ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 9 maggio 2019

Il modernismo è questo

Rivoluzione in talare

(dalla ribellione alla conquista del potere,
alla diffusione dell’eresia e dell’apostasia)





Premessa

Vorremmo qui cimentarci (pur non ritenendoci sufficientemente “acculturati”) nell’impresa di tracciare un rapido excursus, una veloce  panoramica del fenomeno modernista all’interno della Chiesa Cattolica, dai suoi esordi ai giorni nostri.

Per quanto stringata, un’analisi del modernismo cattolico non può prescindere dalla definizione del termine, dall’individuazione delle sue caratteristiche peculiari e da una collocazione temporale quanto più precisa possibile.

Quanto al primo punto, ci sembra ottima la definizione fornita da   San Pio X, che ritiene il modernismo “un incessante attacco di folli sognatori, ribelli e miscredenti”, ragion per cu si rende  necessario, per il papa trevigiano,  “omnia instaurare in Christo” (il famoso motto che riassume tutto il suo pensiero ed il suo magistero).
Ottima anche la definizione di modernismo proposta  da un coraggioso esponente della cosiddetta  Resistenza Cattolica Antimoderrnista, il professor Francesco Lamendola. Una formulazione, quest’ultima, degna di essere imparata a memoria, come si faceva un tempo con il catechismo di San Pio X:
il modernismo è questo: con la scusa di “aggiornare” la Chiesa, di mettere al passo la cultura cattolica con il mondo moderno, con la civiltà moderna e le sue “conquiste”, vuole far entrare lo spirito del mondo dentro di essa, e, con il cavallo di Troia della compassione, del dialogo, della misericordia, dei muri da abbattere e dei ponti da gettare, sovvertire in maniera radicale il Magistero, stravolgere il Vangelo e in tal modo vanificare o distruggere i frutti della divina Rivelazione. Ora, se non si deve chiamare satanico tutto questo, non sapremmo davvero a che cosa si dovrebbe rivolgere un tale appellativo…”


Volendo adesso individuare le caratteristiche principali del fenomeno modernista, potremmo citare quattro “liet motiv”, quattro pilastri su cui poggia tutta l’impalcatura della Chiesa modernista :
- 1) Il filoprotestantesimo. E’ caratteristico del primo periodo del modernismo (quello del Beato Pio IX e di San Pio X, per intenderci), poiché all’epoca non era molto diffuso il marxismo, specialmente il c.d. socialismo reale, ed anche per il fatto che i primi modernisti erano transalpini (francesi, austriaci, tedeschi, inglesi). Inoltre la riforma protestante si era caratterizzata, a suo tempo, come un’aperta ribellione al potere costituito della Chiesa, al Papato, e quindi andava benissimo come sponsor di quest’altra ribellione (vedi il caso di Enrico Buonaiuti).
- 2) Il filocomunismo.  Si sviluppa dopo la rivoluzione d’ottobre russa, anche come tentativo di Stalin di infiltrare agenti comunisti nei seminari e, successivamente, negli episcopati, in modo da dare una spallata dall’interno a Santa Romana Chiesa (quello che sta avvenendo attualmente in modo esponenziale). Gli esponenti italiani più importanti, a questo riguardo, furono Angelo Roncalli e Giovan Battista Montini. Il primo, nel periodo tra le due guerre mondiali era nunzio apostolico in Bulgaria e nutriva simpatie per il comunismo e per gli Ortodossi, oltre ad essere stato in gioventù discepolo ed amico del modernista Buonaiuti. Il secondo era di famiglia comunista, amico personale di Palmiro Togliatti, simpatizzante dei partigiani comunisti,  segretamente in contatto col Cremlino al tempo in cui era addetto alla Segreteria di Stato, (tradendo così la fiducia accordatagli  da Papa Pacelli), realizzatore della famosa Ostpolitik nei confronti dell’URSS e dei paesi satelliti.
- 3) L’ecumenismo fanatico e ideologico. Si sviluppa anch’esso tra le due guerre mondiali, ad opera di uomini come Angelo Roncalli, per poi dilagare nella Chiesa Cattolica nella seconda metà del secolo XX, assieme al relativismo ed al sincretismo. Questo è  forse il più pericoloso fattore destabilizzante del Cattolicesimo, perché può condurre ad un vero e proprio suicidio della Chiesa  (sia Cattolica che Cristiana), poiché rinnega due millenni di Cristianesimo e di propaganda missionaria (la famosa “Propaganda Fide”); rifiuta il motto “extra Ecclesiam nulla salus” e l’adempimento del compito affidato da Cristo ai suoi discepoli (e dopo di essi, a tutti i battezzati, laici o religiosi che siano) all’atto della sua Ascensione al Cielo, cioè portare il Vangelo fino agli estremi confini della terra, battezzando tutte le genti nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, compito che presuppone, ovviamente, l’accettazione delle parole di Gesù “Io sono la Via, la Verità e la Vita”.
- 4) La vicinanza alla massoneria, di cui ha recepito e fatto propri alcuni valori fondanti, cioè l’immanenza (al posto della trascendenza), il profano (al posto del sacro), il sociale (al posto dello spirituale), l’antropocentrismo (al posto del Cristocentrismo).  Questa setta segreta si pone allo stesso tempo all’inizio ed al termine della parabola modernista; all’inizio perché dalla massoneria moderna (nata a Londra nel 1717)  traggono origine l’illuminismo, la rivoluzione francese, il giacobinismo, il liberalismo e, successivamente, il comunismo (forma estrema del liberalismo), e al termine, poiché l’opera di scomparsa del Cristianesimo dalla faccia della terra sembra stia per concludersi grazie al piano massonico di far confluire le tre religioni monoteiste in un’unica religione mondiale, esclusivamente orientata al sociale, all’immanenza, all’umanesimo laico e priva dei segni identificativi delle fedi religiose che vi dovrebbero confluire.
Quattro pilastri, quattro basamenti sui quali si regge tutto l’edificio modernista.

