ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 7 giugno 2019

Non ci rimpiangerà nessuno...

GLI ELETTI E 7 MILIARDI DI GOYIM


Poche decine di eletti e sette miliardi di goyim. Vivere è soltanto un vizio assurdo, come diceva Pavese, meglio perderlo? Noi siamo nulla: insignificanti numeri nella massa, goyim fra altri goyim e non ci rimpiangerà nessuno? di Francesco Lamendola  

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 La tristissima vicenda della diciassettenne olandese Noa Polthoven, che ha scelto di morire con l’aiuto dello Stato perché, affetta da una sindrome depressiva, non aveva più voglia di vivere, non è che l’ultimo anello di una catena che parte da lontano e che probabilmente seguiterà in forme sempre più esplicite, e la cui filosofia si può riassumere in pochissime parole: invogliare la gente, e offrirle tutti i mezzi possibili, a non vivere più. A togliersi di mezzo. A uccidersi o farsi uccidere, ma in maniera “dolce” e, nello stesso tempo, perfettamente legale. A sollevare tutti, parenti e amici, non solo da ogni senso di colpa, ma anche da ogni responsabilità legale. La scelta di morire deve diventare una scelta contemplata dalla giurisprudenza e autorizzata, se non anche favorita, dalle politiche degli Stati  e dalla cultura del politically correct.


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E' il più grande inganno nella storia dell'umanità: la fratellanza cristiana, quella "vera", è l'acerrima nemica delle subdole strategie degli "Eletti". Ecco perché il cristianesimo deve scomparire, ecco perché la Chiesa deve cessare di esistere; e il delitto deve essere perfetto, cioè deve trattarsi di un suicidio. La Chiesa deve proclamare solennemente di avere esaurito il proprio ruolo, e deve cedere il passo a una nuova concezione della “fratellanza” umana, quella massonica, ossia quella escogitata dalla minoranza degli eletti per esercitare un dominio mascherato, ma totale, sulla massa degli impuri, dei barbari, degli infedeli!

Siamo in tanti, siamo in troppi. Fra qualche anno saremo così tanti che il pianeta faticherà ad ospitarci tutti, figuriamoci se sarà ancora in grado di sfamarci, di offrirci un lavoro e una ragionevole prospettiva di vivere decentemente. Inoltre, siamo brutti e cattivi. Siamo esseri sordidi, spregevoli, poco raccomandabili. La nostra stessa esistenza mette in pericolo le altre specie: minaccia l’ambiente, condanna all’estinzione migliaia di altre specie viventi. Non sappiamo limitarci, la nostra impronta ecologica è pesantissima: l’erba, dice Ungaretti in una sua poesia, è lieta dove non passa l’uomo. L’inquinamento è il frutto del nostro esistere inutile e dannoso; con le emissioni di anidride carbonica, la specie umana dimostra di esser di peso alla natura, di essere un fattore destabilizzante e totalmente negativo. Lo dice anche Greta Thunberg, e Greta non è mica l’ultima dei gretini: è una persona paragonabile a Gesù Cristo. Chi ha fatto un simile paragone? Un pezzo grosso della Chiesa cattolica: l’arcivescovo di Berlino. Dunque, se Greta afferma che le emissioni di anidride carbonica sono una ipoteca sulle generazioni future, ciò dimostra che l’uomo non è degno di alcuna stima, perché una specie che tradisce un egoismo così mostruoso, da mettere in forse l’esistenza dei propri discendenti, è chiaramente una specie aberrante, degenerata e indegna di sopravvivere. L’uomo fa schifo, è un criminale, capace di commettere le peggiori atrocità, le violenze più sadiche. Con l’orrore di Auschwitz, poi, ha mostrato di non meritare neanche più l’appellativo di uomo; ha mostrato di essere solo una bestia. Auschwitz ha fatto impallidire tutte le categorie morali, ha messo in dubbio l’esistenza di Dio. È impossibile continuare a pensare Dio, il mondo, gli uomini, come li si pensava prima: Auschwitz è uno spartiacque, è un discrimine decisivo. Dopo Auschwitz, gli uomini che si sono macchiati di un tale crimine hanno perso il diritto di continuare a esistere. Se si tolgono di mezzo, è meglio per l’intero universo. Chi li rimpiangerà, chi si rattristerà della loro scomparsa? Nessuno. Al contrario, probabilmente ci sarà una grande festa universale, le altre specie tireranno un gigantesco sospiro di sollievo (vedi il Dialogo di un folletto e uno gnomo nelleOperette morali di Leopardi).

