Nessuno oggi si sente più responsabile di nulla, neanche del proprio preciso dovere e degli effetti evidenti del proprio agire: il colpevole è diventato per definizione "qualcun altro" o forse è sempre colpa dello Spirito Santo
di Francesco Lamendola
Se dovessimo sintetizzare in un solo concetto la caratteristica psicologica oggi dominante nella nostra società, diremmo, prima ancora dell'edonismo, del narcisismo, dell'utilitarismo, del materialismo, che sono tutti effetti derivati: la fuga dalle responsabilità, anzi,la fuga dall'idea stessa di responsabilità. Nessuno si sente più responsabile di nulla, neanche del proprio preciso dovere, neanche degli effetti evidenti del proprio agire; ciascuno è impegnato a riversare la responsabilità su qualcun altro o su qualcosa d'altro. E' rarissimo vedere qualcuno che si assume la responsabilità dei suoi atti, o quella per le persone a lui vicine, ad esempio la propria famiglia. Se c'è una cosa che l'uomo contemporaneo detesta e aborrisce, qualcosa da cui vuol fuggire, a cui vuole sottrarsi in ogni modo, è il fatto di dover rendere conto di quel che ha fatto, o di quel che non ha fatto, affinché le cose andassero per il loro verso.
Un genitore si trova un figlio minorenne delinquente, beccato a spacciar droga ai compagni di scuola: ma non è colpa sua. Il comandante di una nave porta il suo bastimento a naufragare sugli scogli, con mare calmo e visibilità perfetta: ma lui non ha colpa. Un terzo viene sorpreso a rubare, e al magistrato dice: Non avevo altro mezzo per vivere, e quello: Ah, be', in tal caso, si può anche capire; e lo fa scarcerare. Non solo: dal momento che le conseguenze tragiche, prima o poi, ci sono, non solo si vuol scansare la propria responsabilità, ma si vuole addossarla a qualcun altro: ed è la caccia al colpevole. Il colpevole è, per definizione, qualcun altro. Un quindicenne si arrampica, di notte, sul tetto di un palazzo per scattare dei selfie da brivido, poi cade e muore: il genitore, intervistato, minaccia: Qualcuno dovrà pagare, perché quel tetto era pericoloso. Di notte? Sul tetto? Ma chi ha ordinato a quel ragazzino di salire sul tetto, di notte, a far fotografie? I minorenni non dovrebbero essere sotto la tutela dei loro genitori? La colpa di quella disgrazia è del proprietario del condominio?
Oggi nella vita "moderna" tendiamo a rimuovere le conseguenze negative delle nostre azioni. Il risultato di questa deformazione della psicologia e del senso etico è che nessuno impara mai nulla.
Ciascuno di noi, nella sua sfera di vita e di lavoro, e forse più volte al giorno, farà la medesima esperienza. Il preside della scuola non vuole responsabilità, non vuole seccature: se i bidelli, o i professori, hanno un problema, non è responsabilità sua. Il responsabile di un certo ufficio non è responsabile se l'utente rimane deluso nella sua legittima richiesta: se il computer non funziona, se i documenti non sono stati registrati, ecc., non è mai affar suo. Perfino il prete dice che non è affar suo se i documenti per il matrimonio non sono arrivati regolarmente: non guarda nemmeno in faccia i due giovani fidanzati, non spreca neppure una parola per informarsi su chi sono, né per dir loro una parola gentile. No: la sola frase che gli esce di bocca è questa: A me servono tutte le carte, questo è l'essenziale. Allo stesso modo, lo studente non ha responsabilità se si fa bocciare; il ministro non ha responsabilità se si verificano gravi inefficienze nel suo ambito di competenza; il giudice non ha responsabilità se il detenuto, da lui fatto uscire in anticipo per buona condotta, ammazza qualcuno due giorni dopo aver lasciato la prigione; lo psichiatra non è responsabile se il paziente tal dei tali, dimesso perché giudicato guarito, scappa di casa e si getta da un ponte; la persona frivola e narcisista non ha colpa se usa e getta i suoi partner sessuali, e uno di essi va in depressione e si beve una bottiglia di varechina: nessuno ha colpa di nulla, sia che abbia agito in maniera coscienziosa, sia che abbia agito con superficialità e leggerezza, o con autentica incoscienza; sia che abbia fatto scrupolosamente il proprio dovere, sia che, infischiandosene di ogni cosa, abbia badato solamente al comodo suo. E se un papà o una mamma si "dimenticano" il bambino in auto, a cuocere sotto il sole, e poi lo trovano cadavere, nemmeno in quel caso è colpa loro: avevano tante cose a cui pensare, non ci si può mica ricordare di tutto, e poi teniamo presente che nessuno è perfetto e che non si deve mai giudicare. E avanti di questo passo. L'azienda pubblica va di male in peggio, si cambia la direzione, ma l'amministratore delegato se ne va con una generosissima buonuscita, pagata dai contribuenti: si vede che quel disastro gestionale è colpa dello Spirito Santo. E se la nazionale di calcio continua a collezionare sconfitte, se non arriva nemmeno ai campionati mondiali, l'allenatore non è responsabile: sarà forse una cattiva congiunzione astrale. Inutile dire che non è colpa della banca se i vostri risparmi sono andati in fumo, e non è nemmeno colpa dell'ospedale se il vostro congiunto è morto per l'errore di un medico o di un infermiere: non è mai colpa di nessuno, non c'è mai una responsabilità definita. Crolla un ponte autostradale, muoiono più di quaranta persone, ma la colpa non si sa di chi è, forse del temporale e di un fulmine malauguratamente preciso, che ha colpito in pieno un pilone. Né il deragliamento del treno è colpa delle ferrovie, e neppure la perdita della fede è colpa del clero; sì, è vero che qualche prete e qualche vescovo di troppo hanno dato scandalo, hanno abusato dei seminaristi, hanno fatto la bella vita nei sacri palazzi vaticani: ma insomma, non vorremo mica addossar loro la colpa del distacco dei fedeli dalla Chiesa? No, certo. La secolarizzazione è un fenomeno complesso, che parte da lontano (vero), quindi nessuno ha colpa o responsabilità precise (falso).
