tremare il mio impegno feroce, 
                               o si metta tra di esso e la sua attuazione,
                               venite ai miei seni di donna,
                               e mutate il latte in fiele, agenti di morte ...”

Lei provvede a sopraffare gli scrupoli di Macbeth e lui uccide Duncan, la prima di molte altre vittime.

Lettori, per favore pregate per l’Inghilterra, una volta “Dote di Maria” - “Dowry of Mary”, che sia ancora oggetto delle sue cure materne.

Kyrie eleison.
                                     http://www.unavox.it/Documenti/Doc1147_Williamson_26.05.2018.html

Referendum in Irlanda: un’altra sconfitta! Meraviglia? No, se questo è il nostro modo di combattere

Volunteers from Reproductive rights, against Oppression, Sexism & Austerity (ROSA) dressed as characters from 'The Handmaid's Tale', demonstrate in Dublin, Wednesday May 23, 2018, calling for a 'Yes' vote in Ireland's upcoming abortion referendum on Friday. (Niall Carson/PA via AP)
Una volta anche coloro che sceglievano cattive idee, conservano un certo buon senso. Accadeva sulle grandi questioni della vita. Guareschi narra del comunista Peppone, stalinista sfegatato, che chiede il battesimo per il figlio e, al rifiuto del parroco, si preoccupa che il bimbo possa morire senza il Sacramento.
Oggi accade il contrario: anche coloro che dicono di conservare buone idee, che dicono di condividere la fede e la tradizione della fede, hanno completamente dimenticato il buon senso, accecati dalla menzogna e della follia del disordine.
La cosiddetta “cattolica” Irlanda ha dato conferma di ciò che non molto tempo fa già fece capire a proposito del referendum sui matrimoni omosessuali.
Perché questo? Cosa è successo?
Certamente occorrerebbero analisi molto più dettagliate per poter rispondere in maniera adeguata, ma non è nel nostro stile perché prediligiamo scritti brevi che possono essere facilmente letti e fornire spunti interpretavi a cui possono dedicarsi i lettori stessi. Diamo pertanto una sola risposta, che ci sembra quella più esaustiva.
In una battaglia si può essere sconfitti per tre motivi: per variabili non prevedibili, perché gli avversari sono oggettivamente più forti o perché chi deve combattere decide codardamente di non farlo più.
Il primo motivo non spiega il nostro caso. Ormai le sconfitte non si contano, tante ne sono. E non è possibile che fattori imponderabili volgano sempre a sfavore di qualcuno.
Ma anche il secondo motivo non regge, perché la forza della verità conta molto di più della pseudo-forza della menzogna. Se è vero che questa (la menzogna) può servirsi (e di fatto avviene da tempo così) di mezzi consistenti, è pur vero che un conto è convincere gli altri su ciò che è evidente, altro è convincerli su ciò che evidente non è.
E’ purtroppo il terzo motivo quello decisivo. La forza dell’avversario in questi casi è dovuta alla debolezza di chi pretende di combatterlo. Una debolezza, però, voluta, teorizzata, programmata e ritenuta perfino corretta.
Da tempo la Chiesa ha deciso di non combattere il mondo, ma di venire a patti con esso.
Da tempo il messaggio salvifico della fede è stato appiattito e trasformato in linguaggio fumoso, esperienzialista, spiritualmente vago e inconsistente.
L’apologetica è sparita.
Gli oratori sono divenuti luoghi d’intrattenimento e di parcheggio per bambini.
I pastori più che manifestare per i principi non negoziabili, preferiscono spalleggiare e dare spazio a presenze e manifestazioni che siano nella linea del politicamente corretto. Nelle marce pro-life di pastori se ne vedono pochissimi. Altra cosa nelle manifestazioni di altro genere.
Per non parlare di ciò che avviene nel campo dell’omosessualismo. Il caso Reggio Emilia è emblematico.
Come abbiamo scritto proprio ieri a proposito delle parole del cardinale Bassetti (clicca qui), i principi non negoziabili sono cambiati e si definiscono come irrinunciabili: Costituzione, democrazia compiuta e Unione europea. E poi -ironia della sorte- sono proprie le costituzioni moderne ad autorizzare le maggioranze a decidere se è giusto o meno che i bambini possano essere uccisi nel grembo materno.
E ovviamente questo vale per la Chiesa intera… anche e soprattutto per quella irlandese. Ricordiamo che in occasione del referendum sui matrimoni omosessuali, il vescovo di Dublino disse che ormai la Chiesa sarebbe tenuta a fare i conti con la realtà.
Tutto questo impazzimento rende comprensibile ciò che sta avvenendo. Insomma, è proprio la “follia” che rende comprensibile il capovolgimento di un mondo.
Un’altra battaglia persa per la resa di generali e soldati!
Però chi vuole salvarsi da questa follia, continui a resistere.
Noi sicuramente nel nostro piccolo (anzi piccolissimo) lo faremo.
Speriamo -un giorno- di ritrovarci in tanti.

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