Il terzo ed ultimo punto di questa premessa ci porta a ritroso nella storia fino al XVIII secolo. Il modernismo cattolico, a parer nostro,  trova la sua origine nell’Illuminismo (che precede e prepara il positivismo, il culto dell’onnipotenza della scienza, delle “meravigliose sorti e progressive”), a sua volta figlio della moderna massoneria e si sviluppa dopo la rivoluzione francese con il positivismo scientifico e l’affermazione del trinomio rivoluzionario “Liberté, Egalité, Fraternité” : la libertà di liberarsi violentemente dei propri nemici (in primis della Chiesa Cattolica), l’uguaglianza delle sole élites illuminate (a cui tutti gli altri devono obbedienza cieca ed assoluta), la fraternità massonica (fatta di complotti e ladrocini) per sconfiggere intere nazioni.

Tutto ciò premesso, vediamo adesso di individuare le fasi salienti della parabola modernista.


1 – La ribellione modernista del clero eretico

La rivoluzione avvenuta in seno alla Chiesa Cattolica nel corso del Concilio Vaticano II (grazie alla conquista del soglio petrino da parte della massoneria ecclesiastica), fu preceduta da un’iniziale ribellione, stigmatizzata da Papa Mastai-Ferretti (il beato Pio IX) e poi repressa con decisione e fermezza da Papa Sarto (S. Pio X). Ciononostante, dopo alcuni “decenni di preparazione”, vi fu una vera e propria  “presa della Bastiglia”.

La rivoluzione giacobina del 1789 aveva spostato l’accento dalla trascendenza all’immanenza, dal Cristocentrismo all’antropocentrismo, dal sacro al profano, dallo spirituale al sociale. Pertanto potremmo porre l’illuminismo e la rivoluzione francese all’origine del modernismo, vera e propria ribellione alla Rivelazione, ai suoi dogmi, all’autorità pontificia, alla devozione alla Madonna ed ai Santi, al magistero ed a tutta la Tradizione della Chiesa Cattolica precedente.