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Sette miliardi di goyim sono troppi, ne bastano molti meno per mandare avanti l’economia mondiale e per servire la razza dei padroni, il popolo eletto!

Però, un momento. Gli uomini fanno schifo, però non tutti. C’è una piccola schiera di eletti che non merita di essere confusa con la massa dei dannati. Ci sono uomini e uomini; la massa è formata da goyim, da barbari, da impuri, da lebbrosi; ma l’élite è formata da uomini scelti, di nobile stirpe, amati da Dio e meritevoli di ogni lode. Non ha importanza se la massa dei goyim verrà falcidiata da qualche catastrofe, da una terza guerra mondiale, da una malattia devastante e sconosciuta; anzi, meglio così: sette miliardi di goyim sono troppi, ne bastano molti meno per mandare avanti l’economia mondiale e per servire la razza dei padroni, il popolo eletto. Tuttavia è necessario che la razza dei goyim sopravviva, sia pure dopo una drastica riduzione demografica, perché qualcuno deve pur svolgere i lavori servili, deve pur spaccarsi la schiena per trarre dalla terra il necessario perché la civiltà sopravviva. Ma a stabilire cosa sia la civiltà, che forma darle, in che direzione spingerla, questo non lo decide la massa dei servi, ma la piccola schiera dei padroni. Padroni della finanza, padroni dell’economia, padroni dell’informazione, padroni del linguaggio, essi scriveranno le nuove tavole della Legge – di fatto, le stanno già scrivendo; agli altri si domanderà una cosa sola, lavorare e obbedire. L’aratore non chiede ai suoi buoi quale sia il loro parere, li aggioga all’aratro e li spinge lungo i solchi: tale è la ragione di esistere dei buoi, lavorare e obbedire. Gli eletti sono simili all’aratore e la stragrande maggioranza dell’umanità è simile ai buoi; non le si chiede altro che lavorare e obbedire. In silenzio, senza far domande. La democrazia va bene finché si chiacchiera, si stendono leggi, si proclamano nobili principi: ma all’atto pratico, vale meno di zero. Del resto, onestamente, lo vedrebbe anche un bambino che essa si basa su un inganno: quello delle pari capacità, della pari intelligenza, della pari buona volontà di tutti e di ciascuno. Ma la realtà è diversa. La realtà ci dice che qualcuno ha la vocazione del dominatore e qualcun altro quella del dominato, cioè del servo. Servi e padroni esistono ancora, come esistevano nell’antico Egitto, o in Mesopotamia, o nella Grecia di Omero, o nella Roma dei Cesari. Ad affermare che servi e padroni debbano esser considerati uomini allo stesso modo, figli dello stesso Dio e dunque fratelli fra di loro, al di là delle differenze economiche e sociali, ma anche al di là delle differenze nel grado d’intelligenza e di capacità, è poi venuto il cristianesimo, che lo ha insegnato e testimoniato per duemila anni. Ecco perché il cristianesimo deve scomparire, ecco perché la Chiesa deve cessare di esistere; e il delitto deve essere perfetto, cioè deve trattarsi di un suicidio. Deve essere la Chiesa stessa, per bocca dei suoi massimi esponenti, a dichiarare pubblicamente di non aver più alcun ruolo da svolgere, di non aver più alcuna missione storica da portare avanti. La Chiesa deve proclamare solennemente di avere esaurito il proprio ruolo, e deve cedere il passo a una nuova concezione della “fratellanza” umana, quella massonica, ossia quella escogitata dalla minoranza degli eletti per esercitare un dominio mascherato, ma totale, sulla massa degli impuri, dei barbari, degli infedeli. E questa minoranza non desidera affatto che costoro si convertano; se si convertissero, di nuovo saremmo in una situazione di fratellanza universale, ma nel senso vero e non nel senso massonico della parola: in altri termini, non ci sarebbero più gli eletti e non eletti. E allora, chi svolgerebbe le funzioni servili? Chi lavorerebbe e adorerebbe la piccola  minoranza degli eletti? Ecco perché questa non fa, e non ha mai fatto, opera di proselitismo: è bene che i barbari restino barbari, che gli impuri restino impuri. È bene per lei, beninteso.

