ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 2 agosto 2018

Colà dove si puote ciò che si vuole



Ne avevamo scritto ai primi di aprile, quando l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), braccio operativo delle multinazionali del settore e del Ministero della salute, dispose l’inserimento della triptorelina nell’elenco dei farmaci a carico del Servizio Sanitario Nazionale. Su esempio delle più illuminate democrazie europee, anche l’Italia dava ufficialmente il via libera “tecnico” generale all’ormone deputato a inibire la pubertà ai bambini che si percepiscano di genere non conforme al sesso di appartenenza. La sospensione dello sviluppo puberale verrebbe disposta al fine di prendere tempo nella scelta del proprio habitus esteriore e di favorire, al compimento della maggiore età, l’eventuale (a quel punto pressoché scontata) “riassegnazione” chirurgica del sesso “attribuito alla nascita”. Tradotto: l’alterazione cruenta e irreversibile dei connotati corporei in costanza – ovviamente – di patrimonio genetico. Perché ogni singola cellula di un organismo maschile è marchiata XY, ogni singola cellula di un organismo femminile è marchiata XX. E non ci sono santi. Come diceva Mario Palmaro, il Signore ha messo i cromosomi XX e XY in ogni nostra cellula, tante volte uno si dimenticasse di essere un maschio o una femmina.
Colà dove si puote ciò che si vuole
Giusto per capirci, se un tizio o una tizia vuole amputarsi membra, o impiantarsi accessori posticci (tipo code, ali, creste o altro), o assumere le sembianze di esponenti del sesso opposto, o sovvertire il proprio assetto ormonale, lo fa a sfregio della propria natura e delle sue ineludibili implicazioni. Magari oggi, nel fantastico mondo del volere è potere, lo può fare anche a spese dell’incolpevole contribuente chiamato a sovvenzionare gli estri altrui ribattezzati come “diritti”. Ma resta tutta una (tragica) finzione. Che diventa oggettivamente un crimine quando implichi l’istigazione ad autodeturparsi di soggetti minori, privi, per definizione, della capacità di agire e di ogni responsabilità.
Come diceva uno psicologo onesto prima di essere opportunamente silenziato da un sistema che per motivi di marketing non ammette dissenso, quando ti si presenta un paziente che racconta di sentirsi l’arcangelo Raffaele hai due possibili strade davanti a te: o spiegargli la verità e aiutarlo a cercare e rimuovere le cause dell’abbaglio, oppure confermare la sua convinzione prescrivendogli di procurarsi quantoprima un bel paio di ali. Sia mai che la delusione di non essere riconosciuto come uno spirito celeste gli susciti istinti suicidi.
Ma nel nostro caso non di ali si tratta, e viene un po’ meno da sorridere. Abbiamo a che fare con una manipolazione fisica e psichica di inaudita violenza ai danni di giovani vite, che il tanto vituperato Hitler al confronto era un dilettante. La mostruosità della pratica, divenuta virale nella società sazia e disperata dell’occidente in caduta libera, è in re ipsa. E suona quantomeno ridicola, sicuramente fuorviante, la moda beota di volersi appellare a risultanze statistiche o studi “scientifici” che aiutino a dimostrare ciò che semplicemente non può né deve essere dimostrato; e non deve essere dimostrato perché erompe da sé nella sua plateale autoevidenza: è la solita trappola tesa dal cattomondo colluso, a beneficio del cattomondo obbediente, quella di mettersi a discutere l’indiscutibile e a negoziare il non negoziabile, fino a demolire la forza del principio nella coscienza collettiva.
Fiaccata dunque ogni resistenza di principio (l’unica resistenza degna di questo nome), la promozione via via più spinta del transgenderismo infantile – attraverso la propaganda mediatica, l’avallo delle accolite “scientifiche”, la pressione politica, l’uso strumentale del diritto, l’azione “culturale” martellante di esautoramento e svirilizzazione dei padri finalmente convinti tutti della bontà dell’autocastrazione di massa – ha ottenuto l’effetto desiderato, ovvero l’aumento esponenziale degli esperimenti faustiani sulla pelle degli indifesi, secondo i protocolli del famigerato dottor Money: in tutto il mondo “evoluto” si registra una impennata verticale dei casi di rifiuto del proprio corpo e della propria identità sessuata in età sempre più precoce, sulla spinta di un aberrante concetto di autodeterminazione e della suggestiva quanto pervasiva formula-capestro dei “diritti dei bambini”, prezzemolo di ogni pedagogismo che si rispetti.
Avevamo anche raccontato di chi quel dramma lo sta vivendo nella quotidianità e si trova a sentire su di sé tutto il peso e la frustrazione dell’impotenza di fronte a una vera e propria valanga di follia collettiva, che si manifesta come una gigantesca allucinazione contagiosa capace di blindare a tenuta stagna, e alimentare senza freno, le storie tristi ma superabili di psicosi individuale. Perché c’è un cordone sanitario impenetrabile eretto a sostenere il cupio dissolvi del soggetto che si convinca – e sia in ciò incoraggiato – di possedere un corpo non adeguato alla identità percepita. E tutt’un apparato istituzionale, educativo e comunicativo, montato apposta per pompare la dissoluzione.
