Le comari di Santa Marta
Dalla Falasca a
Faggioli, da padre Martin a Grillo, tutte le reazioni inviperite dei
cortigiani di papa Francesco alla lettera di Benedetto XVI sugli abusi
sessuali. Nel mirino, l'analisi del '68 e l'opportunità di intervenire
pubblicamente.
“Ma le comari d'un paesino
Non brillano certo in iniziativa
Le contromisure fino a quel punto
Si limitavano all'invettiva”…
Vi ricordate la tenerissima Bocca di Rosa di Fabrizio De André? Se non la conoscete, andate a sentirla. E ditemi se questa quartina non è adatta a commentare, scherzosamente, le reazioni inviperite di un bel numero di attivisti dell’attuale regime ecclesiastico dopo che Benedetto XVI ha reso pubblici gli appunti scritti in vista del Summit delle Conferenze episcopali sugli abusi. Ha cominciato a redigerli dopo l’annuncio del vertice, cioè a settembre 2018, e li ha terminati prima che le riunioni avessero luogo, il 21 febbraio 2019.
Pensava che avrebbero potuto essere distribuiti ai partecipanti, come uno strumento di lavoro in vista dell’evento? Non lo sappiamo; l’ipotesi resta, fino a quando non si avranno informazioni più complete, e se così fosse sarebbe interessante anche sapere perché, nel caso, non hanno trovato la loro via per il Summit, e invece sono stati pubblicati su una piccola rivista clericale tedesca, sul Corriere della Sera (certo non sospettabile di congiure antibergogliane) e sul National Catholic Register, un grande sito cattolico conservatore americano.
Benedetto XVI non ha attaccato il Pontefice regnante, lo ha persino ringraziato – quanto sinceramente non è dato sapere - alla fine del documento. Ha pubblicato i suoi appunti con il nihil obstat della Segreteria di Stato e del Pontefice stesso. Ma non con il compiacimento della vasta turba di fans della rivoluzione ecclesiastica che si affollano e spingono alla corte di papa Bergoglio.
La prima ad aprire il fuoco è stata Stefania Falasca, amica – come tutti quelli del fu Trenta Giorni – del card. Bergoglio, e ora assurta alle glorie degli editoriali di Avvenire. Lo ha fatto con due tweet sottilmente velenosi:
“#ApostolorumSuccessores #Direttorio2004
Per l’unità pastorale il Vescovo emerito svolgerà la sua attività sempre in pieno accordo e in dipendenza dal Vescovo in modo che tutti comprendano chiaramente che solo quest’ultimo è capo e primo responsabile del governo della diocesi”.
Ed ecco il secondo:
“#ApostolorumSuccessores #Direttorio2004
Il Vescovo emerito avrà cura di non interferire in nulla nella guida della diocesi ed eviterà ogni atteggiamento e rapporto che potrebbe dare anche solo l’impressione di costituire quasi un'autorità parallela a quella del Vescovo reggente”.
L’impressione è quella di un vorrei ma non posso. In un fumetto ci sarebbe la scritta “Snarl”. Il Papa emerito non è regolamentato; ed è tutto da dimostrare che con i suoi appunti Benedetto abbia interferito. Quanto alla prima accusa: “…che tutti comprendano chiaramente che solo quest’ultimo è capo e primo responsabile”, che possiamo dire? Un lettore ci ha scritto che gli appunti di Benedetto “Sono la prima enciclica cattolica in sei anni”…E se c’è, ed è sempre più diffusa questa sensazione, la colpa non è di Joseph Ratzinger. Che forse, anzi è stato anche troppo zitto…
Come peraltro lo vorrebbero i suoi “ammiratori”, come il liturgista estremista Andrea Grillo, un vero Montonero delle casule, dei cingoli e delle stole. Che sintetizzava così il senso degli appunti: “Perfettamente in linea con ciò che deve essere superato: un piccolo riassunto di antimodernismo viscerale. Da leggere con cura, per non cadere più in questa trappola”. E pubblicava: “Tra i commenti di ieri... Se non la pensi come Ratzinger sei eretico”. Fuochino, fuochino…
Naturalmente la mamma dei complottisti è sempre gravida, e un certo americano, che a quanto pare fa anche lo storico di mestiere (complimenti!), Bellitto, scriveva: “Sul saggio del papa emerito B16, se come sembra probabile, è stato scritto da un ghost-writer (e male), usare il suo manto per esaltare le loro posizioni, stiamo assistendo a un inganno – persino a una frode?”. Purtroppo non conosco lo stile del dr. Bellitto, ma per giudicare scritto male quel saggio bisogna essere coraggiosi. Mons. Gaenswein ha peraltro ribadito che Benedetto ha scritto quegli appunti “ganz allein”, tutto da solo. E ci vuole proprio un Bellitto, - in senso e con assonanza ligure – per pensare il contrario.
