Prima Lettura Ml 3, 13-20a Ecco, sta per venire il giorno rovente come un forno.
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Allora parlarono tra loro i timorati di Dio. Il Signore porse l’orecchio e li ascoltò: un libro di memorie fu scritto davanti a lui per coloro che lo temono e che onorano il suo nome. Essi diverranno – dice il Signore degli eserciti – la mia proprietà particolare nel giorno che io preparo. Avrò cura di loro come il padre ha cura del figlio che lo serve. Voi allora di nuovo vedrete la differenza fra il giusto e il malvagio, fra chi serve Dio e chi non lo serve.
Ecco infatti: sta per venire il giorno rovente come un forno. Allora tutti i superbi e tutti coloro che commettono ingiustizia saranno come paglia; quel giorno, venendo, li brucerà – dice il Signore degli eserciti – fino a non lasciar loro né radice né germoglio. Per voi, che avete timore del mio nome, sorgerà con raggi benefici il sole di giustizia.
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Il cardinale Hummes alla testa della “chiesa dal volto amazzonico”
(Roberto de Mattei) Le idee non viaggiano da sole nella storia: sono incarnate da uomini. E tra gli apostoli della “chiesa dal volto amazzonico” c’è lui, il cardinale Claudio Hummes, arcivescovo emerito di San Paolo, presidente della Rete Ecclesiale panamazzonica (Repam), nominato da papa Francesco relatore generale del Sinodo che si è aperto il 6 ottobre in Vaticano.
«La missione della Chiesa oggi in Amazzonia è il nodo centrale del sinodo», ha spiegato il cardinale Claudio Hummes, aprendo il 7 ottobre la prima Congregazione generale del Sinodo. «Il Papa ha messo in chiaro che il rapporto della Chiesa con i popoli indigeni e con la foresta Amazzonica, è uno dei suoi temi centrali», ha proseguito il presidente della Repam, secondo il quale «ai popoli indigeni deve essere restituito e garantito il diritto di essere protagonisti della loro storia, soggetti e non oggetti dello spirito e dell’azione del colonialismo di chiunque. Le loro culture, le lingue, le storie, le identità, le spiritualità costituiscono ricchezze dell’umanità e devono essere rispettate e preservate e incluse nella cultura mondiale». Nel suo ultimo libro appena pubblicato, Il Sinodo per l’Amazzonia (Edizioni San Paolo, 2019), Hummes ha spiegato come i popoli dell’Amazzonia «vivono da sempre immersi in una biodiversità incalcolabile e affascinante. (…) La loro saggezza non può andare perduta, né la loro cultura, né le loro lingue, la loro spiritualità, la loro storia, la loro identità» (ivi, pp. 44-45). Il cardinale brasiliano si batte per una “chiesa indigenista”, che «difende gli indigeni e i loro diritti, la loro cultura, la loro storia, la loro identità» (p. 79), «incarnata e inculturata nelle diverse culture indigene» (p. 84).
Il cardinale Hummes ha enfatizzato il “mantra” di papa Francesco, secondo cui: «tutto è interconnesso» (Instrumentum laboris, n. 25). «L’ecologia integrale ci palesa che tutto è collegato, gli esseri umani e la natura. Tutti gli esseri viventi del pianeta sono figli della terra». Per questo il Sinodo , «si svolge in un contesto di grave e urgente crisi climatica ed ecologica che coinvolge tutto il nostro pianeta». La Chiesa, ha aggiunto il cardinale, «non può rimanere ferma in casa, occupandosi solo di sé stessa, racchiusa dentro mura protette. E ancor meno guardando indietro con la nostalgia dei tempi passati». Di fronte all’impellente necessità delle comunità cattoliche in Amazzonia, Hummes, che è sempre stato favorevole all’abolizione del celibato sacerdotale (La Stampa, 12 novembre 2007), ha detto che è necessario che «si apra la strada all’ordinazione sacerdotale degli uomini sposati residenti nelle comunità. Al tempo stesso, di fronte al gran numero di donne che oggi dirigono le comunità in Amazzonia, si riconosca questo servizio e si cerchi di consolidarlo con un ministero adatto alle donne dirigenti di comunità».
Ribadendo l’urgenza di proseguire il processo di inculturazione e di interculturalità messo in atto «nella liturgia, nel dialogo interreligioso ed ecumenico, nella pietà popolare», Hummes ha ricordato diversi interventi che papa Bergoglio ha dedicato all’Amazzonia, fin da quando, alla Giornata Mondiale della gioventù di Rio de Janeiro (2013), parlò di «consolidare il volto amazzonico della Chiesa». Hummes ha citato poi l’enciclica del Papa Laudato sì e il discorso tenuto nel gennaio del 2018 a Puerto Maldonado, in Perù, quando ha simbolicamente aperto il Sinodo sull’Amazzonia.
