ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 18 aprile 2019

«Stat crux dum volvitur orbis»

La croce intatta tra le macerie è il segno per salvare l'Europa

L'immagine evoca con forza le radici della cristianità. E ci dice che da un dramma può partire una rinascita


In cima alla guglia c'era una croce, quella croce. Precipitata nell'inferno di Notre-Dame. Ma poi, ieri mattina, tutti abbiamo visto un'altra croce.
Un'immagine molto più potente dello scheletro della cattedrale divorata dal fuoco. Sembrava esserci spazio solo per lacrime e sgomento. Fino a quando in tv e sui nostri smartphone sono apparse le prime foto dall'interno della cattedrale. La struttura portante è quasi intatta. «L'Altare maggiore e la grande Croce dorata si sono miracolosamente salvati». Miracolosamente, ha detto proprio così chi l'ha potuta ammirare per primo. 

Presto alla croce che precipita nel vuoto si sovrappone l'immagine di quella che resiste, inamovibile in fondo alla navata principale di Notre-Dame, oltre i caschi dei soccorritori fermi a contemplarla. In mezzo al caos, all'odore di bruciato, alle macerie fumanti e ai getti d'acqua degli idranti. Qualcuno si accorge di un altro dettaglio, che conferisce alla scena un'atmosfera ancora più mistica. Due raggi di luce entrano obliqui a illuminare la scena. Nessun regista o direttore della fotografia avrebbe potuto costruire un set più efficace. L'imponderabile assume di colpo significato agli occhi di chi vuole coglierlo. Eccolo, il segno della croce. «In hoc signo vinces», sotto questo segno vincerai, e Costantino ebbe l'illuminazione. Se adesso lo capiscono i francesi e gli europei tutti, avremo una speranza. Un punto fermo da cui ripartire, donazioni e ricostruzione verranno dopo.
Con ogni probabilità questa immagine è destinata a diventare un'icona del 2019. Nella notte tra lunedì e martedì, prima ancora che cominciasse la stima dei danni e si facesse la conta dei tesori persi e di quelli salvati, nella testa di miliardi di spettatori era impressa la «flèche» collassata tra le fiamme. Lo dimostrano i milioni di post e di condivisioni, insieme alle prime pagine dei giornali di tutto il mondo. Come in un incubo binario che prevedeva solo due fasi: consunzione, distruzione. Nessuna rinascita. La notte più nera di Parigi. Da ieri, invece, il racconto del dramma risplende sotto una luce nuova. Quella che lambisce l'abside di Notre-Dame nel sole del mattino.
«Stat crux dum volvitur orbis», la croce resta salda mentre il mondo cambia. È la storia del Cristianesimo racchiusa in cinque parole, del resto. Il motto dei certosini non può essere ridotto a uno status da social network, però la comunità cristiana, che vive di simboli, si aggrappa al Simbolo per eccellenza. Quella croce perseguitata, offesa, osteggiata, dileggiata, mercificata, nonostante tutto rimane l'Alfa e l'Omega, il principio quando sembra arrivata l'Apocalisse. Se c'è stato un errore di valutazione nel commentare nell'immediatezza la catastrofe parigina, forse è stato quello di intravedere in un incidente la fine di una cultura o di un sistema di valori. Può crollare il tetto sopra le nostre teste, ma non il pavimento in cui affondano le radici della cristianità. Non può che essere la condizione per qualsiasi ricostruzione, come testimoniano i frati di Assisi mentre osservano la volta di Notre-Dame squarciata come le vele della Basilica di San Francesco distrutte dal terremoto del 1997: «La cattedrale risorgerà com'è risorta la nostra Basilica».
Risorgere. Per fede e comandamento. Sarà così, finché ci sarà una croce che resta in piedi accanto ad un'altra che viene abbattuta, dalle colpe dell'uomo o dalla violenza degli elementi. È stato così nei secoli, succederà di nuovo. Stiamo entrando nel cuore della Settimana Santa, i teologi ci spiegano che è questo il senso ultimo della Via Crucis, dalla parrocchia di periferia alla magnifica cerimonia del Colosseo. Dove la croce campeggia al di sopra della sofferenza umana, illuminata dal fuoco delle fiaccole.
«Tenete in alto la croce affinché io possa vederla anche attraverso le fiamme», furono le ultime parole di Giovanna d'Arco, bruciata sul rogo nel 1431. E beatificata cinquecento anni più tardi proprio sotto il grande crocifisso dell'altare di Notre-Dame. Nel segno di questa croce.

