ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 22 agosto 2019

Dalla fine del mondo

“Lo scontro in atto non è di natura politica, ma soprannaurale”

Danilo Quinto – 21 agosto 2019
Il 9 agosto, il giorno dopo il comunicato con il quale Salvini annuncia il deposito da parte della Lega di una mozione di sfiducia al Governo, un uomo venuto dalla fine del mondo – dall’Argentina, che non è troppo lontana, visto che ci sono gli aerei e lui ne ha presi tanti in questi sei anni, ma mai quello per Buenos Aires, chissà perchè? – dà una lunga intervista a La Stampa, nella quale si occupa delle sfide per l’Europa. Proprio lui, che nel 2016 ha ricevuto il Premio Kalergi o altrimenti detto Premio Internazionale Carlo Magno di Aquisgrana.


«Tutta brava gente coloro che sono stati premiati con questo premio», scriveva Maurizio Blondet il 27 settembre 2016. «Fu Kalergi», aggiungeva Blondet, «a lanciare l’idea degli Stati Uniti d’Europa: Altiero Spinelli venne molto dopo. Fu Kalergi, nel 1955, a proporre l’Inno alla Gioia di Beethoven (dalla nona sinfonia) come inno ufficiale dell’Unione europea, che in seguito venne adottato. Fu Kalergi, aiutato da Robert Schuman, Ministro degli Esteri francese, ad assegnare la gestione della produzione di acciaio, ferro e carbone ad una sovranità sovranazionale, sotto la direzione dei primi euroburocrati non eletti da nessuno: i famosi commissari europei. Fu Kalergi a mandare i primi memorandum ai governi di Italia, Francia, Germania e Regno Unito, negli anni ’60, perché adottassero una unione monetaria». Fu Kalergy a teorizzare il meticciato e la sostituzione della popolazione europea con l’apporto di masse di uomini provenienti da aree geografiche estranee alla storia, alla cultura, all’identità cristiana dell’Europa.
Perchè questo disegno? Lo spiegò l’uomo vestito di bianco nel suo discorso del 2016, quando disse:
« (…) Questa trasfusione della memoria ci permette di ispirarci al passato per affrontare con coraggio il complesso quadro multipolare dei nostri giorni, accettando con determinazione la sfida di “aggiornare” l’idea di Europa. Un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo basato su tre capacità: la capacità di integrare, la capacità di dialogare e la capacità di generare».
Il nuovo umanesimo – una categoria che appartiene all’impianto teorico della Massoneria – si fonda con la capacità di aggiornare l’idea di Europa, accogliendo e integrando i migranti, dialogando con loro senza chiedere la conversione (e se questo lo fa un uomo che siede sulla Cattedra di Pietro è tutto dire), capaci di generare, cioè di copulare con le femmine europee (che non fanno più figli perchè la cultura dell’aborto ne ha sterminati in Europa qualche centinaia di milioni nello spazio di qualche decennio e l’uso massivo dei sistemi contraccettivi ne impedisce la nascita), che diventano pasto di consumo per la creazione di una nuova razza.
Poi, nella stessa intervista, l’uomo che è venuto dalla fine del mondo si occupa – ed è inevitabile, considerata la sua propensione ad interessarsi delle migliorie tecnologiche dei condizionatori d’aria o della raccolta differenziata, come ha scritto mirabilmente nella sua tanto apprezzata Laudato sì – dell’emergenza ambientale. Cioè di quelle fandonie dell’establishment mondiale, che avrebbe a cuore (sic!) la tutela della salute della popolazione e non le migliaia e migliaia di miliardi dollari che si produrrebbero se la questione dei mutamenti climatici, che si suppone siano prodotti dall’attività umana, diventasse politica prioritaria degli Stati. Tanto che le lobby che si contendono quest’enorme business seguono con grande interesse le manifestazioni pubbliche organizzate dal fenomeno Greta e dal suo entourage.