Claudio Hummes nato nel 1934 e ordinato sacerdote nei Frati Minori, è stato consacrato vescovo dal Cardinale Lorscheider, grande protettore della teologia della liberazione e dal 1975 al 1996 ha governato la diocesi di Santo André. Eletto nel 1998 da Giovanni Paolo II arcivescovo di San Paolo del Brasile fu creato cardinale nel 2001. Nel Conclave del 2013 Hummes sedeva accanto al cardinale Bergoglio e fu lui che gli avrebbe suggerito il nome di papa Francesco dicendogli: «Non ti dimenticare dei poveri». «Francesco non è un nome. È un progetto di Chiesa, povera, semplice, evangelica», ha scritto un amico del cardinale, Leonardo Boff nel suo libro Francisco de Roma e Francisco de Assis – Uma nova primavera na Igreja? (Mar de Ideias, 2014). Da parte sua lo slogan di Hummes è che «il grido della natura e il grido dei poveri sono il medesimo unico grido» (Il Sinodo per l’Amazzonia, p. 29) ripetendo alla lettera il titolo di un libro ultraecologista di Leonardo Boff, Grido della Terra, grido dei poveri – Per una ecologia cósmica (tr. it. Cittadella, 1996).
Feroce critico del governo di Bolsonaro, Hummes ha partecipato lo scorso 2 settembre ad un meeting, a San Paolo del Brasile, che ha riunito tutti i settori della sinistra brasiliana, con la partecipazione del sociologo americano Noam Chomsky.
Nella città di Santo André, dove Hummes fu vescovo fino al 1996, nacque nel 1980 il Partito dei Lavoratori (PT), frutto dell’unione dei sindacalisti, degli intellettuali progressisti dell’Università di San Paolo e dei cattolici della Teologia della Liberazione. Hummes è intimo amico di Luiz Inácio Lula da Silva, l’ex-presidente comunista brasiliano che sta scontando la pena di dodici anni e un mese di progione per corruzione, riciclaggio ed altri reati. Durante le manifestazioni dei sindacalisti degli anni ottanta in Brasile l’allora vescovo di Santo Andre, autorizzò le parrocchie ad accoglierne i seguaci. Caminhada em São Bernardo do Campo lembra aniversário de Lula
Durante il suo episcopato a Santo André, dom Hummes scelse inoltre come responsabile della Pastorale Operaria l’agitatore domenicano Frei Betto, e ne autorizzò il primo viaggio a Cuba (Américo Freire e Evanize Sydow, Frei Betto – Biografia, con prefazione di Fidel Castro, Civilização Brasileira, 2016, pp. 246-247). Dall’incontro, grazie a Frei Betto, tra Lula e Fidel Castro, nacque nel 1990 il Foro di San Paolo, l’organizzazione latino-americana che raccoglie tutte i gruppi politici di ultra-sinistra con l’obbiettivo di ricostituire un nuovo fronte internazionale, dopo la fine dell’Unione Sovietica e il crollo del Muro di Berlino. Dom Claudio Hummes affermò che «Lula è tanto cattolico quanto tutti gli altri cattolici del Brasile» (O Estado de San Paolo, 7 aprile 2005) e nel corso di una messa nella cappella dell’Alvorada a Brasilia lo paragonò a Gesù Cristo e a San Francesco (Folha de San Paolo, 28 maggio 2007).
Il cardinale Walter Brandmüller ha manifestato la sua opinione sull’influenza del Cardinale Hummes nel Sinodo della Amazzonia con queste parole: «Il semplice fatto che il Cardinale Hummes sia presidente (relatore generale) del Sinodo gli darà la possibilità di esercitare una grave influenza in senso negativo e ciò basta per rendere fondata e realistica la nostra preoccupazione». Sabato 5 ottobre, mentre al centro di Roma un convegno internazionale, dell’Istituto Plinio Correa de Oliveira denunciava l’orientamento panteista del Sinodo sull’Amazzonia, nei Giardini del Vaticano si svolgeva una cerimonia in onore delle divinità pagane della fertilità, con la benedizione del cardinale Hummes e di papa Francesco.
Il cardinale Hummes sta al Sinodo dell’Amazzonia come il cardinale Kasper stava a quelli sulla famiglia. Entrambi sono uomini di fiducia del Papa, entrambi hanno partecipato al misterioso incontro tenutosi il 25 giugno di quest’anno, per pianificare la strategia ultra progressista dei prossimi mesi. Il loro ruolo di distruzione della Chiesa deve essere documentato, anche a futura memoria. (Roberto de Mattei)
Il Sinodo Amazzonico apre i lavori e mette sul campo gli obiettivi che tutti si aspettavano: evangelizzare, ma senza una precisa identità; volgere a Dio, ma passando per l’ecologia; cercare soluzioni concrete, ma tenendosi sul vago. Un breve resoconto della relazione del card. Cláudio Hummes.
