ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 27 settembre 2019

L’avanguardia dell’apostasia

Nella chiesa di Bergoglio, anche per gli aggettivi cristiani, arriva lo spoglio…


La Chiesa è intransigente sui princìpi, perché crede, ma è tollerante nella pratica, perché ama. I nemici della Chiesa sono invece tolleranti sui princìpi, perché non credono, ma intransigenti nella pratica, perché non amano (R. Garrigou-Lagrange)
Cominciamo subito con il chiarire che, quanto segue, non intende assumere il ruolo del professore di italiano e dunque non si intende correggere papa Francesco nel suo uso – e consumo – della lingua italiana… Tuttavia essendo stato proprio Bergoglio ad aver fatto una lezione di “grammatica cristiana” e ad averci offerto il tutto su di un piatto d’argento, riteniamo doveroso intervenire per salvare certi aggettivi dall’impietoso e –  regal-papale – abbattimento.

Questa mattina 23 settembre, vedi qui, papa Francesco ha ricevuto il Dicastero per la Comunicazione e, come da sua abitudine, tralascia il testo originale per comunicare agli Ospiti più liberamente: “dire quello che ho nel cuore “…. Prima di procedere è bene tenere a mente le parole di Benedetto XVI che, nel descrivere il compito del Papa, annienta subito questo modo arbitrario di “pensare” da parte di Bergoglio:
  • “Egli (il papa) non deve proclamare le proprie idee, bensì vincolare costantemente se stesso e la Chiesa all’obbedienza verso la Parola di Dio, di fronte a tutti i tentativi di adattamento e di annacquamento, come di fronte ad ogni opportunismo…” (Benedetto XVI – Omelia dalla Cattedra 7.5.2005)
Dire quel che “si ha nel cuore” è cosa lodevole, ma non per inventare qualcosa di nuovo. Se dovessimo togliere gli aggettivi dal Discorso di Benedetto XVI, che cosa rimarrebbe?
Vediamo così che nel Discorso ufficiale, consegnato da Bergoglio al Dicastero, non c’è nulla di ciò che ha detto a braccio ma è bene tenere a mente che – questo metodo di consegnare il testo ufficiale e poi parlare a braccio – sta ad intendere come deve essere interpretato, poi, il testo consegnato! Inoltre bisogna tenere a mente che i Gesuiti si ritengono da sempre MAESTRI ASSOLUTI… ma non ci addentreremo ora in questo.
Ecco il passaggio che deve far discutere, delle parole dette a braccio da papa Francesco, non spezzate il discorso, va letto integralmente:
  • Guardo questo Arcivescovo lituano qui davanti, e penso all’Emerito di Kaunas, che ora sarà fatto cardinale: quell’uomo, quanti anni in prigione ha passato? Con la testimonianza ha fatto tanto bene! Con il dolore… Sono i nostri martiri, quelli che danno vita alla Chiesa: non i nostri artisti, i nostri grandi predicatori, i nostri custodi della “vera e integra dottrina”… No, i martiri. Chiesa di martiri. E comunicare è questo: comunicare questa ricchezza grande che noi abbiamo. Questa è la seconda cosa.
  • La terza la prendo da quello che ho detto poco fa, che mi dà un po’ di allergia quando sento dire: “Questa è una cosa autenticamente cristiana”, “questo è veramente così”. Siamo caduti nella cultura degli aggettivi e degli avverbi, e abbiamo dimenticato la forza dei sostantivi. Il comunicatore deve far capire il peso della realtà dei sostantivi che riflettono la realtà delle persone. E questa è una missione del comunicare: comunicare con la realtà, senza edulcorare con gli aggettivi o con gli avverbi. “Questa è una cosa cristiana”: perché dire autenticamente cristiana? È cristiana! Il solo fatto del sostantivo “cristiano”, “sono di Cristo”, è forte: è un aggettivo sostantivato, sì, ma è un sostantivo. Passare dalla cultura dell’aggettivo alla teologia del sostantivo. E voi dovete comunicare così. “Come, tu conosci quella persona?” – “Ah, quella persona è così, così…”: subito l’aggettivo. Prima l’aggettivo, forse, poi, dopo, come è la persona. Questa cultura dell’aggettivo è entrata nella Chiesa e noi, tutti fratelli, dimentichiamo di essere fratelli per dire che questo è “così” fratello, quello è “nell’altro modo” fratello: prima l’aggettivo. La vostra comunicazione sia austera ma bella: la bellezza non è dell’arte rococò, la bellezza non ha bisogno di queste cose rococò; la bellezza si manifesta dallo stesso sostantivo, senza fragole sulla torta! Credo che questo dobbiamo impararlo.
Allora, intanto ci rincuora che il papa abbia detto: “Credo che…” sollevandoci, nella sostanza, da un obbligo vincolante… E’ bene tuttavia ragionare sulla gravità di questo modo di pensare.
Bergoglio afferma che i nostri martiri NON SONO “i nostri custodi della “vera e integra dottrina”…“, i nostri martiri non sarebbero così, per Bergoglio, neppure I GRANDI PREDICATORI (??) Per Bergoglio, i martiri sono coloro che (??? punti interrogativi perché di fatto non esplicita) sono stati in prigione… hanno comunicato la vita della Fede con la propria vita. E questo è vero, ma ciò che si vuole omettere è il SOGGETTO: per CHI?? In nome di CHI? Questo per papa Francesco è superfluo, a volte lo da per scontato e dunque non c’è bisogno di esplicitarlo. Ma ciò che sgomenta è la netta separazione dei “grandi PREDICATORI” della Fede, dei Confessori della Fede che, se morti per difendere la FEDE, non rientrerebbero nel concetto di MARTIRIO