Infine, l’intervista dell’uomo vestito di bianco propone il colpo finale: i pericoli legati al sovranismo. Il papa argentino afferma: «Il sovranismo è un’esagerazione che finisce male sempre: porta alle guerre. Pericolosi anche i populismi: una cosa è che il popolo si esprima, un’altra è imporre al popolo l’atteggiamento populista. Il popolo è sovrano (ha un modo di pensare, di esprimersi e di sentire, di valutare), invece i populismi ci portano a sovranismi: quel suffisso, ‘ismi’, non fa mai bene. È un atteggiamento di isolamento. Sono preoccupato perché si sentono discorsi che assomigliano a quelli di Hitler nel 1934».
L’obiettivo è delineato: è Matteo Salvini nel mirino, come lo è stato per un anno e mezzo da parte dell’informazione mainstream e da parte dei poteri forti, italiani ed internazionali, che temono che l’Italia riconquisti la sua dignità, la sua libertà e la sua sovranità nei confronti dell’Europa e del resto del mondo. Non vogliono che si frapponga nessun ostacolo al loro disegno di fare di una Terra benedetta da Dio – che ha voluto che proprio in Italia risiedesse fino alla fine dei tempi il successore di Suo Figlio – una Terra sconsacrata e senza Dio.
Salvini ha una grave colpa da scontare: è stato l’unico a porre al centro della sua azione politica l’emergenza dei clandestini che vengono trasportati dalle navi delle ONG nel nostro territorio. Un business di dimensioni allucinanti, che coinvolge organizzazioni criminali e quel mondo di mezzo, che ha visto fortemente ridimensionati nell’ultimo anno e mezzo i suoi sporchi affari.
Il dado è tratto. Dopo l’intervista, si mette in moto la macchina diplomatica del Vaticano, che attraverso il Segretario di Stato, il cardinale Parolin (non ne abbiamo le prove, ma è legittimo supporlo) manda segnali, fa incontri, detta la linea da seguire. Eliminare Salvini dalla scena politica. E’ come prendere due piccioni con una fava. Salvini, in Italia e in Europa, è l’alter ego del Presidente degli Stati Uniti, che in questo momento è il maggiore nemico dell’uomo vestito di bianco, con le sue politiche sovraniste, di cessazione del dialogo con l’Europa, di riaffermazione nel suo Paese – pur con tutte le sue contraddizioni – dei principi cristiani a favore della vita e contro l’aborto, della sua idea di restituire agli americani la possibilità di difendersi da un’immigrazione incontrollata e potenzialmente esplosiva.
Salvini, per l’uomo vestito di bianco, è responsabile di di un peccato gravissimo, che non si può perdonare. Lui in piazza, più volte, ha esibito il Rosario. Ha chiesto la protezione per l’Italia della Santa Vergine Maria.
Guai a nominare Maria! I Vescovi si scatenano. Gli stessi Vescovi – che benedicono i Gay Pride o che promuovono preghiere comuni con i musulmani nelle Chiese cattoliche o che fanno occupare le Chiese dai poveri per offrire loro pranzi e cene, oltraggiando la Casa del Signore e facendo credere che la condizione di povero, in quanto tale, porti alla salvezza eterna – al nome di Maria sobbalzano. Gridano contro Salvini. Cosa c’entrano i simboli religiosi con la politica?, dicono i Vescovi, preoccupati che i cattolici s’interroghino sul fatto che un leader politico chieda per il suo Paese la protezione della Madre di Dio e che i cattolici votino quel leader politico, invece di votare quei partiti – come loro suggeriscono – composti da donne e uomini miscredenti, che hanno fatte strame negli ultimi decenni delle leggi di Dio.