Perfida Albione! Verrebbe da esclamare leggendo invece il commento di Austen Ivereigh, già portavoce del discusso cardinale Murphy O’Connor, e biografo di papa Francesco (è lui che ha adombrato accordi pre-conclave). “Una delle ragioni per cui il saggio di B16 ha provocato tanta polarizzazione ieri è stato il modo in cui è stato distribuito: senza informare la Sala Stampa vaticana, da parte dei cortigiani di B16, ai media anti-Francesco negli Usa. L’intenzione del saggio di B16 può non essere stata scismatica; la sua pubblicazione sì”.
Accipicchia! Di cortigiani Ivereigh se ne intende, oh se se ne intende; ma definire “scismatica” la pubblicazione sul Corriere della Sera e sulla rivistina bavarese…eddai!
Chi se l’è presa proprio a male è stato James Martin, il gesuita attivista della causa LGBT nella Chiesa, appoggiato e sostenuto dalla filiera McCarrick: Cupich, Tobin, Farrell ecc. Ed è normale che sia così. Martin sta cercando in maniera più o meno subdola di far passare nella Chiesa l’idea che la sodomia non sia diversa dagli atti sessuali etero. E il forte richiamo di Ratzinger al fatto che esistono azioni che non possono mai essere buone, indipendentemente dal loro fine, e gli atti omosessuali sono una di queste, infila una bella spranga nelle ruote dell’operazione.
“Ho il più grande rispetto per il papa emerto Benedetto XVI, specialmente come teologo. Comunque non sono d’accordo con la maggior parte della sua analisi sulla crisi degli abusi sessuali”. Non accetta l’idea che i costumi sessuali degli anni ’60 fossero da criticare, e afferma che “gli abusi accadevano nei ’40 e nei ’50, e anche prima”. Ma i social sono impietosi, e subito qualcuno gli ha risposto che “il numero degli abusi è cresciuto nei ’60, ha raggiunto il suo picco negli anni ’70, è declinato negli anni ’80 e negli anni ’90 è tornato ai liveli del 1950”. Conferma della giustezza dell’analisi di Benedetto…E toccando un nervo scoperto per Martin, - ma non solo per lui – un sacerdote gli ha risposto: “Non è pedofilia, la maggior parte degli abusi era omosessualità attiva”. Ma sappiamo quanto questa parola sia tabù ad ogni livello – Pontefice compreso – in Vaticano, quando si parla di abusi sessuali. Tanto che un altro lettore gli scrive: “Contrariamente a ciò che papa Benedetto fa nel suo grande documento, deliberatamente lei continua a ignorare l’elefante nella stanza. Ripeta con me: L’omosessualità praticata è un peccato”.
E non potevamo, dulcis in fundo, privarvi del contributo della punta di lancia del progressismo melloniano oltre Atlantico, Massimo Faggioli, che si iscrive al partito complottista così: “Questo saggio pubblicato ieri purtroppo danneggia l'immagine di Benedetto, che nel suo scritto dimostra una visione idiosincratica e limitata della genesi della crisi degli abusi sessuali e dello stato delle conoscenze scientifiche sul problema. Il pontificato di papa Francesco, alle prese con la crisi degli abusi, risentirà in modo marginale di questa manovra - architettata mediaticamente non da Benedetto XVI, ma da chi gli sta intorno. In un certo senso, questa manovra potrebbe fornire al Vaticano di Francesco degli alibi. Di sicuro dimostra quanto la chiesa abbia bisogno di una nuova generazione di leader e di un nuovo pensiero per affrontare la crisi più grave del cattolicesimo del nostro tempo”.
Una cosa vera Faggioli la scrive: che la Chiesa ha bisogno di una nuova generazione di leader. Sarebbe interessante capire quali sono le conoscenze scientifiche che Faggioli conosce e Benedetto no; e anche chi sta intorno a Benedetto, solo come una palma nel deserto, che riceve poco, anzi meno. Parlare di “manovra” qualifica il livello ideologico e professionale dello scrivente. Ma si sa: tutti i regimi, e soprattutto quelli monocratici, hanno bisogno di Tigri di Carta, e di tanti piccoli goebbels.