 La società fondata sull’indistinzione sessuale
La dissoluzione dell’occidente è in agenda, e l’urgente scristianizzazione della società procede di pari passo proprio con la sua svirilizzazione. La nostra società ha ucciso i padri, ha cancellato i maschi, non conta più né eroi né cavalieri, sciolti nell’acido dell’irenismo obbligatorio dove è pace e arcobaleno per tutti.
L’indistinzione sessuale, la transessualizzazione e omosessualizzazione dell’umanità – che siano in produzione seriale nuove generazioni unisex non è cosa difficile da verificare – hanno già tutti i motori accesi dentro l’edificio diroccato della chiesa postcattolica, locomotiva sgangherata ma pur sempre simbolicamente trainante del convoglio lanciato verso l’abisso a tutta velocità.
Solo in questa chiave apocalittica, l’unica empiricamente sostenibile, si può comprendere l’ultimo episodio della saga ormonale, trasmesso in periodo vacanziero senza troppo clamore e senza colpo ferire.
È successo dunque, alla fine di luglio, che la triptorelina sia stata promossa a pieni voti anche dal Comitato Nazionale di bioetica, organo consultivo del Governo istituito presso la presidenza del Consiglio dei ministri. Il via libera all’uso gratuito del farmaco poggia – per gli illustri bioeticisti – su un duplice presupposto: una diagnosi di disforia di genere formulata da un team multidisciplinare, e il libero assenso dell’interessato (minorenne) alla terapia. Ovviamente, non poteva mancare il religioso omaggio bifronte da un lato alla Scienza dall’altro alla Volontà, ultime dee onnipotenti capaci di trionfare su tutto, compreso il principio di realtà.
Fin qui nulla di così particolare. La cosa bella e istruttiva è che nel Comitato autore dell’edificante pronunciamento siede una vasta rappresentanza di “esperti” di area similcattolica o sedicente tale. Tutti, o quasi, d’accordo.
 I cattolicissimi trans e la voce solista
Facciamo un po’ di nomi. Partiamo dall’ineffabile Francesco D’Agostino, il padre padrone dei Giuristi (diversamente) Cattolici, che nell’arco di qualche anno, con ammirevole nonchalance, ha invertito a U le posizioni proprie e della associazione di cui si fa scudo, sempre passando per la fase transitoria del compromesso, dogma intermedio e provvisorio (oggi già bel che superato) del bravo cattolico adulto e pacifista. Ma c’è anche Lucio Romano, fu presidente del carrozzone episcopale Scienza e Vita, l’incubatore e rampa di lancio di tanti insigni picconatori della morale cattolica messi in condizione di picconare senza vergogna al riparo della invincibile armatura scientista. E poi Bruno Dallapiccola e Laura Palazzani, ambedue operativi in area Bambin Gesù, il famoso “ospedale pediatrico del papa” che tira la volata alle sperimentazioni transumaniste al riparo (anche) dell’usbergo vaticano (Alfie docet). Ancora, la cattolicissima Maria Pia Garavaglia, donna di sistema della galassia veterodemocristiana e, dulcis in fundo, l’uomo dei vescovi Lucetta Scaraffia in Galli della Loggia, editorialista di punta dell’Osservatore Romano e aspirante cardinala (o cardinalessa?) della chiesa in uscita.
Tutti queste autorità di specchiata fede bergogliana hanno apposto la propria firma al documento in cui i sapienti maestri di etica e di vita certificano la bontà della molecola che blocca lo sviluppo di bambini previamente confusi da adulti criminali.
Unica voce (per il momento) formalmente fuori dal coro, quella di Assuntina Morresi, ben nota a questo ufficio per le sue battaglie simulate sui temi etici che mano a mano si sono affacciati sulla scena politica: da quanto è bella la legge 194, a che capolavoro la legge 40, a tutte le acclamate tappe successive, legislative e giurisprudenziali, della deriva necroculturale nostrana.
L’applauso corale partito in automatico dal mondo pro life nei confronti della signora occasionalmente dissenziente non ci convince troppo. Visto il profilo e i trascorsi della professoressa Morresi, infatti, sorge spontaneo qualche dubbio sul movente della sua presa di distanza dai colleghi di comitato. Basti pensare, senza andare troppo lontano, al recente ruolo di fida referente del ministro Lorenzin da lei ricoperto in seno al ministero della salute più rovinoso della storia repubblicana. Ricordiamo, in particolare, il compito di cacciatrice di ovuli che generosamente si accollò quando ci si accorse che alla liberalizzazione della fecondazione eterologa (a mezzo sentenza costituzionale) non corrispondeva una adeguata offerta di materiale genetico per parte femminile (sui donatori di sperma nessun problema: quelle un po’ tirchie e anche un po’ egoiste tendevano a essere le femmine, chissà come mai).
