Il Cardinale Ciappi, il teologo di papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II (all’inizio del suo pontificato): “Il Terzo Segreto dice che la grande apostasia nella Chiesa inizia dal suo vertice. La conferma ufficiale del segreto de La Salette (1846): “La Chiesa subirà una terribile crisi. Essa sarà eclissata. Roma (il Vaticano) perderà la fede e diventare la sede dell’Anticristo “.
ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
«Sapeva». Il cardinale Wuerl smentito su McCarrick
Secondo Robert
Ciolek, un sacerdote ridotto allo stato laicale e lui stesso vittima
degli abusi dell’ormai ex porporato, Wuerl era al corrente dei misfatti a
sfondo omosessuale di McCarrick da almeno il 2004. L’arcivescovo ha
lamentato una dimenticanza ma Ciolek replica: «Incomprensibile che
l’abbia dimenticato, non ci credo per un secondo».
Dopo la diocesi di
Pittsburgh, un testimone eccellente smentisce l’arcivescovo di
Washington e cardinale Donald Wuerl: il porporato era al corrente dei
misfatti di Theodore McCarrick da molti anni, dal 2004, e quindi come ha
ripetuto più volte l’arcivescovo Carlo Maria Viganò non diceva la
verità affermando di non aver sentito nulla sulla condotta di
quell’abusatore seriale di seminaristi. In una dichiarazione pubblica, la diocesi di Pittsburgh
ha detto il 10 gennaio che il prete ridotto allo stato laicale Robert
Ciolek è apparso nel novembre 2004 davanti al Comitato di revisione
diocesano per discutere delle accuse di abusi che Ciolek aveva fatto
contro un prete di Pittsburgh. Durante quell’incontro, “Ciolek ha anche
parlato degli abusi subiti da parte dell’allora cardinale Theodore
McCarrick. Questa è stata la prima volta che la diocesi di Pittsburgh ha
appreso di questa accusa”, si legge nella dichiarazione. “Qualche
giorno dopo, il vescovo Donald Wuerl fece un rapporto sulle accuse al
nunzio apostolico negli Stati Uniti”. Dunque quando era vescovo a
Pittsburgh, Wuerl ha ricevuto una denuncia di abusi compiuti dal
cardinale McCarrick e l’ha inoltrata al nunzio apostolico a Washington. Un portavoce dell’arcidiocesi di Washington ha
confermato che un’accusa contro l’arcivescovo McCarrick è stata
presentata al cardinale Wuerl mentre era vescovo di Pittsburgh, come
parte di una denuncia presentata da Ciolek. La Catholic News Agency
ha intervistato lo stesso Ciolek e l’esito del colloquio non è
particolarmente edificante per quanto riguarda la credibilità di uno
degli uomini di fiducia del Pontefice negli USA. L’uomo ha detto di
essere stupito dopo che Wuerl gli ha detto di aver dimenticato l’accusa
fatta contro McCarrick qualche tempo dopo essere diventato arcivescovo
di Washington nel 2006. In una lettera del 15 gennaio, Wuerl ha scritto ai sacerdoti di Washington:
“Quando mi è stato chiesto se avessi qualche precedente conoscenza
delle accuse contro l’arcivescovo McCarrick, ho detto di no. Solo in
seguito ho ricordato l’accusa di 14 anni di condotta inappropriata che, a
quel tempo, avevo dimenticato”. In una precedente lettera ai preti,
inviata il 12 gennaio, Wuerl non affermava di aver dimenticato; diceva
invece che era legato da un vincolo di riservatezza e che quando negava
di aver sentito delle voci sulla cattiva condotta di McCarrick intendeva
solo dire che non aveva sentito dire che McCarrick avesse abusato
sessualmente di minori. Ciolek riferì a Wuerl che McCarrick aveva, come vescovo di Metuchen, condiviso un letto con i seminaristi
in una casa sulla spiaggia del New Jersey, facendo pressioni su Ciolek
perché facesse lo stesso. Wuerl riportò appunto quelle accuse al nunzio
apostolico a Washington. Ciolek ha detto alla Cna che ha anche chiesto a
Wuerl, durante una telefonata il 15 gennaio, se avesse fatto qualche
passo per vedere se lo stesso comportamento non si fosse ripetuto a
Washington. E Wuerl gli avrebbe risposto: “Ho pensato a questo quando
sono arrivato a Washington, ma poiché non avevo mai sentito altre accuse
o voci o sentito il nunzio, non pensavo che fosse qualcosa di cui
dovevo preoccuparmi a Washington in quel momento”. Sulla dimenticanza
successiva asserita da Wuerl, Ciolek ha detto: “Per me è incomprensibile
che l’abbia dimenticato, non ci credo per un secondo”. Un portavoce dell’arcidiocesi di Washington ha rifiutato di commentare il resoconto di Ciolek
della conversazione tra lui e il cardinale Wuerl, dicendo alla Cna che
“il cardinale considera questa conversazione privata e la rispetterà
come tale”. Ciolek ha affermato che durante la telefonata del 15 gennaio
Wuerl ha anche offerto scuse personali per gli abusi subiti, insieme a
scuse per la “perdita di memoria” riguardo alla sua accusa del 2004.
