ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 3 giugno 2019

Sperando in un miracolo

Ecco perché il popolo non si riconosce più nei pastori

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Cari amici di Duc in altum, oggi pubblico la lettera che mi è stata inviata da un giovane prete. L’affido alla vostra attenzione e non ho bisogno di commentarla perché mi sembra davvero chiara ed esplicita. Ritengo che il contenuto sia anche drammatico e ringrazio l’autore per avermi scritto con tanta passione. Purtroppo il sacerdote non può firmarsi perché, come mi ha spiegato, i “guardiani della rivoluzione” attivi nella sua diocesi gliela farebbero pagare, mentre lui vuole continuare a essere prete in cura d’anime. E anche su questa ricorrente circostanza, ovvero che nella nostra Chiesa, nel momento in cui si esprimono idee non allineate con il pensiero mainstream, sia necessario tutelarsi con l’anonimato, bisognerebbe meditare.

Gentile Valli, sono un giovane sacerdote di campagna e ho deciso di scriverle per condividere una forte preoccupazione circa il rapporto tra i nostri legittimi pastori e il popolo di Dio formato dai fedeli e dai noi semplici preti.
Mi sembra che in questa fase storica il Papa e i vescovi stiano raccogliendo ciò che da qualche anno stanno seminando con le loro azioni e le loro parole e cioè la separazione e la perdita di fiducia da parte della maggioranza dei fedeli, in particolare da parte di coloro che partecipano regolarmente alla liturgia domenicale. Aver schiacciato l’azione della Chiesa sulla sola dimensione orizzontale sta generando una grave asfissia spirituale in un popolo che non si riconosce più in guide che, oltretutto, appoggiano in modo manifesto poteri e persone che da sempre minacciano la fede e le radici spirituali della nostra Europa nonché l’antropologia cristiana. La cosa che più mi preoccupa è che la Chiesa nelle sue alte gerarchie sembra ignorare completamente questo distacco e questo dissenso sempre più ampio e profondo. Quelle guide che, ad intra, non fanno che osannare i laici quali salvatori della Chiesa del domani, sono le stesse che poi, ad extra, accusano i laici di irresponsabilità e razzismo se non seguono una certa linea che esse pretendono di imporre dall’alto.
Il problema di questo pontificato mi sembra stia qui: è amico dei nemici e nemico degli amici. Ma proprio per questo sta stufando. E la pazienza, anche dei più bendisposti, si sta esaurendo. L’esito è che ci si sente abbandonati da chi ci dovrebbe difendere, da chi sembra apprezzare molto i Soros, gli Scalfari e le Bonino ma non si ricorda dei semplici fedeli che chiedono di essere confermati nella fede. Un vecchio proverbio popolare insegna: “Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”. Possibile che alle gerarchie, tranne poche eccezioni, non entri neppure nell’anticamera del cervello l’idea che c’è qualcosa che non torna nel godere di certi consensi e nel condividere le battaglie con chi da sempre si batte per la cancellazione di Dio dal nostro cuore? Possibile che i nostri pastori stiano così bene in compagnia di chi professa, nel migliore dei casi, un umanesimo ateo che ha tra i suoi dogmi la promozione di presunti “diritti” incompatibili con la nostra fede? Possibile che i nostri pastori si sentano tanto a loro agio nell’avere come compagni di strada coloro che professano una “salvezza senza Vangelo”?
I risultati di queste ultime elezioni hanno sancito in modo evidente che la separazione tra i pastori e il popolo di Dio è ormai una tragica realtà, peggiorata dal fatto che le gerarchie a quanto pare non ne vogliono prendere atto. Nella testa dei pastori, e proprio da parte di coloro che a parole vogliono apparire tanto “popolari” e con l’odore delle pecore addosso, in realtà c’è sempre l’idea, tipica degli illuminati e dei clericali, che il popolo, quando decide in modo diverso dalla linea indicata dall’intellighenzia modernista e progressista, “non capisce”. Ma come fanno a non rendersi conto che le pecore, quelle vere, hanno già voltato loro le spalle e ormai dicono senza remore: cari pastori, per noi siete irrilevanti, non contate nulla; Dio è con noi, non con voi!
Non sono uno storico della Chiesa, ma credo che raramente la separazione tra il popolo e il basso clero da una parte e l’alto clero dall’altra sia stato così marcato come ai nostri giorni.
Noi, semplici preti e semplici fedeli, non chiediamo una “rivoluzione”, un “cambio di paradigma”, una “Chiesa di Francesco”. Siamo stanchi di vuote parole e di slogan ideologici. Chiediamo solo la fedeltà al Vangelo e l’annuncio della salvezza donataci da Gesù Cristo. Non vogliamo una Chiesa il cui obiettivo sembra essere quello di farci sentire in colpa se non ci schieriamo a favore dell’apertura dei porti e dell’accoglienza indiscriminata e dissennata a tutti i migranti. Non vogliamo una Chiesa che ci mette ossessivamente sotto accusa se non ci diciamo a favore del dialogo ad ogni costo con i musulmani e se, seguendo l’invito di Gesù, facciamo proselitismo. Non vogliamo una Chiesa che ci fa sentire come dei reietti se non votiamo per i partiti appiattiti sui diktat dell’Unione europea. Non vogliamo una Chiesa che ci accusa di essere “senza cuore” quandoe restiamo quanto meno perplessi di fronte al gesto irresponsabile di un elemosiniere pontificio, quando vediamo il nostro Papa sorridere soddisfatto ricevendo in dono un crocifisso blasfemo con la falce e il martello, quando lo sentiamo dire che non si interessa della politica italiana e che quel poco che sa lo apprende leggendo l’Espresso. Siamo stanchi.
Cari pastori, non vi dovete certamente meravigliare se, come esito finale del vostro essere sempre dalla parte sbagliata, vi ritrovate un popolo che non vi considera più come guide attendibili e va alla ricerca di altri punti di riferimento. E non potete fare spallucce dicendo che tanto quello non è il “vostro” popolo. Non è vero! Questo popolo stanco e disorientato è il vostro popolo! È un popolo che si commuove quando pensa a san Giovanni Paolo II e a Benedetto XVI e non si capacita della situazione attuale. Un popolo che ama e soffre per la Chiesa, perché la vede in balia di forze che nulla hanno a che fare con la tradizione cristiana. Un popolo che, nonostante tutto, osa guardare in alto sperando in un miracolo, perché ai miracoli questo popolo ancora crede.
Un giovane prete
https://www.aldomariavalli.it/2019/06/03/ecco-perche-il-popolo-non-si-riconosce-piu-nei-pastori/

