Avvenire e i gay, la dottrina recente meglio della vecchia
La strategia di Avvenire sull'omosessualità da sdoganare è mutuata dal pacchetto Office di Microsoft: più è recente, meglio è. Infatti si cita Amoris Laetitia e tutto il resto, Catechismo compreso, è anticaglia. L'importante è sfumare e dissimulare. Per scovare nel male il bene.
Un ottimo compendio per comprendere come alcuni, in casa cattolica, vogliano sdoganare l’omosessualità è dato dall’articolo, a firma di Luciano Moia pubblicato martedì scorso su Avvenire, dal titolo “Omosessualità e pedofilia. Spunti per capire”. In questo pezzo, scritto alla vigilia del Summit vaticano dedicato agli abusi su minori, viene condensata buona parte della strategia per far digerire l’omosessualità al cattolico della Domenica.
In primo luogo è bene essere obliqui nella prosa: mai affermare che l’omosessualità è condizione buona, mai scrivere esplicitamente che gli atti omosessuali esprimono vero amore. L’incedere deve essere sfumato, nebbioso, ambiguo, implicito, mai assertivo, altrimenti anche il lettore più distratto ti coglie subito in fallo. Per farlo basta semplicemente ricorrere alla forma dubitativa, perché la nuova Chiesa, secondo alcuni, non insegna la verità ma il dubbio, non dà risposte, ma pone solo domande. E così si passa dal “dubbio secondo cui si considera omosessualità e pedofilia comportamenti devianti frutto della stessa radice” al “rapporto irrisolto tra norma, coscienza e discernimento”, passando dal dovere “di interrogarsi e di interrogare” e infine approdare ad una gragnola di domande: “Fino a che punto spingere l’accoglienza? Accogliere non comporta il rischio di approvare anche implicitamente uno stile di vita? Quando si parla di dovere della castità cosa si intende? Rispetto, fedeltà e impegno di aiuto reciproco nella relazione o astinenza assoluta? […] Cosa intendiamo quando parliamo di omosessualità?”. La sintesi è questa: “Le domande potrebbero continuare a lungo ma le risposte al momento non ci sono, comunque non sono agevoli”.
E dunque occorre studiare, approfondire, discernere, investigare, analizzare, soppesare, valutare sempre con prudenza. Tutte cose giuste, si badi bene, ma nella Chiesa cattolica da una parte vi sono alcune questioni che sono ancora avvolte dal mistero, ma non è questo il caso dell’omosessualità, e su altro fronte esistono alcune verità di fede e di morale ormai acquisite una volta per tutte, verità che possono e devono essere approfondite per capirle meglio – dato che la verità ha una profondità infinita – non per confutarle. L’approfondimento serve per aggiungere verità a verità, non per trasformare la verità in errore. Forse che se ci interroghiamo e investighiamo a lungo un giorno potremmo scoprire che l’aborto e la pedofilia sono atti buoni? Quindi la strategia è chiara e procede per gradi: non negare esplicitamente che l’omosessualità è condizione intrinsecamente disordinata e le condotte omosessuali atti moralmente riprovevoli, ma porre il dubbio e dunque essere possibilisti sulla bontà dell’omosessualità. Esaurita questa fase, domani si potrà tranquillamente affermare che l’omosessualità è certamente cosa buona.
Dunque ad Avvenire ci si domanda se l’omosessualità sia una condizione moralmente accettabile oppure no (tenendo però a sottolineare che tra omosessualità, pedofilia ed efebofilia ci sono “enormi ed esplicite divergenze”). Eppure la dottrina è limpida e tutte le domande prima indicate hanno già ottenuto risposta esaustiva da tempo. Nel mazzo peschiamo a caso la carta del Catechismo della Chiesa Cattolica: “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che «gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati». Sono contrari alla legge naturale. Precludono all'atto sessuale il dono della vita. Non sono il frutto di una vera complementarità affettiva e sessuale. In nessun caso possono essere approvati. […] Le persone omosessuali sonoo chiamate alla castità.” (2357, 2359). Più chiari di così si muore. Curioso che in un pezzo che si intitola “Spunti per capire” non si citi la fonte cattolica più autorevole.