Già dalle prime battute, martellanti e astratte, è abbastanza chiaro dove il Sinodo Amazzonico voglia andare a parare. Il luogo comune si spreca ed è faticoso leggere il coacervo di resoconti sinodali giornalieri, monocordi e tediosi.
Con ossessiva compulsione sono ripetuti i soliti concetti indefiniti, sullo stile ad esempio di Piero Coda: è di necessità assoluta «cambiare il paradigma»; bisogna inaugurare «nuovi cammini»; va ascoltato il «grido dei poveri»; è importante «custodire la casa comune», mediante una «grande sfida di portata epocale»; le proposte devono essere discusse con «lucidità e parresia», per giungere ad una «ecologia integrale». Tutto questo, appunto, in astratto. Sul concreto, al contrario, l’ingranaggio si blocca e, leggendo le relazioni, sorge come la persuasione (ma anche la certezza) che l’ennesima «sfida epocale» della Chiesa al mondo finirà perduta come le precedenti.
Le generiche premesse di Hummes
L’ambiguità sorge da subito, nella relazione introduttiva al Sinodo Amazzonico del card. Cláudio Hummes. Il cardinale presenta il Sinodo, che ha lo scopo primario di «delineare nuovi cammini», poiché c’è la «necessità della Chiesa di camminare». È il tema noto e vago della «Chiesa in uscita». Ma i cammini – spiega Hummes, citando Papa Francesco – devono essere «nuovi», a motivo di Gesù Cristo, che è «l’eterna novità». Cristo, cioè, «è sempre il nuovo».
Qua, però, è riconoscibile un errore di riduzione teologica. Cristo è nuovo, ma pure antico. Egli dice di se stesso: «Io sono l’Alfa e l’Omega, il primo e l’ultimo, il principio e la fine» (Ap 22, 13). Non dice «Io sono l’Omega, l’ultimo e la fine». Cristo dunque non è «sempre il nuovo», a motivo della sua eternità.
E ancora, a questo proposito, dice San Paolo che «Gesù Cristo è lo stesso, ieri e oggi e nei secoli» (Eb 13, 8). Gesù Cristo non cambia, è il semper idem della liturgia. Certamente in Cristo è compreso il nuovo, ma assieme all’antico, perché il Verbo è al di sopra dei tempi cronologici.
Il fatto poi che tutti i profeti e il Gesù storico abbiano espresso verità inaudite (e dunque nuove) non dipende dal fatto che la dottrina espressa si sia formata dal nulla, ma che la verità sussistente ab aeterno si è incarnata e ha rivelato se stessa. Anche Hummes cita il San Paolo della lettera ai Romani e, tuttavia, non si rende conto di contraddirsi.
Evangelizzazione ed ecologia integrale
È apprezzabile che Hummes riconosca la grande storia dei missionari cattolici, che giunsero al martirio pur di evangelizzare le popolazioni indigene dell’Amazzonia. Ed è pure apprezzabile che lo stesso Papa Francesco riconosca che lo «scopo principale di questa convocazione è individuare nuove strade per l’evangelizzazione», andando indirettamente a confutare don Mauro Leonardi, che aveva scritto: «Il Sinodo dell’Amazzonia è in primo luogo un Sinodo sull’ecologia, sull’ambiente, sull’Amazzonia che brucia […]».
I mezzi, però, che si vogliono usare per questa nuova evangelizzazione non sembrano del tutto simili a quelli dei santi missionari del passato. Hummes, infatti, parla chiaramente di ricette già note e applicate, che hanno rivelato nel tempo una sterilità intrinseca. S’intende riutilizzare il solito «dialogo interreligioso e interculturale», che dovrebbe portare la Chiesa a condividere il futuro con «le altre chiese, religioni, scienza, governi, istituzioni, popoli, comunità e persone, rispettando le differenze». La storia – specialmente degli ultimi sessant’anni – ha dimostrato l’inefficacia di tali pratiche pastorali.
E ancora s’insiste sulla «Chiesa aggiornata, “semper reformanda”», che è l’orizzonte ultimo dell’argomentare su qualsiasi questione. Si discuta di liturgia, di pastorale, di missione, di ecologia o di economia, l’obiettivo ecclesiale primario non muta: aggiornare, aggiornare, aggiornare; riformare, riformare, riformare.
