Cattolici in fermento in vista dell’imminente Sinodo sull’Amazzonia (6-27 ottobre) e del pericolo che vi si approvino eresie. Alla vigilia, un gruppo di fedeli, laici e consacrati, si riuniranno a pochi passi da San Pietro per pregare il Rosario e chiedere la grazia «che non venga adulterato il depositum fidei». Tra il 4 e il 5 si terranno anche diversi convegni, con giornalisti e studiosi da ogni parte del mondo, uniti dall’amore per Dio e la Chiesa.
Mancano solo due settimane all’inizio del Sinodo sull’Amazzonia (6-27 ottobre), il cui documento preparatorio, l’Instrumentum Laboris, desta preoccupazione tra i fedeli per diversi aspetti, sia perché potrebbe essere il veicolo per l’abolizione del celibato sacerdotale sia per i suoi forti accenti panteistici e neopagani, che finiscono per negare la necessità dell’evangelizzazione. Com’è noto, il cardinale Walter Brandmüller non ha esitato a definire «eretico» il testo; inoltre, il cardinale Raymond Burke e il vescovo Athanasius Schneider hanno esortato il popolo di Dio a unirsi a una crociata di preghiera e digiuno affinché nel Sinodo non vengano approvati errori ed eresie.
Alla luce di questi pericoli e della generale crisi di fede, sabato 5 ottobre, dunque alla vigilia dell’inizio della riunione dei vescovi in Vaticano, un gruppo di amici cattolici - laici e consacrati - si riuniranno a Roma, alle 14.30, in Largo Giovanni XXIII, a pochi passi dalla Basilica dove riposa il corpo di San Pietro, per pregare il Rosario e chiedere a Dio, con l’intercessione di Maria Santissima, la grazia di purificare la Chiesa. L’iniziativa ha una pagina Facebook ufficiale (Preghiamo per la Chiesa - Let’s pray for the Church - Oremos por la Iglesia) e manifesti tradotti in più lingue, che iniziano con le parole pronunciate da Benedetto XVI nel viaggio verso il Portogallo del maggio 2010. «Le sofferenze della Chiesa vengono proprio dall’interno della Chiesa, dal peccato che esiste nella Chiesa […]», diceva allora papa Ratzinger rispondendo a una domanda sul terzo segreto di Fatima. E aggiungeva: «Oggi lo vediamo in modo realmente terrificante: che la più grande persecuzione della Chiesa non viene dai nemici fuori, ma nasce dal peccato nella Chiesa».
Sono dieci le intenzioni di preghiera di questi fedeli (qui il testo integrale), i quali chiedono a Dio innanzitutto «che cessino gli scandali sessuali ed economici che deturpano il volto della Chiesa e che gli ecclesiastici coinvolti in detti scandali non siano promossi a posizioni di comando ma al contrario rimossi ed invitati al pentimento»; «che non venga adulterato il depositum fidei, di cui nessuno, nella Chiesa di Cristo, neppure il pontefice, è padrone»; «che le famiglie religiose, i vescovi, i sacerdoti, i professori fedeli a Cristo e alla Chiesa non vengano più commissariati, perseguitati, destituiti senza accuse concrete e verificate, per il solo motivo del loro attaccamento alla “fede di sempre”»; «che la gerarchia ecclesiastica sia coraggiosa nel predicare il Vangelo e che additi come esempio ai fedeli i suoi santi […]».
Le intenzioni proseguono quindi chiedendo «che la priorità di chi guida la Chiesa sia annunciare la fede in Gesù Cristo Salvatore», che si proclamino i principi non negoziabili, «in particolare la difesa della vita e della famiglia» dalla cultura che promuove aborto, droga libera, eutanasia, ideologia gender. I fedeli implorano poi la grazia «che non si confondano più l’amore per il Creato con l’ecologismo pagano e panteista», e che si comprenda che l’amore per la patria e la «propria identità» nulla c’entrano «con il nazionalismo o altre aberrazioni». Il testo si conclude con la preghiera affinché «i cristiani perseguitati nel mondo, che affrontano torture e morte in nome di Cristo, non debbano più sentir dire, da Roma, che Allah e Gesù Cristo sono il “medesimo Dio”».
Sempre il 5 ottobre è in programma a Roma un’altra iniziativa di fedeli con un punto di vista critico sulle mire del prossimo Sinodo. Si tratta del convegno «Amazzonia: la posta in gioco», organizzato dall’Istituto Plinio Correa de Oliveira e che si terrà all’Hotel Quirinale (dalle 9:30). Tra gli oratori italiani, Roberto de Mattei, presidente della Fondazione Lepanto, e Stefano Fontana, direttore dell’Osservatorio Cardinale Van Thuan e collaboratore di questo quotidiano. Diversi i relatori dal continente americano e in particolare dal Brasile, come il meteorologo Luiz Carlos Molion, il principe Bertrando d’Orleans-Braganza, autore del libro Psicosi ambientalista, e altri ancora.