Perché Moia non lo fa? La risposta rimanda alla seconda tattica gay friendly: la dottrina muta. Infatti l’autore dell’articolo appunta: “«La dottrina parla chiaro», direbbero coloro che usano le norme come pietre da scagliare nella vita delle persone. Già, ma quale norma? In Amoris laetitia – che rimane il più recente documento magisteriale sul tema – dopo aver ricordato l’esigenza della vicinanza pastorale alle persone omosessuali da parte della Chiesa, Francesco non aggiunge alcuna condanna etica, non ricorda il passaggio del Catechismo a proposito del «disordine morale oggettivo», come avevano fatto i precedenti documenti del magistero”. Dunque la dottrina è come le versioni del pacchetto Office: la più recente è migliore delle precedenti e le sostituisce. Per Moia il Catechismo quando parla di omosessualità è anticaglia perché Papa Francesco non ha condannato esplicitamente l’omosessualità. E allora perché il Papa ha approvato la Ratio fundamentalis institutionis sacerdotalis del 2016 in cui si nega l’accesso ai seminari alle persone con tendenze omosessuali e perché nel libro intervista del 2018 La forza della vocazione il Pontefice ha ribadito la validità di tale divieto?
Terzo trucchetto: scovare nel male il bene. Moia a questo proposito parla “di coppia stabile, fedele, reciprocamente oblativa, [che] è omosessuale”. Dunque se come dice l’ormai superato Catechismo l’omosessualità è una condizione intrinsecamente disordinata, va da sé che tutti gli atti, non solo sessuali, che promanano da tale condizione sono anch’essi disordinati. E dunque anche la relazione di coppia è ovviamente censurabile dal punto di vista morale, perché è essa stessa una relazione disordinata. La fedeltà nel disordine non è da benedire, ma da censurare perché consolida una realtà contraria a natura. Inoltre l’oblatività, inteso come dono reciproco, non è predicabile nelle relazioni omosessuali perché l’affetto omosessuale è anch’esso disordinato e quindi non c’è vero dono. Però se la dottrina cattolica sull’omosessualità, ormai ammuffita, è da smaltire in qualche isola ecologica e teologica, va da sé che queste riflessioni siano parimenti spazzatura.
Infine c’è una quarta strategia, la più gettonata: accoglienza misericordiosa verso le persone omosessuali. E qui il pezzo di Moia ricorda le varie iniziative pastorali a riguardo. L’accoglienza ovviamente è cosa giusta e doverosa, ma, come si domanda Moia, “accogliere non comporta il rischio di approvare anche implicitamente uno stile di vita?”. Non nascondiamoci dietro un dito: con il pretesto dell’accoglienza si vogliono spalancare le porte delle chiese all’omosessualità. E poi in realtà, spesso, è un’accoglienza non limpida nelle motivazioni. La pastorale gay friendly oggi di moda abbraccia la persona omosessuale solo per motivi di ingiusta discriminazione (o forse anche per scusarsi di quello che dice il Catechismo?), non perché consci che questa persona è prigioniera di una condizione che la rende infelice. L’abbraccio serve per nasconderlo dagli sguardi malevoli degli altri, non per liberarlo dai lacci dell’omosessualità.
Tommaso Scandroglio
http://lanuovabq.it/it/avvenire-e-i-gay-la-dottrina-recente-meglio-della-vecchia
Oggi inizia in Vaticano un incontro mondiale sugli abusi sui minori.
A tal proposito, il prof. White dice che la crisi attuale nella Chiesa è fatta di abusi su minori, su seminaristi, di occultamento dei crimini, di omosessualità e della lobby gay nel clero, di clericalismo, dell’effetto corrompente del potere, dell’influenza e del denaro, della riluttanza a chiamare il peccato per quello che è.
“La crisi attuale è tutte queste cose, legate tra loro in un unico, diabolico e feroce pasticcio. Trattare uno qualsiasi di questi problemi (ad esempio solo quello sui minori, ndr) senza affrontarli tutti [insieme] è un po’ come cercare di curare il cancro rimuovendo parte di un tumore. Non solo non riesce a curare la malattia, ma indebolisce il corpo nella sua lotta contro la malattia rimanente. È necessario un trattamento approfondito e completo.”
“La crisi attuale è tutte queste cose, legate tra loro in un unico, diabolico e feroce pasticcio. Trattare uno qualsiasi di questi problemi (ad esempio solo quello sui minori, ndr) senza affrontarli tutti [insieme] è un po’ come cercare di curare il cancro rimuovendo parte di un tumore. Non solo non riesce a curare la malattia, ma indebolisce il corpo nella sua lotta contro la malattia rimanente. È necessario un trattamento approfondito e completo.”
Di seguito un articolo del prof. Stephen White, nella mia traduzione.