La Madonna fa paura. Vi ricordate cosa disse l’uomo vestito di bianco il 10 giugno 2014 durante l’incontro che tenne con i Francescani dell’Immacolata, accompagnati dall’allora Commissario? Ecco quello che disse:
«Vorrei dirvi ufficialmente una parola. Il vostro carisma è un carisma singolare. C’è lo spirito di san Massimiliano Kolbe, martire. C’è lo spirito di san Francesco: l’amore alla povertà, l’amore a Gesù Cristo spogliato, perché lui ha sposato la Chiesa povera e Cristo spogliato, non la povertà astratta. Ma c’è un’altra cosa che a me fa capire perché il mondo è tanto arrabbiato contro di voi: la Madonna. C’è qualcosa che il mondo non tollera. Questa è un’interpretazione mia, poi voi potreste dire: ‘è una considerazione pietosa, vecchia e pietosa’. Ma io credo a questo. [Il mondo] non tollera la Madonna, non tollera e non tollera di più quella parola del vostro nome: Immacolata. È stata l’unica persona solamente umana nella quale lui sempre ha trovato la porta chiusa, dal primo momento».
Chi è lui? Lo scopriamo con le parole conclusive:
«Non tollera. Ma pensate anche il momento che voi vivete adesso come una persecuzione diabolica. Pensatela così. Questa non è un’idea di pietà per conformarvi. No, sono sicuro». Poco prima aveva detto: «Io conosco i motivi di questo trasferimento e mi sembrano giusti. Prima di prendere la decisione sono stato consultato dalla Congregazione e io ho detto sì, perché questo sia chiaro: sono io il responsabile…».
Era lui il responsabile del decreto dell’11 luglio 2013, firmato su suo mandato dal cardinale João Braz Card. de Aviz, Prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, che decretava il commissariamento dei Frati Francescani dell’Immacolata, di quei frati che amano la Madonna.
La Madonna fa paura. Ha fatto paura anche al premier Conte, devoto di Padre Pio, si dice, che ha rimproverato Salvini di aver usato in pubblico simboli religiosi, il Rosario, perchè questo gesto lederebbe la libertà religiosa. Mentre Conte parla – ed è l’ultimo di una serie di attacchi al suo Vice-Presidente del Consiglio con il quale ha lavorato per oltre 14 mesi, ma che ora viene considerato irresponsabile, incosciente, curatore di interessi di partito, ecc., ecc., quasi fosse un assassino, un vero e proprio linciaggio – Salvini prende dalla sua tasca il Rosario, lo porta alla bocca e lo bacia. Un fare quasi furtivo, ma di cui non può fare a meno, forse per affidarsi a Colei che lo può proteggere da quella sequela di insulti e offese che ha ascoltato e nei confronti delle quali – e questo lo può fare solo una persona che da peccatore coltiva la sua fede – rimane impassibile. Chiama Conte amico mio, come deve fare un buon cristiano di fronte a chi gli è nemico.
Ma Salvini va ancora più in là. Nel suo intervento risponde a Conte con queste parole: «Mi permetta signor Presidente, lei fa un torto ai cattolici italiani quando pensa che votano in base a un Rosario e io sono orgoglioso di credere e di testimoniare con il mio lavoro il fatto che credo e non ho mai chiesto per me la protezione, ma per il popolo italiano e finché campo chiederò la protezione del Cuore Immacolato di Maria perché questo è un Paese che merita tutto e non me ne vergogno di consegnare nelle mani di Maria il destino del popolo italiano. Non me ne vergogno». Si vedono, sullo schermo, visi arrabbiati, furiosi, minacciosi, ma Salvini non si scompone. Aggiunge che lui vuole «un Paese libero e sovrano con figli e una mamma e un papà», cita Giovanni Paolo II e di fronte alle proteste dei post-comunisti, dice: «Bè, che c’è? Voi citerete Saviano e io San Giovanni Paolo II… posso essere libero di rifarmi alle opere, alla vita e ai miracoli di chi meglio ritengo?».