MALEDETTI VANDALI , barbari di ritorno

Emmanuel Macron ha promesso :  costruiremo Notre Dame “più bella  di  prima” ed  ha annnunciato un concorso internazionale per munirla di “un gesto architettonico contemporaneo”.












Abbiamo constatato che  per molti  – e non solo musulmani  –  la cattedrale non voleva dire niente. Che ci vivono sotto, allo stesso modo che il fellah che pascola le sue capre sotto le piramidi egizie :  resti di una  civiltà cui non ha avuto parte.  Ma qui, ad esprimersi così sono europei moderni.   Ogni loro frase è una conferma che essi sono selvaggi  accampati tra gli splendori di un  passato a cui non appartengono – perché hanno volontariamente cancellato ogni tradizione, ogni “significato” (che trovano molesto) ogni cultura e, ovviamente ogni rispetto e pesrino ogni senso estetico. Vogliono il brutto con McDonald  e lo shopping center dappertutto.    La scuola progressista non gli  ha insegnato niente, così come la società e e i media. Sono la dimostrazione del detto di Ortega  y Gasset:  il  progressismo è incapace di trasmettere il progresso, perché  non “consegnano”   le conquiste  del  passato ai loro figli – consegnare, tradere  – e quindi li lasciano barbari non civilizzati.
Parigi: “Inserti contemporanei” di archistar per irridere alla  splendida coerenza urbanistica – di cui loro non sono capaci.
Notre Dame gli dava fastidio, sovraccarica di  significato cristiano – loro che si sono liberati di  tabù, vogliono fare di ogni angolo un non-luogo, uno di quegli aeroporti che sono la specialità delle archistar alla Renzo Piano: i nuovi vandali strapagati per immettere “un gesto contemporaneo”  nelle città sovraccariche di storia e memoria,   equivalente al graffitaro che brutta un  nobile muro antico coi suoi sgorbi,  ma con più irrisione e volontà di insultare i passanti.  Vogliono  l’insignificante perché tali sono le loro vite “liberate”:  anonime, insignificanti, intercambiabili – e dunque spendibili dal potere.
Ma non prima di aver soppresso gli ultimi cristiani, “la setta”  che secondo loro occupa  ancor troppo spazio.
Domenica scorsa alla chiesa delle Grazie a Milano (quella contigua all’Ultima Cena di Leonardo),  alla Messa delle 11 “un manipolo di animalisti s’è presentato a baccagliare;  fra Adriano ha chiamato la polizia e si sono dileguati”.
Così mi ha twittato un amico. Non ho capito il perché. “Per l’agnello”, mi ha risposto. E’ possibile che questi animalisti credano  che a Pasqua, nelle chiese cattoliche, si macellino e mangino i teneri agnellini   –    ai quali va il loro sentimentalismo esclusivo e intollerante. Come due millenni fa quei pagani convinti che i cristiani adorassero una testa d’asino, eccoli qui i nuovi  non-civilizzati, frutto della scuola moderna, della tv, dei media, dei “nuovi paradigmi”, del  sentimentalismo e  dell’odio per ogni tradizione vivente.  Ed ovviamente,  dementi e senza ragione.
Mi limito a qualche citazione:
arco rampante:  ha la funzione di trasferire tutto il peso delle volte centrali sui contrafforti lungo il perimetro esterno. Si viene  a creare una sorta di gabbia esterna, un“esoscheletro”, cui sono appesi tutti gli elementivisibili da dentro la chiesa. Renzo Piano non li sa fare.
