Vado a messa dai frati per scappare dalle sciocchezze del cardinale Bassetti
Il capo della Cei finge di cercare una sintesi impossibile tra Sodoma e Gerusalemme, tra aborto e parto. Il suo messaggio è anti-evangelico
Foto LaPresse |
Non vado a votare e dunque l’avversione del presidente del Consiglio nei confronti del Congresso mondiale delle famiglie (Verona, 29-31 marzo) mi tocca relativamente. Vado a pregare e dunque l’analoga avversione manifestata dai cardinali Bassetti e Parolin mi tocca di più. Il capo della Cei, ossia dei preti di cui seguo la messa quando nei dintorni non ci sono messe di frati, ha rilasciato al Giornale un’intervista potentemente anti-evangelica, anti-biblica, anti-cristica.
Bassetti: “La famiglia non dev’essere terreno di scontro”. Ma Gesù ha detto: “Sono venuto a portare non pace, ma spada”. Bassetti: “Avremmo preferito uno stile diverso, con meno polemiche”. Ma San Giovanni ha scritto: “Poiché sei tiepido sto per vomitarti dalla mia bocca”. Bassetti: “Ci si divide accecati dalle ideologie. Questo è il tempo della sintesi”. Ma Isaia ha ammonito: “Guai a coloro che chiamano bene il male e male il bene”. Mentre il cardinale finge di cercare l’impossibile sintesi fra Sodoma e Gerusalemme, fra Gaystapo e libertà d’espressione, fra aborto e parto, fra crollo demografico e fecondità, che io trovi la forza, ogni domenica, di alzarmi un po’ prima e fare un po’ più di strada per andare sempre a messa dai frati.
23 Marzo 2019
Gender cattolico
L’università gesuita del Messico lancia la “Settimana della diversità umana”. Un festival per promuovere l’agenda lgbtiq
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Roma. L’ideologia gender è “un pericolo per l’umanità” e “quando si mette in discussione la dualità naturale e complementare dell’uomo e della donna la nozione stessa di essere umano viene minata. Il corpo non è più un elemento caratterizzante dell’umanità. La persona è ridotta a spirito e volontà e l’essere umano diventa quasi un’astrazione”. Ha avuto scarsa eco il discorso che la scorsa settimana ha pronunciato alle Nazioni Unite l’osservatore permanente della Santa Sede, mons. Bernardito Auza. Parole chiare e poco consone al consesso onusiano trasudante politicamente corretto da ogni muro.
Il rappresentante della Santa Sede era stato invitato a dire la sua all’incontro “Uguaglianza di genere e ideologia gender: proteggere le donne e le ragazze”, e per prima cosa ha sottolineato che se “un tempo c’era una chiara comprensione di cosa significasse essere una donna, questione di cromosomi”, oggi “tale chiarezza è stata scalfita dall’ideologia gender che ipotizza un’identità personale svincolata dal sesso”. Mons. Auza ha aggiunto che sostituire questa identità di genere al sesso biologico comporta gravi danni “non solo in termini di diritto, educazione, economia, salute, sicurezza, sport, lingua e cultura”, ma anche di “antropologia, dignità umana, diritti umani, matrimonio e famiglia, maternità e paternità”.
Le citazioni tratte da documenti ufficiali del Papa e da suoi discorsi erano continue, quasi fosse un disperato tentativo di far sapere al mondo lì riunito che Francesco sul gender tuona in modo netto da anni e che sarebbe ora che se ne prendesse atto. Anche quando nel 2016, a Cracovia, disse che la preoccupazione maggiore è per quanto si insegna ai bambini, visto che “i libri sono quelli delle persone e delle istituzioni che ti danno i soldi. Sono le colonizzazioni ideologiche, sostenute anche da paesi molto influenti”. Senza dimenticare che in Amoris laetitia Bergoglio ha scritto che “una cosa è comprendere la fragilità umana o la complessità della vita, altra cosa è accettare ideologie che pretendono di dividere in due gli aspetti inseparabili della realtà”. Mons. Auza non ha citato l’intervento in Georgia, dove il Pontefice disse che “la teoria del gender è una guerra mondiale contro il matrimonio”. Il dubbio che i primi a non capire il senso del messaggio siano alcuni uomini di chiesa è legittimo se si considera quanto avvenuto in Messico.
