Al cuore di Ratzinger. Al cuore del mondo
Il Pontefice Benedetto XVI è stato senza dubbio un papa amabile, e giustamente amato da gran parte dell’orbe cattolico. L’inoppugnabile integrità personale, la figura veneranda, il volto sereno, il sorriso buono, l’indole, pare, mite, la fama stessa di insigne teologo, vedremo quanto meritata, gli hanno indubitabilmente accattivato gli animi e a buon diritto conquistato il rispetto e l’amore del suo gregge.
Il suo atteggiamento equilibrato, fin da prefetto dell’ex Santo Uffizio, un po’ meno bonariamente indulgente verso i novatori neomodernisti, un po’ meno inflessibile verso i cattolici leali amici della Tradizione; la sua lotta indefessa, da Pontefice, contro l’indifferentismo; il suo stesso rispetto per la Tradizione e le tradizioni della Chiesa e per il latino, sua propria lingua; quel minimo di pompa rispolverato per adornare le solenni cerimonie del maggior tempio del mondo; il veramente generoso motu proprio a sostegno della Messa cosiddetta tridentina; unito agli attacchi martellanti della stampa secolare e alle critiche dei cosiddetti progressisti; lo hanno fatto apparire agli occhi delle anime timorate un vero e proprio campione dell’ortodossia e ne fanno tuttora da molti sinceramente rimpiangere il pontificato.
Ebbene, pare che le cose non stiano precisamente così, e che la tanto decantata perfetta continuità tra il pontificato di Benedetto XVI e quello del suo più sanguigno, e spregiudicato, successore non sia una manovra della finissima diplomazia vaticana tesa a rassicurare le anime semplici, costernate dall’improvvisa abdicazione e sbalordite dalla peregrina trovata del papa emerito e del papato bicefalo; non sia una malizia dei circoli progressisti e neomodernisti per mettere a tacere “ultrà” e “conservatori” che a buon diritto li criticano a voce sempre più alta; ma rappresenti la realtà.
Questo, e ben più di questo, ci mostra, e ci dimostra, l’esimio Professor Radaelli nel suo libro: Al cuore di Ratzinger, al cuore del mondo.
A quanti in buona fede potrebbero scandalizzarsi che l’autore abbia fatto oggetto delle sue critiche il sorridente e mite, ortodosso e, si dice pure, perseguitato pontefice teologo, il nostro mostra il serpente nascosto tra l’erba; la mente progressista che ha, sfortunatamente, sempre in qualche misura adulterato un cuore integro e sinceramente cattolico; la fallace dottrina, con tutte le conseguenze e gli errori che ne sono conseguiti e che ne seguono, da questa stessa mente concepita nel lontano 1968, quando il futuro Papa non era che un “semplice”, per quanto già noto e stimatissimo, professore di teologia.
Una dottrina che, organizzata sistematicamente, data alle stampe e entusiasticamente ricevuta dal mondo, o almeno da un certo mondo, cattolico, si è poi propalata a diffondere i suoi effetti pestilenziali in un libro che ha fatto epoca; che ogni “levita”, dal seminarista all’eminenza, si è trovato a un certo momento della sua vita tra le mani; che il professore e teologo, qualunque sia stato il suo successivo percorso spirituale, ascendendo fino alla dignità suprema della Chiesa non ha mai né sconfessato, né abiurato, né emendato, anzi!
Un libro in cui trovano la loro fonte e il loro distillato tutte le idee eterodosse, tutti gli atteggiamenti disordinati che hanno afflitto e affliggono la Chiesa da 50 anni a questa parte. Vogliamo parlare, rispettosamente, di Introduzione al cristianesimo del Professore, poi monsignore, quindi eminenza, infine augusto, e ora nuovamente eminenza, Joseph Ratzinger.
Diceva il Conte de Maistre: “Non esiste crimine maggiore dello scrivere un cattivo libro, perché non si può più cessare di commetterlo” subito aggiungendo: “il contrario è pure perfettamente vero”.
E allora, chiediamoci, è un cattivo libro quello di Ratzinger? Radaelli lo sostiene e lo dimostra. Dimostra cioè, Scrittura e Tradizione alla mano, come il futuro Sommo Pontefice concepisse in quel fatale 1968 un sistema cosiddetto “ultra-idealista”, misto di hegelianesimo e teilhardianismo che non ha poi mai più rinnegato.
Dimostra come tale sistema sia essenzialmente incompatibile con la vera e santa teologia cattolica. Dimostra come a tali premesse non possano necessariamente seguire che le ovvie conclusioni, cioè una congerie di errori incompatibili, anzi in aperta contraddizione, con quanto la Chiesa Cattolica, nei suoi Padri, Dottori, Concili, e Pontefici ha sempre magistralmente e dogmaticamente insegnato e, non ci si faccia alcuna illusione, tutt’oggi insegna. Errori gravissimi che, accettati, porterebbero alla distruzione del dogma cattolico e, addirittura, alla negazione del Mistero della Redenzione. Stando cosi le cose, bisogna necessariamente concludere che Introduzione al Cristianesimo, pure contenendo “pagine altissime e finissime intuizioni”, sia un libro pernicioso.