“Mai prima dell’architettura gotica si era vista una sperimentazione e una rottura così forte con il passato: infondo la chiesa romanica non era altro che la naturale evoluzione di quelle dei secoli precedenti.   Una chiesa romanica o paleocristiana non differiva poi di molto, dal punto di vista strutturale, da una qualunque altra costruzione civile: pareti spesse e non molto alte, poche aperture e talvolta un unico ambiente interno.
“L’innovazione gotica prevedeva invece di deformare innaturalmente verso l’alto l’edificio, sventrando e alleggerendo le pareti con enormi superfici vetrate: per ottenere questo effetto venivano sacrificate le strutture portanti, rese più fragili. Era quindi necessario creare nuovi elementi in gradodi sostenere l’edificio, pur garantendo l’apparenza leggera e luminosa. Si trattava per lo più di una ricerca e sperimentazione
Si trattava di una ricerca e sperimentazione ex novo di nuove tecniche, in grado di spostare ogni volta più in là la “fuga verso l’alto” di questi edifici.
“Quali sono state le ragioni che hanno indotto a tali e tante innovazioni tecnologico-stilistiche? Alla base di questo cambiamento sta in realtà un mutamento della sensibilità religiosa e teologica[…] Nelle chiese paleocristiane e romaniche la distribuzione interna dei volumi era impostata prevalentemente sul piano orizzontale: l’occhio di chi entrava era invitato a percorrere la navata centrale, relativamente bassa, come fosse una specie di corridoio. Questa era una metafora del “cammino del fedele” che, entrato dalla porta in facciata (la nascita, la “porta degli uomini”) deve poi attraversare l’intera chiesa (la vita)  prima di arrivare al  cospetto di Dio.
Nel gotico, invece, chi entra è immediatamente investito dal senso di verticalità improvvisa e maestosa. Non ci sono percorsi da fare per arrivare al divino: la cattedrale stessa è già,  in toto , la casa di Dio in terra…
Coerentemente  con questo simbolismo, e con lo svuotamento delle pareti dai carichi perché assorbiti dai pilastri interni e dai contrafforti esterni, le cattedrali vengono inondate dalla luce  mediante l’apertura di enormi finestre, che portano con sé anche  lo sviluppare l’arte della vetrata: una completa rottura con il passato.
La funzione delle vetrate nell’architettura gotica si comprende meglio dalle parole dell’abate Sugerio di Saint-Denis, il committente del primo edificio gotico della storia: a suo dire esse erano “i vetri più sacri”,  rappresentazione di Dio  . Le vetrate  permettevano a Dio, letteralmente, di entrare dentro la chiesa e “sacralizzarla”. Il simbolismo è probabilmente ancora più spinto, visto in questi “vetri istoriati” c’era una vera e propria   summa del sapere dell’epoca: come la Luce passando attraverso quelle finestre colorate rendeva visibili i disegni raffigurati in esse, così Dio attraverso l’opera dell’uomo ci faceva conoscere la propria Sapienza”.
Maledetti vandali.
“Per il 2019 lo Stato francese ha previsto solo 18 milioni di euro di fondi per la manutenzione dei monumenti storici che gli appartengono, fra cui 86  cattedrali.  Ossia meno di 100 mila euro per monumento”.
L’altare del vetus ordo intatto (il novus ord, incenerito)

