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lunedì 13 agosto 2018

Vogliono protestantizzare la chiesa

LUTERO E IL TOTALITARISMO


Negando la comunione dei Santi, Lutero prepara il totalitarismo economico-finanziario. Una conseguenza dell’indottrinamento e dell’incretinimento operato dalla pseudo cultura marxista, travestita da cattolicesimo progressista
 di Francesco Lamendola  

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Siccome la cultura moderna è stata ipnotizzata, e diciamo pure incretinita, per gran parte del Novecento, dal marxismo, ne deriva che anche ora, che il marxismo è politicamente (ma non ideologicamente) tramontato, la maggior parte di noi, compresi quasi tutti i sedicenti intellettuali, continua a pensare il reale secondo le vecchie categorie marxiste. E ciò con la ferma convinzione – tanto più ferma, quanto più inconscia – di essere su un terreno oggettivo e incontrovertibile, perché “scientifico “, e perciò di essere al di sopra di ogni critica ma di potere, e dovere, criticare tutti, come si addice a degli scienziati nei confronti di chi scienziato non è, e balbetta, come un bambino, a proposito di ciò che non è neppure in grado d’intendere. 

Il bello è che questa pretesa di scientificità, Marx se l’è data da solo, per distinguere il “suo” socialismo da quello degli “utopisti”, da Fourier a Proudhon; eppure i suoi discepoli odierni, per quanto fuori tempo massimo e per quanto camuffati nelle più varie maniere, sovente da preti cattolici (anche se la loro vera fede non è in Gesù Cristo ma nella giustizia sociale), continuano a credere nella scientificità del proprio punto di vista, che essi identificano, poco modestamente, con la sola concezione del mondo che sia veritiera e oggettivamente provata al di là di ogni ipotesi metafisica. È lo stesso atteggiamento che hanno i seguaci, appena un po’ meno mascherati, e in parte ancora capaci di mostrarsi apertamente per ciò che sono, dell’altra grande ideologia mistificatrice del XX secolo, la psicanalisi. I seguaci della psicanalisi, anche se spesso amano distinguersi dal freudismo ed esibire, come una patente di nobiltà, la loro filiazione da qualche diramazione “eretica” della scuola madre, condividono con i marxisti la ferma opinione che hanno di se stessi: quella di essere i soli che sanno vedere “oltre”, che sanno guardare lontano e che sanno riconoscere, dietro le false apparenze, che incantano tutti gli altri, la vera natura delle cose. In pratica, essi soli possiedono gli strumenti per demistificare il mondo; e avendo insegnato a tutti, e in primo luogo a se stessi, proprio come i marxisti, che il mondo è pieno d’inganni e ipocrisie, anzi, che si regge interamente sull’inganno e l’ipocrisia, sono fieri e orgogliosi di appartenere a una scuola di pensiero che, sola fra tutte, ha compreso per tempo l’inganno, e smascherato come si deve le ipocrisie, e che pertanto, unica fra tutte, può mostrare agli uomini come si deve giudicare la realtà, cosa si deve pensare a proposito di qualsiasi cosa, e soprattutto come si deve agire. A che serve capire come stanno le cose, se non si agisce? A che serve aver ragione, aver visto giusto, se si resta prigionieri di un mondo fasullo, artefatto, nel quale si è alienati, senza speranza di recuperare la propria dimensione autentica? Ed ecco che psicanalisti e marxisti si danno la mano, e sovente si scambiano i ruoli, nel condurre la loro battaglia per la verità, che è anche una battaglia per la libertà: solo chi ha compreso come stanno le cose può partecipare alla costruzione di un mondo nuovo e migliore, nel quale artifici e ipocrisie saranno banditi e potrà emergere la parte più vera e più sana degli uomini, ora intisichita e resa malata da secoli e secoli di repressione, vuoi sul piano economico e sociale, vuoi sul versante della morale e della vita individuale. E da che cosa viene, agli psicanalisti e ai marxisti, tanta sicurezza in se stessi e tanta fiducia di essere, loro soli, nel vero? Che cosa rende il marxista (anche e specialmente nella recentissima versione del prete di sinistra) così certo di aver visto e riconosciuto il “trucco” del potere economico, e lo psicanalista così sicuro di avere individuato gli inganni dell’inconscio? In entrambi i casi, la convinzione di possedere, essi soli, una visione scientifica delle cose. E ciò a dispetto del fatto che sia Marx, sia Freud, la patente di scienziati se la son data da soli; dopo di che, a forza di ripetere la favola della scientificità dei loro sistemi, a scuola, sui libri, all’università, sui giornali, nei dibattiti televisivi e, peggio ancora, a forza di parlare e ragionare dandola per scontata, essa è entrata a far parte del patrimonio “culturale” della società moderna – di quella mezza cultura che si addice al nostro tempo, tempo di mezze cose e di mezze persone, come vuole l’impero dell’individualismo di massa. Tanto che oggi è quasi impossibile contestarla o criticarla, perché il mezzo sapiente che crede di sapere e di capire, vi guarderà con lo stupore e la commiserazione di un membro del C.I.C.A.P., se voi gli direte di aver visto, coi vostri occhi, un caso di possessione demoniaca, oppure di aver avuto, lucidi e svegli, un incontro ravvicinato con una creatura che non è di questo mondo. Non si prenderà neanche il disturbo di confutarvi: non ne vale la pena. Vi ascolterà, forse, pazientemente, scrollando poi le spalle e pensando che siete ancora immerso in una visione del mondo mitologica e superstiziosa, che vi offusca il cervello e fa di voi dei testimoni inattendibili, anche se credete, magari in buona fede, di aver visto quella certa cosa o di aver fatto quella tale esperienza.