In questo aggiornamento o riforma, Hummes – aderendo alle suggestioni del Papa – inserisce il discorso dell’«ecologia integrale», che «ci palesa come tutto sia collegato, gli esseri umani e la natura». E qua non c’è via d’uscita: l’evangelizzazione, proprio per quest’approccio olistico, deve passare obbligatoriamente per la cura della terra, per l’ecologia, per la risoluzione delle questioni ambientali.
La via, dunque, dell’evangelizzazione (che volge alla dimensione verticale, a Dio) – secondo questo schema, solo apparentemente concreto – dovrebbe contemplare la risoluzione di questioni terrene, orizzontali.
Di Silvio Brachetta|
Jonas Marcolino Macuxí è il capo della tribù dei Macuxi. Marcolino, è stato analfabeta fino a quando non ha avuto la fortuna di essere istruito e ora è un avvocato e matematico, è intervenuto alla conferenza che si è tenuta a Roma dal titolo “Amazon: La posta in gioco”, ospitato dall’Istituto Plinio Correa de Oliveira, parte del movimento brasiliano Tradizione, Famiglia e Proprietà.
È stato battezzato cattolico ma è diventato protestante, in parte a causa dello stato della Chiesa cattolica nella regione, e secondo l’Istituto Plinio Correa de Oliveira egli rimane “molto rispettoso del cattolicesimo tradizionale e serio”.
Di seguito l’intervista che Edward Pentin ha fatto a
e pubblicata su National Catholic Register. Eccola nella mia traduzione.
Quali sono le sue opinioni generali sul Sinodo dell’Amazzonia, e crede che sarà positivo per la regione?
I temi finora discussi sull’Amazzonia sono, a mio parere, più negativi che positivi, come l’approccio alla questione delle infrastrutture. A partire dal 1980, la tendenza è stata quella di vedere qualsiasi tipo di sviluppo in Amazzonia – strade, grandi progetti, ecc.- come parte dell’idea che il progresso sia una brutta cosa.
Perché?
Fino agli anni ’80, il regime militare aveva una visione positiva dello sviluppo, ma quando esso è terminato, c’è stato specificamente un elemento che diceva che il progresso è cattivo, e che bisognasse tornare indietro.
Quanto tutto questo c’entrava con la teologia marxista della liberazione?
Le dottrine sono le stesse: per il comunismo, la proprietà privata è il male, quindi tutto ciò che porta al progresso porta inevitabilmente alla proprietà privata, e questo è visto come un male. Lo stato di Roraima, dove vivo, lo stato più vicino al Venezuela, è l’unico stato del Brasile che è stato collegato alla rete elettrica, quindi abbiamo molta energia idroelettrica lì.
Nella sua relazione ha parlato di cannibalismo e infanticidio come un aspetto delle religioni tribali. Sono ritornati?
Il cannibalismo è finito, ma non l’uccisione di bambini.
Perché non è finita?
Ho riflettuto molto su questo. Secondo la religione tradizionale, quando un bambino nasce con una malformazione, viene sepolto vivo, e questo continua. Quelle cose stavano finendo; ma ora, con l’idea che bisogna tornare al primitivismo, rimangono. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo affermava che tutti nascono con certi diritti, e il diritto alla vita si applica ovviamente a un bambino con malformazioni.
Il teologo della liberazione il domenicano brasiliano Frei Betto ha detto recentemente a proposito del Sinodo pan-amazzonico che “abbiamo davanti a noi un’opportunità che ci permetterà di andare avanti. Non dobbiamo proporre la teologia della liberazione. Spaventa molte persone. Dobbiamo invece parlare di questioni socioambientali”. È preoccupato per questo?
Molti dei grandi leader indiani vedono questa teologia come un livellamento verso il basso. Questi teologi della liberazione stanno promuovendo l’idea che gli indiani che vivono ancora in modo primitivo sono molto felici, vivono in un paradiso, ecc. e vogliono promuovere questa idea a tutti gli altri.
Ma questo non è vero. È falso. Non viviamo in paradiso. E’ una vita molto dura; la gente ha insetti su tutti i piedi, pipistrelli nelle loro case.
Quindi lei crede che un’economia di libero mercato sia il modo per superare questa situazione?
Sì, esattamente; dovremmo avere la possibilità di sviluppare la nostra economia, perché la regione è molto ricca. Ci sono tutte le risorse naturali. Ma nelle riserve indiane non si possono toccare, e questo a scapito delle persone che ci vivono. Essi [quelli che vogliono mantenere gli indigeni allo stato primitivo] hanno neutralizzato la ragione. È ovvio che quelle cose vanno esplorate, ma non ci è permesso farlo. Non ci è permesso usare la nostra intelligenza per utilizzare le cose che sono presenti dove viviamo.
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