Mai in un’aula parlamentare era stato citato il CUORE IMMACOLATO DI MARIA. Salvini ha avuto il coraggio di farlo, ispirato sicuramente dallo Spirito Santo. Onore a Matteo Salvini. Solo il CUORE IMMACOLATO DI MARIA può salvare l’Italia dalla dittatura del pensiero unico e dalla dittatura dell’ideologia comunista – che ha prodotto Bibbiano, di cui non si può e non si deve parlare – che opprime questo Paese da 70 anni, che è stata protagonista di tutte le leggi anticristiche contro la vita e la famiglia approvate negli ultimi decenni.
Io, da cattolico, sto con Salvini e mi prendo la responsabilità di dire ai cattolici, se amano l’Italia e se amano il CUORE IMMACOLATO DI MARIA, di stargli accanto nelle prossime settimane e nei prossimi mesi.
Rimaniamo uniti spiritualmente, cari amici. Continuiamo insieme a pregare e non smettiamo di recitare insieme il Rosario, giorno e notte, per proteggere l’azione politica di Matteo Salvini, politico e credente e finchè non sarà data al popolo italiano la possibilità di esprimersi con il loro voto. Ci sarà da combattere, ora e da soffrire, ma con gioia. L’Italia sarà liberata.
Lo scontro in atto non è terreno. E’ di natura soprannaturale. E’ tra Dio e mammona. E’ tra Maria e il serpente. Il Cuore Immacolato di Maria, trionferà.
Se volete aderire a questa catena di Rosari giorno e notte per liberare e salvare l’Italia, scrivete a pasqualedanilo.quinto@gmail.com o visitate la mia pagina Facebook (www.facebook.com/pasqualedaniloquinto/) o il sito di Crux Fidelis (www.cruxfidelis.it).
Santa Giornata, amici. Ave Maria, Danilo Quinto
P.S. Dio o mammona è il titolo del mio ultimo libro. Se volete acquistarlo scrivete a pasqualedanilo.quinto@gmail.com






“Gli europei devono farsi la domanda più fondamentale sul loro futuro: NE HANNO UNO?”








Migranti che sbarcano sull’isola di Lampedusa, Italia, 29 giugno (Collaboratore / AFP / Getty Image”L
L’
intera popolazione italiana ha trascorso l’ultima settimana di giugno a guardare una barca che arrivava dall’altra parte del Mediterraneo. Era il Sea-Watch 3, una nave registrata nei Paesi Bassi finanziata da filantropi progressisti e capitanata da Carola Rackete, un attivista tedesca di 31 anni del cambiamento climatico.  Rackete ha riferito che stava trasportando 42 rifugiati africani salvati in mare in condizioni di salute disperata. Il ministro degli Interni italiano Matteo Salvini ritiene che tali navi si incontrino con i trafficanti appena al largo della costa libica e sono molto meno interessate al salvataggio dei marinai che al trasporto di immigrati clandestini in Europa in massa. “Taxi”, li ha chiamati. E in effetti, Rackete aveva gironzolato  ai bordi delle acque territoriali italiane per diversi giorni, tracciando un percorso meno coerente con qualsiasi emergenza sanitaria che con il desiderio di sbarcare il suo carico umano nell’Unione europea, dove è facile presentare domanda di asilo politico e dove anche quelli le cui domande vengono respinte non vengono quasi mai espulsi.
Da quando il suo partito, la Lega,  ha iniziato a condividere il potere in una coalizione populista un anno fa, la decisione di Salvini di chiudere i porti italiani a tali navi lo ha reso il politico più popolare del paese .