0 BEROGLIO LUTERO E CRISTO
Vogliono protestantizzare la chiesa: per farle recuperare quel ritardo di tre secoli che, secondo il buon Martini, essa aveva accumulato.

Vediamo una tipica conseguenza dell’indottrinamento e dell’incretinimento operato dalla pseudo cultura marxista, oggi travestita da cattolicesimo progressista, e da quella psicanalitica, per quanto aggiornata in forme e scuole post-freudiane e magari persino anti-freudiane: la convinzione, largamente diffusa nella nostra società, ma specialmente fra i cattolici, che Lutero sia stato un liberatore di sane energie represse, un paladino dell’autenticità e della verità, un crociato del vero cristianesimo contro le oscure e interessate mistificazioni dei preti e dei papi rinascimentali. Con invidia non dissimulata, il che spiega la recentissima inversione a “u” da parte della neochiesa bergogliana nei confronti di Lutero (e quindi anche, di contro, nei confronti del Concilio di Trento), i cattolici progressisti guardano al luteranesimo come a una forma di cristianesimo molto più avanzata, progredita e matura della loro, nella quale la ragione è stata riabilitata grazie alla dottrina del libero esame delle Scritture, e il sentimento religioso è stato liberato dalle pesanti incrostazioni di origine magica e superstiziosa, ereditate, probabilmente, dal paganesimo pre-cristiano. È per questo che i teologi del Concilio e del post-concilio, da Karl Rahner a Walter Kasper, da Edward Schillebeeckx ad Hans Küng, fino ai loro modesti epigoni come Andrea Grillo ed Enzo Bianchi, e i cardinali dalle idee avanzate, da Martini a Danneels, da Marx a De Kesel,vogliono protestantizzare la chiesa: per farle recuperare quel ritardo di tre secoli che, secondo il buon Martini, essa aveva accumulato (ma avrebbe dovuto dire cinque, contando appunto da Lutero). E non dimentichiamo che Ratzinger si è dimesso, o è stato costretto a dimettersi, e Bergoglio è stato prontamente e scandalosamente eletto, proprio allo scopo di accelerare i tempi e di forzare il processo, già in atto dal Concilio, volto a trasformare la Chiesa cattolica in una chiesa protestante, in tutto e per tutto, tranne che nel nome. Che Lutero abbia riabilitato la ragione contro la superstizione, è tutto da vedere: la ragione che egli riabilita, è una ragione estremamente individualizzata: io, proprio io, ho il diritto di leggere e interpretare liberamente le Scritture secondo la mia ragione, e tu altrettanto, e lui pure, e così via: con il bel risultato che, alla fine, ci saranno milioni e milioni d’interpretazioni. E questo sarebbe un riabilitare la ragione? La ragione o è qualcosa di oggettivo e di condiviso, o non è tale. Se la somma degli angoli di un triangolo per me fa centottanta gradi, per te fa trecentosessanta e per lui fa quarantacinque, allora quel che ci guida non è la ragione, ma il capriccio individuale cui diamo falsamente il nome di ragione. Che, poi, Lutero abbia “liberato” il vero sentimento religioso, abolendo il culto dei santi, della Madonna, e, più ancora, negando la comunione dei Santi, cioè il misterioso ma potente legame che unisce le anime di tutti i battezzati, su questa terra e nella dimensione eterna, ciò merita un discorso a parte.
Ha scritto Corrado Gnerre (Il protestantesimo, culla del liberalismo politico ed economico, su Il Settimanale di Padre Pio, delle Suore Francescane dell’Immacolata, 22 ottobre 2017, p. 32):
Si crede che il contributo del protestantesimo allo sviluppo del liberalismo economico e quindi alla trasformazione dei beni immobili da bene rappresentato dal denaro a rappresentativi del denaro (il passaggio dalla civiltà della proprietà alla civiltà del libero mercato) si sia avuto di fatto con il calvinismo e la cosiddetta “sacralizzazione del capitalismo”. In realtà non è così. Le radici sono nel protestantesimo stesso, soprattutto nella negazione del principio cattolico della comunione dei santi, che è a sua volta esito del libero esame e dell’individualismo religioso. La negazione della comunione dei santi è negazione della dimensione comunitaria nell’economia della salvezza: mi salvo da solo! Se mi salvo da solo, allora è giusto vivere da solo, realizzarmi da solo, pensare solo ai miei interessi. Prima ancora della concezione calvinista della predestinazione, per cui il successo economico diventa un obiettivo ansiogeno da ricercare a tutti i costi per trovare conferma di essere nella schiera degli eletti, il liberalismo individualista ha le sue fondamenta nel solipsismo religioso luterano: si è soli nell’impegno di raggiungere la salvezza! Un solipsismo che condurrà non solo al più sfrenato liberal-capitalismo mosso solo dalla logica del profitto, ma anche un modello d’impresa sempre più anonimo, non più a connotazione familiare e comunitaria. Le condizioni lavorative della rivoluzione industriale, prima, e i modelli industriali dei grandi trust, dopo, ne sono un esempio lampante. (…)
Ma non solo la negazione della comunione dei santi. Il protestantesimo ha promosso il capitalismo moderno e l‘economicismo, che hanno ridotto l’uomo a rotella di un ingranaggio anonimo, spietato e finalizzato solo al profitto, perché ha “liberato“ l’economia e l’organizzazione del lavoro dal giudizio morale, affidandole alle volontà individuali. Ma la volontà senza la ragione diventa tirannia in campo politico e cinico sfruttamento in campo economico.

