Neoteologi, giù le mani dagli Angeli del Signore. Ecco la furbizia: sminuire il culto degli Angeli in nome dell’assoluta centralità di Cristo, quasi che credere e pregare gli Angeli siano cose idolatriche residui del paganesimo
di Francesco Lamendola
È sempre d’immensa consolazione leggere, rileggere e meditare quell’aureo passo di san Paolo, che dice (2 Corinzi, 4, 16-18):
Per questo non ci scoraggiamo, ma, se anche il nostro uomo esteriore si va disfacendo, quello interiore invece si rinnova di giorno in giorno. Infatti il momentaneo, leggero peso della nostra tribolazione ci procura una quantità smisurata ed eterna di gloria: noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne.
Pertanto, è stato con viva speranza, e quasi con trepidazione, che, essendoci imbattuti nel libro Angeli e demoni di B. Marconcini, A. Amato, C. Rocchetta e M. Fiori (Bologna, Edizioni Dehoniane, 1991), undicesimo volume del Corso di teologia sistematica diretto da Carlo Rocchetta, ci siamo abbandonati con fiducia alla lettura, speranzosi di trovarvi quel nutrimento spirituale di cui i cristiani, oggi, hanno più che mai bisogno. Nonostante i guasti della “svolta antropologica”, dunque, c’erano, ci sono ancora dei teologi che parlano della vita eterna, del Cielo e dell’inferno, degli Angeli e dei demoni, insomma delle realtà invisibili, che appartengono alla dimensione soprannaturale (o preternaturale) e sono d’immenso conforto nella vita di ogni giorno, tribolata da innumerevoli difficoltà, non ultima delle quali la fatica di credere in Dio, nel contesto di un mondo, e, ahimè, ormai anche di una Chiesa, sempre più impietosamente laicizzati e secolarizzati.
Ci era di conforto, inoltre, sapere che il curatore del Corso è un teologo, addirittura un monsignore; e una garanzia la casa editrice, diretta emanazione dei Sacerdoti del Sacro Cuore di Gesù, per il cui impegno culturale abbiamo sempre nutrito stima e apprezzamento. Una sola cosa ci teneva un po’ dubbiosi, la data, appunto perché quasi tutti i libri di teologia pubblicati dalle case editrici cattoliche dopo il Concilio Vaticano II portano impressa, purtroppo, la tabe del modernismo, alcuni più, alcuni meno; e insomma, a farla breve, ci sentiamo pressoché certi di essere nel solco della vera dottrina cattolica, quella di sempre, quella fondata dal nostro Signore Gesù Cristo, solo quando l’anno di pubblicazione è anteriore al 1962, o almeno al 1969, anno di definitiva attuazione della famigerata riforma liturgica, con l’entrata in vigore del nuovo Missale romanum. Atteggiamento passatitsa, diffidenza ingiustificata verso le magnifiche sorti e progressive della Chiesa cattolica, inaugurate da quella “novella Pentecoste” che è stato, appunto, secondo i suoi fautori ed estimatori, l’evento del Concilio (e tanto peggio se il concetto stesso di una seconda Pentecoste è incongruo, per non dire blasfemo)? Può darsi; ma che volete farci, qui non stiamo parlando di gusti privati, non stiamo discutendo a quale modello d’automobile vada accordata la nostra personale preferenza: stiamo parlando della fede cattolica, così come essa è sempre stata insegnata, infallibilmente, dalla Chiesa, mediante lo strumento del Magistero, e con l’ausilio della sana teologia (perché, se non è sana, allora è uno strumento del diavolo, per gettare la confusione nelle anime, per turbarle e allontanarle da Dio; e che Lui abbia pietà di quei sedicenti teologi!). Sta di fatto che la data di pubblicazione di quel libro, Angeli e demoni (che ricorda, spiacevolmente ma del tutto casualmente, il titolo di uno dei tanti romanzacci apparsi sulla scia del Codice Da Vinci, anch’esso per la penna di Dan Brown), il 1991, ci teneva un po’ in ansia: quasi trent’anni fa, ma, allo stesso tempo, quasi trent’anni dopo il Concilio. Perciò i casi erano due: o la sana teologia era andata avanti per la sua strada, nonostante tutti i deliri di Karl Rahner & Compagni sulla “svolta antropologica”, e quel libro era ciò che ardentemente speravamo e ci aspettavamo; oppure non avremmo tardato a imbatterci nelle tracce del veleno modernista, e, invece della sperata consolazione spirituale e della desiderata edificazione intellettuale, saremmo andati incontro a un’amara delusione.