Stavolta, Salvini ha fallito. […]
Gli europei hanno dovuto affrontare la domanda più basilare sul loro futuro: se ne hanno uno. In alcuni paesi – in particolare Italia, Germania e Austria – la popolazione nativa si è ridotta da decenni. I tassi di natalità sono scesi così in basso che ogni generazione nativa ha circa i due terzi delle dimensioni dell’ultima. Il declino è stato mascherato per un po ‘dalle dimensioni della generazione quasi completamente autoctona di Baby Boomers, ma ora quei nativi europei hanno iniziato a ritirarsi e morire. Gli immigrati extraeuropei, in particolare quelli del Medio Oriente e del Nord Africa, si sono precipitati a reclamare un posto nel continente. Almeno dall’11 settembre, i lettori di giornali europei hanno acquisito familiarità con le discussioni sull’Islam, alcune delle quali eufemistiche (l’Islam sarà una “parte della Germania, “Dice Merkel) e alcuni di loro cupi (l’Europa sarà una” parte del Maghreb [musulmano] “”, ha avvertito il defunto storico Bernard Lewis). Quando la Merkel si è offerta nell’estate del 2015 di dare il benvenuto ai rifugiati che camminavano sulla terraferma dalla guerra in Siria, ha ricevuto un’ulteriore ondata di 1,5 milioni di migranti, molti dei quali giovani, provenienti da tutto il mondo musulmano. Il suo giudizio errato ha rotto il sistema politico tedesco e ha infuso la democrazia tedesca con una corrente di nazionalismo duro per la prima volta dagli anni ’30.
Questo  è stato  solo l’inizio del problema. Le pressioni demografiche emanate dal Medio Oriente negli ultimi decenni, già sufficienti a spingere il sistema politico europeo in convulsioni, nei prossimi decenni impallidiranno accanto a quelle dell’Africa sub-sahariana. Salvini deve la sua ascesa – e la potente vittoria del suo partito alle elezioni di maggio al parlamento dell’Unione Europea – alla sua volontà di affrontare la migrazione africana come una crisi. Anche menzionarla  come tale  lo rende isolato  tra i politici europei. Coloro che non hanno paura di affrontare il problema hanno paura di dichiarare le proprie conclusioni.
Stephen Smith, corrispondente da lungo tempo nato in America negli Stati Uniti per i quotidiani parigini Le Monde e Libération , ora professore di studi afroamericani e afroamericani a Duke, ha pubblicato (in francese) La ruée vers the Europe , un breve, sobrio , libro di mentalità aperta sulla prossima migrazione di massa dall’Africa. Il libro più importante scritto fino ad allora sull’argomento, divenne rapidamente il discorso di Parigi. Ora è stato pubblicato in inglese.



Smith inizia presentando alcuni fatti. L’Africa sta aggiungendo persone ad un ritmo mai visto prima in nessun continente. La sola popolazione dell’Africa sub-sahariana, ora circa un miliardo di persone, sarà più che raddoppiata a 2,2 miliardi  entro la metà del secolo, mentre quella dell’Europa occidentale scenderà a circa mezzo miliardo di schiaccianti. Dobbiamo notare che le cifre che Smith usa non sono qualcosa che ha sognato mentre era in giro: sono le stime ufficiali delle Nazioni Unite, che negli ultimi anni hanno spesso sottovalutato i cambiamenti di popolazione.
Nel 1950 il paese sahariano del Niger, con 2,6 milioni di persone, era più piccolo di Brooklyn. Nel 2050, con 68,5 milioni di persone, avrà le dimensioni della Francia. A quel punto, la vicina Nigeria, con 411 milioni di persone, sarà considerevolmente più grande degli Stati Uniti. Nel 1960, la capitale della Nigeria, Lagos, aveva solo 350.000 persone. Era più piccolo di Newark. Ma Lagos è ora 60 volte più grande di allora, con una popolazione di 21 milioni, e si prevede che raddoppierà di nuovo le dimensioni nella prossima generazione, rendendola la città più grande del mondo, con una popolazione all’incirca uguale a della Spagna.
La migrazione sub-sahariana attraverso il Mediterraneo è ancora nuova e relativamente piccola, circa 200.000 persone all’anno. Ma mantenerlo a quel livello ha richiesto anni di sforzi straordinari da parte dei governi europei, inclusi negoziati sottobanco  tra l’Italia e i mediatori del potere nordafricano che controllano i resti della Guardia costiera libica. Nel caso di Salvini, implica la volontà di resistere quasi da solo al disprezzo dei giornali italiani e alle minacce di persecuzione da parte dei suoi magistrati. Ecco perché gli elettori lo hanno portato sull’orlo della premiership. Le élite italiane ridicolizzano anche ai sostenitori di Salvini, per aver immaginato che una migrazione pacificamente intenzionata da un lontano continente potesse in qualche modo spazzare via un’intera cultura antica.