Notre-Dame de Paris:
immagini apocalittiche
e
sanzione dell’apostasia di una nazione




Le immagini sono impressionanti, sconvolgenti, terrificanti: mentre scriviamo e ci prepariamo a passare questo numero alla stampa, Notre-Dame de Paris è in fiamme. Già la guglia della Cattedrale è crollata, come pure il campanile centrale. Anche la torre sinistra è stata colpita dall’incendio, la cui ampiezza gigantesca è stupefacente e suscita certo degli interrogativi.

Tutta la carpenteria di Notre-Dame de Paris “è sul punto di bruciare», ha dichiarato il portavoce della Cattedrale. «Tutto brucia. Della struttura, che risale al XIX secolo da un lato e al XIII dall’altro, non rimarrà nulla», ha deplorato André Finot. “Bisogna vedere se la volta, che protegge la Cattedrale, verrà toccata o no», ha aggiunto. L’incendio è iniziato intorno alle 18.50 nel sottotetto della Cattedrale, monumento storico più visitato d’Europa (circa 15 milioni di turisti la visitano ogni anno).

L’intervento televisivo di Emmanuel Macron, che doveva annunciare dei provvedimenti e dare le sue conclusioni alla fine dello pseudo gran dibattito nazionale a seguito del sollevamento dei gilet gialli, è stato rinviato sine die.

Ma il capo dello Stato ha comunque voluto parlare in televisione alla fine della serata per deplorare l’incendio e affermare che Notre-Dame sarebbe stata ricostruita. Il Presidente della Repubblica ha annunciato il lancio di una sottoscrizione. Ovviamente, è più facile per lui brillare in questo tipo di esercizio compassionevole piuttosto che rispondere alle preoccupazioni dei Francesi e risanare il paese! I politici eccellono solo nelle catastrofi: incidenti stradali, terremoti, incendi, inondazioni, attentati. Perché allora devono solo commentare, con l’aspetto disfatto, gli avvenimenti, beneficiando della massima pubblicità grazie ai media audiovisivi, e non devono rendere conto o difendere un bilancio. Chirac non ha avuto eguali nel mostrare tale atteggiamento non appena succedeva una tragedia: arrivava sulla scena quasi prima che il crimine fosse commesso o il disastro avvenuto!

Si tratta di un gigantesco incendio di origine criminale o accidentale? Una tesi che è stata avanzata solo quaranta minuti dopo l’inizio dell’incendio. Ci si ripete che sarebbero stati i lavori di riparazione all’interno della Cattedrale all’origine del fuoco, ma per il momento non si capisce perché e come. Alcuni sono anche sorpresi che i cannoni ad acqua che ci sono stati mostrati in televisione fossero così pochi e siano arrivati così tardi, mentre il Presidente Trump ha consigliato di mobilitare i canadair, un modo per criticare il fatto che non sono stati utilizzati, anche se ci è stato detto che il loro uso avrebbe potuto essere pericoloso. 

Da notare peraltro che questo disastro si è verificato meno di un mese dopo l’attentato incendiario alla chiesa di Saint-Sulpice e in un contesto nazionale in cui, da anni, alcune chiese bruciano in tutta la Francia mentre altre sono state saccheggiate e profanate, in mezzo ad uno spaventoso silenzio mediatico e in una generale indifferenza! Mentre i media e i politici facevano un gran chiasso per due alberi tagliati in memoria di Ilan Halimi e per alcune targhe insignificanti, decine di chiese venivano orribilmente saccheggiate, insozzate, profanate. Per di più, centinaia di edifici cattolici vengono ogni anno demoliti o trasformati in cinema, in luoghi di abitazione, in uffici turistici, in negozi o lasciati all’abbandono.

Nel settembre 2016, molto vicino a Notre-Dame, è stato sventato un attacco con un’autobomba. Analogamente, nell’aprile 2015, un attacco alle chiese parigine è stato evitato per un pelo. Un franco-algerino, noto ai servizi segreti per il suo “desiderio di partire per la Siria” per unirsi alle file jihadiste, stava per intervenire quando fu arrestato.


Non tutti piangono la distruzione di Notre-Dame de Paris. Su Twitter, come c’era da aspettarselo, certi somari gioiscono rumorosamente. Sarebbe la vendetta di Allah, e anche degli antenati, per i presunti abusi francesi in Africa. Una certa Hafsa, membro dell’ufficio nazionale dell’UNEF (Union Nazionale degli Studenti di Francia), vede nella costernazione generale “un delirio di piccoli bianchi” e sostiene che «se ne infischia di Notre-Dame» come peraltro della storia di Francia. La donzella è in realtà abituata agli insulti, e chiede tranquillamente l’omicidio dei bianchi, cosa che però non ha fermato finora la sua carriera all’UNEF. Di sicuro, sarà stata una parte precisa della nostra storia a disturbare questa donzella di sinistra. Allo stesso modo, sempre sui social network, degli oriundi del Benin hanno accolto con favore queste immagini apocalittiche: “Speriamo che tutta la Francia bruci. E’ la nemica dell’Africa». 
Questo genere di disastri ha almeno il merito di far uscire allo scoperto i nemici interni!