Le caratteristiche peculiari di questo nuovo modo di pensare all’interno della Chiesa, dai suoi vertici alla base, sono però più facilmente riscontrabili nel secolo XIX, dato che il movimento che prese il nome di “modernismo” si manifestò apertamente all’epoca di Papa Mastai Ferretti, Pio IX, (che tentò di combatterlo promulgando i famosi documenti pontifici “Il Sillabo”  e “Quanta cura”), per poi rafforzarsi a cavallo del  nuovo secolo. Fu il primo Papa del secolo XX ad opporre una sistematica e decisa resistenza a questa deriva dottrinale di una parte del clero cattolico (all’epoca decisamente minoritaria), Papa Giuseppe Sarto, Pio X, il Papa della  battaglia antimodernista, i cui documenti principali sono l’enciclica “Pascendi”, il decreto “Lamentabili”, la “Sacrorum antistitum”, contenente il “giuramento antimodernista”, e la lettera “Notre charge apostolique”, rivolta al clero francese.
E’ infatti con il mito ottocentesco della scienza e con la ribellione all’autorità costituita (l’Ancien Régime) ed alla sana tradizione da parte del liberalismo borghese (la rivoluzione borghese di Luigi Filippo, in Francia, nel 1830) che questa corrente di pensiero prese sempre più piede, sfociando in un’aperta ribellione alla Chiesa Cattolica ed al Papa.  Man mano che il mito della libertà dal potere temporale esercitato per diritto divino e dell’onnipotenza della scienza crescevano, diminuiva la fede ed aumentava l’irrequietezza. I moti del 1848 ne furono l’esempio eclatante. Si passò dall’infatuazione giacobina per il Papa supposto liberale (Pio IX) all’odio viscerale per lo status quo e per la Chiesa che ne era vista come  garante. Una ribellione al Papa, a Santa Romana Chiesa ed alla Verità rivelata. Un moto di rivolta analogo a quello dell’89 in Francia, che si estese dalla società civile a quella religiosa.

Con la rivoluzione francese inizia comunque quella ribellione all’autorità costituita che, nel secolo successivo, contagerà anche l’ambiente religioso, in particolar modo la Chiesa Cattolica. Questa ribellione, in ambito cattolico, darà vita a quel movimento che è stato definito “modernismo”, termine che vuol indicare il rifiuto della Tradizione  e del Magistero bimillenario della Chiesa di Cristo.
Volendo andare, infine, ancor più a ritroso nel tempo nella ricerca, potremmo spingerci fino ala rivoluzione protestante (ipocritamente chiamata Riforma e definita addirittura dono dello Spirito Santo dal modernista Galantino), a Lutero, Calvino, Zwingli, Enrico VII, Elisabetta I. Una rivolta contro il trono e l’altare, e contro il Papato, odiato a morte da questi ribelli; una ribellione all’autorità intesa come dono di Dio, di diritto divino, in sintesi al concetto di Regno Sociale di Cristo, e con l’evidente intento di depredare la Chiesa Cattolica di tutte le sue ricchezze, materiali e spirituali. Così si spiega la rivolta dei principi tedeschi contro il Sacro Romano Impero ed il Papa; la lotta dei Tudor contro gli Stuart,  il Papa e la Chiesa Cattolica; la pretesa della libera interpretazione della Sacra Scrittura, senza intermediari; la teoria della giustificazione (rivalutata da Bergoglio), il rifiuto della mediazione della Madonna e dei santi (la cosidetta “sola Scriptura”), il rifiuto del libero arbitrio come fonte di merito o di colpa, la sola fides come mezzo di salvezza, senza alcun contributo delle buone opere.