Marco Tosatti
http://www.lanuovabq.it/it/le-comari-di-santa-marta
SUPER EX, LA RABBIA DI FALASCA E BENEDETTO. HA PARLATO PERCHÉ TACERE ORMAI È IMPOSSIBILE. UNA POESIA DI INDELICATO.
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La rabbia di Stefania Falasca
Molta tristezza e rabbia, tra i fan di Bergoglio. Benedetto non doveva parlare. Deve tacere, farsi in disparte, scomparire.Lo fa capire, a modo suo, anche Stefania Falasca, l’amica di Bergoglio, nei suoi tweet molto espliciti pubblicati in queste ore (vedi qui sotto)
Ma chi è Stefania Falasca?
Falasca è la prima persona in Italia che Bergoglio ha chiamato dopo la sua elezione. Sin dall’inizio del pontificato l’amicizia tra i due è valsa alla giornalista una grande visibilità sul quotidiano Avvenire.
Così scriveva Maurizio Caverzan su Il Giornale del 15 marzo 2013, pochi giorni dopo l’elezione:
“È accaduto l’altra sera, era trascorsa un’ora dalla benedizione Urbi et Orbi quando, a casa di Stefania Falasca e Gianni Valente è squillato il telefono. Giornalisti entrambi, sposati e con due figli, Stefania e Gianni sono amici di vecchia data del cardinal Bergoglio. Ogni volta che passa per Roma va a cena a casa loro. L’ultima serata «in famiglia» è stata sabato scorso, pochi giorni prima dell’inizio del Conclave. E l’altra sera, non appena eletto, padre Bergoglio li ha chiamati «per salutarli».”
Una volta sul pulpito del quotidiano della Cei, la Falasca ci ha spiegato, a partire dal Sinodo sulla famiglia, chi sono i buoni e chi i cattivi nella chiesa; quanto sono bravi Kasper e gli innovatori, quanto “cattivi” gli altri.
Prima di scrivere per Avvenire, Falasca era una giornalista di 30 Giorni, con Andrea Tornielli, cioè l’altro punto di riferimento, tra i giornalisti italiani, di Bergoglio.
Come tutti sanno, l’ex ratzingeriano di ferro Tornielli, oggi è direttore della Direzione editoriale del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede.
Ebbene, mentre tutti parlano, o sparlano dello scritto di Benedetto, mentre Falasca preferisce non entrare nella sostanza del dibattito, ma solo ricordare al papa emerito, lei, le regole canoniche (come se in questo pontificato qualcuno le avesse mai osservate!) Tornielli, sui social media, tace.
Preferisce che del documento si parli il meno possibile? Oppure opta per la prudenza?
Sì, è ben vero che il capo è Bergoglio, ma è anche chiaro, sempre più chiaro, che il gregge cristiano riconosce il suo pastore, ama e ascolta Benedetto, e non sopporta più i discorsi ripetitivi, ambigui, mondialisti, dell’argentino.
Falasca si rassegni: anche se va a cena con Bergoglio, non è ancora previsto da nessuna parte che lei possa impedire a qualcuno, tantomeno ad un papa emerito, di parlare.
E’ vero che Benedetto aveva detto che avrebbe taciuto: ma se non lo fa è perché, come ormai è evidente a tutti, tacere del tutto è diventato impossibile.
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E poi, per lenire un poco
la giusta asprezza di Super Ex, vi offriamo una poesia di Alfonso
Indelicato sulla sorpresa fatta da Benedetto…
E SI FECE SILENZIO
E si fece silenzio.
E si fece stupore.
Con tono mite,
con voce sommessa,
il sorriso sospeso
agli angoli del labbro
lo sguardo suo mansueto
intento all’orizzonte
azzurro che lo attende
ha vibrato il colpo,
ed è colpo che schianta.
Si guardano sgomenti
i presuli profeti.
Ragionano: e adesso?
E la favola bella
della Chiesa che va incontro al mondo?
E noi ch’eravamo contenti
d’essere così bene accetti …
Le dolci cose
che noi dicevamo! Le gravi ferite
che noi lenivamo!
A discernere bene,
pietosi che siamo,
nessuno faceva peccato!
E questo, in luogo di starsi tranquillo
colà, col suo camerlengo,
ci dice che quanto facciamo
da or son sessant’anni
trascina la Chiesa a ramengo …
S’è fatto silenzio.