“Non gli credevo quando ha detto di non ricordare”, ha detto Ciolek,
aggiungendo che le scuse “non avevano senso per me alla luce della sua
dichiarazione della scorsa settimana”. Nella sua lettera del 12 gennaio ai preti di Washington,
Wuerl ha scritto che quando ha presentato più smentite sull’aver
sentito di voci relative a McCarrick, aveva dato un senso più limitato
al discorso, dicendo di aver parlato “nel contesto delle accuse di abuso
sessuale di minori, che al momento erano al centro della discussione e
dell’attenzione dei media”. Aggiungendo poi: “Mentre si può interpretare
la mia affermazione in un contesto diverso, la discussione e il
giudizio del comportamento dell’arcivescovo McCarrick riguardano il suo
abuso di minori”. Ciolek ha anche detto di ritenere che le recenti dichiarazioni di Wuerl abbiano cercato di “minimizzare”
le accuse definendo gli atti commessi da McCarrick “condotta
inappropriata”. A Ciolek non piace dover discutere pubblicamente degli
abusi subiti e delle sue esperienze, ma lo considera un contributo
necessario alla riforma. “Ho visto questa conversazione come
un’opportunità per Wuerl di dire abbastanza è abbastanza, e finalmente rendersi responsabile delle sue azioni. Tristemente, non è successo”. “Non voglio che nessun seminarista subisca ciò che ho subito per mano di un vescovo”.
Da qui la conclusione di Ciolek: “Mi dispiace se il cardinale Wuerl
dice che non può ricordare... c’è solo una conclusione [che posso
trarre] e cioè che non è onesto. Lo sapeva, lo sapeva”.
Vittime italiane della pedofilia scrivono alla Cei, ma non ricevono risposta: «Vorremmo essere ascoltate»
Città del Vaticano – La lettera indirizzata al cardinale Gualtiero
Bassetti porta la data dal 20 dicembre 2018 e contiene la richiesta di
un incontro con i vertici della Cei (proprio come ha esortato di fare
Papa Francesco prima del vertice di febbraio sulla pedofilia). Alle
vittime italiane però non è ancora arrivata nessuna risposta. «Scriviamo
direttamente a lei, nella speranza che voglia cogliere l’invito di
qualche giorno fa che Papa Francesco ha inviato ai Presidenti delle
Conferenze Episcopali ad incontrare le vittime di abusi sessuali, in
preparazione dell’incontro del prossimo febbraio sullo specifico tema
degli abusi. Alcuni di noi le hanno già scritto più volte in copia
conoscenza attraverso lettere scritte a Papa Francesco, per le quali non
è stata ricevuta alcuna risposta. Ci rivolgiamo quindi a lei nella
speranza di vedere accolta la nostra richiesta di essere ricevuti,
ritenendo autentico e sincero il desiderio della gerarchia della chiesa
di voler ascoltare le vittime».
L'associazione L'abuso – l'unica realtà che in questi dieci anni ha
cercato di portare alla luce il fenomeno italiano e scoperchiare le zone
d'ombra – ritiene insufficienti le scuse sulla tolleranza zero se
poi «non sono mai seguite da azioni concrete in riparazione ai
gravissimi danni arrecati a tante vittime e al loro contesto familiare.
Attendiamo una sua gradita risposta nella speranza che non voglia
sottrarsi all’invito del Papa e alla nostra disponibilità nel fornire un
contributo che riteniamo utile in preparazione dell’evento».
Mentre in altri Paesi come Francia, Germania, Olanda, Belgio o Stati
Uniti, il fenomeno dei pedofili è al centro di un monitoraggio che ha
permesso alle varie conferenze episcopali di valutare con precisione
l'entità numerica di questo triste capitolo, in Italia sembra ancora
tutto piuttosto indietro. «Ad oggi non siamo in grado di dare alcun
numero» ha ripetuto solo alcuni giorni fa monsignor Stefano Russo,
segretario della Cei.
L'associazione L'Abuso ha conteggiato – attraverso le denunce
all'autorità civile italiana e i processi in corso – almeno 300 casi in
15 anni. Probabilmente si tratta di una parziale lettura del fenomeno,
visto che una buona parte degli abusi non sono stati mai denunciati
all'autorità civile italiana e le diocesi non hanno mai aperto i loro
archivi.
