ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 1 giugno 2018

C’era una volta la Chiesa

ABORTO. BASSETTI DISTINGUE E DISCERNE, MONS. CREPALDI DICE PAROLE CHIARE. PER NON TRADIRE IL VANGELO.

C’era una volta la Chiesa – come dire – ingenua, un po’ sprovveduta, tanto presa dalla gravità dello spirituale da restare sorpresa di fronte alle possibili strumentalizzazioni e uso a fini diversi da quelli voluti delle sue parole. Era una Chiesa che parlava raramente, e che si concedeva con parsimonia al Mondo, n particolare quello sempre un po’  canagliesco dei media.

Poi è venuto Giovanni Paolo II, e con lui Joaquim Navarro Walls, che insieme cavalcavano i media e l’informazione con maestria innata e consumata. Con Benedetto XVI abbiamo visto i danni che un’informazione mal gestita, offerta a un fronte compatto e ostile (quello dei media) poteva creare. Ma anche in quel caso il gioco era evidente, e la perdita dell’innocenza compiuta. Tanto compiuta che ora nessun leader, neanche di Chiesa può ignorare che le sue parole, per pure che siano, possono essere usate a fini impuri. E quindi quando parla deve tenerne conto. A cominciare dal Pontefice, che sospettiamo di usare una presunzione di innocenza nei suoi discorsi, conscio del possibile malo uso…ma questo è un tema di confessione.
Questo lungo prologo è legato alle dichiarazioni di qualche giorno fa del presidente della CEI, il cardinale Bassetti. Che parlando dell 194, ha detto: “La legge sull’aborto la  conosciamo, però bisogna anche apprezzare certi punti che,  perlomeno quand’è nata, erano fermi, rispetto a certe proposte di legge che sono di un totale relativismo sul rispetto della vita e della donna”.  “La 194 non era a favore dell’aborto ma prevedeva in certi casi particolari e circoscritti l’aborto. Noi ne abbiamo sempre visti limiti e difficoltà, però di fronte  a un relativismo totale di fronte all’embrione alla vita, almeno  lì c’erano dei paletti, si doveva fare di tutto il possibile. Non dico che fosse buona, perché c’è un principio di morale che dice bonum ex integra causa, deve essere buona per tutte le basi su cui poggia, ma bisogna distinguere e discernere”.
Le sue parole, qualche giorno dopo la Marcia per la Vita di Roma, da cui i presuli italiani si sono ben guardati non dico dal partecipare, ma di fare cenno, sono state subito e ovviamente interpretate da alcuni commentatori come un cambiamento di linea in tema di aborto. Un titolo: “La legge 194 incassa l’apprezzamento della Cei, «non è buona ma apprezzabile»”.
Un esito del genere era prevedibile? Difficile rispondere di no. E allora?
Per fortuna proprio ieri abbiamo letto sulla Newsletter n.895 | 2018-05-31 dell’Osservatorio Van Thuan questa riflessione dell’arcivescovo Giampaolo Crepaldi, che ci sembra utile condividere. Le sottolineature sono nostre.
La Chiesa continuerà sempre a combattere contro le legislazioni abortiste.
Dichiarazione dell’Arcivescovo Giampaolo Crepaldi nel 40mo anniversario della legge 194 e all’indomani del referendum in Irlanda.
Nei giorni scorsi, precisamente il 22 maggio 2018, è ricorso il quarantesimo anniversario dell’approvazione da parte del Parlamento italiano della legge 194 che ha introdotto nell’ordinamento del nostro Paese l’interruzione volontaria della gravidanza, ossia l’aborto.
La pratica dell’aborto è sempre stata condannata dalla Chiesa e ad essa si oppone anche la retta ragione. “Non uccidere” è un principio che appartiene alla coscienza morale dell’umanità intera, ossia alla legge morale naturale che l’intelligenza umana è in grado di conoscere in modo evidente e per inclinazione, spontaneamente e con l’aiuto di una coscienza retta e formata.Il principio secondo cui la vita è indisponibile all’uomo è a baluardo della violenza e dell’ingiustizia dell’uomo sull’uomo. Se questo principio non viene mantenuto saldo nel momento iniziale della vita, sarà