Mentre i leader delle conferenze episcopali mondiali e della Curia Romana si incontrano questa settimana con Papa Francesco per parlare della “protezione dei minori”, non ci dovrebbe essere confusione sulla natura dell’attuale crisi della Chiesa Cattolica. Eppure c’è.
Alcuni vi diranno che la crisi riguarda l’abuso sessuale dei minori da parte di sacerdoti e vescovi, e sicuramente lo è. Ma è tutto qui? Che dire degli “adulti vulnerabili” (qualunque cosa significhi questo termine) o di coloro che hanno appena superato la maggiore età quando sono stati abusati? Non si tratta anche di illeciti episcopali e dell’occultamento di questi crimini? O di tutti i tipi di impudicizia tra il clero, e del fallimento della paternità spirituale che tali peccati comportano? Che dire della “lobby gay” di cui si sente tanto parlare, e delle sue reti di influenza e ricatti nelle cancellerie (dei vescovadi, ndr), nei seminari e in Vaticano? E il clericalismo, la simonia e l’effetto corrompente del potere, dell’influenza e del denaro? Che dire di una riluttanza a chiamare il peccato per quello che è?
La crisi attuale è tutte queste cose, legate tra loro in un unico, diabolico e feroce pasticcio. Trattare uno qualsiasi di questi problemi senza affrontarli tutti [insieme] è un po’ come cercare di curare il cancro rimuovendo parte di un tumore. Non solo non riesce a curare la malattia, ma indebolisce il corpo nella sua lotta contro la malattia rimanente. È necessario un trattamento approfondito e completo.
La crisi, soprattutto nella sua attuale ripetizione, è anche una crisi di credibilità. La profonda perdita di fiducia del popolo nei leader della Chiesa cattolica mette in pericolo l’unità della Chiesa e rende molto più difficile il rinnovamento e la ripresa. Il bisogno di responsabilità – sia per i sacerdoti e i vescovi che hanno commesso abusi che per coloro che li hanno coperti – è immediato e pressante. I laici non si fidano dei vescovi affinché sorveglino i propri. Ma le riforme e i meccanismi istituzionali, pur necessari per la responsabilità, non risolveranno alla fine la crisi perché si occupano dei fallimenti solo dopo che siano accaduti. Papa Francesco, a suo merito, sembra comprenderlo.
“[La credibilità] non può essere riconquistata emanando severi decreti o semplicemente creando nuovi comitati o migliorando i diagrammi di flusso, come se fossimo responsabili di un dipartimento delle risorse umane. Questo tipo di visione finisce per ridurre la missione del vescovo e della Chiesa ad una mera funzione amministrativa o organizzativa nel ‘business dell’evangelizzazione’. Cerchiamo di essere chiari: molte di queste cose sono necessarie ma insufficienti, perché non riescono a cogliere e ad affrontare la realtà nella sua complessità; alla fine, rischiano di ridurre tutto a un problema organizzativo.” (Dalla lettera del Papa ai Vescovi statunitensi del primo gennaio 2019, vedi qui)
La recente laicizzazione di Theodore McCarrick, per esempio, non ha fatto nulla per risolvere nessuna delle questioni di fondo sul perché fosse salito nelle file ecclesiastiche nonostante le voci persistenti sul suo comportamento scorretto. Papa Francesco ha insistito sul fatto che, per quanto riguarda McCarrick, la Chiesa deve “seguire la via della verità ovunque essa conduca”. Questo percorso ha portato al licenziamento di McCarrick dallo stato clericale, ma finora non è stata portata avanti gran parte della verità sulla carriera di McCarrick.
Il caso McCarrick è stato particolarmente dannoso per la credibilità della Chiesa, sia per l’ipocrisia che rivela, sia per il tipo di pensiero farisaico che l’ha permesso. Per decenni – e molto prima che Francesco fosse papa, va notato – i leader della Chiesa sembravano contenti di nascondersi dietro le (necessarie) distinzioni legali tra l’abuso di un minore e l’abuso di seminaristi e giovani sacerdoti da parte di un vescovo. Ma qualcuno dubita che, se McCarrick si fosse attaccato ai seminaristi e avesse lasciato da parte i minori di 18 anni, sarebbe ancora oggi un cardinale? Forse no, ma, allora, forse sì.