Nel tardo pomeriggio di sabato (a partire dalle 18), nella sala conferenze presso Santo Spirito in Sassia, con il liturgista don Nicola Bux tra i relatori, si terrà un altro convegno, promosso dal comitato internazionale «Uniti con Gesù Eucaristia per le mani santissime di Maria», che ha il fine di ravvivare la devozione verso il Santissimo Sacramento.
L’ultima iniziativa che segnaliamo è in realtà la prima in ordine cronologico, perché in programma venerdì 4 ottobre, festa di San Francesco. Si tratta della tavola rotonda organizzata da Voice of the family e intitolata «Our Church - reformed or deformed?» (La nostra Chiesa - riformata o deformata?). L’inizio è previsto per le 15, con partecipanti vari autori del giornalismo cattolico, dall’America all’Europa, come John-Henry Westen (Life Site News), Michael Voris (Church Militant), il già citato de Mattei (Corrispondenza Romana), il nostro collaboratore Marco Tosatti (Stilum Curiae), il direttore della Nuova Bussola, Riccardo Cascioli, e altri ancora (qui il programma completo). L’incontro sarà moderato da John Smeaton, direttore della Spuc (Society for the protection of unborn children), associazione pro vita del Regno Unito.
C’è insomma un popolo ben veglio, con fedeli da ogni parte del mondo animati da un sincero amore per Dio e per la Chiesa, che al di là dell’esito immediato degli eventi sanno che Gesù ha fatto, alla Sua Sposa, una promessa eterna.
Ermes Dovico
- IL DOSSIER SUL SINODO
http://www.lanuovabq.it/it/sinodo-sullamazzonia-ce-un-popolo-che-veglia-e-prega
- #SALVIAMOLECHIESE
Napoli milionaria. E le chiese diventano tutto tranne chiese
Il caso di San Giovanni Maggiore e del Congresso dei Radicali è solo il più eclatante. Il programma Unesco per il centro storico di Napoli sta assegnando centinaia di migliaia di euro per il restauro di molte chiese napoletane, ma non per destinarle al culto. Nonostante le rassicurazioni delIa Curia, i progetti depositati in Comune e finanziati dall'Europa parlano chiaro: diventeranno laboratori di pittura, di teatro, centri di accoglienza per migranti e generici luoghi per favorire la socialità di quartiere gestiti dal Comune e da privati. Tutto fuorché chiese.
-PARLA LA CURIA, MA LA TRASPARENZA E' LONTANA
-PARLA LA CURIA, MA LA TRASPARENZA E' LONTANA
Si chiama chiesa, si legge sala polivalente. Non c’è soltanto la chiesa di San Giovanni Maggiore a Napoli. Di templi profanati nel nome della pubblica socialità con la scusa dell’ormai fine del culto, la città partenopea è disseminata, come testimoniano le inchieste della Nuova BQ e la campagna #salviamolechiese. Chiese che vengono fatte risplendere non più per il culto a Dio, per dirvi messa o per pregare il Rosario, ma per le attività più disparate.
Come dimostra questo piccolo nostro viaggio in appena sei templi che da qui a pochi anni diventeranno laboratori di pittura o di teatro, centro di aggregazione interculturale o sale per corsi di lingua. Destinazioni tra le più disparate, che si configurano più come sale civiche che non come luoghi dove vi si dovrebbe esercitare l’esclusivo culto di Dio.
Invece a Napoli si possono comodamente mescolare le due funzioni, quella del sacro e quella del profano senza alcun problema.
Merito di una precisa volontà dell’Arcivescovo Crescenzio Sepe già a partire dal 2011 con il Giubileo per Napoli e del “Grande programma per il Centro storico patrimonio Unesco”, il piano di restauro di monumenti e edifici storici del centro storico di Napoli partito nel 2012 e ancora in corso.
Nel piano sono comprese molte chiese, anche di proprietà dell’Arcidiocesi, ma soltanto per alcune di esse è previsto un ritorno esplicito alle funzioni di culto.
Per molte altre si parla invece di “nuove destinazioni”. E ovviamente si tratta di destinazioni profane, anche se questa parola non piace ai vertici della diocesi che la trovano poco carina nei confronti degli sforzi che vengono fatti per i restauri, come dimostra l’intervista che la Bussola ha fatto al responsabile dei Beni culturali della Diocesi (qui). Ma tant’è.