0 GALLERY BERGOGLIO MARX
Bergoglio interpreta magnificamente le conseguenze dell’indottrinamento e dell’incretinimento operato dalla pseudo cultura marxista, travestita oggi da cattolicesimo progressista.


Negando la comunione dei Santi, Lutero prepara il 
totalitarismo economico-finanziario

di Francesco Lamendola

continua su:

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Ecco, in questo spirito, in questa mentalità ci sono tutta la superbia, l’arbitrio e l’arroganza dei novatores. Come tutti i progressisti, quei signori si sono sentiti talmente investiti del ruolo di riformatori – tutti, magari inconsciamente, dei piccoli Lutero, o Melantone, o Calvino – da voler decidere per l’intera chiesa, anche per gli altri; anche per quelli che non avevano capito ovviamente per quelli,horribile dictu, che avevano capito ma non erano d’accordo. Ma chi se ne importa? Loro, i progressisti, non avevano alcuna intenzione di dialogare o di convincere: il dialogo va bene con i non cattolici e con i non cristiani; la persuasione va bene con gli atei militanti, i radicali, i massoni: e se non sono stati loro a persuaderli, in compenso si sono lasciati persuadere, basta vedere con quanta ostentata simpatia il signor Bergoglio s’intrattiene con Eugenio Scalfari, con quanta ammirazione parla della signora Bonino, e con quale commossa ammirazione monsignor Paglia tesse l’elogio di Marco Pannella, manca soltanto che proponga di avviare il processo per la sua beatificazione. Altrettanta stima e simpatia per don Lorenzo Milani, il prete ribelle al suo vescovo, che si compiaceva di offendere i cappellani militari in ciò che avevano di più caro dopo la fedeltà alla Chiesa, cioè la fedeltà alla Patria, che avevano servito in guerra; quel don Milani che scrisse, coi suoi ragazzi di Barbiana, la Lettera a una professoressa, uno dei libri di culto della contestazione studentesca del ’68 e dintorni. Ma cosa c’entrano Scalfari, Bonino, Pannella e don Milani con la verità soprannaturale, di cui la Chiesa cattolica è depositaria e custode per mandato di Gesù Cristo? Ai posteri l’ardua sentenza; noi, pur facendo le debite distinzioni fra un Pannella e un don Milani, non possiamo non notare quel che avevano in comune, e che superava, forse, quel che li divideva: lo spirito di sedizione, di rivolta, di disobbedienza e di risentimento; la superbia intellettuale, il credersi migliori degli altri, la convinzione di avere, essi soli, la verità in tasca. Ed ecco le orribili chiese moderne, come appunto questa di san Rocco a Udine; eco la liturgia farlocca, la musica sacra che non è per niente sacra, i canti di chiesa che paiono chitarrate rock o pop, i fedeli che si accostano all’altare in bermuda e pianelle, o con il ventre scoperto perché, si sa, d’estate fa un gran caldo, e poi che male c’è?; ecco la Comunione in mano, che si mette in bocca come fosse una caramella o un biscotto; ecco i divorziati risposati, che tutti, in parrocchia, conoscono come tali, accostarsi anch’essi all’altare, prendere in mano il Corpo del Signore, ficcarselo in bocca: siamo nell’epoca dei diritti e della democrazia, e poi chi siamo noi per giudicare? Anche la Comunione è un diritto, e se qualcuno per caso ne dubita, c’è subito una bimbetta pronta a insorgere, con le lacrime agli occhi: Ma che male ha fatto il mio papà, che male ha fatto la mia mamma, che non possono fare la Comunione anche loro insieme a me? Impossibile resistere a