ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 12 settembre 2019

Tacere, aspettando quieti il boia,o il dottore

Per il tuo bene

Mentre qui da noi si sta aspettando un pronunciamento sul fine vita un po’ come stando seduti sulla sponda di un fiume, ma girati dalla parte sbagliata, altrove si è già molto più avanti.
Non ho trovato molti riscontri sulla stampa nostrana alla sentenza olandese dell’altro giorno. Eppure è a suo modo abbastanza clamorosa. Era la prima volta che si metteva sotto accusa un medico che aveva ucciso un suo paziente di non avere agito secondo la legge vigente. Una certa signora aveva scritto di volere essere sottoposta ad eutanasia su sua richiesta al momento giusto. La suddetta signor aveva cominciato a soffrire di demenza senile e i suoi parenti avevano deciso che, beh, a cosa serviva ancora tenerla in vita? Così avevano preso accordi per sedarla ed ucciderla. La vecchietta non aveva gradito: aveva cercato di opporsi e resistere all’iniezione letale. Avevano dovuto bloccarla, per ammazzarla.
Adesso il giudice ha deciso che va bene così. Anche se la signora aveva lottato per continuare a vivere, aveva lasciato scritto che le sarebbe piaciuto morire. Non è che l’hanno uccisa contro la sua volontà, è che non capiva che schiattare avvelenata era la sua volontà. Gli altri sapevano meglio di lei, cosa era bene per lei: cessare di esistere.
Oh, non fate quelle facce. Non è un concetto nuovo. In fin dei conti, non si abortiscono tutti quei bambini per il loro stesso bene? Cosa vi lamentate, allora? La perdita della vostra libertà? Ma decidere di morire è la cessazione della libertà, il suo diretto opposto. Ci avete già rinunciato. Siate contenti che ci sia qualcuno che si occuperà di voi quando diventerete inutili, o dannosi.
E se non pensate così, anche voi siete dementi. Come tali, non sapete cosa è meglio per voi: tacere, aspettando quieti il boia, o il dottore.

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La Chiesa ha scelto la strada della riduzione del danno

Al convegno con le associazioni, il presidente Cei Bassetti sancisce il no all'eutanasia attiva, ma lancia la "linea" della Chiesa sul suicidio assistito: «Meglio legiferare per “limitare i danni” piuttosto che l'eutanasia legalizzata dalla Consulta». Ma per il numero uno Cei la via più percorribile è quella di «un’attenuazione delle sanzioni dell’aiuto al suicidio se sono coinvolti i famigliari» anche se si rifiuta di chiamarla depenalizzazione. 