La ribellione alla Chiesa Cattolica come pretesto per spogliarla dei suoi beni materiali la si riscontra, ovviamente, anche nella Rivoluzione Francese e, successivamente, nella politica anticristiana dei Savoia e successivamente nella rivoluzione bolscevica.
Nel  periodo successivo alla rivoluzione francese, quindi, si possano riscontrare  gli  aspetti predominanti  del modernismo, precisamente nella rivoluzione borghese di Luigi Filippo, nel 1830 (l’anno dell’apparizione della Madonna a S. Caterina Labouré, a rue du Bac, a Parigi), nel nascente pensiero marxista (Marx ed Hengels, materialismo storico e materialismo dialettico, manifesto del partito comunista, ecc.), nel risorgimento italiano, massonico ed anticattolico (e filoprotestante, dato l’importante contributo della monarchia e della massoneria inglese); fenomeno, quest’ultimo, che  riveste grande importanza per la diffusione dello spirito anticattolico, antilegittimista e antipapale  tra le élites intellettuali italiane ed europee.
Tutti questi fattori, unitariamente considerati come interagenti tra loro, portarono alla nascita di una spiccata insofferenza per la Tradizione cattolica e per la retta dottrina, oltre che per il Papato, che sfociò in un movimento di pensiero teologico, religioso e spirituale al quale fu dato il nome di modernismo, poiché reclamava l’apertura della Chiesa alla modernità, al progresso scientifico, alle “meravigliose sorti e progressive” dell’umanità.
Per contrastare questa rivoluzione del pensiero cattolico Pio IX ricorse nel 1854 alla proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione (poi confermato dall’apparizione della Santa Vergine a Lourdes, nel 1858) e di quello dell’infallibilità pontificia, proclamato nel corso del brevissimo Concilio Vaticano I (interrotto dall’invasione sabauda, il 20 settembre 1870).

In un primo momento il modernismo fu caratterizzato da un’ingenua espressione del dissenso dall’autorità pontificia e dalla tradizione cattolica, una ribellione aperta, senza veli, con tutta l’enfasi e l’entusiasmo dei neofiti (termine appropriato, dato che il modernismo si è subito configurato come un’altra religione, diversa dal cattolicesimo). Infatti i modernisti mostrarono di preferire le “meravigliosi sorti e progressive” dell’umanità rispetto alle verità eterne rivelateci da Nostro Signore Gesù Cristo. La storicizzazione della Sacra Scrittura, le simpatie per  l’evoluzionismo darwiniano ne erano una chiara conferma. Presi da tale entusiasmo, i primi novatori non si curavano di ammantare il loro pensiero dietro il velo dell’ambiguità, del dire e non dire, o di ritrattare, per renderlo più accettabile, specialmente dalla gerarchia ecclesiastica. Così facendo, i modernisti provocarono la giusta reazione di chi era ben saldo nella Tradizione Cattolica bimillenaria, in primis Papa Pio X. Lo stesso Roncalli, più tardi, divenuto Papa, ammetterà che il suo amico di gioventù, Enrico Buonaiuti, avrebbe dovuto essere più prudente, perché i tempi non erano ancora maturi (per l’apostasia? per tradire Cristo con la scusa dell’aggiornamento?), e quindi avrebbe dovuto procedere con maggior cautela ad esporre le sue idee.

2 – I “decenni di preparazione”

La vittoria di S. Pio X purtroppo non fu  definitiva. Molti, troppi vescovi erano già passati all’altra sponda (dello Stige…), anche se non lo dimostravano apertamente. Infatti Angelo Roncalli, amico e discepolo di Enrico Buonaiuti (sospeso dall’insegnamento) non condannò l’eresia modernista e ritenne poco prudente il suo amico di gioventù. Giudizio ben più duro egli espresse nei confronti di Papa Sarto: “ma quale santo!” disse infatti con voce adirata (facendo un salto sulla sedia e battendo il pugno sul tavolo) rispondendo ad una domanda di Indro Montanelli, nel 1960.
Il fuoco riprese a covare sotto la cenere, sempre più intensamente.