Un libro di teologia, e di teologia cattolica, che ha per titolo Angeli e demoni?
Purtroppo, si è verificata la seconda possibilità. Non ci è voluto molto per renderci conto che il nemico era penetrato profondamente nella cittadella che credevamo ben custodita; basti dire che Karl Rahner, proprio lui, veniva continuamente citato (anche tre volte in una paginetta) come la massima autorità cui si potesse ricorrere; e naturalmente ciò era in linea con tutta una impostazione dell’angelologia (ci limiteremo a questo aspetto, lasciando da parte la demonologia) che sarebbe ancora poco definire “minimalista”, proprio nel senso del minimo sindacale. Gli Angeli: e va bene, visto che non se ne può fare a meno, e che il Magistero ne ha solennemente riconosciuto l’esistenza, la funzione, la necessità; però, stiamo bene attenti a non esagerare. Non si devono vedere Angeli dappertutto; non bisogna aspettarsi che agiscano continuamente (si vede che hanno diritto all’orario sindacale pure loro) e, quel che più conta, non si deve concepirli come se fossero realmente necessari, realmente presenti nella nostra vita, quasi un sostituto di Cristo! Ecco la furbizia: sminuire il culto degli Angeli in nome dell’assoluta centralità e indispensabilità di Cristo;quasi che credere agli Angeli e pregare gli Angeli siano cose idolatriche, residui dell’antico paganesimo pre-cristiano. Ed è una doppia furbata, perché questi teologi della “svolta”, poi, quando si passa a guardare da vicino il “loro” Cristo, sul quale si dovrebbe reggere tutto, come si addice a un rigoroso monoteismo (ma la santissima Trinità, dove la mettiamo?), lasciano intendere, non senza molti giri di parole e adoperando tutta l’astuzia gesuitica di cui sono capaci, che, in effetti, il “vero” Cristo è il corpo mistico dei credenti, cioè, in ultima analisi, siamo noi. Questo, però, non lo dicono apertamente, sia ben chiaro; anzi, non lo dicono affatto: dopo molte circonvoluzioni sintattiche, lasciano che sia il lettore ad arrivarci, per conto suo… loro non c’entrano, non l’hanno mai detto. E va bene. Lo sappiamo, questa è la tattica quotidiana del signor Bergoglio, che molti si ostinano a considerare come il papa, cioè il pastore del gregge cristiano, mentre ne è il più deciso, e soprattutto il più subdolo, nemico: non dire, se possibile, delle cose apertamente eretiche; ma lasciare che le dicano altri, oppure suggerirle, abilmente e indirettamente, con accenni, con allusioni, con gesti, e anche con omissioni… Sì, ci sono molte maniere di spingere i cattolici verso l’eresia e l’apostasia: oggi, quello più largamente diffuso consiste nel fare un passetto alla volta, applicando le teorie del signor Overton, ovvero, per dirla in maniera più schietta, la pratica della rana bollita: se si alza la temperatura dell’acqua lentissimamente, la povera bestia si troverà abbrustolita prima di aver capito cosa le stia capitando…
Ci sono molte maniere di spingere i cattolici verso l’eresia e l’apostasia: la pratica della rana bollita del signor Bergoglio
Dunque, tornano al libro citato, ecco cosa si può leggere a proposito della natura degli Angeli (parola che viene sempre scritta con la lettera minuscola: non sia mai che si scivoli nell’idolatria, come certe vecchiette di novant’anni che hanno studiato la dottrina su quel pezzo da museo che era il Catechismo di san Pio X), alle pp. 159-160):
È un fatto: la rivelazione neotestamentaria non considera mai gli angeli a sé stanti, ma sempre in relazione alla manifestazione di Dio e alla venuta salvifica del suo Unigenito nella storia.
