ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 30 settembre 2019

“Insorgi, spada, contro il mio pastore”

Sanchte Michael Archangele, defende nos in proelio

https://alleanzacattolica.org/wp-content/uploads/2018/10/san-michele-arc_.jpg(immagine aggiunta)
Una volta, prima della riforma del Concilio Vaticano II, alla fine della Santa Messa veniva recitata una preghiera, composta in latino nel 1884 dal papa Leone XIII, a san Michele Arcangelo. Diceva così: “Sancte Michael Archangele, defende nos in proelio; contra nequitiam et insidias diaboli esto praesidium. Imperet illi Deus, supplices deprecamur: tu que, Princeps militiae caelestis, Satanam aliosque spiritus malignos, qui ad perditionem animarum pervagantur in mundo, divina virtute, in infernum detrude. Amen”.

Traduzione: “San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia, contro le malvagità e le insidie del demonio sii nostro aiuto. Ti preghiamo supplici: che il Signore lo comandi! E tu, Principe delle milizie celesti, con la potenza che ti viene da Dio, ricaccia nell’inferno Satana e gli altri spiriti maligni che si aggirano per il mondo a perdizione delle anime”.
Papa Leone XIII compose la preghiera dopo aver avuto una visione: subito dopo aver celebrato la Messa, vide il Maligno che minacciava la Chiesa. Decise così di correre ai ripari, e dal 1886 la preghiera a san Michele, da recitare in ginocchio, divenne obbligatoria al termine delle celebrazioni e fu anche inserita nella raccolta degli esorcismi. Poi, dal 26 novembre 1964, fu abolita.
Circa le circostanze che condussero Leone XII a comporre la preghiera, l’abate Pecchenino, sulla Civiltà cattolica, nel 1930 raccontò: “Un bel mattino, il grande papa Leone XIII aveva celebrato la Santa Messa ed assisteva ad una Messa di ringraziamento, come sua abitudine. Improvvisamente, lo si vide alzare bruscamente la testa, e fissare intensamente qualcosa al di sopra della testa del celebrante. Egli aveva lo sguardo fisso, senza battito di ciglia ma, esprimendo un sentimento di terrore e di meraviglia, il suo volto cambiava colore ed espressione. Accadeva qualcosa di strano e di grande. Finalmente, come ritornando in se stesso, e dandosi con la mano un colpo leggero ma energico, si alzò. Lo si vide recarsi nel suo studio personale… I suoi familiari lo seguirono, impressionati ed ansiosi. Gli chiedevano premurosamente: ‘Santo Padre, non vi sentite bene? Avete bisogno di qualcosa?’. ‘Nulla, nulla’, rispose, e si rinchiuse. In capo ad una mezz’ora, egli fece chiamare il segretario della Congregazione dei Riti e, tendendogli un foglio, gli disse di farla stampare e di farla pervenire a tutti gli Ordinari del mondo. Che conteneva? La preghiera che noi recitiamo alla fine della Messa con il popolo, e che comporta la supplica a Maria e l’ardente invocazione al Principe della Milizia celeste, implorando Dio di precipitare Satana nell’Inferno”.
Il suo segretario particolare, monsignor Rinaldo Angeli, riferì che la visione lasciò Leone XIII pieno di orrore. Il papa aveva visto schiere di demoni trionfanti riunirsi al di sopra di Roma, come un gregge di corvi, e prendere d’assalto la città.
Nel 1994 san Giovanni Paolo II, a proposito della preghiera di Leone XIII, disse: “Anche se oggi questa preghiera non viene più recitata al termine della celebrazione eucaristica, invito tutti a non dimenticarla, ma a recitarla per ottenere di essere aiutati nella battaglia contro le forze delle tenebre e contro lo spirito di questo mondo”.
Quella citata sopra è la versione breve della preghiera, il cui testo completo comprende anche questa parte: “Nemici molto furbi hanno messo le loro mani empie su tutto quello che la Chiesa, sposa dell’Agnello immolato, ha di più prezioso e l’hanno saturata di amarezza. Là dove si stabilirono la Sede del beato Pietro e il Pulpito della Verità per la luce delle nazioni, là hanno posto il trono dell’abominio, della loro empietà; così che colpendo il pastore possano disperdere il gregge. Sii dunque presente san Michele Arcangelo, capo invincibile presso il popolo di Dio, contro gli assalti delle forze spirituali del male e dà loro la vittoria! Sei tu che la Santa Chiesa venera come suo custode e padrone. Tu che la Chiesa si glorifica di avere come difensore contro le potenze criminali della terra e dell’inferno. Sei tu colui a cui il Signore ha affidato le anime dei redenti per introdurli nella felicità celeste. Scongiura il Dio della pace di schiacciare Satana affinché esso non possa più incatenare gli uomini né nuocere alla Chiesa”.
Sessantacinque anni prima di papa Leone XIII,  la mistica tedesca Anna Caterina Emmerick (1774-1824) ebbe una visione nella quale la Chiesa veniva salvata da tremende prove grazie all’aiuto dell’Arcangelo Michele: “Di nuovo vidi San Pietro con l’alta cupola. San Michele stava su di essa con una veste luminosa di rosso sangue e con una grande bandiera da guerra in mano. In terra si svolgevano tanti combattimenti. Verdi e blu lottavano contro bianchi (cristiani) e questi bianchi, che avevano al di sopra di essi una spada rossa di fuoco, sembravano soccombere. La Chiesa era di color rosso sangue come l’angelo e qualcuno mi disse: ‘Ella viene lavata nel sangue’. Più durava il combattimento, più scompariva il colore del sangue della Chiesa che diventava sempre più trasparente. L’Arcangelo Michele però scese e si unì ai bianchi. Essi furono dotati di meraviglioso coraggio e non ne sapevano il motivo. Michele percuoteva i nemici e quelli scappavano in tutte le direzioni”.
Oggi, 29 settembre 2019, nel giorno dedicato a Michele, Gabriele e Raffaele, il papa non ha ricordato i tre arcangeli. Durante la Messa (celebrata in una piazza San Pietro mezza vuota) Francesco ha invece parlato dei migranti, perché questa è stata la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, e poi ha “inaugurato” (come ha detto lui stesso all’Angelus) una scultura in bronzo e argilla che raffigura un gruppo di migranti di varie culture e diversi periodi storici.
Aldo Maria Valli

