ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 24 luglio 2018

Ecco chi è che opera “contro“



Il solito Luciano Moia in un recente editoriale di Sovvertire spiega che i vescovi si dissociano dalle preghiere di riparazione al Summer Pride perché la preghiera “non può mai essere contro“[1].
Possiamo vedere in due modi la tesi principale dell’articolo, e in entrambi i casi risulta che il giornalista e i suoi amici Vescovi l’hanno fatta… beh, hanno mancato l’obiettivo.
Primo. Quei coraggiosi cristiani che hanno organizzato anche quest’anno la processione di riparazione pubblica non l’hanno fatto contro qualcuno, ma in riparazione di qualcosa. In riparazione alla grave offesa procurata a Dio da parte di chi rivendica il diritto di sodomia, ovvero il diritto di usare contro natura il proprio e l’altrui corpo (ecco chi è che opera “contro“).
Non credete in Dio? Potete tranquillamente vedere il Pride come un’opera di sovvertimento della fisiologia, della famiglia, del diritto, della scienza, della ragione, della civiltà. Uno scandalo verso la società, una prepotenza contro i più piccoli. Da qualunque parte la si giri, la vera cosa “contro“ è questa.
Secondo. Siamo cosi sicuri che la preghiera debba essere sempre a favore, e non si possa pregare “contro“? Contro qualcuno, per danneggiarlo, sicuramente no; ma contro qualcosa di oggettivamente malvagio sicuramente sì.
Se ad esempio preghiamo in favore della famiglia, lo facciamo inevitabilmente contro “le famiglie“, in quanto assembramenti innaturali e alla fine dannose per l’uomo stesso.
Se preghiamo a favore della vita, lo facciamo contro la morte (aborto, eutanasia, fivet, eccetera). A favore della fede, contro la mancanza di fede diffusa. A favore dei bambini, contro gli “omogenitori“ e tutti gli altri tipi di sfruttamento. A favore del decoro, contro gli spettacoli osceni. A favore della dignità, contro ogni esibizionismo e di nuovo sfruttamento. A favore della donna, contro il femminismo (il divorzio, la locazione uterina, eccetera). Ci siamo intesi.
La verità è contraria alla menzogna. Non è possibile essere a favore di una cosa senza essere contrari al suo opposto, eppure è ciò che vogliono farci credere questi vescovi-funamboli: non sono contrari alle processioni, ma non vi presenziano perché sono anche un po’ favorevoli ai pride.
D’altronde non ci rivolgiamo a San Michele Arcangelo pregando “CONTRA nequitiam et insidias diaboli esto praesidium“? Più “nequitiam” di questa…
Ma c’è dell’altro.
Pregiudizi. Più volte si fa riferimento a una presunta “riparazione preventiva”, insinuando un che di pregiudiziale. Ma di preventivo non c’è nulla.
Come se i cristiani avessero intenzione di fare un processo alle intenzioni, malpensanti, maliziosi e in mala fede. Ma stiamo scherzando? I militanti del pride sono un’offesa a tutte le cose che abbiamo elencato prima già con la loro condotta di vita (pubblicamente ostentata), con la loro ideologia (pubblicamente propagandata), con la loro intolleranza (verso chi si oppone). La manifestazione del 28 sarà il culmine di questa nequitia, e la preghiera in riparazione le sarà contemporanea.
Non c’è alcun giudizio preventivo sulle coscienze, sia perché non spetta agli uomini giudicare la coscienza di altri uomini, sia perché il giudizio che c’è è consuntivo, cioè a danno conclamato, con la prova provata di anni e anni di pubbliche vergogne (molte delle quali già ottenute sotto forma di leggi ingiuste).
O forse l’episcopato di Moia confida che il Summer Pride si risolverà in una sfilata sobria e morigerata di gente che, all’insegna della castità, farà penitenza e chiederà ammenda per le folli rivendicazioni con cui ci hanno molestati per anni fino al giorno prima?
Aperture. I vescovi del Molise, in vista del Gay Pride di Campobasso che si terrà sempre il 28 luglio, diffondono un comunicato in cui salutano “con cordialità” coloro i quali prenderanno parte ad una manifestazione “di apertura e di verifica”[2]. Di aperture ve ne saranno certamente, ma non credo nel senso che intenda l’episcopato molisano.
Ci si chiede se si possa ancora salvare qualcosa di un clero che pensa “che anche questo evento sarà un’occasione di reale confronto, culturale e sociale”.
Padre di tutti. “Il vescovo è padre di tutti”, per cui secondo Avvenire non può pregare per i suoi figli che sbagliano. Bel modo di essere padre.
Un buon padre che avesse un figlio tossicomane il quale rivendica pubblicamente il diritto universale di strafarsi con fumi, polveri, acidi, o altre sostanze, non solo pregherebbe per il suo ravvedimento, ma all’occasione sarebbe legittimato dalla sua autorità a fornire due bei ceffoni ben assestati per aiutarlo a rinsavire.
Quasi quasi. Secondo l’articolo le iniziative in riparazione sarebbero “quasi sempre decise con buone intenzione”. Il vescovo di Rimini disapprova “le istanze socio politiche che quasi sempre emergono” nei pride. Che dire: a me pare che Avvenire a volte sia un quotidiano quasi cattolico, ma probabilmente è un’impressione errata. Il quasi è viziato da troppo ottimismo.
Gioia. La tragicommedia raggiunge l’apice, quando l’articolista concede che la preghiera per gli omosessuali ci può anche stare, ma a patto che sia “umile, sorridente, aperta, gioiosa” per “comprendere i loro punti di vista”.
A comprendere i loro punti di vista ci ha insegnato la Chiesa, perlomeno fino a qualche anno o decennio fa. Su cosa ci sia da sorridere e gioire quando dei fratelli, persone come noi, si rotolano nella melma del male fisico e morale, francamente non si capisce.
Una processione di riparazione contro il pubblico peccato di sodomia, di questi tempi è la cosa più pastorale e caritatevole che un cristiano possa fare, per cui cari amici, sabato prossimo tutti a Rimini!
- di Marco Manfredini
[1]  https://www.avvenire.it/opinioni/pagine/mai-la-preghiera-pu-essere-contro
[2]https://www.agensir.it/quotidiano/2018/7/19/gay-pride-a-campobasso-vescovi-del-molise-cinque-punti-che-raccolgono-il-cuore-della-nostra-terra/

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