ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 5 dicembre 2018

La sete di verità

VERITA' E RIVELAZIONE DI DIO


A Dio ci si arrende, senza pretendere che si riveli. La rivolta dell’uomo moderno contro Gesù e contro il Vangelo. Dimentichi dell'essenziale gli uomini si allontanano dalla cosa più preziosa che vive in loro: la sete di verità 
di Francesco Lamendola  

 0 18 in ginocchio powell

Negli uomini c'è, innato, il desiderio della verità; basta osservare i bambini: sono curiosi, fanno domande su tutto, vorrebbero sapere ogni cosa (almeno i bambini sani, non quelli drogati e intorpiditi dall'abuso della televisione, del computer e del telefonino). Ma poi la maggior parte di loro, crescendo, lascia che quel desiderio di assopisca, si perda, sopraffatto da mille altre cose, nessuna delle quali è essenziale, ma ciascuna, sul momento, pare che lo sia, o almeno che sia indispensabile. Dimentichi dell'essenziale, gli uomini si allontanano dalla cosa più preziosa che vive in loro: la sete di verità, senza la quale la vita si riduce a una insensata routine, a una serie di riti sempre più banali e sempre più stanchi; tanto è vero che, per tentare di renderla sopportabile, o interessante, o piacevole, molti si gettano sulla via dell'auto-istupidimento: con l'alcool, con il sesso, con la droga e con stili di vita trasgressivi o autodistruttivi. Sono le vie tortuose che prende il bisogno della verità, una volta che il disordine sia entrato nell'anima e le abbia fatto smarrire la consapevolezza di sé, della meta cui è chiamata. 


Anche a causa di cattive filosofie che danno agli uomini una immagine immiserita, deformata e limitata di se stessi, di quel che l'uomo è, molti si scordano di essere chiamati a grandi cose, a realizzare la parte più ricca e nobile che alberga in loro, quella spirituale, e si riducono a vivere nelle cantine del proprio palazzo interiore, simili a dei pezzenti, a degli straccioni pidocchiosi, quando invece potrebbero vestire abiti di seta e godere delle cose più belle.

0 HOMO MICHELANNGELO
Se la caratteristica fondamentale dell’uomo moderno è l’essere in rivolta, quale bersaglio più appetibile, per lui, del suo Creatore?

La ricerca della verità, dunque, non solo è pienamente legittima, ma è precisamente lo scopo e la meta dell'esistenza umana: e dunque sarebbe assurdo porla in una luce negativa, o condannare il desiderio di sapere, o essere diffidenti nei confronti della scienza. Il problema non sorgere dal desiderio di conoscere, e quindi di arrivare alla verità, ma da un uso distorto e da una erronea impostazione della ricerca, che giunge, non di rado, a perdere completamente di vista l'obiettivo, cioè la verità, per inseguire obiettivi parziali, limitati e puramente strumentali, che danno un senso euforico, ma superficiale, di dominio sulla realtà, e che spingono gli uomini sulla via della hybris, della dismisura, dell'arroganza, abolendo in essi il senso del limite e cancellando il senso del mistero, premessa necessaria per porsi nella giusta relazione con il Creatore. Chi non ha il senso del mistero, chi lo ha perduto, non ha nemmeno il senso del sacro; e chi non ha il senso del sacro, non giunge all’intuizione del divino, cioè al riconoscimento della scintilla divina che abita in noi, e della sorgente di luce divina che sta al di sopra di noi. Chi, poi, non possiede, o ha smarrito, il senso del limite, si pone automaticamente in una relazione sbagliata non solo con il divino, ma anche con se stesso: perché un uomo che non riconosce il proprio limite ontologico è, letteralmente, una mina vagante, una bomba a orologeria pronta ad esplodere: con risultati disastrosi, innanzitutto per se stesso, ma anche per quanti gli stanno intorno. Di fatto, gli uomini che hanno calpestato il limite ontologico della propria umanità sono proprio quelli che hanno inferto le peggiori ferite ai loro simili e che più di tutti hanno sfigurato l’immagine dell’uomo, abbassandola a livelli di ferocia animalesca o di suprema, aberrante stupidità.