“I TRANSILVANI TEMONO LA VISITA DEL PAPA”. UNA VISIONE UMORISTICA (INGLESE) DEL CORTEO PONTIFICIO. CONSIGLIATO.


Cari amici e nemici di Stilum Curiae, mi è capitato oggi di leggere un post su un sito che consiglio a chi pratica la lingua di Shakespeare e si interessa di Chiesa. È un sito garbatamente umoristico, come vedrete. Ho tradotto uno dei post di ieri, centrato sulla visita del Pontefice n Romania, e in particolare in Transylvania, la terra del conte Dracula.


I transilvani temono la visita del Papa
In Transilvania, i contadini onesti abbelliscono le loro case con aglio e crocifissi e si rifiutano di uscire dopo l’oscurità, mentre papa Francesco arriva nell’ultimo suo viaggio nel mondo.
No, non è il Santo Padre, “Colui che non può mai dire bugie”, che temono; piuttosto è l’entourage di giornalisti, teologi, sacerdoti, vampiri e licantropi, che lo accompagnano ovunque vada.
(Ecco come il sito rappresenta padre Spadaro)

Ha detto Bram Stoca, un umile contadino di Bran, “Probabilmente non c’è verità nelle voci secondo cui Austen Ivereigh dorme in una bara, che Robert Mickens possa trasformarsi in un pipistrello, o che padre Rosica possa essere ucciso solo con un paletto nel suo cuore ma non voglio prendere rischi”.
(Sono nomi di colleghi o twitteratori noti al pubblico anglosassone. Voi potete sostituirli con personaggi nostrani: “Non c’è verità nelle voci secondo cui Tornielli dorme in un bara, che la Falasca possa trasformarsi in un pipistrello, che padre Spadaro possa essere ucciso solo con un paletto nel cuore…”. (Di Cernuzio invece c’è anche chi sostiene, non si sa con quanto fondamento, che non esista, realmente, ma che sia una proiezione astrale di Tornielli, in grado di materializzarlo a piacere con un corpo fisico, avendo raggiunto gradi di prestidigitazione ormai altissimi e sconosciuti anche ai massimi esperti).
Il signore del maniero locale, il conte Dracula, è ugualmente turbato dalla prospettiva delle orde di invasori, non ultimo dal momento che è probabile che allontanino i “clienti” dalla sua Banca de Sange.
(“Qualche chance di un lavoro ad Avvenire?”)

Alcuni dicono che le preoccupazioni della Transilvania sono infondate, ma per centinaia di anni i contadini hanno raccontato ai loro figli in tono sommesso la leggenda del National Catholic Reporter, di Michael Sean Winters, di P. Thomas Reese SJ e persino del conte Massimo Faggioli stesso , di cui si dice in 1 Maccabei 5: 4 (e no non stiamo inventando nulla):
“E si ricordò della malizia dei figli di Bean (Bean, fagiolo in inglese…): che erano una trappola e un ostacolo per il popolo, acquattati in loro attesa sulla strada.
Non è godibilissimo? Il post è corredato da qualche foto esemplificativa. Che vi offriamo (italianizzando i giornali che nell’originale sono anglosassoni).
(Combattere contro un giornalista di Famiglia Cristiana con l’unica arma che teme veramente)

Una noticina finale: anche il Santo Padre comunque nella prestidigitazione non scherza: oggi alla messa di beatificazione di sette vescovi martiri uccisi dai comunisti in Romania è riuscito a non pronunciare MAI la parola comunismo. Tante volte si offendessero Repubblica, Castro e qualche altro caudillo sudamericano…Chapeau!
Marco Tosatti
 Giugno 2019 Pubblicato da  22 Commenti --

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