ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 12 agosto 2018

Fino all'ultimo centesimo..

«Come! Sacerdoti e religiosi in questo luogo sì orribile! Ah! mio Dio, mio Dio, come li veggo tormentati!»




«USQUE AD NOVISSIMUM QUADRANTEM!» [FINO ALL'ULTIMO CENTESIMO]:
IL PURGATORIO NELLE RIVELAZIONI DEI SANTI: SARANNO ESPIATI ANCHE I MINIMI FALLI…

LE PENE DEL PURGATORIO E IL LORO RIGORE
Pena del danno e pena del senso

Dopo, la divina sentenza, supposto che l’anima sia condannata al Purgatorio, il desiderio di purificazione invade l’anima stessa, che nella pena che le è riservata vede la via che la condurrà più presto in Paradiso.
 S. Caterina da Genova, nel suo meraviglioso Trattato del Purgatorio, dice che l’anima corre a precipitarsi in Purgatorio, tanto è grande l’orrore che concepisce dei suoi falli dinanzi alla purezza e alla santità di Dio e tanto è impaziente di purificarsi dalle sue sozzure. Ecco le parole della Santa:

« A proposito del Purgatorio, l’anima separata dal corpo, non trovandosi in quella purezza nella quale fu creata, e vedendo in sè l’impedimento che non le può essere levato se non per mezzo del Purgatorio, presto vi si getta dentro, e volentieri e se non trovasse questa ordinazione, atta a levarle quell’impaccio, in quell’istante in lei si genererebbe un vero inferno, vedendo di non potere accostarsi (per l’impedimento) al suo fine, che è Dio, il quale le è tanto a cuore, che in comparazione al Purgatorio è da stimarsi nulla, benchè, come si è detto, sia simile all’Inferno (cap- 7)».

Le rivelazioni dei Santi confermano quanto dice S. Caterina da Genova.

Leggiamo in S. Geltrude come una religiosa del suo monastero, nota per le sue austere virtù, essendo morta ancor giovane con sentimenti di edificante pietà, si manifestasse alla Santa, mentre questa stava pregando per lei. La defunta fu vista innanzi al trono dell’Altissimo circondata da una brillante aureola e ricoperta di ricche vesti tuttavia sembrava triste in volto e pensierosa, e teneva gli occhi bassi quasi si vergognasse di comparire innanzi a Dio. Sorpresa Geltrude, domandò al divino Sposo delle vergini la causa di quella tristezza e di quel timore, e lo pregò di invitare quella sua sposa presso a lui. Allora Gesù, fatto cerino a quella buona religiosa di avvicinarsi, le sorrideva con amore; ma ella sempre più turbata ed esitante, dopo aver fatto un grande inchino alla Maestà di Dio, si allontanò. Santa Geltrude, più che mai stupita, rivolgendosi direttamente a quell”anima, le disse: – Figlia mia, perché ti allontani, mentre il Salvatore t’invita? Hai sempre desiderato questa suprema felicità durante la vita terrena, ed ora che sei chiamata a goderne, te ne rimani così fredda e impassibile? Non vedi forse che il buon Gesù ti aspetta? – Ma quell’anima rispose – Ah! madre mia, io non sono ancora degna di comparire innanzi all’Agnello immacolato, poiché mi restano ancora alcune macchie da purificare. Per potersi avvicinare al Sole di Giustizia bisogna essere più puri della luce stessa ed io non ho ancora questa perfetta purezza che egli brama di contemplare nei suoi Santi. Anche se le porte del cielo fossero spalancate dinanzi a me e da me sola dipendesse il varcarle, non oserei giammai di farlo prima di essere intieramente purificata dalle più piccole colpe; mi sembrerebbe che il coro delle Vergini, che seguono di continuo l’Agnello divino, mi dovesse scacciare lontano da lui per non esserne degna. – Ma come può esser ciò che mi dici, rispose la Santa, se io ti vedo, o mia figlia, circondata di luce e di gloria? – Quanto voi vedete, rispose quella, non è che la frangia delle vesti sublimi dell’immortalità. Ben altra cosa è il vedere Iddio, il vivere in lui e possederlo per sempre! Per conseguire però questa grazia è necessario che l’anima non abbia in sè la più piccola macchia di colpa.