Insistere sulla “tolleranza zero” per l’abuso dei minori trattando l’abuso degli “adulti” come se fosse solo una fonte di imbarazzo piuttosto che un peccato che grida al cielo suggerisce una inquietante ottusità sulla gravità dell’impudicizia. Perché così tanti, sia qui che a Roma, sembravano così a lungo tranquillizzati degli “amoreggiamenti” che si rumoreggiavano di un altro chierico (cioè di McCarrick, ndr)? Non per mettere i puntini sulle “i” su questa cosa, ma se i nostri vescovi non prendono sul serio la fedeltà al Vangelo, almeno quando si tratta del Sesto Comandamento, perché dovremmo fidarci del loro giudizio su altre questioni?
La crisi di credibilità è stata costruita sulle fondamenta dell’infedeltà. La credibilità può essere ripristinata solo attraverso la fedeltà. E questa è una sfida, non solo per i sacerdoti e i vescovi, ma per tutto il Corpo di Cristo. Fedeltà non significa solo “non peccare di più“, anche se, naturalmente, anche questo sarebbe un bene. Significa dire la verità sui peccati della Chiesa, sia i peccati di commissione che quelli di omissione. Significa insistere che mentire non serve mai al bene della Chiesa e serve sempre agli scopi del Nemico.
Significa recuperare un vero senso dell’orrore del peccato e della stupefacente gratuità della misericordia di Dio. Significa non dimenticare mai che il peccato mette davvero in pericolo le anime immortali e che la grazia di Dio è davvero sufficiente. Significa tener fede – come nella fedeltà alle promesse solenni – seriamente, sia per i laici che per il clero.
Significa prendere sul serio la dimensione ecclesiale del peccato e del perdono: i nostri peccati non sono mai affari “privati” tra noi e Dio. Significa recuperare il giusto senso del pericolo di come il peccato provochi scandalo e prendere sul serio l’ammonimento del Signore: “È inevitabile che avvengano scandali, ma guai a colui per cui avvengono. È meglio per lui che gli sia messa al collo una pietra da mulino e venga gettato nel mare, piuttosto che scandalizzare uno di questi piccoli.” [Luca 17,1-2].
Restituire credibilità attraverso la fedeltà significa anche che la Chiesa non può essere imbarazzata dai suoi stessi insegnamenti sulla sessualità umana. Dobbiamo smettere di trattare il peccato sessuale come “normale” e la castità come un ideale irraggiungibile o la chiamata di pochi rari. Significa rifiutare la menzogna che dice che la Chiesa sarà ben servita accomodandosi allo spirito del tempo, specialmente in un’epoca così confusa e disordinata come la nostra.
Ciò che serve, soprattutto, e come sempre, è un rinnovamento della fedeltà a Cristo e alla Croce. Non ci sono scorciatoie intorno alla conversione. Non c’è una deviazione attorno al Calvario. Chiunque sia alla ricerca di una tale scorciatoia è a metà strada per la resa. E questa è un’altra ragione, forse la migliore ragione per cercare il rinnovamento nella fedeltà a Cristo e alla sua Croce: qui sta la nostra unica e sola speranza.
Stephen White è docente di Studi Cattolici presso il Centro di Etica e Politiche Pubbliche di Washington.
Fonte: Catholic Herald
By Sabino Paciolla
https://www.sabinopaciolla.com/white-non-ci-sono-scorciatoie-intorno-alla-conversione-non-ce-una-deviazione-attorno-al-calvario/
Cari Vescovi non siate come “cani muti”. Roberto de Mattei spiega la situazione e lancia un appello ai Vescovi
Dopo la Manifestazione del 19 febbraio e: l’ Intervista esclusiva a Roberto de Mattei sul vertice in Vaticano dal 21 al 24 febbraio e della manifestazione di oggi – cliccare qui, ecco il breve video riportato anche da LifeSiteNews – ed anche da altri canali cattolici – con l’Appello ai Vescovi che si riuniranno a Roma per il grave incontro sugli abusi sessuali ed omosessuali. Quattro minuti da ascoltare con attenzione:
Nota del redattore (LifeSiteNews): un gruppo internazionale di laici cattolici ha tenuto una manifestazione pubblica a Roma ieri appena fuori dal Vaticano, chiedendo che Papa Francesco ei vescovi del mondo affrontino l’omosessualità durante il prossimo vertice sugli abusi come la principale causa della crisi degli abusi sessuali nella Chiesa cattolica. La seguente dichiarazione è stata data dal Prof. Roberto de Mattei durante una conferenza stampa durante l’evento. Leggi tutte le dichiarazioni qui .