La Chiesa come un cespuglio di rose. Ecco perché Dio ci sta “potando”

Una volta le chiese erano piene, i gruppi giovanili potevano contare sulla presenza di due o tre sacerdoti, le suore erano numerose, i matrimoni erano tutti cattolici e c’erano lunghe liste d’attesa per le scuole cattoliche. Adesso è un altro mondo: poca gente a messa, pochissime vocazioni, carenza di preti e di suore, matrimoni cattolici in costante diminuzione.
Alzi la mano il cattolico che, essendo nato negli anni Cinquanta o all’inizio dei Sessanta, non si è ritrovato a fare almeno una volta questo discorso chiacchierando con altri fedeli. È in effetti un ritornello piuttosto diffuso, e devo dire che vedendolo riproposto da monsignor Charles Pope, un autore che stimo, sono rimasto sulle prime un po’ sorpreso. Ma poi ho capito dove Pope voleva arrivare.
Non si tratta di rimpiangere un passato che non può tornare e che comunque non era tutto oro. Si tratta invece di chiedere al Signore che cosa ci sta dicendo con questa nuova situazione. Perché siamo in pochi? Perché le chiese mezze vuote o piene soltanto di anziani? Perché la crisi delle vocazioni? Perché la fuga dai sacramenti?
Dice Pope: “So che ponendomi queste domande è come se pattinassi su un ghiaccio sottile, ma non voglio proporre risposte definitive”. Il problema è, appunto, mettersi in ascolto di Dio e capire che cosa ci sta dicendo con quei fenomeni che in termini umani chiamiamo crisi della fede e ridimensionamento della Chiesa.
Prima di tutto, osserva monsignor Pope, occorre ricordare che non è la prima volta che succede. Sia nell’Antico sia nel Nuovo Testamento leggiamo di momenti critici, nei quali la maggior parte della gente se ne va e i fedeli rimangono pochi, se non pochissimi. C’è tutta una teologia che si occupa della questione e in ogni caso lo sappiamo bene: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa;  quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” (Matteo 7, 13-14).
Ma il brano biblico che Pope mette al centro della riflessione è un altro ancora: “Insorgi, spada, contro il mio pastore, contro colui che è mio compagno. Oracolo del Signore degli eserciti. Percuoti il pastore e sia disperso il gregge, allora volgerò la mano sopra i deboli. In tutto il paese – oracolo del Signore – due terzi saranno sterminati e periranno; un terzo sarà conservato. Farò passare questo terzo per il fuoco e lo purificherò come si purifica l’argento; lo proverò come si prova l’oro. Invocherà il mio nome e io l’ascolterò; dirò: questo è il mio popolo. Esso dirà: il Signore è il mio Dio” ( Zaccaria 13: 7-9).
“È certamente un passaggio scioccante – scrive Pope – ma mostra l’obiettivo di Dio nell’assottigliare i ranghi. Sebbene siamo sempre liberi di rimanere o di andare, c’è qualcosa di molto misterioso sul perché Dio permetta a così tanti di smarrirsi. Sembra che ci siano momenti in cui Dio permette a molti di partire e anzi che li faccia partire. Un mistero difficile da digerire, ma ne capisco un aspetto quando considero i miei cespugli di rose”.