Così, dopo il giudizio, si inizia la purificazione, hanno inizio le pene. E quali pene! Vicino alla bara di un nostro caro, che le sofferenze hanno consumato, ci confortiamo ordinariamente dicendo: – Almeno ha finito di patire!… – Oh! finissero veramente, col finire della vita presente, le nostre pene! Il corpo cessa di soffrire, ma le sofferenze dell’anima possono continuare, possono accrescersi, e continuano e crescono generalmente.

Infatti secondo quello che insegnano i Dottori, i patimenti del Purgatorio non solo son riservati a quasi tutte le creature umane, ma per la loro intensità neppure sono da paragonarsi ai patimenti della vita presente. Secondo S. Tommaso, il quale del resto non fa che riferire l’unanime insegnamento dei Padri, le pene del Purgatorio in nulla differiscono dalle pene dell’Inferno, eccetto che nella durata. Altrettanto asseriscono i mistici. Ecco quel che leggiamo in S. Caterina da Genova

«Le anime purganti provano un tal tormento, che lingua umana non può riferire, nè alcuna intelligenza darne la più piccola nozione, a meno che Iddio non lo facesse conoscere per grazia speciale (Tratt. del Purg., cap. 2).

V’è nel Purgatorio, come nell’Inferno, doppia pena, quella del danno, che consiste nella privazione di Dio, e quella del senso. La pena del danno è senza paragone più grande, ed è tanto più intensa in quantochè quelle anime vivendo nell’amicizia di Dio; sentono più forte il bisogno di unirsi a lui » (Id.).

La Chiesa non si è mai pronunziata sulla natura della pena del senso. Nel Concilio di Firenze fu lungamente dibattuta anche questa questione fra i Greci e i Latini, ma per non porre ostacolo alla desiderata unione delle due Chiese, nulla venne deciso. Però siccome tutti i teologi insegnano che questa pena è quella del fuoco, come pei dannati, sarebbe temerità allontanarsi da tale opinione. Secondo S. Gregorio Magno, S. Agostino e S. Tommaso, questo fuoco è sostanzialmente uguale a quello dell’Inferno: la differenza consiste solo nella durata.

Agli insegnamenti dei Padri e dei Teologi, fanno eco gli insegnamenti dei Mistici e le rivelazioni dei Santi.

Nella storia del Padre Stanislao Choscoa, domenicano, leggiamo il fatto seguente (Brovius, Hist.Hist, de, Pologne, année 1590). Un giorno, mentre questo santo religioso pregava per i defunti, vide un’anima tutta divorata dalle fiamme, alla quale avendo egli domandato se quel fuoco fosse più penetrante di quello della terra: – Ahimè!, rispose gridando la misera, tutto il fuoco della terra paragonato a quello del Purgatorio è come un soffio d’aria freschissima. -. E come ciò è possibile? soggiunse il religioso. Bramerei farne la prova a condizione che ciò giovasse a farmi scontare una parte delle pene che dovrò un giorno soffrire in Purgatorio. – Nessun mortale, replicò allora quell’anima, potrebbe sopportare la minima parte di quel fuoco senza morirne all’istante tuttavia se tu, vuoi convincertene, stendi la mano: – Il padre, senza sgomentarsi, porse la mano, sulla quale il defunto avendo fatto cadere una goccia del suo sudore, o almeno di un liquido che sembrava tale, ecco all’improvviso il religioso emettere grida acutissime e cadere in terra tramortito, tanto era grande lo spasimo che provava. Accorsero i suoi confratelli, i quali prodigarono al poveretto tutte le cure, finchè non ottennero che ritornasse in sè. Allora egli pieno di terrore raccontò lo spaventoso avvenimento, di cui egli era stato testimone e vittima, conchiudendo il suo discorso con queste parole – Ah! fratelli miei, se ognuno di noi conoscesse il rigore dei divini castighi, non peccherebbe giammai facciamo penitenza in questa vita, per non doverla poi fare nell’altra, perché terribili sono quelle pene; combattiamo i nostri difetti, e correggiamoli, e specialmente guardiamoci dai piccoli falli, poichè il Giudice divino ne tiene stretto conto. La maestà divina è tanto santa che non può soffrire nei suoi eletti la minima macchia. – Dopo di che si pose in letto, ove visse per lo spazio di un anno in mezzo ad incredibili sofferenze prodottegli dall’ardore della piaga che gli si era formata sulla mano. Prima di spirare esortò nuovamente i suoi confratelli a ricordarsi dei rigori della divina giustizia, e quindi morì nel bacio del Signore. Lo storico soggiunge che questo esempio terribile rianimò il fervore in tutti i monasteri, e che i religiosi si eccitavano a vicenda nel servizio di Dio, affine d’essere salvi da così atroci supplizi.

