ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 16 luglio 2019

“Prima gli ultimi”

Ma oltre i migranti ci sono i restanti


Ero l’altro giorno a Otranto nella piazza dedicata “all’umanità migrante”, dove campeggia un monumento in forma di barca dedicato ai migranti. E mi sono detto: ma all’umanità restante nessuno dedica niente, piazze, monumenti, prediche, premure? Non c’è settimana che Papa Bergoglio non si preoccupi dei migranti che ritiene un’umanità speciale; a loro dà priorità e dedica l’evangelico “Prima gli ultimi”.

 E non c’è dem, progressista, radicale, cattosinistro, ogni santo giorno, che non consideri bestie, razzisti, subumani e disumani coloro che non ritengono assoluto e illimitato il diritto di migrare e il dovere di essere accolti. Al Papa e ai promigranti vorrei dire: i veri ultimi non sono i migranti. Sono i restanti. Sono cioè i miliardi di “dannati della terra”, come li chiamava Franz Fanon, che vivono nella miseria più nera e non hanno la forza, la possibilità, la voglia e le risorse per partire. Perché, come sapete, gran parte dei migranti pagano e anche tanto, tremila euro per imbarcarsi e venire da noi. Più di un volo aereo di prima classe. Spendono i risparmi di una vita e di una famiglia o il frutto di attività, a volte illecite se non criminali. Ma hanno l’energia, le conoscenze, le possibilità per espatriare. La stragrande maggioranza resta lì per sempre, vecchi, bambini denutriti, malati, e quanti non hanno la minima possibilità o cognizione di andarsene. O che pensano sia giusto, naturale, un destino necessario, morire dove si è nati e dove sono i loro avi. Sono loro i veri ultimi della terra. Sono loro quelli che stanno peggio. E noi, invece, a vostro giudizio, dovremmo preoccuparci solo di coloro che partono ed elogiarli perché si sradicano, abbandonano la loro gente, mettono a repentaglio la vita loro e altrui? Torniamo alla realtà, torniamo sulla terra.
Le migrazioni in un mondo così affollato come mai era accaduto, non sono una priorità assoluta e un bene assoluto. Anzi, sappiamo che le migrazioni sono un male per coloro che restano, perché vedono prosciugati i loro paesi di giovani energie, abbandonati. Sono un male per coloro che li ricevono, perché i guai, i problemi, le devastazioni che producono sono di gran lunga superiori ai benefici che arrecano. E non solo sul piano materiale, pratico, ma anche spirituale, morale, identitario, psicologico. Chi arriva da mondi lontani, da società remote dalla nostra cultura, dalla nostra civiltà, dalle nostre tradizioni civili e religiose, dal nostro ordinamento giuridico, produce più lacerazioni e traumi che positive contaminazioni e impulsi dinamici. I costi sono immensi in termini sanitari e assistenziali, di ordine pubblico e malavita, di vivibilità.
Si tratta di vedere i fenomeni nel loro complesso e non lasciarsi sopraffare emotivamente dal singolo caso, dal singolo sbarco; che vuoi che siano quaranta migranti, ma non ti fa male vedere quel bambino in mare? Ma certo che ci fa male e che vanno soccorsi. Stiamo parlando del flusso generale e degli effetti storici che queste ondate producono. Ma le migrazioni sono almeno un bene per coloro che migrano? Spesso no, e non solo per un più o meno lungo periodo iniziale. A parte i rischi di partenza, le insidie della navigazione, le mafie degli scafisti e dei gestori dei flussi, le terribili trafile per imbarcarsi e poi nei centri d’accoglienza. E i dolori dello sradicamento, il sentirsi estranei a tutto, la miseria, la nuova schiavizzazione, lo sfruttamento e la manovalanza per la droga e la criminalità.
I flussi migratori furono una piaga dolorosa ma anche benefica un secolo fa, ma diventano una piaga dolorosissima oggi, in primis per chi resta, poi per chi ospita, infine per buona parte di chi emigra. C’è chi ricorda i nostri emigranti in America di un secolo fa: ma il mondo non aveva otto miliardi di abitanti, c’erano ancora terre da esplorare e spazi da riempire e l’immigrazione avveniva dentro una medesima civiltà cristiana, euro-occidentale. Molto più difficile è far convivere mondi così diversi, in città così affollate. I neri in America vi arrivarono come schiavi; dietro la glassa umanitaria, stanno cercando nuovi schiavi?
Però se dobbiamo tornare alla realtà coi piedi per terra, dobbiamo dire una cosa che vale sia per i pro-migrantes che per chi si oppone. Se la nostra civiltà sta morendo non è per l’arrivo dei migranti. Ci sono almeno altre tre cause: la nostra patologica denatalità col relativo invecchiamento della popolazione; le nostre migrazioni giovanili dalle loro famiglie e dai nostri paesi. E il nostro disprezzo e rigetto della nostra civiltà, il nichilismo globale e la diffusa tendenza all’autodistruzione. Se la nostra civiltà rischia di sparire la causa non è solo l’arrivo di flussi migratori, o la presenza tra loro di tanti potenziali delinquenti per disperazione o di fanatici islamisti. Ma perché non facciamo figli, quelli che nascono vanno via, soprattutto se sono bravi, e perché viviamo sradicati e contro la nostra civiltà.
Insomma, per tornare alla piazza di Otranto da cui siamo partiti, l’umanità non si riduce ai migranti, e i nostri guai come le nostre aspettative non ruotano solo intorno a loro. Svegliamoci da questa ipnosi collettiva, pro e contro i loro arrivi.
I migranti non sono il principio e la fine del mondo.
MV, La Verità 14 luglio 2019

