Sinodo, i progressisti spingono: preti sposati e ministero femminile
Inizia il Sinodo panamazzonico e il cardinale Hummes già mette le cose in chiaro: la Chiesa verso l'approvazione dei preti sposati
Inizia il Sinodo panamazzonico e il cardinale Hummes già mette le cose in chiaro: la Chiesa verso l'approvazione dei preti sposati
Il Sinodo panamazzonico è iniziato da ventiquattro ore, ma il cardinale Claudio Hummes che è il relatore generale dell'appuntamento, ha già svelato le intenzioni dei progressisti.
Il porporato brasiliano, nella sua relazione iniziale, ha infatti confermato la presenza di due itinerari dottrinali: l'estensione del celibato sacerdotale agli uomini anziani di chiara fede, quelli già sposati, che abitano quella zona sudamericana, cioè l'approvazione dei viri probati, e l'istituzione di un "ministero" per le donne, affinchè queste possano entrare a far parte della vita ecclesiastica pure attraverso ruoli di gestione più ampia. Sono proposte, ma è difficile che non passino. Perché una maggioranza c'è.
La duplice indicazione era già contenuta nell'Instrumentum Laboris: non è un'inezia per la storia della Chiesa cattolica. Il marchio che i cattolici tradizionali applicano per queste innovazioni è noto ai più: laicizzazione o protestantizzazione. Ma la "Chiesa in uscita" di Papa Francesco ha intenzione di evangelizzare i territori panamazzonici. Le modalità per far sì che ciò accada, uscendo però fuori dalla logica del proselitismo, come il vescovo di Roma ha ammonito in questi giorni, devono essere individuate dai padri sinodali, per poi essere sottoposte all'attenzione del pontefice argentino, che mantiene il diritto di dare o no il benestare a quello che i vescovi, che lo stesso Papa ha radunato, stabiliranno. I preti sposati, per la prima volta nella storia recente del cattolicesimo, potrebbero divenire una realtà concreta. Per l'Amazzonia, anzitutto, e poi per gli altri territori in cui esiste la medesima occorenza: continuare ad evangelizzare nel bel mezzo di una crisi vocazionale. Ma serviranno in caso altri sinodi territoriali. Perché quello sull'Amazzonia non è sufficiente a ponderare il da farsi per tutta la Chiesa universale.
"Nella fase di ascolto - ha detto il cardinale Hummes, che è un ecclesiastico molto vicino al Santo Padre - , le comunità indigene hanno chiesto che, pur confermando il grande valore del carisma del celibato nella Chiesa - questo non si tocca -, di fronte all'impellente necessità della maggior parte delle comunità cattoliche in Amazzonia, si apra la strada all'ordinazione sacerdotale degli uomini sposati residenti nelle comunità". Stando ai virgolettati riportati dall'Agi, quindi, sono anche le popolazioni amazzoniche a caldeggiare la doppia svolta. Ma non è un mistero che i progressisti del Vaticano siano più che favorevoli. L'episcopato tedesco, giusto per dirne una, sta già lavorando per il medesimo scopo con il sinodo interno di Fulda. Almeno dal 2017 ad oggi, la Chiesa tedesca è sempre stata della stessa opinione.
E la diffidenza dei tradizionalisti parte proprio dal calcolo secondo cui l'Amazzonia e la Germania possano essere i primi due palcoscenici di uno spettacolo destinato ad essere replicato ovunque. E il diaconato femminile? Quella è una misura più complessa da far digerire. Pure perché il Papa sembra orientato diversamente dai progressisti più persuasi da procedere anche con quella innovazione. Oggi però Hummes ha specificato come"di fronte al gran numero di donne che oggi dirigono le comunità in Amazzonia", si debba riconoscere "questo servizio e si cerchi di consolidarlo con un ministero adatto alle donne dirigenti di comunità". Quindici giorni per cambiare il volto della Chiesa cattolica, prima in Amazzonia e poi, magari, in altri contesti.
Giuseppe Aloisi
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/sinodo-i-progressisti-spingono-preti-sposati-e-ministero-1764603.html
Ora una suora rivela: "In Amazzonia battezziamo e sposiamo"
Il racconto di una suora al Sinodo accelera la discussione sui preti sposati. Si scopre come alcuni sacramenti in Amazzonia vengano amministrati dalle donne
Il racconto di una suora al Sinodo accelera la discussione sui preti sposati. Si scopre come alcuni sacramenti in Amazzonia vengano amministrati dalle donne
Suore che amministrano quasi tutti i sacramenti officiati di consueto dai sacerdoti.