Un fatto quasi uguale avvenne alla beata Caterina da Racconigi (Diario Domenicano, Vita della Beata, 4 Sett.). Una sera, mentre ella assalita dalla febbre stava coricata in letto si mise a pensare agli ardori del Purgatorio, e secondo la sua abitudine, rapita di lì a poco in estasi, fu condotta da nostro Signore in quel luogo di pena. Mentre osservava con terrore quegli ardenti bracieri e quelle fiamme divoratrici, in mezzo alle quali son trattenute le anime che hanno ancora da espiare qualche fallo, udì una voce che le disse: – Caterina, affinchè tu con maggior fervore possa procurare la liberazione di queste anime, sperimenterai per un istante nel tuo corpo le loro sofferenze. – In questo mentre una favilla di quel fuoco andò a colpirla nella guancia sinistra: le consorelle che si trovavano vicino a lei per curarla videro benissimo questo fatto, e nel tempo stesso osservarono con orrore che il viso di lei si gonfiò in maniera spaventosa, mantenendosi poi per più giorni in quello stato. La Beata raccontava alle sue sorelle che tutti i patimenti da lei sofferti fino a quel momento (ed erano stati molti), erano nulla a paragone di quello che le faceva soffrire quella scintilla. Fino a quel giorno erasi sempre occupata in modo tutto speciale di sollevare le anime purganti, ma d’allora in poi raddoppiò il fervore e l’austerità per accelerare la loro liberazione, poichè sapeva omai per esperienza il gran bisogno che quelle hanno d’essere sottratte ai loro supplizi.