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Sono gli stessi goyim a mettere in rete le loro prodezze, anche quando violano la legge,  anche quando commettono atti disdicevoli: una forza narcisistica e irresistibile spinge gli idioti del terzo millennio a vantarsi delle loro spacconate, a far conoscere le loro squallide ribalderie, a sfoggiare come collane di perle tutte le miserevoli e stupide imprese di cui è fatta la loro esistenza di formichine frustrate e rancorose, narcisiste e velleitarie!

Ma, si dirà, è impossibile che poche decine di persone riescano a esercitare una simile tirannia su sette miliardi e oltre di esseri umani. Una situazione simile è irrealistica, è impensabile: e ciò dimostra che stiamo farneticando, che stiamo lanciando un allarme gratuito, oltretutto gravido di implicazioni negative, perché fa leva su oscure paure e su ancestrali timori, che possono creare diffidenza e animosità sociali. Se in quel che abbiamo detto vi fosse un minimo di verità, o anche solo di attendibilità, senza dubbio gli uomini insorgerebbero, si ribellerebbero e spezzerebbero le catene con le quali una piccolissima minoranza li sta tenendo in schiavitù e pretende di sfruttarli a proprio agio, senza controllo alcuno. Già. Parrebbe logico che debba essere così, non è vero? Ma c’è un “ma”: il capolavoro della razza eletta è proprio quello di far sì che i sette miliardi di goyim chiedano, pretendano, di essere schiavi; di poter avere ai polsi delle catene sempre più strette; che considerino la loro sottomissione come la cosa più bella e più desiderabile che si possa immaginare. Così come deve essere la Chiesa stessa, per bocca del papa, dei cardinali e dei vescovi, a dichiarare che il Vangelo di Gesù Cristo è superato, e che deve essere rimpiazzato da un nuovo verbo, da una nuova legge e da una nuova “fratellanza”, così è necessario che siano gli schiavi stessi a proclamare che la schiavitù è la loro massima aspirazione esistenziale, e a pretendere con tutte le loro forze di essere schiavi, sempre più schiavi. Potremmo fare innumerevoli esempi per illustrare questo concetto, dalla medicina allo sport, dalla filosofia alla scienza, dal cinema alla scuola; ma ci limiteremo a uno solo, che li compendia tutti: il telefonino. Il telefonino è la catena che tiene avvinto ciascuno dei goyim alla propria condizione servile, ed è l’oggetto che ciascuno di essi vuole, esige, pretende, sin dagli anni dell’infanzia. I bambini di quattro o cinque anni vogliono il telefonino; quelli di cinque o sei, se lo portano anche a letto, lo tengono sotto il cuscino; dai sette anni in su, tutti i goyim se ne vanno in giro col telefonino acceso e con tutta la loro attenzione concentrata su di esso, in qualunque luogo e situazione, mentre guidano l’automobile o mentre sono seduti a tavola, quando vanno a spasso con gli amici o quando fanno una passeggiata solitaria in montagna. Il telefonino è la loro ragione di vita, non se ne separano mai, e lo vogliono sempre più aggiornato, sempre più sofisticato e sempre più costoso; inoltre, vogliono fare con esso sempre più cose, più funzioni, più lavori: perché ciò li fa sentire onnipotenti.

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Nei goyim degradati all’ultimo stadio dell’ossessione consumistica, ogni sentimento di empatia verso il prossimo è scomparso, così come è scomparso ogni sia pur minimo senso di responsabilità. Si fa quel che si ha voglia di fare in quel momento, e chi se ne frega delle conseguenze. Qualcuno potrebbe farsi male, qualcuno potrebbe soffrire: tanto peggio; fa parte del gioco della vita!