Questa unità del “mysterion” va salvaguardata, anche rispetto a speculazioni angelologiche del passato. Non sono mancate in queste speculazioni,
specie a partire dal tardo medioevo, orientamenti di teologia degli angeli eccessivamente chiusi in se stessi, come se gli angeli rappresentassero una specie di mondo a sé. Quando ciò è avvenuto, come osserva K. Rahner, “l’angelo è diventato semplicemente il luogo concreto per la riflessione metafisica dell’idea di un ente finito spirituale, non materiale, della “forma substinens”, “substantia separata” (nella scia della filosofia araba)” (K. Rahner, “Angelologia”, in SM I, 126). Si noti osserva lo stesso autore “che questa speculazione, per quanto utile e teologicamente allettante, porta in strettoie speculative spesso non indifferenti (tali “formae separatae” si trasformano quasi in monadi leibniziane che si adattano solo a fatica ai dati teologici). Avviene così che “superiorità” della natura degli angeli di fronte agli uomini venga affermata in un certo, troppo ovvio sistema razionale neoplatonico basato sugli strati e sui gradi dell’essere”. Da questo pericolo l‘angelologia attuale è chiamata a guardarsi con oculatezza. […]
Una seconda linea di recupero – consequenziale alla prima – si fonda sulla coscienza della subordinazione dell’angelologia alla cristologia; una coscienza costantemente attestata nel NT e in particolare negli scritti paolini, ma che risulta in secondo piano nella riflessione successiva e spesso assente nella coscienza comune. I manuali classici davano l’impressione che la dottrina sugli angeli potesse esistere anche indipendentemente da Cristo, o che comunque essa fosse possibile anche a prescindere dalla rivelazione dell’”éscathon” neotestamentario. Dietro questo atteggiamento c’era probabilmente la concezione del mondo di stampo neoplatonico a cui si riferisce K. Rahner, basata sugli strati e i gradi dell’essere.
Neoteologi, giù le mani dagli Angeli del Signore
di Francesco Lamendola
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Tra Matteo e il cardinale c’è di mezzo il mare
Gianfry Ravasi, principe della Chiesa, è persona eminentissima, di cultura ampia, di vedute vaste, di letture infinite, di conoscenze raffinate, di doti innumerevoli. Biblista di fama, autore, commentatore, telepredicatore, ha trascorsi martiniani che poco ci entusiasmano. Tuttavia lui sa e noi, che siamo meno di zero e nessuno, gli riconosciamo autorità.
Non è quindi al Cardinale che ci rivolgiamo, lui conosce bene di che andiamo cianciando, ma per esempio a quei lettori fedeli del quotidiano comunista Il Manifesto (tra i quali alcuni signori ex chierici vaganti, serenamente dimessi dallo stato clericale, ai quali il neurologo ha diagnosticato la Sindrome della Smemorina) che rischierebbero di non capire. Potrebbero mal interpretare, cioè, ritenendo che il Vangelo di Matteo reciti soltanto (come felicemente e tempestivamente cinguettato dal porporato, tramite il profilo sociale Twitter, in armonia con l’ennesima burrasca migratoria) «ero straniero e non mi avete accolto».
Il testo evangelico, in realtà, dice tante altre cose; tante che si potrebbe tirarlo per la giacchetta, per la tonachella, per la lettera e la parolina greca o latina o italiana comunque e dovunque, a piacimento, a convenienza. È per questo che s’insegna a leggerlo e interpretarlo globalmente, completamente, organicamente, nel tutto intero, nella cornice delle Scritture, della Tradizione, del Magistero. Altrimenti ciascuno estrapola quello che piace, quello che vuole, quello che serve alla politichetta quotidiana. Si trova nella Bibbia, è stato più volte osservato, addirittura l’affermazione «Dio non esiste». Dichiarazione suprema di ateismo, ottimo puntello per l’UAAR, se si abbandona il riferimento al pensiero di uno stupido.
