ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 1 ottobre 2018

La “documentite”

Il vero progresso necessario alla Chiesa


Sto cercando, come ogni buon cattolico, di rimanere aggiornato sulle vicende storiche della Chiesa e in modo particolare sull’imminente “Sinodo dei giovani”. Devo ammettere qualche fatica e davanti alla mia pigrizia, pigrizia che il cardinal Biffi definiva «tenue e misconosciuta virtù» (quante sciocchezze si potrebbero evitare, invece, assecondandola), la giustificazione banale che mi sono dato non regge. Il mio ragionamento è stato più o meno questo: non ti occupi più di pastorale giovanile, perché allora impelagarti in letture tediose? Sentendo i morsi della mia coscienza ho deciso in modo risoluto di leggere qualcosina per poi purtroppo rendermi conto che i miei pregiudizi non erano del tutto infondati.


Instrumentum laboris, il Documento finale pre-sinodale dei giovani, alcuni echi critici o entusiastici hanno occupato diverse mie ore. Senza, per carità, entrare nel dettaglio di precise valutazioni, mi è venuto un pensiero birichino che non sono riuscito pienamente a scacciare, giustificandomi ancora e identificando la colpa in un programma televisivo. Ho visto e sentito, ahimè, un famoso comico genovese, che solitamente mi piace per la sua sagacia e la capacità nelle imitazioni, proporre uno vero e proprio spot a riguardo del pensiero dominante. Addirittura arrivando a fare una sorta di apologia del gender, evitando accuratamente di mostrare la follia di questa teoria e cercando pure di trovarci del buono.
Nel comune di New York, dove – secondo il comico – sono più avanti, hanno stabilito che per i futuri nascituri non si deve indicare il sesso, ma un semplice “gender x”, perché saranno in seguito loro ad autodeterminarsi sessualmente. La scempiaggine è supportata ovviamente con un discorso buonista: “Al comune di New York – ha detto all’incirca il presentatore – non interessa il sesso che possiedi, ma interessi tu”. Di là dal fatto che non si comprende bene la cosa in sé, come se dire di che sesso si è sia una forma discriminatoria (verso chi poi?), si rimane basiti dal modo di argomentare. Uno, infatti, può “scegliere” l’orientamento sessuale, non l’essere biologicamente maschio o femmina. Siamo arrivati all’annientamento della ragione e la solfa è mantenuta in piedi grazie ai soliti slogan. “Non siamo più nel Medioevo” (quello di Giotto, di Dante, di Tommaso d’Aquino, delle cattedrali, per intenderci) né “a quattrocento anni fa” (gli anni di Leonardo, di Raffaello, di Caravaggio, di Michelangelo e della Cappella sistina), non si può tornare indietro dopo aver raggiunto tali e cotanti “diritti di civiltà”, che sono l’aborto, il divorzio e altre cose del genere. Tutto è “sapientemente” annunciato prendendo la difesa della donna, come se in ogni divorzio la colpa sia sempre dell’uomo, che nella grottesca ricostruzione televisiva veniva descritto come violento, dimenticandosi che anche la Chiesa prevede la separazione in simili casi gravi. Sull’aborto, poi, non c’è nulla da dire: è l’uccisione di un innocente e nessuna giustificazione potrà renderlo sopportabile, altro che diritto di civiltà, è una civiltà assassina!

Tornando al nostro tema, a partire dall’inquietudine data dal programma guardato, mi è venuto un pensiero malizioso: l’idea di un Sinodo può essere suggestiva e persino positiva, tuttavia mi pare che ci sia una forma di epidemia nella compagine ecclesiale in statu viae che definirei con “documentite”. Il mio pensiero malevolo nasce da un dato di fatto, ossia che i documenti sono prolissi, un po’ scontati e sicuramente noiosi, ma ciò non vuol dire nulla, perché questo non ne inficia la bontà. Nonostante ciò, la mia paura è che oggi ci sia un rischio, ovvero che ci si convince che una cosa scritta in modo “ufficiale” – tralasciando se buona o meno – diventi ipso facto operativa. Mi sembra, cioè, che la convinzione diffusa sia che basti stilare un documento perché questo sia sufficiente a sistemare la realtà. Al contrario, intuisco nel mio piccolo, che molti di questi scritti rimangano invero chiusi in importanti cassetti: tanta fatica per redigerli e nessun interesse per attuarli. Un altro dubbio è, poi, la modalità: queste consultazioni oceaniche (che comunque lasciano sempre fuori qualcuno, e non mi pare democratico) facilitano l’imposizione di una linea: vuoi, difatti, che sul parere di migliaia di persone sentite non ci sia quello che l’estensore vuole affermare?