Il caso più eclatante riguarderebbe la diocesi di Napoli dove il
cardinale Crescenzio Sepe (che siede nel Consiglio permanente della Cei)
avrebbe coperto un prete accusato di abusi, don Silverio Mura,
spostandolo in una diocesi del Nord. Il caso era stato inizialmente
archiviato dalla Congregazione per la Fede ma Papa Francesco lo ha fatto
riaprire e ora si sta celebrando il processo canonico nella diocesi di
Milano, anche se in totale assenza di trasparenza e informazioni per
l'opinione pubblica. Di questo ingombrante caso «non se ne è minimamente
parlato» all'interno dell'ultimo Consiglio Permanente, come è stato
spiegato ai giornalisti alcuni giorni fa dal segretario generale della
Cei, durante una conferenza stampa.
Francesco Zanardi, ex vittima di un prete di Savona quando era
adolescente, ha raccolto con l'aiuto di tanti magistrati italiani, il
materiale che gli consente di avere un quadro più completo di tanti casi
opachi. Nella diocesi di Genova, per esempio, in passato era stato
nascosto un parroco accusato di abusi (su seminaristi) in Argentina,
padre Carlos Abuelo; a Firenze venne spostato di parrocchia in
parrocchia don Daniele Ralti, anch'esso accusato di atti simili. A
Milano il caso di don Mauro Galli ha fatto discutere molto per il ruolo
che ha avuto l'arcivescovo Delpini che ha ammesso - in una deposizione
rilasciata alla Questura di Milano - di averlo sostanzialmente coperto,
spostandolo.
Melloni: "Viganò è un pollo che si nutre di pettegolezzi"
Lo storico esperto di cristianesimo commenta con LaPresse gli ultimi veleni in Vaticano
di Denise Faticante30 agosto 2018
"Viganò è un pollo collezionista di pettegolezzi ecclesiastici". Alberto Melloni,
storico, ordinario di storia del cristianesimo e tra i massimi esperti
del Concilio Vaticano II, commenta con LaPresse gli ultimi veleni in Vaticano, ma cerca anche di smorzare i titoloni roboanti e la sensazione generale che la Chiesa di Bergoglio sia
sotto assedio. Secondo Melloni "non sta accadendo nulla di inaspettato,
nel senso che ci troviamo davanti a un confronto che Papa Francesco ha
innescato con l'amministrazione Trump".
Ma il
fronte aperto non è solo quello dell'antagonismo tra il conservatori
ultra-cattolici americani: c'è anche una partita interna all'interno del
Vaticano. Per il professore, infatti, "tutti i conflitti politici hanno
un riflesso all'interno della Chiesa", anzi ed è questo un punto di
vista interessante, "l'idea che i vizi che ci sono nelle società non
alberghino anche dentro il clero è fuorviante". Solo che la chiesa ha un
problema in più perché "non ci si aspetta che un sistema così
gerarchico" non abbia gli anticorpi per contrastarli.
Però non c'è alcun assedio anche perché, è il ragionamento di Melloni, "se i nemici del Papa devono accontentarsi di uno come Viganò, Francesco può stare tranquillo".
Il Papa è un gesuita, "quindi un militare", ha certo considerato a
priori alcune dinamiche. Certamente il Pontefice "ha messo un punto e a
capo su molti temi e uno di questi è quello di capire che la dimensione
penale delle vicende può essere risolta solo in modo penale".
Questo,
secondo Melloni, è il vero punto di svolta dell'argentino, essersi
aperto alla giustizia ordinaria per i casi che riguardavano la chiesa. E
qui subentra il tema principale della questione: la pedofilia.
Per il docente, la pedofilia è un "flagello" che "infesta la Chiesa"
come la società. "E' una piaga indiscriminata e il tentativo di ridurlo
solo a un problema del clero è un errore". E ancora: "Il problema
specifico della Chiesa è che viene il reato viene perpetrato all'interno
di una struttura gerarchica che si è dimostrata molto fragile nel
prendere provvedimenti". Ma "non è che nella società non sia così. Anche
fuori dal clero far emergere dati e fatti ha richiesto la corrosione
dei primi strati di mentalità patriarcali".
Le scuse del Papa, Melloni: "Mea culpa straordinario"
"Davanti al tradimento della fiducia, che deriva da casi di pedofilia da
parte del clero, Bergoglio ribadisce che non esiste la presunzione di
innocenza. Con le sue parole non ha parlato a nome delle istituzioni, ma
a titolo personale. Ha riconosciuto che chiedendo che venissero fornite
le prove contro Barros, che continua a ritenere innocente, ha inferto
una nuova pena alle vittime. Un atto straordinario che indica che il
clima di dialogo che c'è nella Chiesa consente al Papa di fare mea
culpa" . .il commento di Alberto Melloniù .Montaggio Paolo Saracino
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