ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 5 aprile 2019

Il segno del suicidio



Roberto Brazzale è un signore molto venetista, oltre che un imprenditore meraviglioso che fornisce ai suoi dipendenti un bonus bebè pari a uno stipendio intero. Se la gravidanza è gemellare, gli stipendi sono due. La cosa vale sia per i dipendenti suoi conterranei sia per quelli delle filiali in Boemia, dove ha delocalizzato con molta intelligenza e molta responsabilità.
Roberto Brazzale, che da imprenditore natalista ha parlato al WC delle Famiglie, ha scritto parole assai lucide sull’evento veronese: «La sconfortante verità è infatti che, alla fine, al e sul #congressomondialedelledamiglie non si discuterà concretamente di temi reali e scottanti come, ad esempio, la penalizzazione delle madri lavoratrici e lo strapotere della dittatura senile, bensì ci si sarà accapigliati solo sul poterne discutere o meno. Sterilmente». E ancora: «Siamo capaci solo di conati, di estenuanti vertenze sul sesso degli angeli, di vacue professioni di partigianeria che si avviluppano su se stesse. Agli italici in rapida desertificazione, piace così. Se dovessimo risolvere i problemi non avremmo più da discuterne, che ne rappresenta la polpa».

Parole sante. Sante, soprattutto, quelle due domande con cui – unica voce capace di rompere l’incanto dell’estasi collettiva –  ha chiesto cosa ci facesse sul palco del congresso quello speciale dipendente di Confindustria. Parliamo ovviamente di Giuseppe Cruciani.
«Perché– scrive Brazzale – far parlare a Verona questo signore? C’era bisogno di alzare l’auditel? Non si capisce la distrazione che procura?».
Alleluja. Grazie, signor Brazzale. Ora, visto che gli organizzatori, tuttora in stato di trance mistica, tardano a darle una risposta, ci proviamo noi: Cruciani è stato invitato come segno del suicidio – o meglio, per restare in tema, dell’autoaborto o dell’eutanasia – del cosiddetto cattolicesimo politico. Cruciani è stato invitato come segno inconfutabile della resa incondizionata dei pro-life al mondo, o meglio, come totem della riserva indiana dove essi sognano di essere risucchiati, e di sparire.
Ricordiamo brevemente chi è Giuseppe Cruciani: cresciuto nel vivaio radicale e passato materialmente (racconta lui stesso) per la stanza di Pannella, arriva al successo quando porta sul canale radio di Confindustria, Radio 24, una trasmissione che si regge su turpiloquio, urla e volgarità (la “classe” di Radio Radicale non è acqua) di telefonate-sfogatoio e interviste-agguati in cui l’intervistato viene svergognato, con grande voluttà se le sue posizioni sono a favore di Gesù Cristo o della vita.
Dall’archivio della Zanzara, vogliamo ricordare per esempio l’interrogatorio di Costanza Miriano, alla quale i conduttori tentarono di estorcere la confessione di avere un debole per Putin (roba tremenda, per Cruciani, che ora divide il palco con Komov). O ancora di più, vogliamo ricordare quando, a pochi mesi dalla morte, chiamarono Mario Palmaro, e la spalla di Cruciani, il signor Parenzo, annunciava di voler commentare le parole del professor Palmaro: silenzio, parte uno sciacquone. Mario, che era un signore, non replicò.
Anche uno degli scriventi c’è stato, alla Zanzara, quando anni fa uscì il suo libro su Beppe Grillo. Un amico lo aveva avvertito: «Funziona così: ti farà delle domande per metterti a tuo agio per i primi cinque minuti, così cali le difese. Poi cercherà di metterti in bocca cose pazzesche, perché il suo fine può essere che non sia l’intervistarti, ma uscire l’indomani sui giornali con un comunicato che spara quei fuochi di artificio che possono dare visibilità».
Andò esattamente così. La domanda che fecero al malcapitato, ripetuta compulsivamente come una raffica di mitragliatore, era: «Lei proibirebbe l’abborto?”» (con due b, nell’idioma romanesco crucianiano imposto anche alla radio confindustriale ambrosiana). Alla risposta «Lei proibirebbe l’omicidio?» il Cruciani rispose con il suo classico ritornello di aggressione: «Ma checcentra?» per poi, vista la mala parata, buttare giù il telefono con grande creanza. Tutto sommato, non finì neanche male: un pareggio, dissero gli amici che ascoltarono. Giocando in casa Cruciani, quasi un miracolo sportivo.
E così, vedere il Cruciani che invece gioca in trasferta e vince gli applausi scroscianti dei bravi “cattolici” ecumenici, beh, fa una certa impressione.