A seguire i progetti di queste chiese c’è ancora una volta la Fondazione degli ingegneri di Napoli guidata da Luigi Vinci, che i lettori della Nuova BQ hanno già conosciuto giù in occasione della vicenda del Congresso del Partito Radicale nella chiesa di San Giovanni. E proprio la chiesa di San Giovanni, gestita attraverso un comodato con la diocesi, viene presa a modello per replicare tutti gli altri interventi. Nella scheda con la quale si approva il progetto di riqualificazione urbana della chiesa dei santi Cosma e Damiano ad esempio, si dice espressamente che «S. Giovanni Maggiore, aperta al pubblico dopo 40 anni e affidata in comodato allo stesso ordine degli ingegneri (il documento pubblicato sul sito del Comune risale al 2014, prima della nascita della Fondazione stessa, quando la gestione era in capo all’Ordine) sta sviluppando una straordinaria azione di valorizzazione culturale, programmando con ciclica cadenza eventi, incontri, conferenze, seminari e altre attività culturali». Di come la vita spirituale della parrocchia sia stata umiliata in tutti questi anni abbiamo già detto. Ma come si vede, San Giovanni Maggiore è un po’ l’esempio che si utilizza per proseguire con i restauri delle chiese per destinarle ad attività ricreative.
Dal culto alla cultura: l’etimologia è la stessa, ma il loro significato no. Ma è sulla base di questo equivoco che si prosegue nella profanazione. Nonostante la curia dica ora che l'obiettivo è quello di destinarle al culto anche se in coabitazione con il Comune. Dai progetti presentati la parola ritorno al culto non torna mai. E anche questo vorrà pur dir qualcosa con buona pace della diocesi di Napoli.
In Santi Cosma e Damiano ad esempio «la chiesa può svolgere una funzione pubblica di incontro che sia rivolto ad una utenza adolescenziale. Le attività molteplici vanno da quelle ricreative a quelle di carattere laboratoriale (didattica, doposcuola, teatrale, musica), organizzazione di piccole mostre e momenti di scambio della vita di quartiere. E ancora: «Il volume principale viene dunque sistemato per ospitare un laboratorio teatrale per ragazzi, con arredi adeguati e tali da non alterare la fruibilità estetica della chiesa». Infatti, cosa importante, l’edificio resterà un edificio di culto. Come ci ha spiegato monsignor Eduardo Parlato, a Napoli non sono stati fatti decreti di riduzione ad uso profano di chiese. Tutte conservano ancora la loro funzionalità di culto, solo che adesso il culto viene condiviso e il più delle volte sacrificato. Nel progetto di Santi Cosma e Damiano però si vede uno spazio adibito a laboratorio, con scaffali e tavoli. Lo spazio per il culto proprio non si vede.
Accadrà così infatti anche per le chiesette nei pressi di via dei Tribunali come San Tommaso a Capuana che diventerà un «un centro per l’educazione e l’assistenza sanitaria» e per Santa Maria del rifugio che invece ospiterà dopo il restauro un «Centro per l’aggregazione interculturale per comunità di etnie diverse».
Chiese minori - si specifica nel progetto che attualmente è ancora in fase di approvazione da parte del provveditorato della Sovrintendenza, ma che ammonta a 500mila euro - di particolare interesse artistico e chiuse al culto e che son state in passato sede di parrocchie, confraternite e pie unioni. Per tutte queste il restauro «è volto al loro utilizzo per fini di tipo sociale, confermando destinazioni d’uso già esistenti o conferendone delle nuove». Ma tra nessuna di queste viene specificato il culto.
In San Gennaro a Sedil Capuano «si intende realizzare un laboratorio di pittura per bambini», mentre per la chiesa di Sant’Andrea a Sedil Capuano un laboratorio linguistico per stranieri.
Infine per la chiesetta di Santa Maria alla Sanità la destinazione pensata è quella del punto di assistenza per esigenze di quartiere. Il tutto finanziato dall’Unesco, garantito dal Comune e benedetto dalla Diocesi.
Certo, siamo non distanti dal rione Sanità, ma non è questa la sanità, di tipo socio relazionale, che aveva in mente la Chiesa quando eresse secoli fa questi scrigni ormai decaduti. Al di là delle scelte della Chiesa di Napoli e dell'arcivescovo, è davvero curioso che un'entità sovranazionale ma sempre più decisiva come l'Europa, consenta di finanziare il restauro delle chiese, ma a condizione che venga escluso in via preliminare almeno, il loro ritorno al culto. O forse non è curioso per niente, ma coerente del del tutto con le finalità di questa Europa.
Andrea Zambrano
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