Assai interessante il fatto seguente, che leggiamo nella vita di S. Nicola da Tolentino. Un sabato, di notte, mentre il Santo dormiva, vide in sogno una povera anima del Purgatorio, che lo supplicò di celebrare nella mattina seguente il divin Sacrificio per lei e per molte altre anime che soffrivano in Purgatorio. Il Santo, avendo riconosciuto la voce di chi gli parlava, senza potersi tuttavia ricordare a quale persona a lui nota appartenesse, domandò allo spirito chi – fosse. – Io sono il tuo defunto amico Fra Pellegrino da Osimo, che purtroppo sarei andato dannato senza il soccorso della divina misericordia; mi trovo in luogo di pena; ho bisogno del tuo aiuto, ed anche a nome di molte altre anime infelici vengo a supplicarti di voler celebrare per noi domani la santa Messa, dalla quale attendiamo la liberazione, o almeno un gran sollievo dalle nostre pene. – Voglia il Signore applicarti i meriti del suo Sangue prezioso, rispose il Santo, ma in quanto a me, non posso soccorrerti domani col suffragio che mi domandi, perchè essendo officiante di settimana, siccome domani è giorno di festa, non potrei celebrare all’altare del coro la Messa dei defunti. – Deh! vieni, vieni almeno con me, gridò allora il defunto con lacrime e sìnghiozzi, te ne scongiuro per amor di Dio, vieni a contemplare le nostre sofferenze, e non sarai più sì crudele da negarmi il favore che ti domando: so che il tuo cuore è troppo buono perchè tu possa più oltre lasciarci in tante pene. Parve allora al Santo di essere trasportato in Purgatorio, dove vide una vasta pianura, nella quale una moltitudine di anime di tutte le età e condizioni erano tormentate con vari ed atroci supplizi. E qui bisognerebbe la penna dell’immortale Alighieri, del cantore sublime dell’Inferno e del Purgatorio per riferire i tormenti indicibili da cui vide il Santo afflitte quelle povere anime, e forse l’immaginazione stessa di Dante impallidirebbe dinanzi a tanto spettacolo di dolore. Non ci proveremo quindi a farlo, ma diremo solo che quegli spiriti penanti imploravano in coro coi gesti e colla voce gemente l’aiuto di san Nicola, al quale Fra Pellegrino disse: – Ecco, come vedi, la situazione di quelli ché mi hanno a te inviato: essendo tu caro al Signore, confidiamo che nulla rifiuterà egli all’oblazione del santo Sacrificio compiuta dalle tue mani, e siamo sicuri che la divina misericordia ci libererà. – Sparita in tal modo l’apparizione, il Santo non potè frenare le lacrime alla considerazione di sì straziante spettacolo, e postosi in preghiera per tutto il resto della notte, appena albeggiato corse a trovare il priore per raccontargli l’accaduto. Questi, penetrato dalla descrizione di quelle pene, lo dispensò non solo per quel giorno, ma per l’intera settimana dall’ufficio di ebdomadario, onde potesse durante quel tempo offrire il divin Sacrificio a sollievo di quelle povere anime. Il Santo in quel giorno e per tutta la settimana celebrò la Messa con straordinario fervore, dedicandosi inoltre giorno e notte alla pratica delle virtù e delle penitenze più austere, prolungando le sue veglie e le sue orazioni, digiunando a pane ed acqua, martoriando il suo corpo con discipline e portando una catena di ferro strettamente serrata ai fianchi. Al termine di quei sette giorni, il Santo ebbe la consolazione di vedersi nuovamente comparire Fra Pellegrino, non più in mezzo a quelle orribili torture, ma ricoperto di una veste candidissima e circondato di splendori celesti, in mezzo ai quali gioivano molte altre anime benedette, che tutte salutarono il Santo, chiamandolo loro liberatore, e cantando mentre salivano al cielo: Salvasti nos de affligentibus nos, et odientes nos confudisti! (Ps. 43, 7).

Un altro fatto assai impressionante si legge nelle cronache domenicane a proposito del fuoco del Purgatorio (v. Ferdinando di Castiglia, Storia di S. Domenico, 2a parte, libro I, cap. a3).
A Zamora, città del regno di Leon in Spagna, viveva in un convento di Domenicani un buon religioso, legato in santa amicizia ad un Francescano, uomo anch’egli di esimia virtù. Un giorno in cui i due frati s’intrattenevano fra loro di cose spirituali, si promisero scambievolmente che il primo che fosse morto sarebbe apparso all’altro, se così a Dio fosse piaciuto, per informarlo della sarte toccatagli nell’altro mondo. Morì per primo il Francescano, e, fedele alla sua promessa, apparve un giorno al religioso Domenicano mentre stava preparando il refettorio, e – dopo averlo salutato con straordinaria benevolenza, gli disse di essere bensì salvo, ma che gli rimaneva ancora molto da soffrire per una infinità di piccoli falli, dei quali non si era emendato durante la vita. Poi soggiunse: – Niente v’è sulla terra che possa dare un’idea delle mie pene. – E perchè l’amico ne avesse una prova, il defunto stese la destra sulla tavola del refettorio, dove l’impronta rimase così profonda, quasi vi avessero applicato sopra un ferro rovente. Quella tavola si conservò a Zamora fino al termine del ‘700, epoca nella quale le rivoluzioni politiche la fecero sparire insieme con tanti altri ricordi di pietà dei quali abbondava l’Europa.

«USQUE AD NOVISSIMUM QUADRANTEM!»

Ma forse, dirà qualcuno, supplizi così atroci saranno riservati ai grandi peccatori o a coloro che avendo accumulato quaggiù in terra colpe su colpe, si convertono solo in punto di morte senza far penitenza dei loro falli. Purtroppo non è così: i fatti sopra narrati e quelli che stiamo per raccontare dimostrano proprio il contrario, che saranno cioè puniti anche i falli leggeri, anche le mancanze che crediamo trascurabili e nelle quali cadiamo tanto spesso e tanto volentieri, illudendoci di non doverne pagare poi pena alcuna nell’altra vita.