20 febbraio 2019 ( LifeSiteNews ) – Se il vertice dei presidenti delle Conferenze episcopali del mondo riunito da Papa Francesco si limita ad affrontare solo l’abuso di minori, come indica il titolo del vertice, senza affrontare, ad esempio, la questione dell’omosessualità nella Chiesa, sarà un incontro destinato a fallire, perché non affronterà le vere cause del problema.
Sarebbe ipocrisia limitare lo scandalo alla pedofilia, ignorando la piaga dell’omosessualità, che non è solo un vizio contrario alla natura umana, ma costituisce anche la base per una struttura di potere all’interno della Chiesa. E sarebbe ipocrita limitarsi a denunciare solo gli scandali morali, senza affrontare le loro radici dottrinali, che derivano dagli anni del Concilio Vaticano II e dal periodo post-conciliare.
Sembra invece che l’autorità ecclesiastica sia interessata a crimini come la pedofilia o lo stupro, non perché siano una grave violazione della legge divina e naturale e quindi costituiscano un’offesa contro Dio, ma solo perché sono un esempio di violenza contro il nostro prossimo e quindi sono crimini legalmente nei moderni Stati secolari. Ma i moderni stati secolari che condannano la pedofilia promuovono l’omosessualità, e oggi gli uomini della Chiesa hanno paura di essere chiamati “omofobi”.
Nei giorni scorsi, questo è stato mostrato nella campagna mediatica per lanciare il nuovo libro di Frédéric Martel, Sodoma , che afferma che ogni uomo di chiesa che condanna l’omosessualità è un omofobo e ogni omofobo è un omosessuale represso. Si dice che il vero peccato sia l’ipocrisia di coloro che non si dichiarano pubblicamente omosessuali.
Questo libro, vedi qui, rappresenta un tentativo di esercitare pressioni minacciose sui media sui vescovi che si stanno radunando a Roma per ridurli al silenzio. Siamo qui oggi per abbattere questo muro di silenzio. Il silenzio può essere rotto con le parole, come stiamo facendo in questa conferenza stampa, ma anche con azioni simboliche, come abbiamo fatto nella nostra dimostrazione in Piazza San Silvestro. Parlare non significa solo parole mormoranti, e quindi una dimostrazione pubblica può esprimere un messaggio più forte del linguaggio verbale.
San Gregorio Magno nella sua Regola pastorale definisce pastori malvagi come “cani muti, incapaci di abbaiare” (Isaia 56:10). “Per un pastore, qual è il timore di dire la verità, se non voltare le spalle al suo nemico con il suo silenzio?” Il nostro appello è rivolto ai presidenti delle Conferenze episcopali riunite a Roma e ai vescovi del mondo , chiedendo che qualcuno di loro abbia il coraggio di alzarsi e rompere il silenzio, come ha fatto l’arcivescovo Carlo Maria Viganò.
Se ciò non accade, la nostra testimonianza rimarrà come monito contro quei Pastori della Chiesa che, con il loro silenzio sepolcrale, stanno di fatto rinnegando la fede e la morale cattolica. Ma Nostro Signore Gesù Cristo ci ha detto che Egli confesserà o rinnegherà davanti a Dio chiunque lo avrà confessato o rinnegato davanti agli uomini (Mt 11:32, Lc 9:26, 13: 8-9).
RICORDIAMO CHE E’ POSSIBILE ADERIRE ALL’INIZIATIVA ISCRIVENDOSI QUI: www.aciesordinata.org
Riportiamo di seguito, da Corrispondenza Romana, le risposte dei leader internazionali che sono intervenuti nel corso della Conferenza stampa.
La resistenza cattolica si manifesta
(di Roberto de Mattei) Secondo l’antico calendario il primo martedì dopo la Settuagesima, che quest’anno è caduto il 19 febbraio, è dedicato all’agonia di Gesù nell’Orto del Getsemani, forse il momento più doloroso della Passione, quello delle sofferenze, non fisiche ma spirituali, che culminò nel Suo sudore di sangue (Lc 22, 43-44).
Una delle ragioni principali delle sofferenze era la visione dell’infedeltà, non solo del popolo eletto, ma di tutti coloro che nei secoli futuri avrebbero guidato la Chiesa fondata da Nostro Signore sul Calvario.