quelle lacrime e a quella logica così stringente: se l’intenzione è buona, come si fa a dire di no, a negare il Sacramento a quelle persone? Lo dice anche Amoris laetitia: se non ce la fai a rispettare la legge del Signore, ebbene pazienza, il Signore ti capirà e ti accoglierà lo stesso, lui non è fiscale né bigotto, è di larghe vedute, lui; anzi, forse non si aspetta niente di diverso da quel che stai facendo: che te ne stai lontano da tua moglie o tuo marito, e vivi con un una nuova compagna  o con un nuovo compagno. Infine, che male c’è? Purché ci sia l’amore, c’è tutto, come dice sempre quel grande e profondo pensatore di cui ora ci sfugge casualmente il nome. In definitiva, ce lo assicura il signore argentino, quello che conta è affidarsi alla coscienza personale: basta ascoltare quello che dice il cuore, e tutto è a posto. Non c ‘è bisogno che quella coscienza sia retta e ben formata, e, soprattutto, non c‘è bisogno che quell’anima sia in grazia di Dio. Queste sono fisime di prima del Concilio, un po’ come la regola di non mangiare e di non bere prima di far la santa Comunione. Per essere in grazia di Dio, ci sarebbe la confessione: ma che brutta parola; meglio parlare di riconciliazione; e poi, si sa che molti preti, per guadagnare tempo, praticano la confessione collettiva, danno l’assoluzione a tutti e buonanotte suonatori, si è pronti per ricevere il Signore.

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San Rocco era un pellegrino provenzale, nato a Montpellier verso il 1350 e morto a Voghera, presso Pavia, subito dopo ferragosto del 1376.

Allo stesso modo, e sempre per motivi di tempo, quasi tutti i preti hanno smesso di andare per le case a benedirle, insieme alle famiglie; ma del resto, diciamo la verità, non era una forma di clericalismo? Non è una pretesa arrogante, quella di bussare a tutte le porte, e costringere i non credenti, che certo sono la maggioranza, a schermirsi, a giustificarsi, a inventare qualche scusa per chiudere la porta ma senza essere scortesi? Moto meglio così, allora:; niente benedizione delle case.  Che è questa storia delle benedizioni? Un altro retaggio del Medioevo, come il culto dei Santi e della Madonna, coma la recita del Rosario. Non per niente un sacerdote di queste parti, padre David Maria Turoldo, servita, una volta ha spezzato in pubblico la corona del Rosario: voleva far capire che è  tempo di rinnovarsi, di lasciar cadere le vecchie abitudini, di non essere più dei cristiani superstiziosi, ma che bisogna diventare dei cristiani adulti, maturi e consapevoli. Certo, Turoldo era favorevole sia al divorzio, sia all’aborto, perciò si sarebbe trovato benissimo in una casa di anticlericali e di liberi pensatori. E adesso, si sa, le famiglie non sono più quelle di una volta; quasi dappertutto ci sono coppie divorziate e separate, passate a nuove convivenze; e non mancano neppure le famiglie cosiddette arcobaleno, formata da due genitori dello stesso sesso, e magari da un paio di bambini ottenuti chi sa come, certo non secondo le leggio di natura, ma chi siamo noi per giudicare? E i preti che si dichiarano apertamente di sinistra e nemici del cattolicesimo bigotto -  e che ne sono tanti, tantissimi, e lo proclamano anche nel bel mezzo della Messa, al momento della predica, invece d’illustrare la Parola di Dio - potrebbero dialogare benissimo anche con quelle. Ma ci vorrebbe tempo, e il tempo è così poco; perciò, niente benedizioni.