Vorremmo che le anime pie restassero colpite da questi esempi e ne approfittassero per emendarsi, considerando che quelle piccole imperfezioni, quei difetti di ogni giorno, di cui si accusano sì spesso al santo tribunale della penitenza, senz’averne però quasi mai una sufficiente contrizione, trovano nell’altra vita una rigorosa espiazione.

Ragionerebbe da insensato colui che dicesse di non pregare per un defunto, perchè visse e morì da santo. Quante anime deploreranno amaramente in Purgatorio questi giudizi troppo favorevoli sulla loro sorte di oltretomba. S. Agostino aveva tutt’altra idea del rigore dei divini giudizi, dal momento che dopo venti anni pregava tutti i giorni e scongiurava i suoi lettori pel riposo dell’anima della sua santa madre Monica.

A proposito dell’eccessiva facilità di giudicar santi alcuni defunti, riportiamo un esempio tratto dalla Cronaca dei Frati Minori. (Parte II, libro IV, cap. 7). Nel convento dei Frati Minori di Parigi, essendo morto un santo religioso, che per la sua eminente pietà veniva soprannominato l’Angelico, uno de’ suoi confratelli, dottore in teologia e uomo di molte virtù omise di celebrare le tre Messe solite a dirsi dai religìosi alla morte di ciascun confratello, sembrandogli di far quasi ingiuria alla misericordia e giustizia di Dio pregando per la salvezza di un uomo sì santo e che, secondo lui, doveva già trovarsi elevato al più alto grado di gloria. Ma ecco che in capo a pochi giorni, mentr’egli stava passeggiando assorto in meditazione per un viale del giardino, gli apparve il defunto tutto circondato di fiamme, gridando con voce lamentevole: – Caro maestro, ve ne scongiuro, abbiate pietà di me e soccorretemi. – E qual bisogno avete de’ miei poveri aiuti, o anima santa? rispose il religioso. – Ahimè! Ahimè! Io sono ancor trattenuto nel fuoco del Purgatorio, in attesa delle tre Messe che voi avreste dovuto celebrare per me. Se aveste esattamente soddisfatto all’obbligo che le nostre costituzioni c’impongono, a quest’ora sarei già nella celeste Gerusalemme. – E poichè il religioso allegava per iscusa la vita santa ch’egli aveva menato, le preghiere, le penitenze, l’esattezza scrupolosa da lui usata nell’osservanza della regola e tante altre sublimi virtù, il defunto esclamò: – Ahimè! Ahimè! Nessuno crede, nessuno comprende con quanta severità Iddio giudica e punisce le sue creature. L’infinita purezza di lui scopre difetti in tutte le nostre azioni. Se i cieli medesimi non vanno esenti da imperfezioni davanti ai suoi occhi purissimi, come l’uomo, creatura tanto miserabile, potrà comparire davanti a lui? Occorre rendere conto a Dio fino all’ultimo centesimo, usque ad novissimum quadrantem. Se con tutta la scienza che possedete, voi aveste compreso un po’ meglio la santità infinita di Dio, oh! non mi avreste trattato con tanto rigore! – E ciò detto scomparve. Affrettatosi il buon religioso a celebrare le tre Messe domandate, nel terzo giorno gli apparve di nuova quell’anima benedetta per ringraziarlo e per annunziargli che, finite le pene, se ne andava a ricevere la ricompensa delle sue virtù.

Da tutto questo dobbiamo concludere che purtroppo non si pensa abbastanza ai rigori del Purgatorio e alla santità di Colui che non tollera la più lieve macchia nei suoi Santi. Se si meditassero un po’ più spesso queste verità si eviterebbero con maggior cura quei falli leggeri, di cui facciamo si poco conto, e si pregherebbe con più fervore per quelle povere anime martoriate, che mentre viviamo ci sarebbe tanto facile soccorrere.