E non si rendono conto che quello stesso telefonino che hanno sempre in mano, o in tasca, e sempre acceso, perché non si sa mai che arrivi un messaggio e loro non lo vedano immediatamente, è anche lo strumento del loro controllo quotidiano, capillare, inesorabile. Grazie ad esso, c’è qualcuno che sa sempre dove sono, cosa fanno, cosa dicono, cosa mangiano, quanto bevono, quali farmaci assumono, quali vaccinazioni hanno fatto o non hanno fatto. C’è qualcuno che conosce i loro segreti, i loro dati sensibili, il numero del loro conto in banca, la targa, l’indirizzo, la loro posta elettronica, la sfera professionale. Mentre i ridicoli parlamenti democratici legiferano in materia di privacy, ed emanano norme sempre più restrittive a salvaguardia della vita privata delle persone, le persone, da se stesse, volontariamente e volonterosamente, si privano della propria intimità, consegnano tutti i loro segreti al telefonino, e da questo li rendono disponili all’Occhio che Tutto Vede, l’Occhio del Grande Fratello, che può tenersi informato, minuto per minuto, di tutto ciò che le riguarda, perfino nelle situazioni più intime e delicate. Inutile dire che i segreti più inconfessabili, le infedeltà professionali e coniugali, i tradimenti grandi e piccoli, i cedimenti alla corruzione e qualsiasi altro risvolto nascosto e vergognoso, possono essere estratti dal telefonino a volontà, solo che il potere lo voglia. Del resto, non c’è neanche bisogno che il potere si dia tanta fatica: sono gli stessi goyim a mettere in rete le loro prodezze, anche quando violano la legge,  anche quando commettono atti disdicevoli, anche quando si spogliano, o si masturbano, o fanno l’amore con maschi e femmine indifferentemente, o quando molestano un’altra persona, o quando offendono un insegnante o un collega di lavoro o un vicino o chiunque altro. Una forza narcisistica e irresistibile spinge gli idioti del terzo millennio a vantarsi delle loro spacconate, a far conoscere le loro squallide ribalderie, a sfoggiare come collane di perle tutte le miserevoli e stupide imprese di cui è fatta la loro esistenza di formichine frustrate e rancorose, narcisiste e velleitarie. Non basta che gli studenti copino, col telefonino, la versione di greco o di latino; non basta loro aver fatto fesso il professore: no, devono anche vantarsene sui social. Non basta ai quattro bulli di una certa scuola maltrattare e deridere un compagno più debole, magari disabile; no: devono anche farlo sapere a tutto il mondo. E la ragazzina invidiosa della compagna non si accontenta di spettegolare e calunniare la sua rivale: deve anche mettere in rete le foto che la ritraggono nuda, mentre si abbandona a comportamenti lascivi, magari per gioco, chissà; intanto però la sua reputazione è distrutta e forse la poverina, svergognata davanti a tutti, finirà per suicidarsi, ma che importa? Nei goyim degradati all’ultimo stadio dell’ossessione consumistica, ogni sentimento di empatia verso il prossimo è scomparso, così come è scomparso ogni sia pur minimo senso di responsabilità. Si fa quel che si ha voglia di fare in quel momento, e chi se ne frega delle conseguenze. Qualcuno potrebbe farsi male, qualcuno potrebbe soffrire: tanto peggio; fa parte del gioco della vita.

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Il capolavoro della razza eletta è proprio quello di far sì che i sette miliardi di goyim chiedano, pretendano, di essere schiavi; di poter avere ai polsi delle catene sempre più strette; che considerino la loro sottomissione come la cosa più bella e più desiderabile che si possa immaginare. Così come deve essere la Chiesa stessa, per bocca del papa, dei cardinali e dei vescovi, a dichiarare che il Vangelo di Gesù Cristo è superato!

Poche decine di eletti e sette miliardi di goyim

di Francesco Lamendola

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