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Il padre servita David Maria Turoldo.

San Rocco era un pellegrino provenzale, nato a Montpellier verso il 1350 e morto a Voghera, presso Pavia, subito dopo ferragosto del 1376 (o, secondo altri, del 1379). Taumaturgo, protettore contro la peste, i terremoti, le catastrofi naturali, raffigurato sempre con il cane al fianco e la pagnotta fra i denti, viene esaltato come un modello di solidarietà e di carità, qualche volta anche come un precursore o ispiratore del volontariato; è diventato insomma un santo popolarissimo, specialmente di questi tempi, quando la neochiesa non sa parlare d’altro che, appunto, di solidarietà, accoglienza, carità e volontariato. Un altro paio di maniche, ovviamente, è vedere se lui sarebbe stato d’accordo di come il neoclero interpreta e stravolge il significato cristiano di queste parole, e se avrebbe riconosciuto come suoi compagni ideali quei preti e quei vescovi che amano definirsi di strada, anche se poi non si lasciano scappare l’occasione di essere invitati ne salotti televisivi radica-chic e di farsi beli davanti alle telecamere, sempre però parlando, ci mancherebbe, d’inclusione, di accoglienza e integrazione, e del dovere cristiano di non escludere, di non emarginare, di non condannare mai nessuno. Chissà cosa ne penserebbe, o meglio, chissà cosa ne pensa – dato che i Santi ci seguono anche dall’aldilà – e se sarebbe d’accordo o no. Ma dobbiamo tenerci la curiosità: lungi da noi imprestare i nostri pensieri a chi non può parlar da sé, e arruolare chi non può rifiutarsi d’essere arruolato, perché fisicamente assente. Lasciamo volentieri questi metodi ai neosacerdoti come Sosa Abascal, il quale dice che nessuno sa quali furono realmente le parole di Gesù Cristo, ma che da parte sua, a buon conto, non crede che Gesù abbia mai proclamato qualcosa di simile al principio della indissolubilità del matrimonio. I neopreti e i neoteologi non si fanno scrupolo di dire quel che Gesù avrebbe detto “veramente”, un po’ come ha fatto Dan Brown nel suo romanzo, perché lorosanno, loro sono pervenuti a un cristianesimo assai più maturo ed avanzato del nostro, e hanno penetrato con maggiore acume il mistero della Rivelazione. Monsignor Nunzio Galantino, per esempio, un altro campione tipico della neochiesa, sa che Dio non distrusse, ma risparmiò Sodoma, e cita questo esempio di benevolenza divina come il paradigma della Misericordia, secondo la lezione di Walter Kasper, oggi imperante. Veramente nella Bibbia non c’è scritto così; c’è scritto, al contrario, che Sodoma e le altre città dei peccatori contro natura vennero distrutte con il fuoco, perché Dio era sdegnato contro la depravazione dei loro abitanti; e c’è scritto perfino che la moglie di Lot, voltatasi indietro a guardare, venne trasformata in una statua di sale. Ma che importa! Questi sono dettagli; l’importante è il significato complessivo: Dio perdona sempre, perdona tutto, e più grosso è il peccato, e più perdona. È tutto gratis, non occorre neanche pentirsi, tanto meno confessarsi. Questo vi ricorda qualcuno? Sì, ricorda moltissimo il pecca fortiter, sed crede fortius di Martin Lutero. Che sia una semplice coincidenza? Forse. Voi ci credete, onestamente? Noi, no…

 tratto da:
LA CHIESA DI SAN ROCCO
XXXI - Omaggio alle chiese natie: San Rocco. Costruita ad aula rettangolare e rialzata rispetto il piano stradale nel 1510, quindi ha più di 500 anni, è orientata nel senso tradizionale con l’abside a Est e la facciata ad Ovest di Francesco Lamendola  Leggi tutto...

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