Quando il Papa afferma: “E comunicare è questo: comunicare questa ricchezza grande che noi abbiamo…“, di quale ricchezza sta parlando? Lo accenna nel paragrafo dopo riportato integralmente. Per Bergoglio è sufficiente dirsi CRISTIANI E BASTA, capite dove sta arrivando? Alla eliminazione dell’aggettivo CATTOLICO…. infatti afferma: “Il solo fatto del sostantivo “cristiano”, “sono di Cristo”, è forte: è un aggettivo sostantivato, sì, ma è un sostantivo. Passare dalla cultura dell’aggettivo alla teologia del sostantivo...”
E’ vero che il solo sostantivo basterebbe, ma non sempre perché ci sono i CRISTIANI PROTESTANTI e quando Bergoglio dice: “E voi dovete comunicare così. “Come, tu conosci quella persona?” – “Ah, quella persona è così, così…”: subito l’aggettivo. Prima l’aggettivo, forse, poi, dopo, come è la persona. Questa cultura dell’aggettivo è entrata nella Chiesa e noi, tutti fratelli, dimentichiamo di essere fratelli..”, chi vi credete a chi allude? Agli aggettivi entrati nella storia della Chiesa ma non certo per colpa della Chiesa, come vorrebbe far credere. ELIMINARE IL TERMINE CATTOLICO E QUELLO DI PROTESTANTE sarebbe, per Bergoglio uno di quei muri da abbattere per facilitare l’ecumenismo…
Come possiamo essere certi di questa interpretazione? A parte i tanti editoriali nei quali abbiamo annotato il ricco florilegio di questo pontificato, ma leggiamo sempre da questo Discorso quanto segue:
  • “Questa è una cosa cristiana”: perché dire autenticamente cristiana? È cristiana! Il solo fatto del sostantivo “cristiano”, “sono di Cristo”, è forte: è un aggettivo sostantivato, sì, ma è un sostantivo.
Certo che basterebbe il sostantivo “cristiana”, ma come DISTINGUERSI DAL CRISTIANESIMO PROTESTANTE?? Eccola qui la soluzione di Bergoglio: eliminate gli aggettivi perché distinguono… e lo ha specificato quando ha detto: “Sono i nostri martiri, quelli che danno vita alla Chiesa: non …i nostri grandi predicatori, i nostri custodi della “vera e integra dottrina”… No, i martiri. Chiesa di martiri…”, ma se NON sono MORTI per difendere la VERA E INTEGRA DOTTRINA CATTOLICA, per cosa sarebbero morti? Per Bergoglio è sufficiente che sono morti “per Cristo”, punto.
Di quale “immagine di Cristo” parliamo?  NESSUNA: con questo magistero infatti, abbiamo UN SOLO DIO UNICO che deve andare bene a tutte le religioni, vedi qui, persino ai Musulmani… e allora perché non eliminare anche il Gesù Cristo CATTOLICO?? E così come il Dio di Bergoglio UNISCE tutte le religioni…. bisogna intervenire anche sul Cristo della Chiesa Cattolica perché DIVIDE… mentre quello di Bergoglio, unisce!
Senza più distinzione tra i martiri di oggi, ecco che siamo tutti accomunati da una MEDESIMA FEDE mentre, concetti o aggettivi utili a definire una dottrina, quali “autenticamente, veramente, integra, ecc…” SONO OSTACOLI… Togliendo quel “vera e integra” rimane DOTTRINA sì, ma di chi?? Di quale Chiesa? Di quale Credo, di quale Fede?
Forse prendemmo troppo sotto gamba quando Bergoglio, da poco eletto papa, affermò a Scalfari di non credere in un “Dio cattolico“…. nella sua decantata “furbizia”, vedi qui, ha preso in giro tutti. Vedete, il metodo gesuitico paga perché va a toccare la FORMAZIONE, la mentalità il pensiero e l’eretico gesuita Karl Rahner lo sapeva benissimo come bisognasse entrare nei seminari, per deformare il pensiero cattolico.
Concludiamo con alcuni esempi pratici:
  • A come attributo, A come aggettivo
    SPAVALDO, TIMIDO, sovente SCHIVO.
    Mi dice sempre qualcosa in piu’,
    il gatto BIANCO l’hai perso tu?
Ma facciamo un altro esempio: aggettivi più usati per descrivere una poesia
lunga, breve, romantica, corta, bella, dialettale, brutta, famosa, lirica, ermetica, triste, moderna, epica, antica, satirica, allegra, bucolica, classica, difficile, latina, scritta, didascalica, facile, greca, rinascimentale, drammatica, storica…. Come sarebbe possibile valutare una poesia se… non si usasse almeno qualche aggettivo per darne motivazione?
Provate a togliere certi aggettivi dalle parole di San Paolo: “Ti scongiuro davanti a Dio e a Cristo Gesù che verrà a giudicare i vivi e i morti, per la sua manifestazione e il suo regno: annunzia la parola, insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta con ogni magnanimità e dottrina.  Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie,  rifiutando di dare ascolto alla verità per volgersi alle favole.  Tu però vigila attentamente, sappi sopportare le sofferenze, compi la tua opera di annunziatore del vangelo, adempi il tuo ministero. ” (2Tim. 4, 1,5).
  • ed infine provate a togliere certi aggettivi anche da qui….“Il cattolicesimo, in ciò che gli è essenziale, non può ammettere né il più né il meno: «Questa è la fede cattolica; chi non la crede fedelmente e fermamente non potrà essere salvo»; o si professa intero, o non si professa assolutamente. Non vi è dunque necessità di aggiungere epiteti alla professione del cattolicesimo; a ciascuno basti dire così: «Cristiano è il mio nome, e cattolico il mio cognome»; soltanto, si studi di essere veramente tale, quale si denomina.
    (“AD BEATISSIMI APOSTOLORUM” di Papa Benedetto XV)
L’aggettivo MOTIVA e specifica, senza, rischiamo davvero quel CRISTIANESIMO ANONIMO di rahneriana ed infelice memoria