Il periodo dalla morte di Papa Sarto all’elezione di Papa Roncalli è un periodo di transizione, di complotti, intrighi, cospirazioni, un po’ come il famoso “decennio di preparazione” del risorgimento italiano; quest’ultimo, infatti, era definito dagli storici ottocenteschi “rivoluzione italiana”, e come tale è stato riscoperto e studiato da alcuni storici odierno non allineati al pensiero unico di stampo massonico; una rivoluzione massonica preparata e foraggiata dalla massoneria internazionale, italiana, piemontese, oltre che dalla corona inglese, ben felice di liberarsi in un colpo solo dell’odiato Stato pontificio e della concorrenza che il Regno delle Due Sicilie le faceva sui mari (la marina borbonica era infatti una delle migliori del Mediterraneo, all’epoca). Così si fece apparire la conquista dei pacifici Stati italiani preunitari, e l’aggressione alla cattolica Austria, come una lotta di liberazione, mentre invece si trattava di un’invasione, di una lotta contro il popolo italiano (in massima parte cattolico e ben felice dei propri governanti locali), a tutto vantaggio dell’espansione del Regno di Sardegna (il meno italiano degli stati preunitari, dato che usava ancora la lingua francese, e quindi il meno indicato per porsi a capo dell’unificazione italiana), e a discapito della pacifica Austria, assalita proditoriamente (dopo rivolte preparate a tavolino ed attuate con la peggior feccia assoldata) nonostante il trattato che la legava ai Savoia.
Tra l’altro le enormi spese che i Savoia dovettero sostenere per le campagne di invasione dell’Italia li costrinsero a indebitarsi fino al collo, cosicché dopo l’unità per restituire questo enorme debito dovettero ricorrere alla cd “politica della lesina”, che gettò gran parte d’Italia nella miseria più nera, costringendo parte della popolazione (veneti, meridionali, ecc.) ad emigrare.

Dopo la morte di Pio X, memori della tenace opposizione incontrata sotto il precedente pontificato, i modernisti divennero più prudenti, più accorti; presero ad usare un linguaggio criptico, ambiguo, quasi un codice segreto, diventando anche cospiratori, come i carbonari del risorgimento, riuscendo in tal modo ad arrivare indenni fino alla morte di Pio XII, nel 1958. A quel punto sferrarono l’attacco decisivo alla Chiesa Cattolica,  riuscendo a piazzare sul soglio petrino uno di loro, Angelo Roncalli, già amico e discepolo di Enrico Buonaiuti,  proveniente dalla diocesi di Bergamo, retta all’epoca dal  vescovo Radini Tedeschi, protettore dei modernisti (e per questo malvisto da Pio X). Oltre a ciò, Roncalli, all’epoca in cui era stato nunzio a Parigi, era un fervido simpatizzante del movimento francese del Sillon (prima democratico cristiano e poi divenuto apertamente ecumenista), condannato anch’esso da Papa Sarto (lettera “Notre Charge Apostolique”). Uno schietto modernista, quindi, amico di Montini e fervido ecumenista (quando era nunzio in Bulgaria sconsigliava i pope ortodossi che volevano convertirsi al cattolicesimo). Così i modernisti ebbero il loro concilio, dal quale uscirono vittoriosi su tutta la linea, inaugurando ed istaurando l’era della “Chiesa 2” (la nuova Chiesa protestantizzata, comunistizzata, ecumenista e massonica) ed imponendo la nuova dottrina a tutto il popolo di Dio.
Nell’ambito del movimento di pensiero che va sotto il nome di modernismo e che, dopo il secondo conflitto mondiale diventa neomodernismo, o progressismo.