Otto per mille, il crollo della Chiesa cattolica: 2 milioni di "benefattori" persi da quando il papa è Bergoglio


In sette anni, il numero di italiani che hanno deciso di destinare l’otto per mille dell’Irpef alla Chiesa cattolica è diminuito di circa due milioni. È calata però complessivamente anche la quota di contribuenti che hanno espresso una scelta in dichiarazione dei redditi e questo fatto, insieme all’aumento dell’importo assoluto dell’otto per mille, ha permesso alla Cei di non risentire dal punto di vista finanziario - almeno per quest’anno - del calo delle preferenze.

I dati aggiornati sulla ripartizione delle somme prelevate dall’Irpef sono stati resi noti in questi giorni dal Dipartimento delle Finanze; per analizzarli occorre tenere conto delle complesse regole che governano il meccanismo di finanziamento delle confessioni religiose. In particolare è previsto che in ciascun anno vengano ripartiti gli importi relativi alle dichiarazioni di tre anni prima, le quali a loro volta si riferiscono al periodo d’imposta precedente. Così quest’anno sono state distribuite le somme relative ai redditi del 2015, che ammontano complessivamente a 1,4 miliardi.

Leggi anche:--> Lo Ior presenta il bilancio, calano ancora gli utili che ammontano a 17,1 milioni di euro

Su un totale di circa 40,8 milioni di contribuenti, poco più del 43 per cento ha espresso una preferenza mentre le scelte non espresse valgono circa il 56,5. La Chiesa cattolica fa sempre la parte del leone, con 14 milioni di contribuenti che hanno espresso questa indicazione. Un numero che corrisponde al 35,3 per cento dei contribuenti e al 79,9 delle scelte espresse. La differenza tra le due percentuali è importante perché la Cei, a differenza di quanto fanno altre confessioni, ha scelto di ricevere anche l’Irpef dei contribuenti che non hanno espresso preferenze, la quale viene ugualmente ripartita in base alle indicazioni effettivamente date. Ecco quindi che alla Chiesa cattolica andranno oltre 1,1 miliardi, contro i quasi 200 milioni dello Stato, i 43 dei valdesi e gli importi via via più modesti che andranno alle altre confessioni. Rispetto all’anno precedente, le “fette” aumentano per tutti per il buon motivo che aumenta, e di molto, la torta complessiva: 1,4 miliardi contro 1,23 dell’anno precedente. Un dato che a sua volta dipende dall’incremento anomalo dell’Irpef, legato a nuove regole di compensazione per i sostituti d’imposta.