AGGIORNAMENTO: l’amico Claudio Gazzoli ci ha rinfrescato la memoria… e vogliamo condividere qui il suo commento:
FLORILEGIO di AGGETTIVI già usati dal “COMUNISTA” (aggettivo sostantivale) TRAVESTITO DI BIANCO:
“serpenti, mummie da museo, volto di cetriolini all’aceto, mummie da museo, zitelle, piccoli mostri, amareggiati, zelanti, zicchinosi, frettolosi, tradizionalisti, intellettuali, conservatori, buonisti, progressisti, liberisti, patroni, proprietari, minuziosi, pomposi, ipocriti, farisei, carrieristi, gnostici, putrefatti, rigidi, pelagiani, tenebrosi, ottusi, puri ritualisti, showman, rubricisti, tacchini, chiusi, speculatori, pignoli, mondani, cristiani da salotto, mediocri, cristiani da ricevimento, tiepidi, insipidi, pagani, scalatori, burocrati, pseudo cristiani, pseudo pastori, piccole anime, piagnucoloni, tontos, disgraziati, ribelli, terroristi, idolatri, presuntuosi, condannatori, insensati, orgogliosi, testardi, mummie spirituali, supponenti, cristiani, virtuali, istigatori, vagabondi, succhiasangue, illuminati, cuori chiusi, cuori animali, bestie, volto contorto, tristi, corrotti, eretici, animali, fondamentalisti, noiosi, intontiti, mentitori, narcisisti, manipolatori, carrieristi, mafiosi, impostori, stolti, simulatori, aggressivi, polemici, arroganti, cattivi, malati, settari, cattivi, sleali, predicatori apocalittici, profeti di disgrazie, spiriti malvagi, disonesti, adulatori, indegni, detrattori, succhiacalzini, malintenzionati, lussuriosi, ridicoli, schizoidi, superbi, menti distorte, contraddittori, incoerenti, comari, pavoni, duri di cuore, sclerotici, cattolici infedeli, cattolici atei, cattolici pagani (sich..!!!), anime strette, pesci grassi, cuori testardi, cuori pagani, fanatici, ideologizzati, preti so tutto, ficcanaso, partigiani, inflessibili, avanguardisti, assassini, ingiusti, sporchi di sangue, stupidi, neurotici, scapoli, bulli, autoreferenziali, sergenti, ciarlatani, truffatori, spiriti mondani, semipelagiani, inquisitori, pappagalli, invidiosi, arroganti, anime sporche, anime rugose, anime piene di marciume, fatalisti, epuloni, lupi, amici del diavolo (sich…!!), cinici, prepotenti, pessimisti, egoisti….”
…. non si può dire che non abbia pieno possesso della lingua italiana… potrebbe avere un futuro all’Accademia della Crusca sezione parolacce e simili…