Restano degli interrogativi: perché questo gigantesco incendio? E perché adesso? E perché Notre-Dame, che è per eccellenza il simbolo della Francia, dell’Europa e del cristianesimo? 
Non ci si può impedire di pensare alla data. Oggi è il Lunedì Santo, il secondo giorno della settimana che conduce Cristo alla Sua Passione e alla Sua Morte in Croce. Tutti i testi della Messa del Lunedì Santo invitano in modo commovente e insistente ad essere liberati dai persecutori. E come non pensare che in questo mese di aprile 2019 si commemora il cinquantesimo anniversario della «nuova messa» di Paolo VI, «promulgata» il 3 aprile 1969; e si commemora anche il mezzo secolo del nuovo rito invalido delle consacrazioni episcopali e delle ordinazioni sacerdotali, «promulgati» il 18 giugno 1968, ma rese obbligatorie il 6 aprile 1969, Domenica di Pasqua, solo mezzo secolo fa!
Peraltro, è stato proprio durante una “sinassi” di Paolo VI a Notre-Dame che è scoppiato l’incendio, il 15 aprile alle 18,50 circa, che hanno suonato le sirene antincendio e coloro che assistevano hanno avuto il tempo di lasciare la chiesa - per fortuna. 
E’ da mezzo secolo (e anche da sessant’anni dalla rivoluzione modernista e da quando è iniziata tutta l’impresa di distruzione con e sotto Giovanni XXIII) che la vera Chiesa è stata occupata, occultata, eclissata e affossata da intrusi che impongono una falsa Messa, un falso culto, dei falsi sacramenti, una falsa dottrina, una falsa morale, e che si accaniscono ad ostruire i canali della grazia!

E che dire dei milioni di turisti in mezzo ai quali ci sono quelli che visitano Notre-Dame con abiti e comportamenti del tutto indecenti: in pantaloncini, in canottiera, talvolta fumando, o ingollando un panino o masticando una “gomma americana”, abbracciandosi e baciandosi voluttuosamente, senza alcun rispetto per il luogo sacro?

Questo incendio procura a tutti un immenso dolore. E’ una parte di noi stessi che se ne va in fumo. I nostri occhi colmi di lacrime e il nostro cuore è molto triste. Questo fuoco gigantesco che distrugge tutto al suo passaggio è il simbolo della distruzione totale e metodica della nostra civiltà cristiana. Ma più profondamente è anche la punizione, il castigo per l’apostasia di un’intera nazione, un tempo così cattolica!
La distruzione di un magnifico monumento, vecchio di otto secoli, simbolo della Francia cristiana, è ovviamente una tragedia nazionale. Ma la perdita generale della fede è una tragedia ancora più grande. Il travestimento o l’abbandono della religione cattolica, del vero culto, è la sola vera catastrofe. 

Che noi si possa comprendere, in quest’ora di Pasqua, che un popolo, una nazione, non possono sopravvivere nell’irreligiosità e nell’immoralità. 
E malgrado la tristezza e persino la confusione che ci travolgono in questo Lunedì Santo di fronte a questo spettacolo di apocalisse e caos, pensiamo alle feste di Pasqua che si avvicinano, quando la Vita trionfa sulla morte, la speranza sulla disperazione, la fede sul dubbio.

Bernanos amava scrivere che la speranza è una disperazione superata. Che i nostri cuori ardano, come quelli dei pellegrini di Emmaus, quando Cristo parlò loro lungo il cammino spiegando loro le Scritture! 

Cristo è risorto per sempre e vive nelle nostre anime,
questa è la cosa essenziale.