I PECCATI E LE LORO PENE

Una visione di S. M. Maddalena de’ Pazzi
 Se dalle considerazioni generali fin qui esposte sul rigore delle pene del Purgatorio, noi passiamo ad esaminare particolarmente le pene proprie a ciascun peccato, non potremo aver guida migliore delle rivelazioni di santa Maria Maddalena de’ Pazzi, la quale fra tutte le Sante canonizzate dalla Chiesa è quella che, dopo santa Francesca Romana, ci ha lasciato la descrizione più minuziosa, e per così dire, la più esatta topografia del Purgatorio. Una sera mentr’ella insieme con alcune suore passeggiava nel giardino del monastero, fu all’improvviso rapita in estasi ed intesa gridare più volte: – Sì ne farò il giro, sì ne farò il giro. – Colle quali parole voleva acconsentire all’invito che dal suo Angelo custode le veniva fatto di visitare il Purgatorio. Così le sue consorelle la videro con ammirazione e terrore intraprendere quel doloroso viaggio di cui, cessata poi l’estasi, scrisse una splendida narrazione: – Per due ore continue fu veduta girare intorno al vasto giardino del monastero fermandosi con attenzione a considerare quanto probabilmente le veniva mostrato dall’Angelo, spesso torcendosi le mani dalla commiserazione e divenendo pallidissima in viso. Inoltravasi colla persona curva verso terra e come schiacciata sotto un pesantissimo fardello, dando sì manifesti segni di orrore, che solo a guardarla faceva paura. Le consorelle la seguivano ascoltando con pia avidità le esclamazioni di terrore o di compassione che le sfuggivano di tratto in tratto. Talora si sentiva gridare: – Oh che pena! Misericordia, mio Dio, misericordia! Sangue prezioso del mio Salvatore, scendete su queste anime e liberatele dai loro spasimi. Povere anime quanto soffrite! eppure vi vedo ilari e contente fra i vostri tormenti! Eppure vi è ancora chi soffre di più! – Una volta esclamò: – Come vorrei non rimirar da vicino quelle povere tormentate! – Nondimeno dovette obbedire e discendere eziandio in altri abissi. Ma dopo aver fatto alcuni passi eccola fermarsi ad un tratto spaventata e tremante e mandando alte grida esclamare: – Come! Sacerdoti e religiosi in questo luogo sì orribile! Ah! mio Dio, mio Dio, come li veggo tormentati! – E l’orrore e il tremito che agitava il suo corpo dava a conoscere l’intensità delle sofferenze che in quel momento contemplava.
Uscita dal carcere dei sacerdoti traversò luoghi meno lugubri ed andò in quello delle anime semplici, dei bambini e di coloro, le cui colpe sono attenuate dall’ignoranza. Là non v’era che ghiaccio e fuoco, e le anime passavano alternativamente dall’uno all’altro. Ivi la Santa riconoscendo l’anima del suo fratello morto poco prima, fu intesa gridare: – Povera anima del fratello mio, quanto soffri! eppure te ne consoli: bruci eppur sei contenta, perchè sai che queste pene sono strada alla felicità. –

Fatti altri passi ancora, fece capire che stava contemplando anime assai più infelici, e gridò: – Ahimè quanto è orribile questo luogo! Come e pieno di schifosi demoni e di incredibili tormenti! Chi sono mai, o mio Dio, questi infelici tormentati? Oh! come li vedo trafitti da punte d’aghi acutissimi e quasi fatti a brani! – Allora le fu risposto che quelle erano le anime di coloro che in vita avevano cercato di piacere agli altri ed avevano talvolta peccato di ipocrisia.