Imbarazzo, sgomento
d’ogni dove promana.
Mitemente sorride Benedetto,
rivolto al cielo azzurro
lo sguardo suo mansueto.
Marco Tosatti
13 Aprile 2019
9 Commenti
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http://www.marcotosatti.com/2019/04/13/super-ex-la-rabbia-di-falasca-e-benedetto-ha-parlato-perche-tacere-ormai-e-impossibile-una-poesia-di-indelicato/
Perché il ritorno di Ratzinger fa paura alla Chiesa progressista
Le diciotto pagine di Joseph Ratzinger hanno sollevato un polverone. I motivi dello spavento di una Chiesa progressista, che ha già rivalutato il 68'
Le diciotto pagine di Joseph Ratzinger hanno sollevato un polverone. I motivi dello spavento di una Chiesa progressista, che ha già rivalutato il 68'
Joseph Ratzinger è tornato a parlare. Lo ha fatto, con la complessità argomentativa che lo contraddistingue, attaccando alcune conseguenze derivanti dall'importazione nella Chiesa cattolica delle istanze del 1968'.
Un fenomeno che, stando alle diciotto pagine che ha scritto, ha interessato pure seminari e ambienti ecclesiastici. Ma alcuni cattolici - i tradizionalisti direbbero "progressisti" - non hanno reagito in maniera positiva. Si va dal teologo Andrea Grillo, che ha parlato di "appunti confusi" alla giornalista Stefania Falasca, che ha twittato ricordando come un "vescovo emerito" non debba "interferire in nulla nella guida della diocesi...". C'è persino chi, come il gesuita e teologo Michael Amaladoss, ha specificato come la "reazione migliore" consista nell'ignorare quanto scritto da Benedetto XVI. Lo si può apprendere su Settimana News. Potremmo procedere con una vasta elencazione, ma i pochi casi segnalati sembrano sufficienti a dimostrare l'esistenza di una certa insofferenza.
Il papa emerito non ha affatto attaccato il suo successore. Non ha neppure messo in discussione la bontà del Concilio Vaticano II, che da riformatore ha contribuito a sviluppare. Joseph Ratzinger ha anche eccepito, in principio, di aver informato papa Francesco e la segreteria di Stato della mossa che stava per fare. Forse - questo è un punto discusso - Jorge Mario Bergoglio e il cardinale Pietro Parolin non hanno ricevuto le riflessioni del teologo tedesco prima che venissero pubblicate. La querelle teologica - dottrinale, che almeno per ora non riguarda le alte sfere vaticane, tocca evidentemente un punto sensibile. Il sessantottismo, nella visione di Benedetto XVI, occupa un posto di rilievo in termini di disastro antropologico - esistenziale. Nell'analisi ratzingeriana, non possono essere rintracciati giudizi positivi sugli anni della contestazione. C'è un chiaro "no", invece, alla laicizzazione dei costumi e della gestione delle cose ecclesiastiche. Non rileva, com'era invece per il cardinal Martini, il fatto che il 68' abbia fatto da "pungolo" per il novecento. Non c'è - ovviamente - neppure una rivalutazione del pensiero marxista, che è invece stata operata in tempi non sospetti dal cardinal Reinhard Marx. L'antimaterialismo e la lotta al relativismo accompagnano Ratzinger in ogni riga della sua riflessione. Nelle diciotto pagine di Benedetto XVI non è riscontrabile un' elegia celebrativa di quegli anni, com'è stato invece possibile, in passato, pure per ambienti culturali prossimi alla Santa Sede.
Qualcosa vuole che l'emerito risulti quasi più incisivo adesso, da rinunciatario, rispetto agli anni di pontificato. Ogni volta che Benedetto XVI dice la sua, alcuni ambienti lo attaccano. Il fuoco, a volte, è persino "amico". La sensazione è che la frangia più progressista della Chiesa cattolica abbia intenzione di traghettare il cattolicesimo nella direzione opposta a quella che Joseph Ratzinger ha indicato da prefetto della Congregazione della fede prima, da papa poi e adesso per mezzo di queste sue brevi, ma inappellabili, comparizioni. Alla Chiesa che guarda con favore al 68', Ratzinger non può stare simpatico. Ma questa - a pensarci bene - non è una novità. Per fortuna che è stato lo stesso Papa Francesco - agli inizi del 2018 - a constatare come la corsa del sessantottismo ai "nuovi diritti" abbia prodotto degli effetti negativi e paradossali.
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