Per la cronaca, è andata così: il Nostro sale sul palco, esibisce la sua carta di identità dicendo di essere a favore di feticidio, matrimonio sodomita, perfino utero in affitto – «mi rendo conto che dirlo qui è una bestemmia»: furbissima volpe, ha capito perfettamente che i cattodipendenti sono stati dirottati dalla cattoregìa verso questo stupido specchietto per le allodole – e poi parte con la captatio che gli serve a diventare lui la star del congresso e dei massmedia: però «oggi sono uno di voi», perché bisogna difendere la libertà di espressione dinanzi a qualcuno che «questo microfono lo vuole spegnere».
Giù applausi. Scroscianti. Platea in piedi. “Cattolici” di ogni fede politica e religiosa che si spellano le mani. E vien da chiedersi quale terribile virus possa averli contagiati tutti per arrivare a offrire una manifestazione d’insieme così convincente dello stato vegetativo del mondo attivistico italico.
Eccoli arrivati al capolinea: l’impegno dei sedicenti “cattolici” in politica ridotto alla lotta per la libertà di espressione. Che, tradotto, significa: gettiamo tutte le spugne, rinunciamo a combattere per la giustizia e per la Verità. Accettiamo di divenire nicchia, accettiamo che a noi, cagnolini di Pavlov, lascino una cuccia e qualche osso: che ci lascino abbaiare, soprattutto, dentro il nostro recinto e fino a una certa ora. Oltre quelli, vietato disturbare, come da cartello condiviso.
Mica chiediamo che aboliscano l’aborto, no: ci basta l’obiezione, ci basta non praticarlo noi stessi (ma una provetta omologa, però, che male può fare?).
Mica chiediamo la proibizione dell’unione sodomita, no: basta che ci lascino in mano un paletto di consolazione, chessò, al momento van bene le stepchild adoption.
Mica chiediamo una società fondata sui principi della legge naturale e della ragione, no no, ci avete fraintesi: vogliamo solo una riserva indiana, vogliamo che ci lascino le nostre tribù e i nostri capi-tribù che saltellano sui palchi e nelle piazze, magari ci rifilano anche un paio di casinò, come hanno fatto in USA per i pellerossa.
I “cattolici” integrali che applaudono Cruciani applaudono la loro auto-nomina a specie protetta; cioè, la loro volontà di estinguersi, il cupio dissolvi della loro specie di sfigati (copyright Luigi di Majo).
Stanno acclamando un idolo democratico (cioè, un’illusione massonica mandata giù a suon di guerre durate due secoli): la “libertà di espressione”. Una cosa che, peraltro, di fatto manco esiste; se pensate che esista non vi siete mai trovati in un tribunale per quel che avete scritto, non avete mai capito che la libertà vale solo per le cose che non ha importanza esprimere, perché su quelle rilevanti, ora anche su internet e sui social, c’è la censura, la psicopolizia, i carabinieri che ti arrivano in casa.
La libertà di espressione fa il paio con un altro idolo di distruzione della Cristianità, che è la “libertà religiosa”, grande neovacca sacra di personaggi come il vescovo Negri e altri wannabe catto-conservatori.
La “libertà religiosa”, da sempre condannata dai Papi preconciliari perché significa diluizione dell’unica vera religione a culto tra i culti (come da programma latitudinarista del Risorgimento grembiulista) è oggi rivendicata come fine ultimo dell’azione cristiana nella società. Invece che per instaurare tutte le cose in Cristo – Colui davanti al quale ogni ginocchio si deve piegare, in cielo, in terra, sotto terra (Filippesi 2, 10) – ci si affanna per ritargliargli un posto in un panthéon assieme ai falsi dèi (cioè ai demoni). Sulla scia dell’ecumenismo conciliare, sfociato ora nella farsa sincretista bergogliana e negli osceni amplessi del suo guitto maximo con i Maomettoi Buddhai Brahma Shiva e Vishnù.
Applaudite dunque Cruciani, cari “cattolici” tutti d’un pezzo, applauditelo: ringraziatelo per la graziosa concessione di lasciarvi abbaiare per un giorno intero dentro la Gran Guardia, visto che la vostra massima aspirazione è finire nella riserva indiana delle vostre personali obiezioni di coscienza.
Salutate il bestemmiatore amico di Pannella con il giusto saluto: Augh, Cruciani. Ci torna alla memoria il vecchio manifesto leghista con il pellerossa in effige. Ma c’è una differenza, e non da poco: che voi la riserva indiana non l’avete subita. L’avete cercata. Augh anche a voi.
– di Elisabetta Frezza e Roberto Dal Bosco

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