La grande fuga in avanti della Chiesa cattolica per l'Amazzonia, quella che può condurre il cattolicesimo verso l'istituzione dei preti sposati e del diaconato femminile o di un ministero molto simile, come una registrazione di uno stato di fatto. Almeno questo è quello che può essere dedotto, leggendo quanto esposto da una consacrata, una suora dunque, che ha di sicuro fornito un contributo in grado di chiarire meglio i perché di tutta questa urgenza da parte del Papa e da parte dei padri sinodali. Si delibererà, quindi, ma anche su quello che già accade.
Stiamo parlando di suor Alba Teresa Castilla, una sorella missionaria che, come riferito dall'Adnkronos, è intervenuta sulla situazione vissuta dalle istituzioni ecclesiastiche e dai cattolici nella macro area. La stessa area che molto a che fare, in termini di sovranità politica, con il Brasile e con altre nazioni sudamericane. Ma quello è un argomento buono per l'aspetto prettamente geopolitico del Sinodo. Jair Bolsonaro, il presidente carioca, sembra essere preoccupato per il futuro assetto di quei territori. E la Chiesa cattolica sembra voler dire la sua. Se ne parlerà. In queste fasi iniziali, si tratta prima di capire come ottemperare alla domanda di fede che proviene dalla popolazioni indigene, che in questi quindici giorni popoleranno piazza San Pietro e limitrofi attraverso alcuni rappresentanti.
La suora ha fatto intendere come l'approvazione dei viri probati e di un ministero femminile, istituzioni che si occuperebbero di evangelizzare e gestire le realtà ecclesiastiche amazzoniche, non costituisca poi un così grande stravolgimento. Se non altro perché le suore, in Amazzonia, già sposano e battezzano. E questo è il punto focale della narrazione presentata dalla consacrata: poiché i preti in Amazzonia scarseggiano, coprire le necessità pastorali spetta alle suore. "Quando il prete non è presente - ha infatti scandito suor Alba - noi battezziamo, sposiamo anche. Abbiamo anche ascoltato le confessioni senza potere dare l'assoluzione ma ci siamo messe in ascolto.". Poi la specificazione: "Lo facciamo noi missionarie, come pure altre Congregazioni presenti nella foresta amazzonica". Il cardinale brasiliano Hummes, relatore generale, si era già espresso poche ore prima sul "riconoscimento" da dare alle donne che fanno parte delle organizzazioni della Ecclesia nella foresta. Vedremo nel corso di queste due settimane.
Ma la sensazione comune è che il disegno complessivo stia per trovare attuazione. Anche gli argomenti di suor Aralba possono far breccia. Se i viri probati dovessero essere approvati, insomma, le suore potrebbero tornare ai loro compiti originari e non occuparsi più dei sacramenti.
Giuseppe Aloisi
STILUM CURIAE A MONTENERO E A DUE CONVEGNI A ROMA: LA CHIESA (RIFORMATA O DEFORMATA) E L’EUCARESTIA.
Cari Stilumcuriali, i giorni passati sono stati un po’ densi anche per chi scrive. E mi sono trovato nella situazione di aver annunciato, e pubblicizzato tre eventi previsti per sabato 5 ottobre senza essere nella possibilità fisica di partecipare. Perché già da alcuni mesi avevo dato la mia parola di essere al Santuario di Montenero, sopra Livorno, per parlare a e con i partecipanti al pellegrinaggio organizzato dal Coordinamento Toscano Benedetto XVI. È stata un’esperienza molto bella, sia per il luogo – il santuario della Madonna è collocato sui monti dietro Livorno, sia per la bellezza della cerimonia, sia per il contatto con tante persone con cui si è discusso, a volte anche animatamente della situazione della Chiesa attuale.
Forse può essere di interesse per qualcuno leggere quello che ho detto, e da cui sono nate due ore di scambi di opinioni e testimonianze. Eccolo qua:
Montenero, 5 ottobre 2019
Che questo sia un momento di estrema confusione nella Chiesa credo che solo un cieco potrebbe non vederlo, come diceva il compianto cardinale Carlo Caffarra. E in questi nostri tempi così difficili, nei quali la Chiesa cattolica tanto spesso ci appare come una matrigna, e una matrigna confusa, incapace di custodire e trasmettere la vera fede mediante la retta dottrina, spesso mi chiedo, o mi viene chiesto dalle persone che seguono il mio blog, Stilum Curiae: che cosa si può fare? Poi ci sono anche quelli che potrei chiamare i disincantati, che mi dicono: che cosa ti affanni a fare? non sai che la Chiesa ne ha viste tante e supererà anche questa fase? Non è meglio che te ne resti tranquillo e aspetti? Vedi quello che fanno la maggior parte dei cosiddetti nostri Pastori, i cardinali, i vescovi e anche tanti preti, che pur vedendo le cose, pur criticandole a quattr’occhi, però si guardano bene dall’alzare la voce, se ne stanno in silenzio, pregano e ripongono ogni fiducia nel buon Dio?