poi impossibile garantirlo nelle altre situazioni della vita sociale e politica. L’indisponibilità della vita ha il suo ultimo fondamento in Dio Creatore, autore della vita. La legislazione abortista rompe il legame tra creatura e Creatore e, considerando la vita umana a disposizione degli uomini,estromette il riferimento al Creatore, implicito o esplicito che sia, dalla società degli uomini. L’attacco alla vita è sempre anche un attacco a Dio e l’approvazione di una legge che permetta l’aborto è sempre non solo il rifiuto di norme morali oggettive che regolino la vita politica, ma anche una secolarizzazione forzata.La Chiesa non può abbassare la guardia contro la tragedia dell’aborto.I principi della legge morale naturale, infatti, sono anche oggetto di rivelazione e Dio ha affidato alla Chiesa non solo il compito di conservare, proteggere e tramandare la legge soprannaturale ma anche la legge naturale.
La difesa del diritto alla vita è il primo dei cosiddetti “principi non negoziabili”. Con questa espressione, resa nota soprattutto dal magistero di Benedetto XVI, altro non si intende che i contenuti del diritto naturale. La dottrina dei “principi non negoziabili” rimanda da un lato alla legge morale naturale che ha carattere moralmente obbligante per tutti in quanto espressione dei fini ultimi dell’uomo e, dall’altro, alla dottrina morale circa gli atti intrinsecamente cattivi (intrinsece mala). Si tratta di atti il cui oggetto materiale, qualsiasi siano le motivazioni, le condizioni e le situazioni, non è mai ordinabile a Dio, fine ultimo di tutto il nostro agire. Ora, il primo di questi “principi” è la difesa del diritto alla vita. Per la sua cogenza morale esso non può essere assimilato ad altri obblighi morali positivi, come per esempio la lotta alla povertà o l’accoglienza degli immigrati. L’agire umano in questi due ultimi settori ha di fronte il bene, che si può fare in molti modi, ma l’agire umano che si trova di fronte all’aborto ha di fronte un male che non si deve mai compiere.
La legge 194 del 1978 era, ed è, una legge profondamente ingiusta. Non si è trattato solo di successive deformazioni applicative e anche i supposti aspetti positivi sono comunque all’interno di una legge il cui scopo finale è la soppressione dell’innocente.La legge 194 è stata, tra l’altro, una legge ingannevole, in quanto dichiarava di voler proteggere la vita, così accogliendo in via strumentale anche l’approvazione sprovveduta di persone contrarie all’aborto, mentre in realtà la metteva in pericolo. L’impegno per l’abolizione della legge 194, pur nella difficoltà contingente del quadro culturale e politico, non può essere tralasciato.
La diffusione di legislazioni favorevoli all’aborto, al cui numero si è aggiunta ultimamente quella dell’Irlanda, non può trasformare il male in bene. Su punti come questo la democrazia regge o cade. La Chiesa non può dare la priorità al metodo democratico piuttosto che ai suoi contenuti.Essa continuerà sempre a combattere contro le legislazioni abortiste, ben sapendo che in questa lotta essa non esprime una ideologia politica, ma risponde alla sua missione di evangelizzare, dato che l’evangelizzazione contiene anche l’educazione al rispetto della legge morale naturale, messa da Dio nel creato e nei nostri cuori.
+Giampaolo Crepaldi
Arcivescovo-Vescovo di Trieste
Presidente Osservatorio Card. Van Thuân
E che ci sia un pericolo di abbassare la guardia nella Chiesa non sono solo le parole di Bassetti, a farlo capire, ma anche una dichiarazione del responsabile de vescovi irlandesi in cui ci si augurava che la legge che verrà emanata dopo il referendum promuova un aborto “sicuro, raro e legale”. Cioè il mantra – ingannevole nei fatti, come dimostra l’esperienza – che è il cavallo di battaglia di sempre del fronte abortista, ovunque.
Marco Tosatti

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