Ancora più innanzi vide una turba spinta verso un dato luogo e quasi schiacciata sotto un enorme peso, e capì per rivelazione che quelle erano le anime impazienti e disobbedienti. Mentre le guardava, faceva gesti svariatissimi, ora chinando il capo fino a terra, ora fissando l’occhio atterrito su qualche punto, ora sospirando con atteggiamienti di profonda compassione.
Dopo un pò di tempo sembrò anche più afflitta, ed emise un grido di spavento: entrava allora nella carcere dei bugiardi. Dopo averla attentamente osservata, disse ad alta voce che i bugiardi stanno in un luogo vicinissimo all’Inferno, che grandi sono le loro pene e che nella loro bocca viene versato piombo fuso, mentre stanno immersi in uno stagno ghiacciato, così che bruciano e gelano al tempo stesso.
Arrivata poi alla prigione di coloro che peccarono per troppa fragilità, gridò: – Ahimè! m’ingannai credendovi insieme a coloro che peccarono per ignoranza, giacchè vi vedo bruciare in un fuoco assai più ardente. –

Più lontano riconobbe gli avari che si liquefanno come il piombo nella fornace.

Quindi passò tra coloro che sono debitori alla divina giustizia per i peccati d’impudicizia, perdonati, ma non abbastanza espiati in vita. La loro prigione era talmente sudicia e fetente, che solo a vederla da lungi chiudeva il cuore.

La Santa passò oltre senza dire parola, ma alla fine del suo doloroso pellegrinaggio fu intesa gridare: – Ditemi, o mio Signore Gesù, quale sia stata la vostra sublime intenzione nello svelarmi pene così orribili. Forse per appagare il mio desiderio di sapere dove fosse l’anima del mio fratello, o per spingermi a pregare di più per le anime del Purgatorio?… No ora comprendo: voi avete voluto così, onde conoscessi meglio la vostra immacolata purezza!
Dal carcere degli impudici, la Santa passò a quello degli ambiziosi e superbi, i quali soffrono acerbamente in mezzo a foltissime tenebre. – Miseri, disse, costoro, che per aver voluto elevarsi sugli altri, sono ora condannati a vivere in tanta oscurità! –

Vide poi le anime di quelli che, ingrati verso Dio e duri di cuore, non hanno mai conosciuto cosa volesse dire amare il loro Creatore, Redentore e Padre. Costoro sono immersi in un lago di piombo fuso, in pena di aver fatto rimanere sterili con la loro ingratitudine le sorgenti della grazia.
Finalmente in un’ultima prigione le furono mostrate quelle anime che pur non avendo avuto in vita alcun vizio particolare, si macchiarono di tanti piccoli falli, ed osservò che per pena dovevano subire tutti i castighi propri ai vizi stessi, ma in piccola proporzione.
Dopo due ore di sì penoso e duro pellegrinaggio, la Santa ritornò in sè, ma in tale stato di debolezza e di prostrazione morale, che le occorsero parecchi giorni per rimettersi dall’impressione del terribile spettacolo che aveva avuto sott’occhi.
Tali particolarità sul Purgatorio, che troviamo nella vita di S. M. Maddalena de’ Pazzi, le ritroviamo nelle rivelazioni di molti altri Santi, che con le anime purganti ebbero particolare relazione.

PURGATORIO DI DESIDERIO

Abbiamo veduto quali sarebbero secondo le rivelazioni di S. Maria Maddalena de’ Pazzi le suddivisioni del Purgatorio; aggiungiamo ora dei particolari, che apprendiamo da una celebre visione di S. Francesca Romana(Bolland. Vita S. Franciscae, 9 Martii). Secondo questa Santa dunque il Purgatorio risulta di tre parti distinte: nella regione superiore stanno le anime che soffrono la sola pena del danno o al più qualche pena mite e di poca durata; nella regione media, ove la Santa vide scritto la parola Purgatorio, soffrono le anime che commisero colpe leggere; finalmente in fondo all’abisso e precisamente in vicinanza dell’Inferno v’è la terza regione, ossia il Purgatorio inferiore, tutto ripieno di un fuoco chiaro e penetrante, diverso da quello dell’Inferno, che è oscuro e tenebrosoQuesta terza regione si divide a sua volta in tre scompartimenti, ove le pene vanno gradatamente aumentando, e sono riservati ai secolari il primo, ai chierici non ordinati in sacris il secondo, e il terzo ai sacerdoti e ai vescovi: A coloro che fu dato molto sarà chiesto molto di più(Luc., 12-48).
Che vi sia un Purgatorio superiore in cui le anime non soggiacciono a pene sensibili è confermato da molte rivelazioni anche dai Santi. Fu la Vergine SS. a rivelare a S. Brigida che esiste un Purgatorio spirituale, detto Purgatorio di desiderio, nel quale son trattenute alcune anime, che sebbene immuni da ogni peccato, nel tempo però della loro vita mortale non hanno sospirato abbastanza verso il loro Creatore. Altrettanto leggiamo presso altri Santi.