3 - La conquista del potere

Eventi fondamentali di questa fase del modernismo cattolico furono i due conclavi, del 1958 e del 1963, che portarono al soglio pontificio rispettivamente Roncali e Montini, i quali produssero il concilio Vaticano II  ed il nuovo rito della Mesa, il c.d. NOM (Novus Ordo Missae), entrato in vigore nel 1969. Il Cardinale Ottaviani si oppose alla riforma liturgica, sin dalle prime avvisaglie, nel 1962, ma purtroppo era in netta minoranza, dato che la “maggioranza silenziosa” si lasciò manipolare e ingannare dall’abile e astuto Montini, riuscito ad arrivare al soglio petrino con intrighi e complotti:  a) minacce a Pio XII all’epoca della scoperta del tradimento, (delle spiate ai Russi sull’infiltrazione di sacerdoti in Urss) per non essere segregato in un convento, ed essere inviato invece a Milano come Arcivescovo;  b) a Siri nel 1958, per convincerlo a rinunciare all’elezione a favore di Roncalli (al quale fu imposta la condizione di nominare subito cardinale Mons. Montini, preparandolo poi alla successione); c) ancora a Siri nel 1963, risultato di nuovo eletto, per farlo rinunciare, lasciandogli campo libero.
E’ difficile credere che uomini di Chiesa possano spingersi sino a ricorrere a tali metodi per raggiungere i propri obiettivi; ritengo però dovere di cronaca riferire quanto riportano alcune fonti, meritevoli di fiducia. Del resto, non hanno forse affermato, i cardinali Suenens e Congar, che il CV II è stato il 1789 della Chiesa? E allora, come meravigliarsi se i modernisti hanno fatto ricorso a metodi simili a quelli utilizzati dai rivoluzionari giacobini? (senza giungere alla violenza fisica).

Il completo stravolgimento della Messa antica (il c.d. VOM), codificata da S. Pio V al tempo della Controriforma, fu voluto ed attuato per andare incontro ai protestanti, in spirito ecumenico, (contrario al magistero pontificio, che si poneva l’obiettivo del rientro dei protestanti nella Chiesa Cattolica, non certo quello della protestantizzazione dei cattolici). Il nuovo rito si poneva sulla scia del rinnovamento conciliare, sostenuto dall’autorità di Paolo VI ed attuato dal suo fido amico mons. Annibale Bugnini (nascostamente aderente alla massoneria), coadiuvato da sei pastori protestanti, chiamati da Montini a fungere da consiglieri di Bugnini. I cardinali Bacci ed Ottaviani presentarono a Paolo VI una memoria critica sul nuovo rito, senza però ottenere alcuna risposta ufficiale (e senza neppure essere ricevuti in udienza, riferiscono alcune fonti).
Bisogna poi tener presente anche il potere esorcistico delle preghiere in latino, inclusa la Messa VO: concordiamo pienamente con Padre Amorth (decano degli esorcisti italiani), quando affermava che i riti in latino hanno un grande potere esorcistico. Forse proprio per questo Montini e Bugnini (coadiuvati dai sei pastori protestanti) estromisero il latino dalla liturgia cattolica, assieme a molte preghiere cattoliche, come quella a S. Michele Arcangelo, il giuramento antimodernista e la lettura del prologo del Vangelo di S. Giovanni al termine della Messa. Come si ricorderà, Lutero affermava che “cambiata la Messa, cambiata la religione”, in accordo con l’adagio “lex orandi, lex credendi”.

La rivoluzione modernista si ispirava ad un principio antidogmatico, antirigorista, praticamente il “vietato vietare” che di lì a poco avrebbe caratterizzato la rivolta studentesca del 1968 e la conseguente contestazione generale. In tal senso, la ribellione dei modernisti contro le norme, i precetti, il rigore della Chiesa preconciliare può essere vista come una anticipazione del ’68, partita dall’ambito religioso anziché da quello civile. Ma le conseguenze furono devastanti: abbandono di circa 70.000 sacerdoti in pochi anni, molti scelsero il matrimonio (costituendosi in associazione di preti sposati), altri scelsero di andare a lavorare  in fabbrica, diventando preti-operai; ci fu poi la nascita della TdL, la teologia della liberazione, intrisa di ideologia marxista e votata alla lotta di classe, alla rivoluzione comunista. Il ”liberi tutti” sancito dall’assemblea conciliare, sommato alla riforma liturgica, portò ad una deriva liturgica individualistica e libertaria: abbandono del canto gregoriano, della musica organistica, ingresso in chiesa di chitarre, bongi, tamburi, propaganda comunista dall’altare. Tutto venne ammesso e concesso, a danno dell’antica liturgia e della dottrina preconciliare. Fu così che un piccolo gruppo (il “piccolo gregge” degli ultimi tempi, di evangelica memoria?) si oppose a tanto marasma, rifiutandosi di accettare il CVII ed il NOM: lo guidava Mons. Marcel Lefèbvre, un vescovo cattolico che diede vita alla Fraternità Sacerdotale S. Pio X (FSSPX), che si ispirava al pensiero ed al magistero di Papa Sarto, il grande difensore della Tradizione Cattolica bimillenaria dagli attacchi dei modernisti eretici. Dalla Fraternità è nato anche l’Istituto Mater Boni Consilii, fondato da sacerdoti fuorusciti e aderenti alla tesi sedevacanista di Mons. Guérard des Lauriers.
Dopo una prima condanna (la sospensione “a divinis” nel 1976, da parte di Paolo VI), arrivò anche la scomunica, nel 1988, da parte di Papa Wojtyla, quando Mons. Lefébvre decise di consacrare quattro nuovi vescovi (scomunica tolta nel 2009 da Papa Ratzinger).