Mentre l’osservatore della Santa Sede al Palazzo di Vetro idealmente batteva la scarpa sul tavolo, l’Università Iberoamericana retta dai gesuiti annunciava il programma della “Settimana della diversità umana”, un evento che si ripromette di promuovere l’agenda lgbtiq e che è iniziato ieri e andrà avanti per quattro giorni. Tanti gli appuntamenti: conferenze sulla transessualità, illustrazione di “terapie per il riorientamento sessuale”, istruzioni su come combattere “l’imposizione del patriarcato”. Curioso, poi, il momento intitolato “metti alla prova la tua femminilità”: alle ragazze sarà richiesto di mettersi “capelli finti, peli sotto le ascelle, baffi o barba”, per vedere se davvero sono convinte di voler restare donne. Il festival dell’università gesuita è giunto alla sesta edizione e un anno fa il direttore delle comunicazioni del campus, Carlos Valle, spiegava ad Aciprensa che “la Settimana della diversità umana risponde a uno dei valori fondanti di questa università, l’inclusione”. Il giornalista domandò come un evento del genere potesse avere luogo in un’università gesuita e Valle rispose: “Perché no?”. Dopotutto, la Iberoamericana è a favore del matrimonio gay, come ha confermato il rettore, padre David Fernández Dávalos, il quale ha però chiarito: “Non un matrimonio religioso”. Dopotutto, ha detto Valle, “il nostro rettore è molto rispettoso dei sacramenti”. Essendo un prete, ci mancherebbe altro. Quanto all’adozione da parte di coppie omosessuali, l’università “non ha alcuna posizione”. E sull’aborto? “Neppure”.
DONNE E CRISTIANESIMO. VERONA. LE VERITÀ NEGATE DAL NEO-SQUADRISMO PROGRESSISTA, NEI GIORNALI E FUORI.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mentre si avvicina il Congresso Mondiale delle Famiglie a Verona, e il Pontefice a Loreto ha spezzato una lancia in favore della famiglia, quella costituita da un uomo e una donna, non si placa la virulenza dei Nuovi Squadristi, quelli che in nome del progresso e dei diritti cercano di impedire e conculcare il più basilare dei diritti nelle democrazie, e cioè quello di pensare, liberamente, ed esprimere il proprio pensiero, giusto o sbagliato che sia. Ne è una prova quello che è accaduto a Trento, nel racconto, pubblicato su Facebook, di Francesco Agnoli:
Ieri chi era presente ad ascoltare la conferenza sulla bellezza della differenza maschile/femminile in sala Belli, nel palazzo della Provincia di Trento, ha visto l’inimmaginabile: centinaia di giovani urlanti, manipolati da qualche vecchio marpione e da qualche femminista radicale attempata, che urlavano e imprecavano con violenza. Per oltre due ore. Uno choc. Nessuna volontà di ascoltare, ed eventualmente replicare. Solo tanto odio, da fascisti rossi. Ma il peggio sono stati i giornalisti che hanno raccontato una falsità dietro l’altra, sostenendo che la colpa sarebbero degli organizzatori e dei carabinieri, che hanno solo impedito che in una sala da 80 posti, entrassero 400 persone! Che hanno impedito che le persone in sala venissero picchiate ed insultate! Questi stessi giornalisti prima hanno costruito la menzogna dei relatori senza titoli, poi hanno aggiunto che il problema starebbe nella mancanza di contraddittorio. Come se in passato l’assessore Sara Ferrari avesse mai dato il minimo spazio a posizioni diverse dalla sua!
Violenza e menzogne, due cose che stanno spesso insieme, sulla bocca di chi fa professione continua di tolleranza, ma non ha argomenti razionali da proporre.
Violenza e menzogne, due cose che stanno spesso insieme, sulla bocca di chi fa professione continua di tolleranza, ma non ha argomenti razionali da proporre.
E tornando a Verona, Agostino Nobile ci ha mandato un suo contributo storico, tanto per far capire quale è stato, ed è, il reale ruolo di liberazione del cristianesimo per il mondo femminile. Contro i soli stereotipi ammuffiti riproposti continuamente anche da persone, come le colleghe giornaliste, che forse potrebbero approfondire di più…
Chi odia la donna, i bambini e la famiglia?
Il Congresso Mondiale delle Famiglie in programma a Verona disturba. Gli oppositori stanno raggiungendo il loro fine, e non potendo attaccare la Chiesa per ovvi motivi, strepitano contro i cattolici che credono nella colonna portante del cristianesimo.
Le Femen, i gruppi Lgbt e i cosiddetti progressisti più volte hanno dimostrato la loro insofferenza contro i cattolici. È abbastanza raro, infatti, vedere questi portatori di sigle ideologiche attaccare le dottrine islamica, ebrea, induista, buddista.