È dunque provata dalle rivelazioni dei Santi e dagli esempi riferiti l’esistenza di un Purgatorio superiore, o, se vogliamo, di un luogo intermedio fra il Paradiso e il Purgatorio propriamente detto, dove le anime compiono la loro purificazione immuni da tormenti, ma accese dal desiderio di raggiungere Dio.

Sembra inoltre confermato come le anime purganti passino dalle regioni inferiori alle superiori man mano che va compiendosi la loro purificazione. E’ celebre a questo proposito. l’interessantissima apparizione avvenuta dal settembre al dicembre 1871 nel monastero delle Redentoriste a Malines nel Belgio.

Il padre di una religiosa di quel convento, certa suor Maria Serafina, al secolo Angela Aubepin, essendo passato di questa vita, apparve per lo spazio di tre mesi consecutivi alla figlia per chiederle suffragi. Durante il primo mese, le compariva tutto circondatto di fiamme, gridando: – Pietà, figlia mia, abbi pietà di tuo padre! – Guarda, le disse un giorno, questa cisterna di fuoco in cui sono immerso! Siamo qui a soffrire in parecchie centinaia! Oh! se si conoscesse che cosa sia il Purgatorio, si farebbe di tutto per evitarlo e per soccorrere le povere anime che vi son racchiuse. – Spesso poi in mezzo alle fiamme da cui era ravvolto, gridava: – Ho sete, ho sete! – Dal 14 ottobre in poi il povero defunto, quantunque tormentato sempre da atroci patimenti, parve che non fosse più circondato da fiamme; senza dubbio egli era passato nella regione media del Purgatorio. Durante questo periodo disse un giorno alla figlia che i teologi non esagerano affatto, insegnando che i tormenti patiti dai martiri sono inferiori a quelli delle anime del Purgatorio; e avendogli nella vigilia d’Ognissanti domandato la religiosa, dietro comando del confessore, su quale argomento sarebbe stato meglio che questi avesse predicato nel giorno della festa seguente, rispose: – Ahimè! gli uomini non sanno o non credono abbastanza che il fuoco del Purgatorio è simile a quello dell’Inferno; se potesse ogni mortale fare una visita sola in quel carcere, non si commetterebbe più un sol peccato veniale, tanto è punito rigorosamente!

– Il giorno 30 novembre la religiosa intese che il padre con un doloroso sospiro pronunziava queste parole: – Mi pare un’eternità che son qui, la mia pena più grande in questo momento è una sete di Dio che mi divora e un desiderio irrefrenabile di possederlo; ed ogni volta che mi slancio verso di lui mi sento sempre respinto nell’abisso, poichè la mia pena non è ancora compiuta. – Dal che è da dedurre che fosse già passato nel Purgatorio superiore; tanto più che il 5 dicembre si manifestò tutto splendido attraverso un’aureola di tristezza. Dal 5 al 12 dicembre non apparve più, ma dal 12 al 15 si mostrò sempre più splendente. Finalmente durante la Messa della mezzanotte e precisamente nell’intermezzo dell’elevazíone, apparve il defunto per l’ultima volta, circondato di luce e di beatitudine, dicendo a sua figlia: – Il tempo dell’espiazione è compiuto, ed io vengo a ringraziare te e l’intera comunità delle preghiere e dei suffragi fatti per l’anima mia. Pregherò in cielo per tutte voi, e per te, mia cara figlia, impetrerò una sottomissione perfetta alla divina volontà e la grazia di entrare in cielo senza passare per le pene del Purgatorio. – Queste furono le sue ultime parole; la religiosa potè appena vedere il volto del padre suo, tanto era immerso nella divina luce.

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