ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 5 giugno 2019

Fuge Sancte Spiritus

Spunta un documento pro migranti dei vescovi del Lazio

I vescovi laziali, per la festività di Pentecoste, hanno disposto un documento da leggere in chiesa: è l'ennesimo richiamo all'accoglienza dei migranti


Il rigore sull'accoglienza dei migranti è un atteggiamento maggioritario nel Belpaese.
Le elezioni europee hanno certificato questo dato per la seconda volta in due anni, ma c'è chi non si rassegna alla vittoria della "mentalità chiusa". La mossa dei vescovi laziali può essere interpretata così, tenendo in considerazione questa premessa.

Poco fa, sul blog del noto vaticanista Aldo Maria Valli, è stata data la notizia di un documento disposto in funzione della festività di Pentecoste. I presuli incaricati nel Lazio non hanno alcuna intenzione di rivedere le loro posizioni sulla gestione dei fenomeni migratori. Anzi, gli ecclesiastici sembrano confidare soprattutto nei cattolici per sbarrare la strada a certe istanze: "Desideriamo - si legge nel testo - che tutte le nostre comunità – con spirito di discernimento – possano promuovere una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione, respingendo accento e toni che negano i diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dagli accordi internazionali e – soprattutto – originati dalla Parola evangelica". Si tratta, insomma, del consueto monito lanciato dagli altari, ma è pure un appello rivolto a chi fa parte delle comunità ecclesiastiche. Perché un numero non residuale di fedeli, e questo forse è il vero tema, sembra deciso a sostenere politicamente quello che il vertice dei vescovi dell'Unione europea ha definito "gioco infame", il populismo.
Le rilevazioni post-elettorali hanno dimostrato come tanto coloro che sono soliti frequentare le celebrazioni con assiduità quanto coloro che invece si recano a messa con minore costanza abbiano votato per Matteo Salvini e per la Lega in maniera consistente. Fose non era previsto. Forse, dalle parti della Chiesa cattolica, ci si aspettava che certi messaggi aperturisti passassero, producendo effetti elettorali diversi. Se questo ragionamento fosse condiviso dai vescovi laziali, questo documento suonerebbe allora come un tentativo di correre ai ripari. Fatto sta che la fonte citata racconta di come questo testo sia destinato a essere letto all'interno delle chiese. Domenica prossima sapremo.