Tuttavia si potrebbe ancora obiettare che Radaelli non abbia veramente compreso il pensiero profondo dell’eminente autore di Introduzione, o che artatamente abbia estrapolato dall’opera di un insigne teologo tedesco poi addirittura Sommo Pontefice una serie di frasi fuor di contesto per costruire, sull’esempio delle Provinciali di Pascal, un sistema mostruoso. Nulla di men vero.
In primis perché qualunque frase contenuta nel libro dell’insigne teologo tedesco, qualunque sua affermazione impugnata da Radaelli, viene presentata al lettore inserita nel suo contesto preciso.
In secundis perché con gesto davvero cavalleresco, oltre che con gran spirito di Carità, il Professor Radaelli si è premurato di far pervenire una copia della sua opera prima di tutto all’insigne teologo stesso, all’eminente e già augusto autore di Introduzione, che si propone di salvare da se stesso. A quest’ultimo, o a quanti lo ammirano e ne condividono le dottrine, non dovrebbe essere difficile confutare le critiche del nostro, se la verità, la giustizia, il buon nome e la dignità del rango fossero state temerariamente attaccate.
Ma a questo punto diciamolo una volta per tutte: non si tratta affatto di ciò che volgarmente il mondo chiamerebbe un “attacco”. Diceva infatti il venerato maestro del professor Radaelli, il filosofo Romano Amerio di Iota Unum: “Anche correggere l’errore è un’ opera di Misericordia”. Ed un’opera di Misericordia, ci sia lecito suggerirlo, si propone di compiere l’autore di Al cuore di Ratzinger con il suo libro; non solo rivolgendosi al cuore del mondo e rivelando a cattolici distratti e ad autorità ecclesiastiche, dispiace dirlo, men che vigilanti, quali precipizi per la religione celi una delle opere più diffuse e apprezzate del post-Vaticano II; ma facendo appello al cuore tutto cattolico di Ratzinger stesso e affrontando l’impresa insieme coraggiosa, ardua e delicata, di dimostrare all’autore di Introduzione alcristianesimo, all’insigne teologo che fu, come Prefetto dell’ex Santo Uffizio e Papa, il garante della cattolica ortodossia, dietro a quali miraggi si sia smarrito, quali chimere abbia creato, abbandonando il sano, santo e pure prescritto sistema tomista e seguendo invece “sillogismi che verso terra fanno batter l’ali”.
Solo un grande amore per il proprio prossimo può spingere a tanto.
Ché se la Prudenza suggerisse che forse una critica tanto serrata, tanto scientifica, tanto… giusta, di una delle opere principali e più amate dal suo autore, di colui che sarà un giorno addirittura il Vicario di Cristo, potrebbe sminuire l’affetto, il rispetto, la fiducia, la fede del Cattolico non tanto verso la persona, ma verso ciò che essa rappresenta, ancora una volta si risponderebbe che sono invece proprio l’affetto per l’eminente personaggio e la devozione e la venerazione per il Papato che ispirano l’autore.
Il lettore di Al cuore di Ratzinger, al cuore del mondo vi troverà la Fede solida e luminosa; la sana dottrina; il sapere profondo; la logica robusta e stringente; l’eleganza dello stile; l’amore per la Verità e la Carità per il prossimo che informano la controversia; nonché il metodo “scientifico” scevro da ideologie che procede, secondo le parole stesse dell’autore “frigido pacatoque animo”.
Vi troverà giustificati gli “artifizi” retorici, per altro occasionali, la “santa ironia” che castigat ridendo, e pure, scusabilissima, la santa indignazione dinanzi alle aberrazioni di una mente che Dio aveva creato tanto acuta e tanto profonda, quella dell’insigne, quindi eminente, teologo tedesco.
Il lettore vi troverà finanche la poesia, che riveste la Teologia stessa che il Radaelli viene così magistralmente esponendo. Sì, Teologia espressa poeticamente, come lo sono i salmi, o l’agostiniano “fecisti nos ad te”; né si possono più accusare di aridità il tomismo e la scolastica dopo aver letto la Commedia, perché non vi è soggetto maggiormente adatto ad ispirare la poesia della Divina Verità.
Lo sosteneva pure il nostro ottimo Conte de Maistre, altro robusto pensatore cattolico e uomo di garbo: “Sono talmente veri i nostri (cattolici) dogmi che li abbiamo messi persino in musica… si provino i Protestanti a cantare i loro 39 articoli!”
Insomma, in questo libro la santa Verità del dogma cattolico, e non ve n’è un’altra, risplende a ogni pagina, e ciechi sono soltanto coloro che non vogliono vedere. Ma se la Verità ci viene da Dio, allora Egli ce la dà perché la possiamo conoscere e comprendere, ciascuno nella misura in cui le sue proprie capacità lo permettono. Quindi, se il teologo e lo studioso troveranno nell’opera del Radaelli cibo intellettuale abbondantissimo, tale da saziare gli appetiti più insaziabili, e di tanta qualità da soddisfare i palati più esigenti, un lettore ordinario quale il sottoscritto, purché spassionato, leggendo Al cuore di Ratzinger, al cuore del mondo sentirà la mente aprirglisi, le idee riordinarsi, e comincerà a vedere chiaramente ciò che, forse, già sentiva in confuso.
Recensione di Corax Anglicus
Pubblicata il 23 settembre 2018
sul sito di Gianandrea de Antonellis: Ernesto il disingannato
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