Pochi giorni fa era stato il presidente del Consiglio Giuseppe Conte a parlare di eutanasia e suicidio assistito nell'aula del Senato, chiamato in causa sull'argomento dalla senatrice Paola Binetti. Il premier aveva ammesso di aver voluto escludere questo tema dal programma di governo, 'rilanciando la palla' al Parlamento affinché possa trovare "il modo e le occasioni per approfondire queste questioni e lo possa fare rapidamente e con "un'ampia condivisione per intervenire e legiferare".
Un passaggio tirato in ballo ieri, nel corso del suo intervento nell'incontro"Eutanasia e suicidio assistito, quale dignità della morte e del morire?" svoltosi al centro congressi della Cei, dal cardinale Gualtiero Bassetti per presentare la posizione ufficiale dei vescovi italiani. Meglio legiferare per 'limitare i danni' piuttosto che correre il rischio che l'eutanasia sia legalizzata con una sentenza della Consulta (Leggi qui la posizione della Nuova BQ ndr). Questo è il sunto della posizione del prelato toscano che, nel suo lungo intervento, ha chiarito di parlare "a nome della Chiesa italiana".
Prima di arrivare all'auspicio dell'avvio di un iter legislativo sul tema entro il 24 settembre, scadenza indicata dalla Consulta alle Camere per la ridefinizione del reato di aiuto al suicidio nell'ambito del processo a Marco Cappato, il capo dei vescovi italiani ha fatto una lunga premessa per ribadire le ragioni della contrarietà a questa pratica e le conseguenze nefaste che una sua legalizzazione potrebbe comportare.
"Va confutato - egli ha affermato - il presupposto che quella di darsi la morte sia una scelta di autentica libertà, poiché la libertà non è un contenitore da riempire e assecondare con qualsiasi contenuto, quasi la determinazione a vivere o a morire avessero il medesimo valore". L'arcivescovo di Perugia ha ricordato che "il suicidio assistito differisce,  solo formalmente dall’eutanasia, poiché in entrambi i casi l’intenzione dell’atto e il suo effetto sono i medesimi, cioè la morte della persona" e "l’intenzione che muove chi compie l’atto eutanasico non è la rassegnazione davanti alla morte, ma la positiva scelta di porre fine all’esistenza del malato".
Il cardinale si è preoccupato di confutare l'argomentazione più diffusa dei pro-eutanasia incentrata sulla volontà espressa - precedentemente o no - dal malato: "essi ritengono che esaudire chi chieda di essere ucciso equivalga a esaltarne la libertà personale. In che modo, però, può dirsi accresciuta la libertà di una persona alla quale, proprio per esaudirla, si toglie la vita?", si è chiesto il porporato. Bassetti, a nome della Chiesa italiana, ha ribadito che "il principio per il quale la richiesta di morire debba essere accolta per il solo motivo che proviene dalla libertà del soggetto" va respinto anche nel caso di una grave malattia.
Dopo aver sottolineato il valore primario della vita e criticato la "mentalità diffusa che porta a percepire chi soffre come un peso", il presidente della Cei è passato all'argomento di maggiore attualità; la necessità di legiferare o meno sul fine vita in vista della scadenza della Consulta. Questo passaggio istituzionale, secondo Bassetti, si è soltanto "apparentemente avvitatosi in un percorso senza sbocchi" ma in realtà sarebbe "orientato, sottotraccia, all’approvazione di principi lesivi dell’essere umano". Non a caso, nella sentenza del processo Cappato, la Corte Costituzionale, pur 'rinviando la palla' al Parlamento, ha manifestato un orientamento favorevole all'abrogazione - parziale o non - dell'articolo 580 del codice penale.
Eventualità che il capo dei vescovi italiani non ha nascosto nel suo intervento, invocando l'intervento del Parlamento in tempi brevi "per evitare che una sentenza della Consulta provochi lo smantellamento del reato di aiuto al suicidio". Secondo Bassetti, entro il 24 settembre prossimo bisognerebbe almeno "avviare un iter di discussione della legge che potrebbe indurre la Corte stessa a concedere un tempo supplementare". Ma in che modo intervenire?
Il numero uno della Cei ha parlato, come "via più percorribile",  di "un’attenuazione e differenziazione delle sanzioni dell’aiuto al suicidio, nel caso particolare in cui ad agire siano i familiari o coloro che si prendono cura del paziente".
Il porporato non ha nascosto che "questo scenario sarebbe comunque altra cosa rispetto all’eventualità di una depenalizzazione del reato stesso". Un 'male minore', dunque, per evitare la "linea della penalizzazione" che - ha avvertito Bassetti - aprirebbe ad una "prevedibile moltiplicazione di casi simili a quello di Noa, la ragazza olandese che ha trovato nel medico un aiuto a morire, anziché un sostegno per risollevarsi dalla sua esistenza tormentata". Ma prima ancora di una simile iniziativa legislativa, secondo il presidente della Cei si dovrebbe procedere ad una revisione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento, la legge sul testamento biologico fortemente voluta dal Partito Democratico e dal suo ex segretario Matteo Renzi.
"Le disposizioni contenute in quel testo - ha ricordato il porporato - rappresentano il punto di partenza di una legge favorevole al suicidio assistito e all’eutanasia".  Secondo il capo dei vescovi italiani, l'introduzione di queste pratiche "aprirebbe allora un’autentica voragine dal punto di vista legislativo, ponendosi in contrasto con la stessa Costituzione italiana, secondo la quale «la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo», il primo dei quali è quello alla vita". Citando i casi di Alfie Evans e di Vincent Lambert, Bassetti ha evidenziato le conseguenze sociali e giuridiche - di cui si ha testimonianza in diversi Paesi europei - dell'introduzione di una legislazione contro il valore primario della vita, sottolineando il pericolo della selezione degli esseri umani più indifesi che già "in una grande percentuale non sono fatti nascere se portano qualche malattia o malformazione".  
"Le leggi di cui temiamo l’approvazione - ha aggiunto il cardinale - non farebbero che ampliare tale obbrobrio, rendendo la vita umana sempre più simile a un oggetto e sempre più soggetta alla regola del consumismo; si usa e si getta". L'opzione preferenziale espressa per un intervento legislativo del Parlamento sul tema eutanasia e suicidio assistito è stata confermata anche da un altro relatore dell'evento di ieri: per Alberto Gambino, presidente di Scienza&Vita, è "preferibile una legge dello Stato, forse non condivisibile fino in fondo, piuttosto che una sentenza della Corte costituzionale che, avendo rango superiore alla legge ordinaria, che è impossibile modificare" e il premier Conte, con la sua replica di ieri in Senato alla richiesta di Paola Binetti, avrebbe "aperto uno spiraglio", se non altro per un supplemento di tempo. Per il giurista sarebbero auspicabili interventi sull'articolo 580 in grado di scongiurare una depenalizzazione e che si limitino ad una "modulazione della pena", facendo sì che l'aiuto al suicidio rimanga reato "a seconda della fattispecie". Quella del 'male minore' che passa per l'avvio dell'iter legislativo in Parlamento è una posizione largamente emersa anche nel seminario dello scorso luglio dal titolo "Diritto” o “condanna” a morire per vite “inutili"?
Proprio in quell'occasione, però, era stato l'allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, a ricordare ai presenti che "l'esito finale di un confronto parlamentare in questo momento non lascia intendere che ci possa essere una soluzione favorevole all'indirizzo auspicato negli interventi" dei rappresentanti delle associazioni cattoliche. Parole di realismo pronunciate un mese prima della crisi del primo governo Conte, quindi in un momento politico ben diverso da quello attuale, con la presenza della Lega al governo a fungere da 'forza contenitrice' alla tentazione di possibili 'passi troppo lunghi' su eutanasia e suicidio assistito, specialmente nelle commissioni competenti. Il Parlamento che dovrebbe intraprendere l'iter legislativo auspicato da Bassetti, invece, è nelle mani di una maggioranza composta da M5S, Pd e dall'estrema sinistra di Leu. Per avere un'idea dell'indirizzo maggioritario sul tema di queste nuove forze di maggioranza, è sufficiente soffermarsi sulla composizione dell'Intergruppo parlamentare per le scelte di fine vita: sia alla Camera che al Senato è composto quasi esclusivamente (con l'esclusione di 3 deputati di Forza Italia) da rappresentanti del Movimento Cinque Stelle, del Partito Democratico e di Liberi e Uguali. 
Nico Spuntoni

1 commento:

  1. Se ad aiutare al suicidio fosse un famigliare, le sanzioni andrebbero aumentate, non diminuite. E l'aiutante escluso dalla successione per indegnità.

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