LIV - Omaggio alle chiese natie: Assunzione B. V. Maria. Alla fine ci siamo arrivati abbiamo lasciato per ultime le due chiese che più ci rattristano architettonicamente e spiritualmente: l'Assunzione B.V. Maria e San Domenico di Francesco Lamendola
E alla fine ci siamo arrivati. Abbiamo lasciato per ultime le due chiese che più ci rattristano, architettonicamente e spiritualmente, e che non vorremmo fossero state costruite, non vorremmo associarle al caro ricordo di una città che, fin quando noi ci abbiamo vissuto, aveva ancora un volto cristiano e cattolico chiaramente riconoscibile, anche se, probabilmente (ma noi, bambini, non lo sapevamo) già minato mortalmente dal gran male di tutta la Chiesa cattolica, il neomodernismo, messo in movimento e riabilitato alla grande dal Concilio Vaticano II. A lungo abbiamo rimandato, abbiamo tergiversato: perché affondare il coltello nella piaga? Perché angustiare noi stessi e gli altri sollevando la questione delle chiese che non sono chiese, che non vogliono essere tali, così come certi preti che non vogliono essere preti cattolici, ma qualcos’altro; e che segnano la rottura intenzionale, arrogante, diabolica con la vera Chiesa di sempre, una, santa, cattolica e apostolica?
Pure, è giusto, dopo aver ricordato, una per una, tutte le chiese cittadine, parlare anche di queste ultime due: quella dell’Assunzione della Beata Vergine Maria in Viale Cadore e quella, in via Massaua, di San Domenico, nel villaggio omonimo. Abbiano incontrato, in questa rassegna delle chiese udinesi, alcune chiese che si stenta a riconoscere come luoghi del culto cattolico, perché si sforzano a tal punto di assumere lo stile del mondo, con l’uomo al centro e il progresso, anche tecnologico, quale vero oggetto del culto, da aver perso quasi del tutto il loro carattere sacro, nonché la loro natura specificamente cattolica; tali sono, a nostro parere, la chiesa di Gesù Buon Pastore in via Riccardo di Giusto, e la chiesa di S. Anna a Paparotti.
L'esterno: una villetta? Sfidiamo chiunque a capire che questa è una chiesa cattolica.
In tutte le chiese del centro storico – tutte, con la parziale eccezione di San Quirino; e a suo tempo abbiamo spiegato perché - abbiano trovato il legame con la Tradizione, l’atmosfera sacrale, l’identità cattolica chiaramente riconoscibile. Poi, mano a mano che passavamo in rassegna le chiese della periferia, san Paolino in viale Trieste, san Cromazio al Villaggio del Sole, abbiano visto i segni del cedimento alla mentalità del mondo, al mito del progresso, alla centralità dell’uomo, però in forme ancora parzialmente accettabili, o comunque non tali da respingere completamente il fedele cattolico in cerca di Dio. Molto più vicine alla Tradizione le chiese dell’estrema periferia, parrocchie di quelli che un tempo erano paesi a sé stanti e che poi sono divenute frazioni cittadine, e che erano già parrocchie uno o due secoli fa, a volte più indietro ancora: quelle di Paderno, Beivars, Godia, Colugna, Rizzi. Ma con la chiesa di San Domenico, e soprattutto con quella dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, il discorso cambia: qui siamo in piena rottura con la Tradizione; qui si sente la pretesa, superba, eretica, di creare una nuova chiesa, di dar vita a un nuovo culto, sempre fondato sul Vangelo, ma solo a parole: un altro vangelo, evidentemente.
O un codominio?
Un vangelo tutto umano, in base al quale, per esempio, l’eutanasia di Eluana Englaro, che si è consumata proprio in un ospedale di questa città, e che l’ha resta tristemente celebre in tutta Italia e nel resto del mondo, non è affatto un atto contrario al Vangelo. C’è un gruppo di preti friulani, che si autodefiniscono preti di frontiera, favorevole alla eutanasia, così come sono favorevoli all’immigrazione indiscriminata, che a casa nostra si chiama invasione, ma a casa loro, e anche a casa dell’eretico Bergoglio, si chiama accoglienza. Non vogliamo fare casi personali; non vogliamo fare nomi, non certo per timore – ne abbiamo fatti tanti, in questi anni, e da qualcuno ci siamo anche beccati delle denunce, pur non avendo mai diffamato né calunniato alcuno, ed essendo sempre rimasti entro la verità dei fatti: perché sono tanto misericordiosi, costoro, ma solo verso i non cattolici e mai, comunque, coi cattolici che essi definisco, con sommo dispregio, “tradizionalisti” – ma perché non è nostra intenzione polemizzare con alcuno a livello personale. Non questa volta, almeno. Non vogliamo mescolare il dolce ricordo di una cara città e di una Chiesa che ha fatto di noi quel che siamo oggi, e che siamo lieti, e fieri, di essere, con polemiche ad personam nei confronti di sacerdoti che neppure conosciamo, ma solo per aver letto le loro triste esternazioni in frangenti come quello dell’eutanasia della povera Eluana.
O un villaggio vacanze?