Vien da azzardare quindi che la signora, lungi dal riscoprirsi improvvisamente paladina della difesa dei principi non negoziabili sinora sempre disinvoltamente negoziati, sia stata sorteggiata come fortunata voce solista incaricata di canticchiare fuori dal coro, al fine di dare una parvenza di pluralismo a un organo nato per essere bulgaro e funzionare (anche in periodo festivo) quale ufficio-permessi delle tante belle novità in calendario nel mondo di Prometeo. Hanno fatto la conta, stavolta è saltata fuori lei.
In una marea plebiscitaria di sì, un no ci vuole e forse è pure poco, ma vista la fretta del sistema nel far digerire il boccone amarissimo del transgenderismo infantile, ben venga anche la quasi unanimità dei cattoaccademici, così da fare al più presto piazza pulita degli scrupoli di coscienza degli ultimi giapponesi sopravvissuti nella giungla, finalmente raggiunta dalla nuova pax bioetica.
Per inciso: Gandolfini, nel frattempo, ci sta pensando su. Si dichiara autorevolmente “perplesso” ed esprime autorevoli “preoccupazioni” nel mentre nel suo studio scartabella tomi di “letteratura scientifica” per cercare una soluzione condivisa su cui aprire un dialogo per venire a capo di un problema che gli appare davvero assai complesso. E pensare che c’è chi gli va ancora dietro..
 Il comitato di Paglia
L’anelasticità mentale e la atrofia speculativa di tanti cervelli cristianeggianti assisi nei posti di potere trova la sua spiegazione nella loro vera e unica ragion d’essere, ovvero quella di fare da ripetitori dell’emittente episcopale. “Donne e uomini”, come si usa dire oggi dai corretti di ogni risma, agli ordini di Paglia, vero deus ex machinadella bioetica ecclesiale contemporanea, asso pigliatutto nella psichedelica chiesa della fine del mondo.
Avevamo sommessamente registrato anche questo, fuori dal coro di prefiche che si stracciavano le vesti per la breccia aperta sulla comunione ai divorziati risposati, quando mettevamo in luce la voragine che a quel capolavoro di teologia da sciampiste che va sotto il nome di Amoris Laetitia spalancava senza troppi complimenti su gender e dintorni. Tutti ad agitarsi sopra il dito dei divorziati risposati, nessuno a vedere la luna, grande e minacciosa, dell’imprimatur vaticano sull’indifferentismo sessuale.
Ogni singolo passaggio, compreso il più recente e surreale, era dunque in agenda. Nessuna fuga in avanti del Comitato etico assunto all’umile servizio dei padroni del mondo: solo la diligente realizzazione del nuovo magistero invertito.
Parliamo dello stesso magistero che, a tre mesi dall’omicidio del piccolo Alfie Evans, dà allo stesso falso prelato della sua chiesa falsa e traditrice il coraggio di esternare parole come queste:
Senza la visione delle carte si fanno discussioni sulle idee e non sulle persone, con un grave rischio di deriva ideologica. Per parte mia ho insistito che non si rompesse il circolo di amore tra medici, genitori, infermieri e amici. Il ricorso ai tribunali non è mai un progresso. Come non è mai un progresso tagliare il rapporto con i genitori. In casi come questi è decisivo evitare in ogni modo la rottura del circolo terapeutico. Ho ritenuto importante riferirsi anche alle affermazioni dei vescovi inglesi, che sono state di grande sapienza.
E qui lo schifo strozza sul nascere ogni possibile commento.
Al tavolo negoziale del non-negoziabile
Per concludere questo affresco impressionista di aberrazioni estive, un commento breve ma sentito su quell’ircocervo nefasto che è il Comitato nazionale di bioetica, organo deputato a confezionare in pacchetti regalo decorati con coriandoli accademici le idee più indigeste e indigeribili che la mente umana degenerata può partorire nei suoi accessi distruttivi.
La partecipazione “cattolica” a un tavolo di negoziato su temi che afferiscono ai principi non negoziabili è un evidente controsenso di cui nessuno pare accorgersi. I sussiegosi signori frequentatori di zucchetti e baciatori di sacre pantofole che siedono nelle poltronissime del commercio con il male allo stato puro – nemmeno più diluito nella soluzione glucosata del cosiddetto male minore, categoria superata per motivi d’urgenza – non sono altro che dei quisling della cultura della morte. Diciamolo. Anzi, gridiamolo una buona volta.
E che l’unica a votare contro la libera e gratuita somministrazione della triptorelina ai bambini italiani sia la procacciatrice istituzionale della materia prima per la fabbrica degli esseri umani sintetici non può che essere, di tutto ciò, una grottesca conferma.
– di Elisabetta Frezza

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.