Dunque in Matteo, proprio nel Matteo ravasianamente twittato, si legge anche «beati coloro che hanno un’anima da poveri». Quindi lo capisce anche un mentecatto che l’obiettivo è lo spirito, non la scarsezza di mezzi e denari. Si legge anche: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti… chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel Regno dei Cieli». Si legge anche di cavarsi gli occhi e tagliarsi le mani, se sono occasione di scandalo. Si legge anche: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore».
Si legge anche: «Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Più oltre: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci». Poi l’invito a guardarsi dai «falsi profeti». E: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada». E, per concludere: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi».
La lezione sarebbe questa: mai lasciarsi impressionare (o condizionare) da un’unica citazione.
– di Léon Bertoletti
By Redazione On 12 giugno 2018 · 3 Commentshttps://www.riscossacristiana.it/tra-matteo-e-il-cardinale-ce-di-mezzo-il-mare-di-leon-bertoletti/
Gianfry Ravasi, principe della Chiesa, è persona eminentissima, di cultura ampia, di vedute vaste, di letture infinite, di conoscenze raffinate, di doti innumerevoli. Biblista di fama, autore, commentatore, telepredicatore, ha trascorsi martiniani che poco ci entusiasmano. Tuttavia lui sa e noi, che siamo meno di zero e nessuno, gli riconosciamo autorità.
Non è quindi al Cardinale che ci rivolgiamo, lui conosce bene di che andiamo cianciando, ma per esempio a quei lettori fedeli del quotidiano comunista Il Manifesto (tra i quali alcuni signori ex chierici vaganti, serenamente dimessi dallo stato clericale, ai quali il neurologo ha diagnosticato la Sindrome della Smemorina) che rischierebbero di non capire. Potrebbero mal interpretare, cioè, ritenendo che il Vangelo di Matteo reciti soltanto (come felicemente e tempestivamente cinguettato dal porporato, tramite il profilo sociale Twitter, in armonia con l’ennesima burrasca migratoria) «ero straniero e non mi avete accolto».
Il testo evangelico, in realtà, dice tante altre cose; tante che si potrebbe tirarlo per la giacchetta, per la tonachella, per la lettera e la parolina greca o latina o italiana comunque e dovunque, a piacimento, a convenienza. È per questo che s’insegna a leggerlo e interpretarlo globalmente, completamente, organicamente, nel tutto intero, nella cornice delle Scritture, della Tradizione, del Magistero. Altrimenti ciascuno estrapola quello che piace, quello che vuole, quello che serve alla politichetta quotidiana. Si trova nella Bibbia, è stato più volte osservato, addirittura l’affermazione «Dio non esiste». Dichiarazione suprema di ateismo, ottimo puntello per l’UAAR, se si abbandona il riferimento al pensiero di uno stupido.
Dunque in Matteo, proprio nel Matteo ravasianamente twittato, si legge anche «beati coloro che hanno un’anima da poveri». Quindi lo capisce anche un mentecatto che l’obiettivo è lo spirito, non la scarsezza di mezzi e denari. Si legge anche: «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti… chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel Regno dei Cieli». Si legge anche di cavarsi gli occhi e tagliarsi le mani, se sono occasione di scandalo. Si legge anche: «Chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore».
Si legge anche: «Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello». Più oltre: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci». Poi l’invito a guardarsi dai «falsi profeti». E: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada». E, per concludere: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che percorrete il mare e la terra per fare un solo proselito e, ottenutolo, lo rendete figlio della Geenna il doppio di voi».
La lezione sarebbe questa: mai lasciarsi impressionare (o condizionare) da un’unica citazione.
– di Léon Bertoletti
By Redazione On 12 giugno 2018 · 3 Commentshttps://www.riscossacristiana.it/tra-matteo-e-il-cardinale-ce-di-mezzo-il-mare-di-leon-bertoletti/
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