0 DANTE ALIGHIERI
San Tommaso d’Aquino è stato un grandissimo pensatore, Dante Alighieri è stato un grandissimo poeta; ma noi moderni ci sentiamo assai più grandi di costoro, sdegniamo i loro ragionamenti, disprezziamo il loro senso del limite.

Eppure, noi sappiamo che la ricerca della verità urta, nelle condizioni che sono proprie della civiltà moderna, contro un ostacolo fortissimo, anzi, contro un duplice ostacolo: da un lato, lo scetticismo cronico e indurito, che spinge gli uomini moderni a diffidare, e perfino a deridere, qualunque pretesa di cercare e di poter trovare la verità; dall’altro, la gelosia e l’istintiva inimicizia verso quanti intraprendono questa strada, intuendo in loro il modo di vivere che dovrebbe essere proprio di ciascuno, ma che, appunto per il substrato psicologico e culturale della modernità, appare ormai utopistico, improponibile e donchisciottesco: sicché pare che chi cerca la verità voglia porsi al di sopra degli altri e presuma di essere da più degli altri, mentre, in effetti, fa semplicemente quello che è proprio dell’essere umano in quanto tale, e che un tempo era considerato normale e abituale per chiunque. Non stiamo parlando, infatti, o non stiamo parlando esclusivamente, di complesse ricerche teoriche, a base di libri e diplomi universitari, ma di tutto un modo di vivere la vita, che va ben oltre i titoli accademici e la bibliografia che siamo in grado di conoscere, e di sfoggiare all’occorrenza, su questo o quell’argomento filosofico. I nostri nonni, che avevano frequentato la scuola fino alla quinta o al massimo la sesta elementare, praticavano quel tipo di vita: poiché avevano chiara sia la meta da raggiungere, sia i mezzi per raggiungerla, e quindi, nel loro modesto ambito individuale e familiare, erano sulla strada giusta, erano persone consapevoli del proprio ruolo esistenziale e non sprecavano le occasioni di crescita in uno sterile edonismo né, tanto meno, in un ancora più sterile scetticismo programmatico.
Vale la pena di meditare questo pensiero di don Divo Barsotti (in Battesimo di fuoco. Diario mistico  1966-1968, Milano, Rusconi, 1984, p. 135):
Bisogna rinunziare a capire e credere tuttavia che tutto ha un senso.
La mia vita può avere un valore unico e universale, ma è fatta di umili cose – si svolge nella povertà, nella insignificanza di una vita comune. Mi sento spogliato sempre più anche delle idee, dei sentimenti – non mi rimane che un’umile fede, un semplice e puro abbandono.
Non ti stupire se ti senti uomo vulnerabile, vulnerabile a tutto, indifeso. Non si tratta per te di dare esempio di virtù, di forza, di grandezza. Dio non ti lascia nessuna grandezza – ti lascia soltanto la pace.
Il segno di Dio è la tua morte – un’umiltà esteriore e interiore, consentita ed amata. Non puoi difendere nulla, tanto meno la tua virtù – la tua fede soltanto è condizione alla sua Presenza.
Non ti angustiare, non chiedergli conto di quello che fa. Forse perché non sai dove conduce la via, è Lui che ti porta.
Non so dire più nulla, non so più pregare. Dio ti chiede soltanto di rimanere nella pace.
Dio si rivela così. Nemmeno la santità costringe Dio a rivelarsi.
Anche la santità qualche volta è voluta, è perseguita per forzare il mistero i Dio, per forzare il suo silenzio. Ma Dio non sarebbe Dio se l’uomo, sia pure in suo favore, avesse il potere di costringerlo. La santità stessa non sarebbe che “hybris”.
Devi accettare che Egli ti vinca e rimanga un mistero.

0 GALLERY MICHELANGELO DIO
Dimentichi dell'essenziale gli uomini si allontanano dalla cosa più preziosa che vive in loro: la sete di verità. 


A Dio ci si arrende, senza pretendere che si riveli

di Francesco Lamendola
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