Accoglienza dei migranti. I vescovi del Lazio all’attacco

Cari amici di Duc in altum, sono venuto in possesso di un documento dei vescovi del Lazio che dovrà essere letto nelle chiese durante le Sante Messe di domenica prossima, in occasione della Pentecoste. Ve lo propongo qui in anteprima perché possiate farvene un’idea.
Da alcuni commenti che ho raccolto fra preti di Roma il documento suscita più di una perplessità. Uno di loro, dopo averlo ricevuto dal vescovo di zona (che ha precisato che il testo è stato “approvato oralmente” dal papa), ha commentato: “In quanto sacerdote in cura d’anime mi trovo in forte difficoltà a diffonderlo, perché è un documento di contenuto politico ed io, leggendolo davanti ai fedeli riuniti per la Santa Messa, mi troverei a servizio di uno schieramento politico, mentre ho dato la vita per il Signore, non per un partito”.
Ed ecco un altro commento: “Da anni siamo inondati da messaggi papali ed episcopali per varie Giornate nazionali e internazionali, a somiglianza di quelle proposte da Onu e affini. Ora che si riduca anche la Pentecoste a occasione di tal genere mi sembra inammissibile, tanto più che il messaggio dei vescovi del Lazio è politicamente strumentale e quindi illegittimo”.
Infine un terzo sacerdote afferma: “La dottrina cattolica ha sempre insegnato che esiste un ordo amoris, un ordine da dare all’esercizio del proprio amore. Un ordine che si può riassumere nell’espressione ‘prima i vicini e poi i lontani’, come sa bene qualunque padre o madre di famiglia, chiamati a occuparsi prima dei loro figli e poi eventualmente di quelli degli altri. Il comandamento evangelico dell’amore dice sì che bisogna amare tutti, ma, poiché non è possibile aiutare tutti, si deve provvedere soprattutto a quelli che Dio ha legato più strettamente a noi, come si può intuire pensando alla natura stessa di alcune relazioni, come quelle familiari ma anche quelle di amicizia, culturali, nazionali. Il documento dei vescovi del Lazio appare invece viziato da una visione ideologica improntata a demagogia”.     
Qui trovate il testo. Buona lettura.
A.M.V.
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Carissimi fedeli delle diocesi del Lazio, desideriamo offrirvi alcune riflessioni in occasione della solennità di Pentecoste che ci mostra l’icona dell’annunzio a Gerusalemme ascoltato in molte lingue; pensiamolo come il segno del pacifico e gioioso incontro fra i popoli che attualizza l’invito del Risorto ad annunciare la vita e l’amore.
Purtroppo nei mesi trascorsi le tensioni sociali all’interno dei nostri territori, legate alla crescita preoccupante delle povertà e delle disuguagliane, hanno raggiunto livelli preoccupanti. Desideriamo essere accanto a tutti coloro che vivono in condizioni di povertà: giovani, anziani, famiglie, diversamente abili, disagiati psichici, disoccupati e lavoratori precari, vittime delle tante dipendenze dei nostri tempi.
Sappiamo bene che in tutte queste dimensioni di sofferenza non c’è alcuna differenza: italiani o stranieri, tutti soffrono allo stesso modo. È proprio a costoro che va l’attenzione del cuore dei credenti e – vogliate crederlo – dell’opzione di fondo delle nostre preoccupazioni pastorali.
Vorremmo invitarvi ad una rinnovata presa di coscienza: ogni povero – da qualunque paese, cultura, etnia provenga – è un figlio di Dio. I bambini, i giovani, le famiglie, gli anziani da soccorrere non possono essere distinti in virtù di un “prima” o di un “dopo” sulla base dell’appartenenza nazionale.
Da certe affermazioni che appaiono come “di moda” potrebbero nascere germi di intolleranza e di razzismo che, in quanto discepoli del Risorto, dobbiamo poter respingere con forza. Chi è straniero è come noi, è un altro “noi”: l’altro è un dono. È questa la bellezza del Vangelo consegnatoci da Gesù: non permettiamo che nessuno possa scalfire questa granitica certezza.
Desideriamo invitarvi, pertanto, a proseguire il nostro cammino di comunità, credenti sia con la preghiera che con atteggiamenti di servizio nella testimonianza di una virtù che ha sempre caratterizzato il nostro Paese: l’accoglienza verso l’altro, soprattutto quando si trovi nel bisogno. Proviamo a vivere così la sfida dell’integrazione che l’ineluttabile fenomeno migratorio pone dinanzi al nostro cuore: non lasciamo che ci sovrasti una “paura che fa impazzire” come ha detto Papa Francesco, una paura che non coglie la realtà; riconosciamo che il male che attenta alla nostra sicurezza proviene di fatto da ogni parte e va combattuto attraverso la collaborazione di tutte le forze buone della società, sia italiane che straniere.
Le nostre Diocesi, attraverso i centri di ascolto della Caritas, e tante altre realtà di solidarietà e di prossimità, danno quotidianamente il proprio contributo per alleviare le situazioni dei poveri che bussano alla nostra porta accogliendo il loro disagio. Tanto è stato fatto e tanto ancora desideriamo fare, affinché l’accoglienza sia davvero la risposta ad una situazione complessa e non una soluzione di comodo (o peggio interessata). Desideriamo che tutte le nostre comunità – con spirito di discernimento – possano promuovere una cultura dell’accoglienza e dell’integrazione, respingendo accento e toni che negano i diritti fondamentali dell’uomo, riconosciuti dagli accordi internazionali e – soprattutto – originati dalla Parola evangelica.
Non intendiamo certo nascondere la presenza di molte problematiche legate al tema dell’accoglienza dei migranti, così come sappiamo di alcune istituzioni che pensavamo si occupassero di accoglienza, e che invece non hanno dato la testimonianza che ci si poteva aspettare. Desideriamo, tuttavia, ricordare che quando le norme diventano più rigide e restrittive e il riconoscimento dei diritti della persona è reso più complesso, aumentano esponenzialmente le situazioni difficili, la presenza dei clandestini, le persone allo sbando e si configura il rischio dell’aumento di situazioni illegali e di insicurezza sociale.
Pertanto, carissime sorelle e carissimi fratelli, sentiamo il dovere di rivolgere a tutti voi un appello accorato affinché nelle nostre comunità non abbia alcun diritto la cultura dello scarto e del rifiuto, ma si affermi una cultura “nuova” fatta di incontro, di ricerca solidale del bene comune, di custodia dei beni della terra, di lotta condivisa alla povertà. Invochiamo per tutti noi il dono incessante dello Spirito, che converta i nostri cuori per renderli solleciti nel testimoniare un’accoglienza profondamente evangelica e la gioia della fraternità, frutto concreto della Pentecoste.
I Vescovi della Diocesi del Lazio
9 giugno 2019, Solennità di Pentecoste

I MORTI DI CUI LE ONG UMANITARIE SI INFISCHIANO







1/2 🔴 What & Co. silently conceal - Each year 100s if not 1000s of lured to the coast w. false promises are unaccounted for. Simply abandoned or "disposed" of by traffickers in the desert. True numbers will never be known!

31 utenti ne stanno parlando


Le ONG “chiamano” scafisti con la loro presenza sottocosta – la loro attività aumenta i morti. Ostacolare gli sbarchi salva vite.

Le ONG e i loro complici ideologici “umanitari”, versano lacrime sui “morti in mare” , “naufraghi” che devono assolutamente essere soccorsi. Tacciono delle centinaia di, forse migliaia di questi migranti che vengono lasciati morire nel deserto dai trafficanti, che semplicemente se ne liberano durante il percorso.
Qui alcune foto dell’autorità libica e un video che mostra come due individui, abbandonati dai trafficanti, sono stati soccorsi dai libici.
Le ONG, come ha dimostrato Francesca Totolo, con la loro attività “invitano” i trafficanti e gli scafisti, esercitano un “Pull factor” con la loro stessa presenza di soccorritori sottocosta; più soccorrono, più i criminali gettano in mare le loro vittime (volontarie) e le mettono in pericolo per farle salvare. Di quelli che vengono lasciati morire nel deserto, se ne infischiano.




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