Con l’immancabile cameraman a ruota, le Femen, rigorosamente con tette e natiche all’aria come stabilito nel contratto firmato coi corruttori, non sono mai entrate in una moschea, sinagoga, tempio indù o buddista per fare caciara. Non sembra altresì che abbiano mai oltraggiato un simbolo sacro di queste religioni.
Gli “artisti” che hanno partorito le trovate più dissacranti per profanare allegramente i simboli cattolici, non hanno fatto altrettanto con quelli che rappresentano le altre religioni. Pecchiamo, dunque, di vittimismo se diciamo che i cattolici sono sotto tiro? Ma perché? Forse la Chiesa ha adottato la dottrina più antifemminista e disumana?
Diamo un’occhiata alla Storia.
La donna nelle culture
L’Antico Testamento permette il divorzio anche senza alcuna causa e il Talmud (dottrina giudaica post-biblica) rende obbligatorio il divorzio da una moglie sterile. In Cina, fino all’inizio del secolo scorso, la donna poteva essere comprata e relegata al ruolo di concubina; se tradiva veniva uccisa. Oggi in Cina mancano all’appello milioni di femmine, e c’è un motivo, anzi due. In molte zone rurali nascere femmina significa essere brutalmente uccisa appena venuta al mondo. La seconda causa è stata creata dal governo comunista che, con la politica del figlio unico, è riuscito a lasciare milioni di maschi senza femmine.
L’ultimo drammatico numero diffuso dal governo indiano è quello dei 21 milioni di ragazze non volute. Uccise prima o dopo la nascita, spesso sotterrate vive.
Nel testo sacro indù Mahabharata troviamo l‘esempio di Madri, che muore suicida sulla pira del marito, Pandu. La vita della sposa senza lo sposo è considerata priva di senso e il Sati, immolazione della sposa sulla pira del marito deceduto, è considerato il cammino necessario per raggiungere la santità, unico modo per restare unita allo sposo nelle vite future. Il Sati, tradizione obbligatoria, veniva applicato anche alle spose bambine: legata alla pira del marito i parenti le gettavano ”burro chiarificato e legna secca prima di dar fuoco al tutto”. L’usanza fu abolita dai colonizzatori inglesi nel 1829, ma in alcune regioni dell’India persiste tutt’oggi. Molte vedove, spinte al suicidio dalla famiglia del marito e non di rado anche dai propri familiari, sono costrette a fuggire rifugiandosi a Vrindavan, luogo di ritrovo per le reiette della società e dove, secondo il Mahabharata, visse la sua infanzia Krishna.
Buddha, il principe Siddartha Gotama (circa 523 a.C.), considera la donna fonte di tentazione e c’è quindi l’impossibilità per lei di giungere al Nirvana, il livello che interrompe il ciclo delle rinascite. Potrà raggiungerlo soltanto rinascendo uomo; ma se intraprende la vita monastica, obbedendo sempre ai monaci maschi, anche la donna può aspirare al Nirvana.
Nell’Atene classica (V-IV sec. a.C.), l’uomo poteva avere più donne. La moglie, promessa sposa fin da bambina e sposata entro i 14 anni di età, serviva per la “riproduzione”. Era reclusa nel gineceo insieme ai figli, che restavano con la madre fino al settimo anno di età, e alle schiave. L’uomo si poteva permettere un’etéra a pagamento, donna colta ed educata che lo accompagnava nei banchetti e nei ricevimenti. Le concubine non avevano diritti, dovevano essere sempre pronte a soddisfare sessualmente le esigenze dell’uomo e, in caso di gravidanza, erano obbligate ad abortire. Cosa che, con le tecniche rudimentali del tempo, poteva trasformarsi in una condanna a morte.
Nell’antica Roma la donna non aveva diritti. La vita delle mogli era limitata tra le mura domestiche; dovevano accudire i figli e gestire la casa. Nel periodo imperiale di Giulio-Claudio il ruolo della donna nella società cominciò ad essere più attivo e le veniva riconosciuto il diritto al divorzio.
In Africa lo schiavismo esisteva prima che arrivassero gli europei, e nelle regioni animiste come in quelle islamiche le donne erano – e in alcune zone lo sono anche oggi – considerate “merce”. L’infibulazione è una pratica nata prima dell’avvento dell’islam, ed è comunemente applicata sia nel mondo musulmano che animista.