Rose? Che c’entrano le rose? Monsignor Pope lo spiega subito: “A novembre è tempo di potatura qui nel nord-est [degli Usa, ndr]. I miei robusti cespugli di rose, alcuni dei quali alti un metro e ottanta, saranno allora potati e diventeranno alti poco più di trenta centimetri da terra, ma lo faccio apposta! Se voglio che le mie rose l’anno prossimo possano crescere belle e forti, la potatura va fatta. Le rose non capiscono quello che faccio, ma io sì. Sebbene sia doloroso, è necessario. E anche Dio sa che cosa sta facendo e perché. Noi non possiamo comprenderlo più di quanto i miei cespugli di rose possano capire perché io li poto. La Bibbia ci dice che anche il terzo che rimane deve essere purificato mediante il fuoco. Quando ciò sarà fatto, i rimasti saranno oro puro. Coloro che rimangono e che accettano la purificazione chiameranno il nome di Dio. Saranno un popolo, una Chiesa, secondo il cuore stesso di Dio”.
La metafora dei cespugli di rose ci apre una nuova prospettiva: “A me sembra chiaro – scrive Pope – che il Signore sta potando la sua Chiesa. Ci sta preparando per la primavera. Ci troviamo a sopportare un duro  inverno, ma siamo in fase di purificazione. Sono giorni difficili per la Chiesa, ma vedo già i segni di una grande primavera a venire. Ci sono molti meravigliosi movimenti laici e aree di crescita nella Chiesa. Sono molto colpito dalle qualità degli uomini che scelgono il sacerdozio; amano il Signore e la Sua chiesa e desiderano profondamente dire la verità nell’amore. Nel mio convento abbiamo più di venticinque giovani suore di un meraviglioso ordine missionario relativamente nuovo. Anche loro amano il Signore e la Sua chiesa e vogliono diffondere il suo Vangelo”.
“Sebbene il numero di cattolici praticanti sia diminuito, vedo un maggiore fervore in coloro che rimangono. Nella mia parrocchia ci sono molti che si dedicano alla preghiera, allo studio della Bibbia e a rendere gloria a Dio. La pietà eucaristica oggi è più forte nella Chiesa attraverso l’adorazione eucaristica e la messa quotidiana. Su Internet ci sono molti segni di impegno e di zelo per la fede. Molti blog e siti web meravigliosi stanno emergendo per rafforzare i cattolici”.
Dice ancora monsignor Pope: “Potrei continuare, ma penso che abbiate capito. Dio ci ha potati e ci sta purificando. Non ho dubbi sul fatto che ci saranno ancora difficili giorni invernali prima che inizi una piena primavera, ma Dio non fallisce mai. Sta rinnovando la Sua Chiesa e ci sta preparando per ciò che ci aspetta. Ci vorrà una Chiesa più forte e più pura per resistere allo tsunami culturale che sta arrivando. Le prime ondate hanno colpito alla fine degli anni Sessanta e quelle successive sembrano essere ancora più distruttive. La cultura occidentale come la conosciamo viene gradualmente spazzata via. La Chiesa dovrà essere forte e pura per sopportare i giorni a venire, per salvare tutti quelli che possiamo e per aiutare a ricostruire dopo che le terribili ondate avranno causato distruzione”.
Ecco, mi sembra che ci sia da riflettere.
Aldo Maria Valli

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