La verità è bella e non è solo "un modo di dire", ma senza la grazia di Dio nessuno può arrivare alla verità. Può credere forse, di esserci arrivato: ma credere di essere nella verità è cosa ben diversa dall'essere nella verità
di Francesco Lamendola
Si parla della verità; sempre di meno, in effetti. Ad ogni modo, quando se ne parla, lo si fa alla maniera della filosofia moderna: cioè chiudendo ogni apertura metafisica e limitando rigorosamente la ricerca alla sola dimensione immanente, compreso il modo della ricerca, che deve essere conforme a tale premessa: deve escludere, cioè, nella maniera più rigorosa, che qualche forma di conoscenza possa venire all’uomo da altro che se stesso. Ma questa, ovviamente, è una contraddizione in termini: se noi cerchiamo la verità, è appunto perché sentiamo che ci manca; se già l’avessimo, non la cercheremmo, perché la verità sarebbe in noi, e quindi la verità saremmo noi. Ma l’uomo non può darsi da sé quello di cui è privo: se lo potesse, sarebbe Dio, e avrebbe solo bisogno di rendersene conto: allora i veli gli cadrebbero dagli occhi e potrebbe contemplare il vero, in perfetta trasparenza, entro di sé. Questa, per inciso, è l’essenza della concezione buddista: non è questo il luogo per discuterne; ci basta aver accennato che l’uomo ha bensì la nostalgia della verità, ma non ha la verità, perché non è la verità.
Nelle Quaestiones disputatae de Veritate di san Tommaso d'Aquino troviamo questo aureo passaggio (Quest. 24 art. 1): Fu conveniente che la bontà divina ponesse la creatura più sublime nel migliore dei luoghi; ora, è collocato nel migliore dei luoghi ciò che aderisce immutabilmente alla cosa migliore.
Meravigliosa chiarezza e lucidità del modo di ragionare di san Tommaso: il suo pensiero è come una immensa miniera traboccante di pietre preziose; basta allungare la mano per coglierne una, quattro, dieci, così, come se fossero ciottoli di fiume; oppure, se si preferisce, è come una immensa cattedrale dalle volte slanciate verso l'alto, dove ogni particolare concorre all'effetto prospettico dell'insieme: uno slancio dell'occhio verso la luce del presbiterio, uno slancio dell'anima verso Dio. Di qualunque argomento si tratti, ogni pagina di questo filosofo superbo distribuisce al lettore perle di speculazione, delle quali non si sa se ammirare di più il nitore cristallino del percorso speculativo o la perfetta definizione conclusiva della questione trattata, tale da appagare interamente, come la risoluzione di un problema geometrico, o come una sublime partitura musicale, sia la mente razionale sia il senso estetico. Perché c'è una bellezza nel ragionamento come c'è una bellezza nella contemplazione, così come c'è una bellezza nell'arrampicarsi su per le montagne e c'è una bellezza nell'ammirare il paesaggio maestoso, dall'alto, una volta giunti sulla cima innevata. La verità, infatti, è bella: la bellezza della verità non è un modo di dire, è l'espressione precisa di una verità fattuale.
La verità è bella e non è solo "un modo di dire", ma senza la grazia di Dio nessuno può arrivare alla verità. Può credere forse, di esserci arrivato: ma credere di essere nella verità è cosa ben diversa dall'essere nella verità.
Osservate il viso di una persona che sta dicendo il vero: la sua espressione è bella. Anche se si tratta di una verità dolorosa, l'espressione è bella perché cogliamo, pur nella sofferenza della cosa evocata, la tensione dell'anima verso ciò che è migliore - come direbbe, appunto, San Tommaso: perché la verità è cosa migliore della mancanza di verità, e soprattutto è assai migliore della menzogna. Viceversa, l'espressione di colui che mente, o di colui che, sia pure per ignoranza, non sta dicendo la verità, non è altrettanto bella: vi si possono leggere diversi stati dell'animo, nessuno dei quali, tuttavia, può dirsi bello. La malizia del bugiardo non dipinge una bella espressione sul suo volto; e, quantunque il bugiardo si sforzi di mentire abilmente, cioè con il più smagliante dei sorrisi, o assumendo l'aria più innocente di questo mondo, insomma simulando sentimenti che non prova ed emozioni che sono lontane da quelle che si agitano nel suo profondo, questa simulazione, o questa dissimulazione, non si realizzano senza che qualche segno rivelatore non permette di cogliere, all'osservatore attento, che qualcosa non va, che qualcosa non è come dovrebbe essere. Ora, l'essere non conforme a ciò che si dovrebbe essere è una disarmonia: e la disarmonia, per definizione, è qualcosa di brutto. Sarà per questo che gran parte della cosiddetta arte contemporanea è insopportabilmente brutta, cioè perché nasce da una disarmonia, da un essere non conforme a ciò che dovrebbe essere?
Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità, dice Gesù davanti a Pilato.
Ma torniamo al nostro assunto. La creatura più sublime è collocata nel migliore dei luoghi; ora, è collocato nel migliore dei luoghi ciò che aderisce immutabilmente alla cosa migliore. Ne consegue che gli uomini, per trovarsi al posto giusto nella loro vita, ossia nel "luogo" migliore, devono aderire strettamente alla cosa migliore; e, di fatto, questo è proprio ciò che essi, istintivamente, tentano di fare. Il problema è che saper giudicare quali siano le cose migliori non è cosa da tutti: ci vuole un animo bene educato; e se ciò è vero per il giudizio sulle cose materiali, a maggior ragione lo è per quelle spirituali, che richiedono un discernimento più raffinato. Le creature di fango amano il fango, le creature luminose cercano la luce. Questo è un discorso che, oggi, non piace: contrasta frontalmente con la pretesa, tipicamente democratica, che esista un diritto al bene secondo natura, mentre il bene non è un diritto, ma una conquista, e richiede sacrificio, generosità, perseveranza, oltre che, appunto, discernimento. Non c'è un diritto alle cose buone, come non c'è un diritto alla verità; la verità richiede un percorso, una ricerca, un trascendimento di ciò che è inferiore in vista di ciò che è superiore; ma è anche un dono. La verità si rivela a chi la cerca nel modo giusto, non nei tempi e nei modi che vorrebbe il ricercatore, ma in quelli di chi sa tutto e, sapendo tutto, sa anche quali sono i tempi e i modi migliori per ogni singola persona. Non tutto può essere svelato contemporaneamente a tutti. Ora, il solo soggetto che possiede la qualità dell'onniscenza è Dio: nessun uomo, per quanto evoluto sul piano intellettuale o su quello spirituale, può arrivare a vedere chiaramente e pienamente neppure ciò che è bene per se stesso. Nella tensione verso la verità si incontrano, dunque, questi due elementi: da un lato, il desiderio umano; dall'altro, la grazia divina. Ma dei due, quello decisivo è il secondo: senza essere in grazia di Dio, nessuno può arrivare alla verità. Può credere, forse, di esserci arrivato: ma credere di essere nella verità è cosa ben diversa dall'essere nella verità.
La cosa migliore è Dio, perché Dio è la Verità, e la Verità è la cosa migliore.
La verità ultima è Dio: quindi, solo Dio è verità, perché solo Dio possiede la piena consapevolezza e conoscenza di se stesso; gli uomini possono solo tendere verso di Lui, ma certo non riescono neppure ad avvicinarsi alla meta, senza il suo soccorso. In pratica, Dio si fa trovare da coloro che hanno il cuore puro e da coloro che sono umili; ma resiste ai superbi e non si fa trovare dai presuntuosi. Essere presuntuoso significa fare affidamento solo ed esclusivamente sulle proprie forze, anche in ciò che non può essere fatto da una singola persona, e neppure da un gruppo di persone, e neanche da un'intera società, perché trascende le possibilità umane. L'uomo, da solo, non è capace della verità: Rimanete in me e io in voi; perché senza di me, voi non potete fare niente, dice Gesù ai suoi discepoli, quando tratteggia la similitudine della vite e dei tralci. Non dice: senza di me, voi potete fare poco; ma dice: senza di me, voi non potete fare niente. S'intende: niente che equivalga ad un merito; dunque, neppure un piccolo passo verso la verità. La verità non è per chiunque: è per coloro che ne sono degni. Infatti, chi è indegno di essa non la vedrebbe, neppure se ce l'avesse davanti. La verità splende come una luce nella notte; ma per colui che non ha più occhi per vedere, quella luce è inesistente.
Non solo: per le creature del buio, la luce è fastidiosa, perché è accecante: si spiega così il fatto, solo apparentemente paradossale, che i cercatori della verità, e coloro che vorrebbero portarne qualche bagliore ai propri simili, sono considerati alla stregua di perturbatori dell'ordine pubblico, di nemici del bene comune. Chi cerca la verità, chi la cerca non solo per se stesso, ma anche per gli altri, non deve aspettarsi altro che incomprensione, invidia, rancore, inimicizia e persecuzione. Ciò rende palese perché siano così pochi quelli che cercano la verità: non solo le veglie, le fatiche, la solitudine, ma anche la diffidenza, l'ostilità e la cattiveria degli altri sono ciò che li attende. Ma abbiamo detto che la verità ultima è Dio: ed ecco spiegato perché le persecuzioni anticristianenon siano mai finite: da quando Gesù Cristo fu trascinato davanti ai giudici iniqui che lo condannarono a morte, fino ai giorni nostri, quando milioni di cristiani sono perseguitati in moltissimi luoghi, lo scenario è sempre lo stesso: quello di un odio implacabile da parte del mondo contro la verità. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità, diceGesù davanti a Pilato. Ma il mondo non vuole la verità; il mondo la odia. Il mondo di tenebra odia la luce, perciò odia la verità.
Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che è suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia (Giovanni, 15, 18-19).
E' significativo che molti cristiani, oggi, e una bella fetta del clero, specialmente dell'alto clero, si regolino in maniera diametralmente opposta: con il pretesto del dialogo e del rispetto dell'altro, censurano la propria fede, nascondono la luce della verità di cui dovrebbero essere portatori, denigrano lo spirito missionario e, così facendo, disprezzano tutti i martiri della fede; in compenso, dicono e fanno molte cose che piacciono al mondo, ricevono l'applauso del mondo e si gloriano di essere ascoltati nei palazzi del potere mondiale. Infatti: vengono ascoltati proprio perché non dicono la verità, ma la nascondono; tacciono su ciò che è essenziale alla verità, parlano e straparlano su ciò che è secondario o su ciò che è una mezza verità, cioè una non verità, perché la verità o è intera, o non è tale. Il mondo li ama, il mondo li riverisce, il mondo li porta in trionfo: e questo è già un giudizio. Il mondo approva e si compiace di ciò che è suo, mentre è contrariato da ciò che non è suo, ma di Dio.
In conclusione. L'uomo, che è la creatura più sublime, è collocata nel migliore dei luoghi, perché è collocato nel migliore dei luoghi ciò che aderisce immutabilmente alla cosa migliore. Ma abbiamo visto che l'uomo non aderisce immutabilmente alla cosa migliore, senza l'aiuto della grazia. Anzi, quanto alla sua natura terrena, l'uomo sovente non prova neppure il desiderio della cosa migliore: i suoi appetiti si limitano a ciò che appare migliore ad un animo grossolano e superficiale. Per il lussurioso, la cosa migliore è il piacere sessuale disordinato; per il superbo, la cosa migliore è esercitare un dominio sugli altri; per l'avaro, la cosa migliore è accumulare più beni di chiunque altro. Solo le creature spirituali capiscono, o almeno intuiscono, che la cosa migliore è Dio, perché Dio è la Verità, e la Verità è la cosa migliore di tutte, perché le comprende tutte e perché niente di ciò che potrebbe essere buono, è realmente buono senza di essa e fuori di essa. L'uomo, dunque, è la creatura che, fra tutte, può aderire alla cosa migliore; ma, per farlo, ha bisogno di desiderarlo, e di desiderarlo nel modo giusto.
Senza essere in grazia di Dio, nessuno può arrivare alla verità. Può credere, forse, di esserci arrivato: ma credere di essere nella verità è cosa ben diversa dall'essere nella verità.
Bramate e non riuscite a possedere e uccidete; invidiate e non riuscite ad ottenere, combattete e fate guerra! Non avete perché non chiedete; chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere per i vostri piaceri. Gente infedele! Non sapete che amare il mondo è odiare Dio? Chi dunque vuole essere amico del mondo si rende nemico di Dio. O forse pensate che la Scrittura dichiari invano: fino alla gelosia ci ama lo Spirito che egli ha fatto abitare in noi? (Lettera di Giacomo, 4, 2-5).
Il primo passo, dunque, è desiderare la verità. Tutti provano la sete, ma solo pochi desiderano spegnerla con la bevanda giusta. Il secondo passo è cercarla attivamente, affrontando i sacrifici che ciò comporta, non solo con pazienza, ma con letizia, come si cercherebbe la persona amata: perché chi cerca con impazienza, o con rabbia, non troverà la verità, ma un suo mediocre surrogato. Il terzo passo è farsi piccoli e umili, semplici come i bambini: e ciò val anche per i filosofi e i teologi, anzi, soprattutto per loro: semplici e umili di cuore, perché solo così la verità intellettuale diverrà loro accessibile. Diversamente, troveranno l'errore mascherato da verità, la pazzia camuffata da sapienza, l'eresia mascherata da ortodossia. Non troveranno la verità e non potrebbero trovarla in nessun caso, perché i loro cuori superbi non cercano nel modo giusto, ma con la pretesa che la loro intelligenza li renda, di per se stessa, meritevoli di conseguire la verità. Ma chi non sa di essere solo un tralcio, e non la vite, tanto meno il padrone della vigna; chi si rifiuta di ammettere che il tralcio, da solo, non porta alcun frutto, ma si secca, e serve solo ad essere gettato nel fuoco a bruciare: chi ha scordatoquesta esemplare verità, non troverà nulla, ma solo dei fantasmi suadenti, i quali, di sorriso in sorriso, lo porteranno, lui e gli sciagurati che gli andranno dietro, sin oltre le porte dell'inferno.
La verità è ricerca e grazia
di Francesco Lamendola
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