Non si può ignorare che la visione che Papa Leone XIII ebbe il 13 ottobre 1884 (Satana che chiedeva a Gesù cento anni per provare a distruggere la Chiesa Cattolica, permesso concessogli da Nostro Signore) fosse un chiaro segno premonitore di un’accelerazione della battaglia del diavolo contro la Chiesa (l’ultima battaglia del diavolo, secondo il reverendo Paul Kramer, autore del libro “The devil’s final battle”), che ben si presta a spiegare il fenomeno dell’ascesa del modernismo sino alla conquista del ponte di comando della barca di Pietro (conquista avvenuta con il Concilio, appunto). Come si ricorderà, Leone XIII, impressionato da tale visione, formulò subito una preghiera speciale a S. Michele Arcangelo perché difendesse la Chiesa dall’assalto delle potenze infernali, e dispose che fosse recitata alla fine della Messa (da cui fu poi tolta per volere di Paolo VI). Da notare, infine, la coincidenza della data della visione di Papa Pecci con la data del miracolo del sole a Fatima, nel 1917, nell’occasione dell’ultima apparizione della Madonna.

Il Concilio Vaticano Secondo fu preceduto e preparato dal colpo di mano del conclave del 1958, abilmente manovrato e diretto, fuori campo, da mons. Montini. Durante il Concilio, poi, vi fu il ribaltamento della retta dottrina, con l’imposizione all’intera Chiesa dei documenti prossimi all’eresia elaborati da una minoranza tanto agguerrita quanto spregiudicata, cosa che fu possibile grazie all’appoggio di Paolo VI. Le richieste dei Padri conservatori vennero ostacolate e boicottate, come quella avanzata da oltre 500 Padri conciliari (su 2500) al fine di ottenere la condanna del comunismo ateo ed omicida (insabbiata da Paolo VI, e tirata fuori quando non c’era più tempo per discuterla); al cardinale Ottaviani sabotarono il microfono per impedirgli di parlare. Durante l’esposizione del documento sulla libertà religiosa da parte del cardinale Frings (che aveva come perito Joseph Ratzinger), Ottaviani fu visto piangere calde lacrime; successivamente, il paladino della Tradizione Cattolica annotò sul suo diario  “... il Concilio, più che una nuova aurora per l’umanità, [è] una lunga notte per la Chiesa ... prego Dio di farmi morire prima della fine di questo Concilio, così almeno muoio cattolico”, anticipando così il giudizio negativo espresso anche dallo stesso Montini qualche anno più tardi (la famosa frase sul fumo di Satana entrato in Vaticano).
In proposito, si racconta anche che Roncalli poco prima di morire (probabilmente resosi conto della brutta piega che stava prendendo il Concilio) abbia lanciato il grido d’allarme “fermate il concilio!”, rimanendo però inascoltato. Lo stesso Ratzinger, in gioventù aderente alla “Nouvelle Théologie” e perito modernista del cardinale Frings,  scriveva anni fa, a proposito della “Gaudium et Spes (documento conciliare sui rapporti tra Chiesa e il mondo) “Lasciateci essere felici nel dire che il testo serve come Contro-Sillabo e pertanto rappresenta, da parte della Chiesa, un tentativo di riconciliarsi ufficialmente con la nuova era inaugurata nel 1789 ...”, dimostrando così di possedere un evidente spirito modernista.