Quando diciamo che queste sono chiese che non vogliono essere chiese, non stiamo esagerando, né forzando il significato delle parole. Sfidiamo il turista che giunge a Udine e che imbocca viale Cadore, per trovare la Chiesa dell’Assunzione della Beata Vergine Maria, a individuarla nel pur diradato paesaggio della periferia. Istintivamente egli cercherà un campanile, o almeno una croce, ma non troverà né l’uno, né l’altra. Alla fine troverò solo un edificio che pare un comunissimo piccolo condominio di una qualsiasi zona residenziale, col suo praticello ben curato. La sensazione è così forte che, molto probabilmente, il nostro visitatore scambierà la chiesa per il condominio vicino, molto più imponente. Solo con fatica riuscirà a capire quale è la chiesa, e vi entrerà, esitante, chiedendosi fino all’ultimo se, per caso, non si sta sbagliando. Perfino la targa metallica dichiara che questa è la parrocchia, non già la chiesa, dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. Si vede che la parola chiesa, e tanto più chiesa cattolica, è diventata una parolaccia: non si sa quando, né si sa per decisione di chi; una di quelle cose che una mattina si scoprono, per caso, e ci si accorge di aver perso qualcosa – o che qualcuno ce l’ha fatta proprio sporca sotto il naso, ma noi non ce ne siamo minimamente accorti. Insomma: niente campanile, niente croce, niente parola “chiesa”: cosa ci sarà all’interno? All’interno c’è una sorta di sala-congressi, con le sedie perfettamente identiche a quelle che si trovano in una sala-congressi di un albergo o di un istituto culturale. Niente banchi, dunque impossibile inginocchiarsi per pregare, dunque niente umiltà davanti a Dio e al Mistero eucaristico. Tutti in piedi o seduti, come, appunto, a una qualsiasi conferenza. Questa non è una chiesa, ma una casa del popolo; questo non è affatto uno spazio sacro, ma un luogo di ritrovo perfettamente laico. Il bello è che questo è proprio ciò che i fautori della “svolta” conciliare volevano ottenere, e di cui vanno fieri: del fatto che non si capisce che questa è una chiesa, del fatto che non c’è un crocifisso che la identifichi, del fatto che, all’interno, essa sembra ancora meno una chiesa di quel che non sembri all’esterno. Qual è la cosa che identifica l’interno di una chiesa cattolica? Il Santissimo, evidentemente. Ebbene: dov’è il santissimo, dov’è il tabernacolo che lo contiene, in questo luogo che pare una palestra o un auditorium? Se, entrando in una chiesa, non si scorge subito il Santissimo, verso che cosa ci si inginocchia – pardon, qui non ci si può, non ci si deve, inginocchiare – verso che cosa ci si rivolge, per pregare? Verso l’assemblea dei fedeli? È questo il senso, è questo il suggerimento: la chiesa siamo noi? Se è così, quel che sospettavamo è pienamente confermato: questa non è una chiesa cattolica; e chi ci viene, non ci viene per incontrare il Dio cattolico, vale a dire Gesù Cristo, Figlio Unigenito del Padre celeste. Del resto, il signore argentino lo ha pur detto, che Dio non è cattolico. Bisogna concludere che allorché questo architetto, questo sacerdote, l’hanno così voluta, così progettata, così realizzata, nell’ormai lontano 1975, erano in anticipo di quasi quarant’anni sulla gloriosa svolta del signor Bergoglio, ma si sono anche posti, con ciò stesso, oltre, e perciò fuori, la Chiesa cattolica, quella vera.
L'interno. Dov'è il Santissimo? E come inginocchiarsi? Ma è una chiesa o una sala congressi?
Naturalmente, loro pensano e sostengono il contrario. La vera chiesa siamo noi, dicono. Si legga l’articolo del Messaggero Veneto, edizione online, del 26 ottobre 2013, iperbolicamente elogiativo sia della chiesa, sia dell’idea da cui essa è scaturita. In quell’articolo si riconosce francamente che la chiesa non sembra una chiesa; che la si riconosce a fatica, anzi, che non la si riconoscerebbe affatto, se non si sapesse che è una chiesa; che non c’è una croce e neppure la parola “chiesa”, e che l’interno è ancora più sconcertante dell’esterno; però, con una logica tutta bergogliana, si arriva ad affermare, così, di punto in bianco, che proprio per tali ragioni, ossia perché questa è una chiesa che non vuol sembrare una chiesa, che non vuol rispettare alcuna tradizione, anzi, che vuol rompere con secoli di Tradizione, proprio perciò è una vera chiesa, nel senso etimologico della parola greca, ekklesia, assemblea: tanto per far passare l’idea, completamente farlocca, che le chiese, fin alle origini, fossero delle case del popolo e non le case in cui ci si riuniva per adorare il Signore Iddio, nella Persona di Gesù Cristo. Non un Dio qualsiasi; non un Dio che non è cattolico, e chi lo sa cosa sarà mai: nossignori, il Dio di cui ha parlato Gesù Cristo, e che era Lui stesso, incarnato, morto e risorto per amore degli uomini. Quel Dio, non un altro. Quel Dio che è presente nel Sacrificio eucaristico, che si rinnova ogni volta che il sacerdote celebra la santa Messa. Le domus ecclesiae, dice l’articolo, erano delle grandi case private, con una semplice mensa e un ampio spazio attorno per l’assemblea. Non erano templi ma luoghi dove si pregava e si svolgevano altre attività comunitarie.
Chiese neomoderniste del Concilio Vaticano II ?
Con la chiesa di San Domenico, e soprattutto con quella dell’Assunzione della Beata Vergine Maria siamo in piena rottura con la Tradizione; qui si sente la pretesa, superba, eretica, di creare una nuova chiesa, di dar vita a un nuovo culto, sempre fondato sul Vangelo, ma solo a parole: un altro vangelo, evidentemente. Se davanti a certe chiese entriamo malvolentieri, e in altre entriamo con una stretta al cuore, sforzandoci di trovare Dio nonostante la bruttezza quasi offensiva, di fronte a una chiesa che "non è una chiesa", ci rifiutiamo di entrare
LIV - Omaggio alle chiese natie: Assunzione B. V. Maria
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