Buone e sante feste di Pasqua a tutti!




di
 Jérôme Bourbon

Editoriale del settimanale francese Rivarol, n° 3373 del 17 aprile 2019


Da una Francia senza Dio al rogo di Notre Dame



Secondo il laicissimo presidente francese Emmanuel Macron, con le fiamme a Notre Dame “brucia una parte di noi”. Dichiarazione giusta. Ma c’è da temere non assolutamente sincera.
Alcuni fatti. La Francia è la nazione dell’Europa occidentale che ospita il maggior numero di persone di religione islamica (e di religione ebraica). La Francia è il paese che, con la rivoluzione francese (1789), ha inaugurato il terrore anti-cristiano in Europa. Il terrore, non fu come il terrorismo suo figlio, qualcosa di criminale ma episodico, improvviso e dal basso. No. Vi fu una volontà genocida, probabilmente per la prima volta nella storia moderna, che risponde ai nomi di RobespierreMaratDanton e molti altri.
Chi doveva essere sterminato in nome del progresso? Preti, suore, monaci, aristocratici rappresentanti dell’odiato Ancien Régime, e perfino il popolo (specie in Vandea e Bretagna) nella misura in cui fosse ancora legato alla tradizione ed incompatibile con lo spirito della rivoluzione in atto.
In pratica, si voleva organizzare né più né meno che il genocidio del cattolicesimo. Che Voltaire, il più celebre e celebrato tra gli illuministi del Settecento, chiamava senza tanta ipocrisia “l’infâme”, cioè l’infame, da tradurre meglio come la carogna.
La politica francese, dal 1789 ad oggi, con fasi alterne e contraddittorie, ha avuto la più pesante e la più micidiale attitudine anticattolica che si conosca in uno Stato civile. Perfino gli autocrati Lenin Stalin, nella loro impresa di ateizzazione forzata delle masse operaie e contadine, si dichiararono sempre come i prosecutori della rivoluzione di Francia.
La Francia resta così il modello, l’emblema, il simbolo della lotta alla religione, alla tradizione e al cristianesimo come priorità dello Stato moderno, laico ed emancipato. Tanto democratico nelle intenzioni, quanto totalitario nei mezzi.
La religione durante tutto l’Ottocento, malgrado qualche timido passo indietro alla restaurazione, fu bandita dalle scuole, dalle università, dai centri di ricerca, dagli ospedali, dalle caserme, dalla politica, dallo spazio pubblico, proprio in quanto pubblico. I politici di sinistra e di destra, ma in primo luogo quelli di sinistra, iniziarono a considerare la religione e la Chiesa come il nemico numero 1 dello Stato.
Quando il ministro Léon Gambetta diceva “Le cléricalisme, voilà l’ennemi” (il clericalismo, ecco il nemico), intendeva il cristianesimo come tale, a partire ovviamente dal clero, visto come la causa diretta dell’ignoranza, del fanatismo e dell’inutile religiosità delle masse.
Nel Novecento la Chiesa di Francia, dopo la separazione assoluta dallo Stato e da ogni ente pubblico ratificata nel 1905, riacquisì terreno, proprio come accadde in Italia sotto il fascismo. Così, dopo la prima guerra mondiale (1914-1918) anche a causa dei numerosi sacerdoti che combatterono in prima linea nelle trincee, si superò l’anticlericalismo più volgare e violento. Però dopo il processo e la condanna del Maresciallo Philippe Pétain (1945), iniziò dapprima con lentezza una nuova ondata di anticattolicesimo.
Dagli anni ’60, gli anni del Concilio Vaticano II e della rivoluzione studentesca del ’68, è risorta la vecchia logica dell’anticristianesimo volterriano come stile di vita da inculcare nel giovane e nel cittadino, per strapparlo, come disse il ministro della pubblica istruzione Vincent Peillon, ai “determinismi storici”.
Dopo il 2000 l’anticristianesimo, sia su base laicista (dall’alto) che su base islamica (dal basso) è tornato a farla da padrone. Sono centinaia le chiese cattoliche francesi colpite, profanate o demolite ogni anno. E questa violenza è il frutto di una politica storica che ha fatto cultura. Ma è una cultura dell’odio, del rancore e del disprezzo per una storia che inizia con il battesimo di Clodoveo e che si insegna a rinnegare.
Che Macron cerchi sempre la frase ad effetto e la parola giusta al momento giusto è comprensibile. Ma il rogo di Notre Dame, casuale o causato, è il simbolo forte di una Francia senza Dio che vorrebbe estirpare ogni traccia di fede dal proprio suolo. Dopo aver stritolato senza pietà la Chiesa di Francia, è naturale e logico che crollino e scompaiano le chiese di Francia.
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