….. Smith espone diversi modi per stimare le dimensioni del flusso. Per fare un paragone, osserva che tra il 1850 (quando l’Europa aveva 200 milioni di persone) e la prima guerra mondiale (quando aveva 300 milioni), l’Europa mandò 60 milioni di persone all’estero, la maggior parte delle quali negli Stati Uniti. Il Messico aveva 30 milioni di persone nel 1955, vide la sua popolazione raddoppiare a 60 milioni entro il 1975 e mandò 10 milioni di persone negli Stati Uniti nella generazione che seguì. Oggi, 37 milioni di messicani americani costituiscono l’11,2 percento della popolazione americana. Quindi cosa accadrà nei prossimi 30 anni, quando la popolazione dell’Africa raddoppierà a 2 miliardi? È un’ipotesi di chiunque, e Smith usa le figure con cautela. Ma osserva che se lo sviluppo dell’Africa dovesse procedere su linee messicane,
Il modello di Smith su cosa aspettarsi dall’Africa sconvolge gli stereotipi popolari e politici. Insiste sul fatto che non è  la povertà assoluta  a causare  la migrazione. Il viaggio dall’Africa all’Europa diventa possibile quando un giovane può metteer insieme almeno  $ 2000. Una volta che lo fa, non c’è investimento migliore per lui o per il suo villaggio che  precipitarsi in Europa. Se Smith ha ragione su questo (e la ricerca dell’economista dello sviluppo di Oxford Paul Collier indica che lo è), allora la politica verso la   migrazione  dell’Unione Europea è un errore esorbitante. Si basa sul “co-sviluppo” – sovvenzioni all’industria e all’occupazione nei paesi di origine al fine di ridurre l’incentivo a partire. Dovrebbe aiutare l’Africa. Ma intensifica, piuttosto che smorzare, le pressioni migratorie sull’Europa.
Un secondo presupposto per la migrazione su larga scala è una comunità di diaspora in alcune metropoli europee. L’esempio del Minnesota sarà sufficiente come spiegazione di come funziona. Il motivo per cui il Minnesota ha più di un quarto della popolazione somala degli Stati Uniti – e già, a Ilhan Omar, il primo rappresentante congressuale somalo-americano del paese – è che una manciata di uomini d’affari di Mogadiscio si stabilì lì negli anni ’80. Soldi da lasciare e comunità con cui atterrare – una volta soddisfatte queste condizioni, c’è poco da dissuadere il potenziale migrante.
Sì, a  migliaia sono annegati nel tentativo di attraversare il Mediterraneo verso l’Europa su zattere: le probabilità di morte sono circa una su 300. Ma mentre questa è una tragedia, non è necessariamente un deterrente: se sei una donna nel Sud Sudan, le tue probabilità di morire di parto sono una su 60.
L’eresia più seria nel libro di Smith è questa: il movimento di massa, mentre è  straordinariamente dirompente del lavoro e dell’umanità dall’Africa all’Europa, non porterà all’Europa benefici significativi. Le narrative sull’arricchimento dell’Europa attraverso la migrazione sono razionalizzazioni post facto per qualcosa che l’Europa sta subendo, non scegliendo.
