ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 9 maggio 2019

Vademecum al neocattolicesimo ateo




Dannazione, ma vi rendete conto? Mentre l’aerochiesa è in stato di emergenza, in fiamme sulla pista, mentre le anime bruciano e intorno urlano «si salvi chi può», questi – dal primus inter pares all’ultimo parrochetto con amante di periferia – si preoccupano del loro bagaglio ideologico sessantottino. E che c’è, di tanto importante, nella valigia?
  1. Il nécessaire della falsa misericordia. L’idea, cioè, che la coppa finale e la medaglia eterna si acquistino sempre e comunque, indipendentemente da come ci si prepara e si affronta la corsa. Non importa aver combattuto la buona battaglia o conservato la fede. L’ecoteologia, la biopastorale segnalano che l’Inferno (se per caso esiste) è vuoto e il Purgatorio popolato soltanto da quei rigidi tradizionalisti senza cuore e senza amore. La salvezza, insomma, «come il fungo, cresce improvvisa e senza perché» (Guido Ceronetti a commento di Léon Bloy).
  2. Il santino di Gesù Cristo socialista. Il Dio-uomo e Salvatore è stato ridotto a un rivoluzionario da strapazzo con basco in testa e cartucciera a tracolla, a una figura da cartolina cheguevariana, a una bandiera rossa che si agita secondo il vento, a un marxista prima di Marx. Eppure la rivoluzione del cristianesimo riguarda l’anima, non si può restringere a messaggio sociale; si preoccupa delle sentenze divine, non della giustizia terrena; chiama alla conversione intima, non alla lotta armata.
  3. Il documento d’identità della lingua volgare. Vietato smarrirlo, a rischio di non essere riconosciuti e compresi, dal momento che è stato definitivamente abolito ogni residuo di linguaggio sacro, di espressione santa, di idioma cerimoniale, di codice liturgico. Era rappresentato dal latino, il sano efficace latino della tradizione pronunciato nell’inconfondibile maniera piana e quasi cantilenante, che non si è fatto sopravvivere come invece sopravvivono, nei testi e nella recitazione, l’ebraico masoretico della Torah, l’arabo lirico del Corano, il sanscrito misterico dell’Oriente devozionale.
  4. Il dizionarietto tascabile del politicamente corretto. Contiene i vocaboli indispensabili (spirito comunionale, confronto significante, approccio dialogante, logica ecclesiale, scambio esperienziale…) per dire belle parole senza intendere nulla, per riempirsi la bocca di concetti astrusi, estranei a un vero parlare cattolico. Così il pastore diventa mediatore e una politichetta d’avanspettacolo, da titoli giornalistici clericali e altrettanto clericali ospitate salottiere, sostituisce la religione.
  5. Il cambio d’abito borghese. Tolto il grembiule ai chierici, levata la divisa ai soldati di Cristo, gettata la veste talare, buttato perfino il clergyman, sfilata anche la più piccola, innocua spilla a forma di crocetta dal bavero della giacca blu, ecco che l’imperativo è diventato mimetizzarsi, nascondersi. Guai a farsi riconoscere: il prete è un uomo come tutti gli altri e non sia mai che qualcuno si accorga che invece è altra cosa, un consacrato accidenti, un prete. Meglio, dunque, indossare maglioni dai colori stravaganti, camicie hawaiane, jeans a vita bassa, ai piedi i nuovi modelli Adidas e Nike. La moda detta legge ai paramenti. Si può dunque mettere in scena quella commediola che hanno soprannominato messa con una stola arcobaleno sulla maglietta della Juventus, portando i pantaloncini corti e calzando ciabattine infradito.
  6. La guida turistica delle religioni equivalenti.Ogni credo è uguale all’altro, Dio è uno soltanto e vale per tutti, le diversità cultuali sono forme culturali. Riposino in pace i tanti che si sono fatti scannare per portare il nome e il messaggio di Cristo nel mondo. E anche tutti i convertiti, noti oppure anonimi, che in un momento della loro vita hanno avvertito il bisogno di riconoscere e professare che esiste una sola Via, una sola Verità, una sola Vita. Macché: un sacerdote di Cristo vale tanto quanto un guru indiano o uno stregone africano; pari sono un tabernacolo, un totem, un altarino dove si brucia incenso all’elefante; tra meditazione cristiana e yoga non esiste differenza; il monaco benedettino e il monaco buddhista incarnano la stessa realtà.
  7. Il passe-partout. È la chiave necessaria per le tanto decantate aperture al mondo. Per spalancare le porte di ogni innovazione malsana e ad ogni schifezza etichettata come progresso: erotismi squinternati, aborti, matrimoni a scadenza come lo yogurt, suicidi più o meno assistiti…
  8. Il breviario del benaltrismo. I problemi sono altri, sono sempre altri rispetto alla salus animarum: l’aggiornamento continuo, la riforma curiale, il celibato ecclesiastico, il rinnovamento degli istituti di vita consacrata, l’alienazione dei monasteri, la crisi delle vocazioni, l’ostia ai peccatori, l’intercomunione…
  9. I bongos. Per accompagnare, battendo e ribattendo sui tamburi, le urla, i vocii, gli schiamazzi che hanno sfrattato l’antico repertorio canoro corale e contribuiscono a rendere spettacolari (nel senso di concerto, di discoteca) le celebrazioni. Rumore invece di musica, baccano invece di preghiera: giovanilismo da vecchi.
  10. Il flacone di Smemorina. Se ne prende un cucchiaio al giorno, per evitare la tentazione di dover ammettere che ci sono stati concili prima dello sconcilio, il catechismo prima dello scatechismo, addirittura la dottrina prima della sdottrina. E, incredibile, hanno mostrato validità ed efficacia per secoli. L’agenzia cattolica del farmaco ha approvato lo sciroppo senza segnalarne controindicazioni. Ma gli effetti collaterali ci sono, eccome, e sono pure di enorme gravità.


– di Léon Bertoletti


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