De Lubac, Danielou, Chenu, Congar, Von Balthasar, Rahner, Frings ecc., sotto le sembianze dell’aggiornamento al mondo moderno nascondevano il fatto di aver perduto la fede in Cristo (o di non averla mai avuta chiara e nitida), nelle verità eterne, immutabili (“il mondo passerà, ma le Mie parole non passeranno”, dice infatti Nostro Signore), sostituendola con l’evoluzione del dogma, la storicizzazione dei Vangeli, il culto della scienza ed il culto dell’uomo. Ignoravano volutamente che è la fede che illumina la storia; e il concetto di Regno Sociale di Cristo  era a loro totalmente estraneo e sgradito. “La Luce è venuta fra le tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta”, dice San Giovanni, e il riferimento a questa gente è quasi inevitabile.
Per giustificare la loro mancanza di fede, questi signori parlavano della fede come retaggio del passato, dei secoli bui (da cui la fissa delle richieste di perdono per quanto fatto dalla Chiesa nei secoli passati in difesa e propagazione del Cristianesimo), teoria infantile e degna solo di persone che hanno perduto la fede. Così i miracoli di Gesù (e  la Sua stessa Resurrezione ed Ascensione) apparivano loro come un mito creato dai primi cristiani per attirare nuovi adepti. Tale concetto si ritrova anche negli scritti di Gianfranco Ravasi, che distingue il “Cristo della storia”, oggetto dell’applicazione del metodo storicistico alla teologia, dal “Cristo della fede”, visto come frutto di pura mitologia religiosa. I miracoli, ovviamente, vengono relegati in quest’ultimo ambito.
Del resto lo stesso Bergoglio, riferendosi al miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ha sostenuto che “i pani ed i pesci non furono moltiplicati (Gesù non era un mago…), semplicemente non finirono”; in un’altra  occasione, parlando della Risurrezione del Signore, ha incredibilmente affermato che la morte di Gesù è un fatto storico, mentre la Sua Resurrezione è solo un fatto di fede (quasi fosse roba da sciocchi, indegna di seria considerazione). Un solerte parroco, evidentemente di fede bergogliana, nell’omelia dell’Ascensione del 2015 ha affermato con nonchalance che “il racconto dei Vangeli relativo all’Ascensione è infantile, non credibile”; “non si può pensare, ha detto, ad un Gesù che sale in Cielo  come un missile”; “più semplicemente, ha soggiunto, i discepoli ad un certo momento non Lo videro più, e così si inventarono questa storia”.
C’è da pensare che questa gente (a cui non vogliamo attribuire il titolo di ecclesiastici per non mancar di rispetto a due millenni di veri seguaci di Cristo) non creda più che Cristo è Figlio di Dio, e che come tale abbia il potere di interrompere o modificare le leggi della natura. Ce lo ha ricordato anche la Madonna in alcune Sue recenti apparizioni, invitandoci a pregarLo con insistenza poiché, ha soggiunto “Mio Figlio si lascia commuovere”, e così può compiere i miracoli che Gli vengono richiesti, specialmente se lo si fa per il tramite della Sua Santissima Madre. “Mio Figlio non mi nega niente”, ha affermato la Madonna. Ma questi “cristiani adulti”, sostanzialmente protestanti, non vedono di buon occhio la Madre di Nostro Signore e non amano certamente i dogmi mariani. Più volte i Papi  del Concilio e del postconcilio hanno rifiutato di proclamare un quinto dogma mariano, come richiesto dalla stessa Madonna nelle apparizioni di Amsterdam a Ida Peerdeman, nel secolo scorso (Maria Santissima Corredentrice, Mediatrice e Avvocata), e lo hanno fatto adducendo il motivo che tale proclamazione avrebbe ostacolato il dialogo con i protestanti.
Parte prima

di Catholicus

(segue)

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