Nei paesi di osservanza coranica l’uomo può sposare quattro mogli, ma in realtà, chi può permetterselo economicamente, può superare questo numero. Lo sposo può divorziare attraverso il “ripudio” ripetuto tre volte, i figli possono essere allontanati con la madre privi di diritti. In caso di “scandalo” la sposa è lapidata pubblicamente, lo sposo colpevole di “scandalo” riceve cento frustate. Quando il Profeta aveva oltre cinquant’anni sposò la piccola Aisha di sei anni, consumando il matrimonio tre anni dopo. L’organizzazione americana International Center for Research on Women (Icrw) ha compilato una “classifica” dei venti paesi in cui i matrimoni di minorenni sono più diffusi: il Niger è al primo posto, seguito da Ciad, Bangladesh, Mali, Guinea, Repubblica centrafricana, Nepal, Mozambico, Uganda, Burkina Faso, India, Etiopia, Liberia, Yemen, Camerun, Eritrea, Malawi, Nicaragua, Nigeria, Zambia. Nella lista mancano numerosi paesi musulmani dove il fenomeno è diffusissimo come l’Arabia Saudita, l’Afghanistan, Oman, Pakistan, Marocco, Egitto, Somalia, Sudan, Iraq, Libia, Algeria, Kuwait, Turchia, Indonesia, etc. Solo nel mondo islamico si stima che le bambine tra i sette e i tredici anni costrette a sposarsi con uomini di tutte le età, siano circa 60 milioni.
La donna nel cristianesimo
Fin dalle origini del cristianesimo, dalle prime convertite come le sante Tecla, Agnese, Cecilia, le donne hanno arricchito duemila anni di storia cristiana. Alla pretesa dei farisei che volevano lapidare l’adultera, Gesù risponde: «Chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra» (Gv 8,3-11). Si abrogava così una legge mosaica che sopravvive tutt’oggi nell’islam.
«Non c’è più giudeo né greco; non c’è più schiavo né libero; non c’è più uomo né donna, poiché tutti voi siete uno in Cristo Gesù» (San Paolo – Gal. 3,28).
Diversamente da Aristotele, san Tommaso d’Aquino afferma che non è affatto vero che la donna sia un “uomo mancato”, ma è opera di Dio pari all’uomo e la diversità dei loro corpi appartiene al disegno della creazione.
Scegliere liberamente il proprio coniuge oggi pare scontato, ma ci sono voluti molti secoli prima di raggiungere questo diritto. Fin dal medioevo la Chiesa si è opposta ai matrimoni combinati dalle famiglie. Nel Sacramento del Matrimonio la Chiesa «considera lo scambio del consenso tra gli sposi come l’elemento indispensabile che costituisce il matrimonio. Se il consenso manca, non c’è matrimonio (art. 7 n° 1626)».
Le sante Caterina da Siena, Teresa d’Avila, Teresa di Lisieux e Ildegarda di Bingen (nella foto) sono dottori della Chiesa. L’enciclopedia più conosciuta del XII secolo è opera di una religiosa, la badessa Herrada di Landsberg. Nei tempi feudali la regina veniva incoronata come il re dalle mani di un arcivescovo. Nel medioevo le badesse, provenienti anche da famiglie povere, agivano ed erano rispettate come autentici signori feudali; nelle assemblee cittadine e nei comuni rurali le donne votavano come gli uomini; quelle sposate potevano avviare una propria attività e esercitare mestieri come: medico. farmacista, maestra di scuola, copista, miniaturista, rilegatrice, etc. L’abazia di Fontevrault, formata da due monasteri, uno per uomini e uno per donne, per volontà del fondatore, il beato Roberto d’Arbrissel (1047-1117), doveva essere posta sotto l’autorità di una badessa, una vedova, dunque una donna che avesse fatto esperienza matrimoniale. Il fatto non provocò nessuno scandalo all’interno della Chiesa, ed il successo fu tale che in vent’anni l’ordine era costituito da cinquemila fra monaci e monache. La prima badessa, Petronilla di Chemillé, quando fu eletta aveva ventidue anni.
Le donne hanno svolto un ruolo importante nella vita della Chiesa influenzando profondamente la storia del cristianesimo. Molte di loro sono colte e conoscono le Sacre Scritture e la Patristica. La mistica Ildegarda di Bingen (1098- 1179), molto probabilmente la donna più colta di tutti i tempi, era scrittrice, drammaturga, poetessa, filosofa, linguista, teologa, cosmologa, profetessa, musicista. Ancora oggi possiamo ascoltare le sue composizioni, eseguite da gruppi vocali specializzati nella musica medievale. La santa è stata dichiarata dottore della Chiesa da papa Benedetto XVI.