Neppure la perdita della fede è colpa del clero; sì, è vero che qualche prete e qualche vescovo di troppo hanno dato scandalo, hanno abusato dei seminaristi, hanno fatto la bella vita nei sacri palazzi vaticani: ma insomma, non vorremo mica addossar loro la colpa del distacco dei fedeli dalla Chiesa?
Ecco, il nocciolo della questione è tutto qui: che la società liquida, come la definisce Zygmunt Bauman, sembra non offrire la presa ad alcun senso di responsabilità da parte di chicchessia. Qualunque cosa di male accada, la colpa è di tutto il "sistema", mai di una persona, di un ufficio, di una dirigenza. Soprattutto, non è mai colpa della "vittima". La vittima è sacra, la vittima è innocente, la vittima è al di sopra di qualunque insinuazione. Anche se è rimasta vittima della propria leggerezza, della propria stupidità e della propria incoscienza. Il ragazzino che, in gita scolastica, beve alcolici, si impasticca, fuma l'erba, poi cade dalla finestra e si ammazza, non è mica colpa sua. Neanche dei suoi compagni, poveri angioletti. che dormivano il sonno dei giusti e non hanno visto, né sentito nulla, non si sono accorti di nulla, non potevano certo sospettare... Se un giovane animatore porta una squadra di minorenni dentro una grotta nella stagione delle piogge, ignorando i divieti e dando prova di totale irresponsabilità, e poi rischiano di morire annegati tutti quanti, lui non è mica responsabile della sfiorata tragedia, quando mai; al contrario: è un eroe, perché li ha incoraggiati a resistere. E pazienza se uno dei soccorritori ci ha lasciato la pelle: che volete, sono gli incerti del mestiere. E la ragazzina che è stata stuprata sulla spiaggia, all'alba, dopo essersi appartata con uno sconosciuto molto più grande di lei: non è mica responsabile di nulla. Probabilmente pensava che quell'uomo volesse appartarsi a quell'ora, in riva al mare, per parlare con lei della luna, o magari per recitare il rosario. Inutile dire che non si vuole attenuare, con ciò, la colpa precisa dello stupratore: no, quella rimane, e non gliela leva nessuno. Si vuol solo suggerire che se un adolescente, o chiunque altro, va a cacciarsi in situazioni ambigue, obiettivamente rischiose, non può poi sostenere di essere stato sorpreso nella sua buona fede. Bisogna sapersi valutare e bisogna saper valutare gli altri: per esempio, mai fidarsi di uno sconosciuto, mai andare con lui in luoghi solitari, mai mettersi totalmente nelle sue mani. E mai fidarsi neppure di se stessi, se si è da soli e non si possiede sufficiente esperienza. Se si è ancora dei principianti dello sci, non si va a sciare fuori pista, magari da soli, rischiando l'osso del collo, sia il proprio che quello degli altri: se poi ci scappa la disgrazia, non si può dire che è stata veramente tale. Disgrazie sono quelle che capitano a chi non ha fatto nulla per tirarsele addosso. Quei poveri turisti che stavano vistando una città italiana e sono stati colpiti in pieno dal crollo di alcuni calcinacci, non avevano colpa di nulla: è stata una fatalità. Ma uno che si mette, alticcio o ubriaco, al volante di una macchina, magari potente, magari di notte, e investe un pedone o un ciclista che se ne andavano per i fatti loro, nel pieno rispetto delle regole stradali: non si può parlare di disgrazia, in quel caso, ma di omicidio stradale, che è una cosa ben diversa.
Oggi crolla un ponte autostradale, muoiono più di quaranta persone, ma la colpa non si sa di chi è, forse del temporale e di un fulmine malauguratamente preciso, che ha colpito in pieno un pilone !
Fuga dalla responsabilità
di Francesco Lamendola
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