IL CONFRONTO STORICO

Per inquadrare i dati in una dimensione storica si può fare un passo indietro al 2010: per i redditi di quell’anno erano stati 15,6 milioni i contribuenti che avevano scelto la Chiesa cattolica: ovvero il 37,6 per cento dei contribuenti totali e l’82,2 delle scelte espresse. Allora gli italiani che avevano dato un’indicazione esplicita erano stati di più, il 45,7 per cento. Guardiamo ora ai due anni più recenti, per i quali sono disponibili le preferenze dei contribuenti ma non gli importi: le indicazioni per la Chiesa cattolica si sono ridotte ancora, arrivando per i redditi 2017 a quota 13,5 milioni ovvero circa due milioni in meno rispetto a sette anni prima (anche a parità di contribuenti totali). La percentuale sui contribuenti è scesa al 32,8 per cento. Gli effetti finanziari si vedranno nel 2020 e nel 2021, quando saranno ripartite le corrispondenti risorse, mentre le indicazioni date nella stagione di dichiarazioni ancora in corso (relativa ai redditi 2018) avranno effetto nel 2022. Tra le altre confessioni religiose, nell’ultimo biennio spicca la presenza delle due entità buddiste, mentre ha riguadagnato qualche posizione anche lo Stato, calato in precedenza.

ilmessaggero.it
Francesco Federico
https://gloria.tv/article/6z7TmX6zouyP1j1wJ2cTBbLUA

RVC: IL CROLLO DELL’8 PER MILLE È UN TRUCCO DI PAPA BERGOGLIO. VUOLE LA CHIESA POVERA.


Cari amici e nemici di Stilum Curiae, come avrete già visto in sette anni il numero degli italiani che hanno deciso di non destinare più il loro otto per mille alla Chiesa cattolica è sceso di circa due milioni. E non credo, se mi permettete una previsione, che questa tendenza si modificherà nell’immediato futuro: le cifre hanno come riferimento il 2017, e c’è tutto il 2018  e il 2019 ancora in corso, e non colgo segnali sui social che aiutino a immaginare una Chiesa italiana più popolare, presso gli italiani. Anzi. È anche vero, o almeno tale a me sembra, che il terzo pontefice non italiano di fila abbia un sostanziale disinteresse verso il popolo fedele di cui è il Primate. Ma questa è un’impressione soggettiva. Quello che non è soggettivo sono le cifre, che potete leggere in questo link, e in questo. Che ci ha segnalato Romana Vulneratus Curia (RVC), corredandoli con una riflessione geniale. Buona lettura.

ξ

Caro Tosatti, riporto qui sopra due link sul tema crollo dell’otto per mille alla CEI di Bassetti: il che implicitamente significa alla chiesa di papa Bergoglio.
Quale riflessione fare?
Una prima potrebbe essere: <e adesso i poveri curati di periferia avranno meno risorse…>.
Una seconda potrebbe essere: <ben gli sta, così imparano a parlare solo di immigrati e ambiente, e quasi mai di Dio…>.
Potremmo concepirne un numero infinito, son certo che i lettori di Stilum Curiae sapranno farlo meglio di me.
Ma la mia considerazione provocatoria è invece un’altra, sorprendente e paradossale: il crollo dell’otto per mille è stato voluto, previsto, pianificato direttamente dal Papa, per rendere la Chiesa povera. Resa povera la chiesa (di introiti), il “povero” Papa sarà costretto a vendere i beni della chiesa, per aiutare le opere misericordiose di assistenza ai migranti,  contributi al salvataggio di madre terra, gli investimenti in Amazzonia per costruire templi pagani, ecc. Venduti i beni, e non restando più nulla, lui dichiarerà che la Chiesa è finalmente tornata alla sua “originale purezza“.
Invece no, proprio per nulla.
Diventata povera, quello che questa Chiesa non farà più (essendo giustificata dalla povertà) è solo l’ evangelizzazione.
Si convertirà temporaneamente (fino ad esaurimento risorse) in una istituzione “socialmente utile “, competendo con le istituzioni “laiche”, finché non verrà assorbita da una di esse. Che ne so, dalla Fondazione di Bill Gates o da una di quelle di Soros o da Rockefeller…
Ma non mi direte che sto farneticando vero? Se solo lo pensate, temo, non abbiate capito nulla, cari stilumcuriali.
Vedrete infatti la sorpresa che si sta preparando per marzo 2020 ad Assisi (Economy of Francesco).
RVC
Marco Tosatti

16 Luglio 2019 Pubblicato da  34 Commenti --

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