Il Papa bacchetta i convertiti

Papa Francesco, dialogando con i gesuiti africani, racconta una storia di conversione. E la sua reazione provoca "sconcerto"


Al Papa regnante della Chiesa cattolica non è mai piaciuto il proselitismo, ossia il propagandare, per lo più in modo strumentale, una confessione religiosa piuttosto che un'altra, al fine di allargare l'elenco di coloro che credono.
Vale per tutti e, ovviamente, pure per i cattolici. Ma i contenuti di un recente episodio che lo stesso pontefice argentino ha scelto di narrare ai gesuiti nel corso della sua visita apostolica in Africa, in uno dei suoi consueti dialoghi con i membi della Compagnia di Gesù (ogni volta che il pontefice argentino viaggia tiene un summit con questa categoria di religiosi), stanno suscitando "sconcerto" in qualche analista di peso.
"Sconcerto", almeno, è il termine che compare nella disamina del noto vaticanista Aldo Maria Valli, che ha parlato sul suo blog di un passaggio che lo stesso Papa ha fatto emergere. Considerazioni, quelle del giornalista, che sono state riportate pure su Dagospia. Partiamo dagli accadimenti: una persona di fede cattolica rende noto a Jorge Mario Bergoglio di come due persone, un ex membro della religione induista e un'ex appartenente a quella anglicana, abbiano intrapreso un cammino di conversione. Il cattolicesimo non è più una meta per quei due ragazzi, che si sono già convertiti.
Il tutto viene comunicato all'ex arcivescovo di Buenos Aires, forse in termini di conquista. E il Santo Padre, a questo punto della esposizione ai consacrati dell'ordine fondato da Sant'Ignazio, annota l'"amarezza" e fa comprendere come un atteggiamento del genere non possa godere della sua approvazione: "Signora, evangelizzazione sì, proselitismo no", aveva infatti replicato il vescovo di Roma a chi, "in maniera trionfale", stando alla visione del vertice ecclesiastico, aveva fatto sì che quella notizia giungesse alle sue orecchie. A questo punto entra in gioco la reazione sconcertata: "Anziché abbracciare i due convertiti, fare festa con loro e benedirli, il papa li ha praticamente sgridati, ed ha rimproverato la signora per averli aiutati a diventare cattolici!", ha fatto presente Aldo Maria Valli sulla fonte sopracitata. Antonio Socci, dal canto suo, ha commentato via Facebook quanto emerso sui due giovani convertiti e il Papa, parlando di "situazione surreale".
Nelle parole che il Papa pronuncia ai gesuiti c'è spesso qualcosa di giornalisticamente rilevante. Per conoscerne ogni aspetto, bisogna sempre aspettare che La Civiltà Cattolica, la rivista diretta da Padre Antonio Spadaro, faccia conoscere cosa è stato domandato al Santo Padre e come il Santo Padre ha risposto. In relazione all'ultimo viaggio in Africa, abbiamo già sottolineato di come Jorge Mario Bergoglio abbia posto l'accento sulla necessità che la Chiesa cattolica preghi in suo favore, considerando che è un pontefice "tentato" e "molto assediato", come ha voluto confidare a chi stava ascoltando.