Non so, sono domande sibilline… Credo che oggi però il messaggio cristiano abbia necessità di trovare la sua identità e non di cambiare con le mode e i gusti. Non deve piacere al mondo, ma a Cristo! Se i giovani sono giovani allora devono essere aiutati a trovare, nella nostra bella confusione, quella verità, quella roccia, su cui fondare la vita, infischiandosene del pensiero di massa, ma facendo proprio il pensiero di Cristo. E dovrebbero, pertanto, trovare l’istituzione della Chiesa pronta ad accoglierli e fargli fare un vero cammino, senza togliere loro gli ostacoli, ma aiutandoli a superarli. Fedeli al Signore, non alla moda del momento.

La Chiesa ha bisogno, in quest’ottica, di vivere un autentico progresso. Sì, bisogna essere tutti progressisti! In modo assoluto, certo, ma secondo quanto ha insegnato un santo e per la precisione Vincenzo di Lerins. Nel suo Primo Commentorio egli si chiedeva: «Qualcuno forse potrà domandarsi: non vi sarà mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo?». E rispondeva tranquillamente: «Vi sarà certamente e anche molto grande», precisando: «Chi infatti può esser talmente nemico degli uomini e ostile a Dio da volerlo impedire?».

Qui è, però, necessaria una preziosa chiarificazione: «Bisognerà tuttavia – egli continua – stare bene attenti che si tratti di un vero progresso della fede e non di un cambiamento». Lo sviluppo della fede, del Vangelo, del dogma (ossia delle verità in cui un cattolico crede per dirsi cattolico), insomma «il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno», mentre «il cambiamento si ha quando una dottrina si trasforma in un’altra» e questo significa essere in disaccordo con la Rivelazione divina.

«È necessario dunque – prosegue il Santo – che, con il progredire dei tempi, crescano e progrediscano quanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza così dei singoli come di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. Devono però rimanere sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suo contenuto».

Per farsi capire san Vincenzo propone un semplice esempio: «La religione delle anime segue la stessa legge che regola la vita dei corpi. Questi infatti, pur crescendo e sviluppandosi con l’andare degli anni, rimangono i medesimi di prima. Vi è certamente molta differenza fra il fiore della giovinezza e la messe della vecchiaia, ma sono gli stessi adolescenti di una volta quelli che diventano vecchi. Si cambia quindi l’età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimo individuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona. Le membra del lattante sono piccole, più grandi invece quelle del giovane. Però sono le stesse. Le membra dell’uomo adulto non hanno più le proporzioni di quelle del bambino. Tuttavia quelle che esistono in età più matura esistevano già, come tutti sanno [!], nell’embrione, sicché quanto a parti del corpo, niente di nuovo si riscontra negli adulti che non sia stato già presente nei fanciulli, sia pure allo stato embrionale. Non vi è alcun dubbio in proposito. Questa è la vera e autentica legge del progresso organico. Questo è l’ordine meraviglioso disposto dalla natura per ogni crescita. Nell’età matura si dispiega e si sviluppa in forme sempre più ampie tutto quello che la sapienza del Creatore aveva formato in antecedenza nel corpicciuolo del piccolo. Se coll’andar del tempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversa oppure si arricchisse di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppure ne perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l’organismo ne risulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe più lo stesso».

Si intuisce dove si vuole arrivare: «Anche il dogma della religione cristiana deve seguire queste leggi. Progredisce, consolidandosi con gli anni, sviluppandosi col tempo, approfondendosi con l’età. È necessario però che resti sempre assolutamente intatto e inalterato. I nostri antenati hanno seminato già dai primi tempi nel campo della Chiesa il seme della fede. Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell’errore della zizzania. È anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione. Poiché dunque c’è qualcosa della primitiva seminagione che può ancora svilupparsi con l’andar del tempo, anche oggi essa può essere oggetto di felice e fruttuosa coltivazione».

Se è sacrosanto ascoltare i giovani (anche se queste categorie generali vogliono dire tutto e niente) e capire il loro punto di vista, tuttavia è doveroso educarli, soprattutto in ciò che riguarda la fede. Il criterio guida non dovrebbe essere ciò che piace o non piace, ma la verità – quella rivelataci da Dio e custodita dalla Chiesa –, l’unica che ci rende davvero liberi. Certo, ci deve essere anche l’impegno di un continuo sviluppo, di una comprensione sempre maggiore, ma senza cambiarla, perché non la nostra ma solo la parola di Dio (quale dialogo migliore che quello con Lui nella preghiera?) porta a salvezza.
di Samuele Pinna
http://campariedemaistre.blogspot.com/2018/10/il-vero-progresso-necessario-alla-chiesa.html

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.