L’Europa non ha bisogno di un afflusso di lavoro giovanile dequalificato dall’Africa, scrive Smith, perché sia ​​la robotizzazione che l’aumento dell’età pensionabile ne stanno riducendo la domanda. I lavoratori migranti non possono finanziare lo stato sociale europeo. In realtà, lo mineranno, perché il costo delle scuole, della salute e di altri servizi governativi su cui i nuovi arrivati ​​filoprogenetici eccedono i loro pagamenti fiscali. Né l’esodo di massa aiuterà l’Africa. […]
E’ ovviamente lecito  essere in disaccordo con parti dell’analisi di Smith.  ….  Ma gli attacchi al libro non si sono differenziati con questo o quel punto. Hanno cercato di denunciare Smith e di delegittimare tutta la sua linea di indagine. Parlando dalle alte sfere dell’intellettualità accreditata francese, François Héran, direttore della ricerca presso l’istituto demografico nazionale francese, INED, ha   preso  come sua missione  screditare completamente il libro di Smith, sia in articoli che in interviste. Héran attaccò come allarmista il più alto dei cinque scenari di popolazione di Smith, quello in base al quale la migrazione africana avrebbe seguito il modello messicano. Smith si offrì di discuterlo.
[…]  Julien Brachet, ricercatore di sviluppo internazionale alla Sorbona, sul sito web La Vie des idées : “Stephen Smith non è né un antropologo né un geografo né uno storico né un demografo”, Brachet ha scritto – con il quale intende sicuramente che Smith non aveva lauree in quelle aree. In un post scritto sul sito francese Mediapart , Brachet ha accusato Smith di essere un razzista, uno xenofobo, un teorico della cospirazione e un destro, adducendo la menzione di Smith dei romanzieri francesi Maurice Barrès e Jean Raspail e degli scienziati sociali americani Robert Kaplan e Samuel Huntington. Nota che Brachet non accusa Smith di essere d’accordo con queste persone, ma solo di menzionarle.
Qualsiasi autore che detenga una visione indipendente sulla migrazione   deve abituarsi ad essere calunniato in questo modo.
Ma il tentativo degli accademici francesi di evitare un impegno con Smith, sostenendo che in qualche modo non è qualificato per partecipare a un dibattito pubblico, è infantile […]
Smith usa le stesse proiezioni demografiche – quelle delle Nazioni Unite e dell’Unione Europea – che fanno tutti gli altri. Laddove differisce con i suoi critici accademici è nelle sue proiezioni sulla migrazione, e queste differiscono solo perché Smith ha una visione più ampia dei fattori che guidano la migrazione africana, e una conoscenza più approfondita della storia e della società del continente. Quando si tratta di comprendere la migrazione, l’interdisciplinarietà è un must.
[…-]
Smith conosce i paesi dell’Africa nella loro intima specificità. Comprende l’effetto dei cambiamenti climatici sulla migrazione: il Lago Ciad, ad esempio, sulle risorse da cui dipendono 30 milioni di persone in Niger, Nigeria, Camerun e Ciad, è un decimo delle dimensioni degli anni ’60, e si tratta di asciugare. Conosce la letteratura accademica sulle economie africane. È un raro osservatore occidentale dell’Africa interessato a Ngugi wa Thiong’o (e alla letteratura africana contemporanea più in generale) come a Isak Dinesen. Il suo lavoro è pieno di citazioni da Yoruba e proverbi dall’arabo. È quello che il defunto storico Benedict Anderson ha definito “il vero, duro internazionalismo del poliglotta”.
Le questioni politiche europee, come quelle americane, sono sempre più questioni di “valori” e   pretese di “diritti” – qualunque cosa   li si cnhiami  – e non sono  negoziabili L’immigrazione  è la più difficile di queste questioni perché è anche una discussione sul fatto se nel  dibattito, una parte possa o meno essere autorizzata a introdurre argomenti contrario.
Ora possiamo constatare  che coloro che proclamano di volere “i confini  aperti” godono anche di un vantaggio intellettuale: la capacità di bloccare la discussione. Perché, una volta che la migrazione è considerata un diritto non negoziabile,   come si permette di  iniziare a parlare di costi e benefici, o i puri e semplici  fatti? Quale innocente spiegazione può esserci per desiderare un dibattito aperto in primo luogo?


L’Occidente oggi: il trionfo dell’Acefalo. Il sesso e le pulsioni al posto del cervello. Profezia di George Batailles.

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