Francesco "amareggiato" sui convertiti - Ma un sacerdote ha la soluzione

Durante il suo incontro con gesuiti in Mozambico, Papa Francesco ha detto: "Oggi ho sentito una certa amarezza quando ho concluso l’incontro con i giovani. Una signora mi ha avvicinato con un giovane e una giovane. Mi è stato detto che facevano parte di un movimento un po’ fondamentalista. Lei mi ha detto in perfetto spagnolo: «Santità, vengo dal Sud Africa. Questo ragazzo era indù e si è convertito al cattolicesimo. Questa ragazza era anglicana e si è convertita al cattolicesimo». Ma me lo ha detto in maniera trionfale, come se avesse fatto una battuta di caccia con il trofeo. Mi sono sentito a disagio e le ho detto: «Signora, evangelizzazione sì, proselitismo no»."

Cosa pensare di un papa che prova “amarezza” perché gli vengono presentati due giovani convertiti dall’eresia e dalla idolatria?

Il buon Pastore del Vangelo fa festa quando trova la pecorella smarrita e come si può, da discepoli del buon Pastore (e più ancora da Suo Vicario) e da zelatori della salvezza delle anime, rimanere amareggiati e giudicare aspramente la gioia di chi è riuscito a portare alla Chiesa due pecorelle smarrite?

È tremendo, ma si può!

Si può nel contesto del dogma dell’irrevocabile ecumenismo e del imprescindibile dialogo interreligioso del Vaticano II, di Paolo VI, di Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e in ultimo dell’infelicemente regnante Francesco.

Al massimo è accettabile che uno si converta come i fondatori di Taizé Max Thurian (tra i creatori del Novus Ordo Missae, “prete” “cattolico” nel 1987) e Roger Schutz, ossia aderendo al “cattolicesimo” senza rinnegare, anzi rivendicando di non rinnegare, il calvinismo di provenienza. Del resto in un ottica modernista, non ha senso né l’una né l’altra religione, né nessuna religione.

Tutte alla fin fine si equivalgono e come diceva Madre Teresa di Calcutta: “Ti aiuto a convertirti e ad essere un migliore indù, un migliore musulmano o un migliore protestante. Una volta che trovi Dio, sei libero di decidere come adorarlo”.

Per questo, l'inglese don Evans Julce ha chiesto su Twitter cos'avrebbe dovuto dire la donna a Francesco. Lui propone: "Santità, purtroppo questi due sono diventati Cattolici" Ho detto loro che era una stupidata, ma ecco! Ragazzini...si sa!"

Foto: © Mazur, CC BY-NC-SA, #newsTcjjkpxjtk



Vade retro Festival Francescano, Sanremo del rinnegamento
Nel programma dell'evento la parola "dialogo" ricorre dozzine di volte, "Cristo" mai. Un francescano non può non citare San Francesco ma un ipocredente deve depotenziarlo




I gesuiti sono l’avanguardia dell’apostasia. Ma i cappuccini non vogliono rimanere indietro, almeno a giudicare dal Festival Francescano da domani a Bologna. Mi sono letto e riletto il programma dei tre giorni (finisce domenica): la parola “dialogo” ricorre dozzine di volte, “Dio” una volta sola, a pagina 14, preceduto guarda caso da Allah, “Gesù” una volta sola, a pagina 10, “Cristo” mai e si capisce siccome Gesù è nome di persona mentre Cristo è il titolo del Figlio di Dio, la Madonna mai, e si capisce ancor meglio, Maria è nemica delle eresie. Sabato sera c’è uno spettacolo teatrale avente come protagonisti “un medico cristiano furbetto e un brigante islamico tutto cuore e devozione”. Un francescano non può non citare San Francesco ma un ipocredente deve depotenziarlo: nella presentazione del presidente del Festival, frate Giampaolo Cavalli, a San Francesco viene tolta l’aureola, lo si chiama Francesco e basta, senza San, forse “per scoprire la possibilità di andare incontro all’altro”, o per consimili filastrocche indifferentiste. Vade retro Festival Francescano, Sanremo del rinnegamento.



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