Quae utilitas in sanguine meo? (Ps 29,10) Questa atroce domanda penetrò il Suo cuore, e deve penetrare i nostri, come una spada acuminata. Dio rispose che ogni infedeltà, ogni apostasia, ogni sacrilegio che avrebbe percorso i secoli, era permesso perché brillasse di maggior splendore la purezza della dottrina e della vita di coloro che nel corso dei secoli avrebbero raccolto e inalberato il vessillo sanguinoso della Croce, opponendolo a quello dei seguaci di Lucifero.
Oggi, come sempre durante la storia, viviamo la lotta tra le due bandiere: quella degli amici della Croce e quella dei Suoi nemici, che non sono solo i persecutori, ma anche gli apostoli infedeli. Il vertice che si svolge in questi giorni in Vaticano, appare agli occhi di molti come un “conciliabolo” che ha come programma di deviare l’attenzione dei cattolici dalla spaventosa crisi, dovuta alla perdita della fede e della morale, per concentrarla su un problema, quale gli abusi contro i minori, che è un sintomo limitato di un male ben più esteso e profondo. Ma una parola di consolazione a Nostro Signore per i Suoi dolori, è certamente venuta da tre eventi che si sono susseguiti il 19 febbraio.
Una coalizione di laici, Acies Ordinata, ha schierato come un esercito che scende in campo, cento laici cattolici, provenienti da tutto il mondo, che hanno manifestato, in piedi e in silenzio, per «rompere il muro del silenzio delle autorità ecclesiastiche».
La manifestazione si è svolta a Roma, nella centralissima piazza di San Silvestro, che prende nome dalla Chiesa di San Silvestro in Capite, dove è custodita la reliquia della testa di san Giovanni Battista, il precursore del Messia, che non tacque di fronte a Erode e affrontò il martirio per aver rotto il silenzio sulla sua infedeltà coniugale. In questa chiesa, a conclusione dell’evento, i manifestanti si sono raccolti in preghiera recitando il Santo Rosario.
Poco più tardi, nella Sala stampa estera, alla presenza di un folto gruppo di giornalisti, rappresentanti le più importanti testate internazionali, sette leader cattolici, di diversi paesi del mondo, hanno spiegato le ragioni della silenziosa protesta ribadendo che sarebbe uno scandalo se il vertice dei Vescovi tacesse sul problema dell’omosessualità, così intimamente connesso a quello della pedofilia.
Infinite, in serata è giunta la voce più autorevole, quella di due principi della Chiesa, i cardinali Walter Brandmüller e Raymond Leo Burke che, quasi rispondendo alla supplica dei laici, si sono rivolti ai presidenti delle conferenze episcopali riuniti a Roma: «La piaga dell’agenda omosessuale è diffusa all’interno della Chiesa, promossa da reti organizzate e protetta da un clima di complicità e omertà. Le radici di questo fenomeno evidentemente stanno in quell’atmosfera di materialismo, di relativismo e di edonismo, in cui l’esistenza di una legge morale assoluta, cioè senza eccezioni, è messa apertamente in discussione. Si accusa il clericalismo per gli abusi sessuali, ma la prima e principale responsabilità del clero non sta nell’abuso di potere, ma nell’essersi allontanato dalla verità del Vangelo. La negazione, anche pubblica, nelle parole e nei fatti, della legge divina e naturale, sta alla radice del male che corrompe certi ambienti della Chiesa. Di fronte a questa situazione, cardinali e vescovi tacciono. Tacerete anche Voi in occasione della riunione convocata in Vaticano il prossimo 21 febbraio? »
Possiamo dire che per la prima volta dall’inizio di questo pontificato, la resistenza cattolica alla autodemolizione della Chiesa, si è manifestata con forza e con successo. La settimana in cui papa Francesco ha scelto di tenere il summit dei Vescovi è propria quella in cui la liturgia, il 23 febbraio quella antica e il 21 febbraio quella nuova, onora la grande figura di san Pier Damiani, il vescovo-cardinale che nel suo Liber Gomorrhianus, fulminò la sodomia nella Chiesa.
Ignorare il suo insegnamento, e quello dello stesso Catechismo, come sembrano voler fare i Pastori riuniti a Roma, è come una provocazione. Ma, della voce di san Pier Damiani e del Magistero della Chiesa si sono fatti eco fedele i cardinali e i laici che con le loro parole e i loro gesti si sono espressi il 19 febbraio. Che Nostro Signore sofferente nell’Orto degli Ulivi e la Madonna Addolorata, che con Lui veglia l’agonia della Chiesa, infondano coraggio e speranza a questo popolo fedele. (Roberto de Mattei)
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