IL PAPA E L’ERGASTOLO. IL COMMENTO DI UN AVVOCATO, GIOVANNI FORMICOLA.
Cari amici e nemici di Stilum Curiae, troll vecchi e nuovi, e vecchi sotto mentite spoglie, l’avvocato Giovanni Formicola ha inviato a un gruppo di amici una sua riflessione su una delle ultime esternazioni populiste e demagogiche del Pontefice regnante, quella relativa all’ergastolo, pronunciata nei giorni scorsi. Pensiamo di farvi cosa gradita condividendo le riflessione di una persona che conosce bene quel mondo, a causa della sua professione, e che di conseguenza può parlarne a ragion veduta, e con cognizione di causa, a differenza di altri. Buona lettura.
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“L’ergastolo non è la soluzione dei problemi – lo ripeto: l’ergastolo non è la soluzione dei problemi -, ma un problema da risolvere” (Francesco, Discorso alla polizia penitenziaria etc., 14 settembre 2019).
Purtroppo, quando indossa questi pensieri che provengono dal sovversivismo (genere “disarmo della polizia”) e radicalismo anni 1960-1970, si fa davvero difficile.
Di quale “problema” l’ergastolo NON sarebbe la soluzione? L’ergastolo è una sanzione. Punto. E in che senso sarebbe un “problema”? Se lo è, lo è solo perché quasi sempre è – come vorrebbe LUI – tale solo a parole.
Solo due esempi, giusto per dare l’idea.
Il signor Bozano, dopo aver massacrato una ragazzina di tredici anni (ma lui ci pensa alla vittima, e alle altre vittime condannate, loro sì, ad un ergastolo davvero “fine pena mai”: non vedranno mai più figli, genitori, fratelli, sorelle, mariti, mogli, etc.?), viene condannato all’ergastolo, ma dopo pochi anni, nonostante un periodo di latitanza, viene ammesso alla semilibertà. E così può dedicarsi all’aggressione sessuale verso un’altra minorenne.
Il signor Izzo, dopo aver violentato e torturato insieme a due ignobili compari due ragazzine, uccidendone una e riducendo in fin di vita l’altra, che si salva solo perché creduta morta, viene condannato all’ergastolo. Ma questo non dura. Lui si “pente” e viene scarcerato, e così può uccidere una madre e sua figlia, e chissà – a suo dire – quante altre persone.
Chi parlerà con LUI di queste due povere donne, morte uccise per dare “speranza” a un ergastolano? Sono solo due esempi. E le vittime – morte e viventi nell’ineliminabile dolore – ringraziano per la “soluzione” del “problema”.
Solo due esempi, per dimostrare come, con un ergastolo vero, il “problema-Bozano” e il “problema-Izzo” sarebbero stati risolti, con non poca soddisfazione per chi invece li ha incontrati, suo malgrado, lungo la propria strada.
Dando una torsione forte al suo “pensiero” – ch’è di solito il modo più sicuro per misurare un’idea -, se un Hitler fosse stato catturato, [in realtà era stato catturato: se impiccato o almeno all’ergastolo vero, quale catastrofe sarebbe stata risparmiata al mondo!] non sarebbe stato lecito né giustiziarlo (contro la Parola e le parole della Chiesa ritiene la pena di morte immorale in sé stessa), né condannarlo all’ergastolo, e così prima o poi, se la morte non l’avesse intanto ghermito per fatti suoi, avrebbe ripreso a circolare per strada. Che ne dite?
Ve lo dico per esperienza: il “fine pena [davvero] mai” è l’unica cosa che temono i criminali. Ed in ogni caso, con la pena di morte, l’ergastolo [vero] è una sanzione, l’unica, proporzionata a certi crimini, e una misura di profilassi e prevenzione sociale, tendenzialmente non surrogabile. La “misericordia” è cosa delle persone, non delle istituzioni, perché in tal caso – vedi le vittime secondarie alla “misericordia” di stato – sarebbe come quel tipo particolare di sodomia praticata con le parti anatomiche altrui.
Pena di morte e ergastolo sono anche steli innalzate per ricordare ai colpevoli e all’intera società, a tutti, i profondi abissi del male e delle capacità malvagie del mysterium iniquitatis che alberga nel cuore di ciascuno di noi. Abbatterle significa relativizzare “misericordiosamente” il crimine e la cattiveria. E’ il proprio delle persone che non hanno la virilità per sostenere le conseguenze del mistero della libertà e della responsabilità che ne deriva. Fino in fondo, come per l’inferno, che non a caso neppure tollerano concettualmente in quanto senza fine. Peccato che esso sia nei Vangeli la realtà di gran lunga più nominata ed evocata da Gesù. Ma senza registrazioni non ne siamo poi così sicuri, e magari parlava in quel modo perché gli uomini del suo tempo questo linguaggio comprendevano, mentre noi uomini di oggi, evoluti e ormai adulti, abbiamo capito meglio e possiamo correggerlo.
Marco Tosatti
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