Il medievista Jacques Le Goff, storico tendenzialmente anticlericale, afferma che nella società cristiana medievale la condizione femminile migliorò notevolmente ma, come confermano gli storici più autorevoli, peggiorò nuovamente nel secolo dell’Illuminismo «con l’instaurazione dei valori borghesi nella società cristiana».
Un esempio, tra i tanti che ci hanno lasciato i positivisti anticattolici del XIX secolo, lo troviamo nel trattato “L’origine dell’uomo” di Charles Darwin, profeta delle ideologie. Il biologo e zoologo che teorizzò la discendenza dell’uomo dalla scimmia, scrive: «Si crede generalmente che la donna superi l’uomo nell’imitazione, nel rapido apprendimento e forse nell’intuizione, ma almeno alcune di tali facoltà sono caratteristiche delle razze inferiori e quindi di un più basso e ormai tramontato grado di civiltà». Per Darwin, qualunque azione intraprenda l’uomo, intellettuale e materiale «giunge più avanti della donna (…) In questo modo alla fine l’uomo è divenuto superiore alla donna».
Per i marxisti (padri dell’ideologia oggi dominante) la donna non sarà libera finché non uscirà dalle mura domestiche. Engels, ne “L’origine della famiglia”, afferma: «l’emancipazione della donna ha come prima condizione preliminare la reintroduzione dell’intero sesso femminile nella pubblica industria, e ciò richiede a sua volta l’eliminazione della famiglia monogamica in quanto unità economica della società». Dunque, per i marxisti la figura della madre è considerata una sottomissione, mentre si emancipa servendo gli estranei, gli uomini del Partito e dell’industria. Le immagini delle donne dell’allora Cina di Mao, vestite con le stesse divise grigie degli uomini, mostrano come i paesi comunisti, superando la rozzezza dei popoli barbari, avevano mascolinizzato l’altra metà del cielo.
La donna nella società dei consumi
Promettendole la libertà attraverso l’indipendenza economica, nella società dei consumi la donna è stata super femminilizzata per il piacere dell’uomo. Essere libero presuppone libertà di scelta, ma se una madre di una famiglia media dovesse decidere di non lavorare per il suo diritto inalienabile di dedicarsi ai figli, metterebbe a rischio la sopravvivenza della propria famiglia. L’uomo e la donna, non di rado antagonisti, sono economicamente indipendenti uno dall’altra, ma dipendono dai datori di lavoro, dagli asili nido, dalle donne delle pulizie (chi può permetterselo), e dal carovita che spinge al lavoro anche le donne che vorrebbero crescere i propri figli. Il sogno marxista-capitalista, oggi realizzato, per molti coniugi si è rivelato un surplus lavorativo – quando hanno la fortuna di avere un lavoro – spesso ai limiti della sopportazione. Tranne coloro che possiedono un sostanzioso gruzzolo in banca, sono poche quelle che possono permettersi di svezzare i propri figli.
L’amore, l’unica moneta che conosce il bambino nei primi anni di vita, sta scomparendo insieme alla pazienza dei genitori e all’unità della coppia. Il sacrosanto diritto delle pari opportunità nel lavoro non dovrebbe declassare il ruolo di casalinga e di madre, anche perché nutriamo qualche dubbio sull’opinione corrente che considera la donna veramente realizzata quando lavora in ufficio. Inoltre, dubitiamo che necessiti più cervello davanti a un computer d’ufficio che non coi figli.
Gli psicoanalisti che studiano la psicodinamica non hanno dubbi sulla causa che crea l’indifferenza emotiva in molti bambini di oggi: assenza dei genitori. Ovvero, la naturale educazione emozionale che si sviluppa col rapporto giornaliero insieme ai genitori, che fortifica l’equilibrio affettivo e l’autostima del bambino nei primi anni di vita.
Nell’era del post-umanesimo sulla donna si sta giocando il futuro dell’umanità. Derubandole la dignità di madre e di donna, attraverso sofismi e neologismi come “madri surrogate”, vogliono ridurla a contenitore.
Come dimostra la storia, senza la famiglia concepita dal cristianesimo le prime vittime sono la donna e il bambino. I nostri griffati progressisti, tra menzogne, follie anti scientifiche e una sostanziale dose di odio e disonestà intellettuale, consapevolmente o meno, stanno portando la famiglia a una tale degradazione che sarà inghiottita dai grandi antagonisti della civiltà cristiana: l’islam o la Cina comunista.
Agostino Nobile
Marco Tosatti
26 Marzo 2019 12 Commenti --
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