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giovedì 16 agosto 2018

Un “codice del silenzio”

La ragnatela di “Zio Ted” e quelle connessioni inquietanti

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    Il nuovo scandalo per abusi sessuali nella Chiesa cattolica degli Stati Uniti (questa volta tocca alla Pennsylvania: raccapriccianti le descrizioni contenute nel rapporto di un gran giurì su trecento preti, riguardo a casi avvenuti dal 1940 a oggi) sta portando alla luce una serie impressionante di connessioni tra alti prelati.
Nel documento figura ripetutamente il cardinale Donald Wuerl, ora arcivescovo di Washington, considerato uno dei consiglieri più vicini a papa Francesco. L’accusa nei suoi confronti è di aver protetto preti molestatori quando era vescovo a Pittsburgh, dal 1988 al 2006.

Il rapporto riguarda sei delle otto diocesi della Pennsylvania (quelle di Allentown, Erie, Greensburg, Harrisburg, Pittsburgh e Scranton) e si basa sulle testimonianze di più di mille persone vittime di abusi, anche se si ritiene che migliaia di altre non abbiano voluto parlare delle proprie esperienze: è la più grande indagine sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica mai condotta da parte di un ente del governo federale degli Stati Uniti.
Proprio in questi giorni l’arcidiocesi di Washington ha cancellato il sito web TheWuerlRecord.com, progettato per difendere il cardinale e mostrare tutto ciò che ha fatto contro gli abusi.
“Avevamo creato il sito con le migliori intenzioni, perché servisse da risorsa e fosse utile ai media”, spiega Chieko Noguchi, portavoce dell’arcidiocesi di Washington, “tuttavia abbiamo ascoltato le critiche e l’abbiamo ritirato”.
Il sito TheWuerlRecord.com ora reindirizza i visitatori ai comunicati stampa dell’arcidiocesi, con i quali il cardinale si difende in vario modo dalle accuse, affermando che durante il mandato a Pittsburgh, man mano che cresceva la comprensione del fenomeno degli abusi, lavorò per introdurre misure di contrasto più efficaci secondo le indicazioni date dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti e gli obblighi di segnalazione stabiliti dalla Stato della Pennsylvania.
Ma nelle 884 pagine del rapporto del gran giurì Wuerl è citato più di duecento volte e i giurati sostengono che il vescovo, pur sapendo delle accuse nei confronti dei preti, permise loro di continuare a svolgere il ministero attivo.
A Washington nel 2006 Wuerl prese il posto del cardinale Theodore McCarrick, che nel luglio scorso ha presentato la rinuncia da membro del collegio cardinalizio (subito accettata dal papa) dopo essere stato riconosciuto colpevole di ripetuti abusi e molestie sessuali, anche nei confronti di studenti del seminario.
Proprio a proposito di McCarrick (“Zio Ted”, come si firmava nelle lettere alle sue vittime), c’è da segnalare la nascita di un nuovo sito (complicityclergy.com) che ha lo scopo di mappare le relazioni dell’ex cardinale nella Chiesa degli Stati Uniti.
Attraverso una rappresentazione grafica dinamica (http://complicitclergy.com/connections/) è possibile visualizzare le connessioni tra McCarrick e altri esponenti della Chiesa ed eventualmente inviare osservazioni e notizie per rendere il quadro ancora più completo.
La mappa fa impressione perché sembra proprio una tela di ragno. Al centro c’è naturalmente McCarrick e tutt’intorno appaiono le foto e i nomi degli altri esponenti della Chiesa cattolica a lui collegati, da Donald Wuerl a monsignor Edward Hughes (vescovo a Metuchen), dal cardinale Blase Cupich (arcivescovo di Chicago) al cardinale Joseph Tobin (arcivescovo di Newark), dal cardinale Kevin Farrell (attuale prefetto della Congregazione per i laici, la famiglia e la vita dopo essere stato ausiliare di Washington e consacrato vescovo proprio da McCarrick) all’arcivescovo John Myers (emerito di Newark). Né mancano i nomi di istituzioni (università, collegi, seminari) coinvolte nei vari casi.
Un “codice del silenzio” tra vescovi e cardinali ha protetto a lungo McCarrick, dice Michael Hichborn, portavoce del nuovo sito, e i fedeli ne hanno abbastanza, perché non è credibile che tutti sapessero tranne chi doveva sapere.
Il sito vuole essere dunque un primo contributo, da parte di laici cattolici americani, per fare pulizia. Secondo i promotori, proprio ai laici tocca infatti un ruolo importante, visto che dei chierici non ci si può fidare.
Attraverso il sito è anche possibile aggiungere il proprio nome alla lista dei firmatari di una petizione (http://complicitclergy.com/petition/) che chiede a papa Francesco un’azione decisiva. Nel momento stesso in cui si firma, una copia del testo, insieme al proprio messaggio personale, viene inviata per posta elettronica in Vaticano.
Aldo Maria Valli
*immagine aggiunta

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