Però…però noi siamo cresciuti – o come nel mio caso, tornati, da grandi – in un Chiesa in cui è stato detto per decenni che ogni battezzato è in realtà un sacerdote, un profeta e un re, in virtù del Battesimo che ha ricevuto; cioè ogni fedele cattolico è reso dal Battesimo compartecipe delle tre prerogative di Gesù Cristo. E allora restare in silenzio di fronte a qualcosa che tocca la vita della Chiesa in realtà sarebbe, o potrebbe essere un’omissione, la rinuncia a compiere un dovere…
Il problema però resta ben chiaro. Se tu fai parte di un’istituzione, e nel nostro caso parliamo della Chiesa cattolica; e ti sembra, in maniera fondata, che questa istituzione stia deviando, in tutto o in parte, dalle sue caratteristiche fondamentali, e che stia modificando in profondità quelle che erano le cose in cui credeva e i suoi modi di comportamento; e che questa istituzione si stia ponendo in disaccordo, forse non formale, ma sostanziale, certamente con tutto ciò che è stato insegnato e vissuto fino a questo momento dall’istituzione stessa, rinnegando o sembrando rinnegare patrimonio, tradizione e cultura, che cosa si può fare?
Una prima risposta è semplice e radicale. Abbandonare l’istituzione, punto e basta. È una strada che molti seguono. Senza clamore, senza rumore, si smette di far parte dell’istituzione, ci si allontana gradualmente dalle sue cerimonie (che spesso, di questi tempi, in Italia, a causa della politicizzazione della Conferenza Episcopale, e di molti sacerdoti, presentano momenti di grande sofferenza nelle omelie…). È un fenomeno che solo di rado appare evidente nell’opinione pubblica.
Mi viene in mente il caso, negli Stati Uniti, di un noto pubblicista, Rod Dreher, che ha lasciato la Chiesa cattolica ed è passato alla Chiesa ortodossa. In certi Paesi – per esempio la Germania – l’abbandono è più evidente, anche se in quella nazione, a causa del sistema di tassazione, e di finanziamento delle confessioni religiose spesso c’entrano i soldi. Ma la Chiesa tedesca subisce ogni anno un’emorragia di fedeli (duecentomila in meno nel 2014!) che addirittura fa temere nel giro di qualche lustro una scomparsa, analoga a quella che stanno vivendo alcune confessioni “storiche” della Riforma. È un fenomeno evidente anche in Sud America, e in particolare in Brasile, dove la Chiesa cattolica, anch’essa estremamente ideologizzata a sinistra, ha perso milioni di fedeli a favore degli Evangelici, dei Pentecostali.
E anche qui da noi questo fenomeno comincia ad avere una sua importanza. Se negli ultimi cinque anni due milioni di fedeli hanno smesso di destinare alla Chiesa cattolica il loro otto per mille, non si può non leggere questo dato se non come un segnale di disapprovazione verso la politica generale della Chiesa, di disagio verso ciò che essa predica e fa. Non sono a conoscenza di sondaggi in questo campo, che ci dicano quanti cattolici si sono allontanati dalla Chiesa, e perché, in Italia. Ma credo che le risposte potrebbero essere interessanti. È un fenomeno, fra l’altro, che comincia a impensierire anche la Santa Sede. Se il Pontefice regnante nei giorni scorsi ha lanciato l’allarme sul deficit della Santa Sede, è anche perché americani e italiani, che erano fra i maggiori contributori, insieme ai tedeschi, smettono, hanno smesso di mandare soldi a Roma.
Naturalmente questa è un’opzione estrema. E senza voler giudicare nessuno, perché della propria coscienza e delle proprie decisioni, in materia di fede, si deve rispondere solamente a Dio, credo però che per un cattolico credente l’abbandono, l’andarsene, non possa essere realmente un’opzione. Dove altro si può trovare l’Eucaristia, il Pane della domenica? Dove si può trovare, se non nella santa madre Chiesa, l’espressione certa della Parola di Dio? Non possiamo dimenticare la risposta di Pietro a Gesù.“Gli rispose Simon Pietro: ‘Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio”.
La seconda possibilità, secondo me altrettanto estrema, è quella della lealtà a tutti i costi. Conosco persone, anche amici, che di fronte a mie perplessità o critiche su determinate scelte, in particolare di prelati tutt’altro che totalmente liberi da sospetti, mi hanno risposto: “È il papa che l’ha deciso, e allora va bene”. Oppure: “Se sei cattolico, vuole dire che il Papa ha sempre ragione”. Devo dire che questo tipo di opzione, e di risposta, non mi piace per niente. Capisco che possa essere richiesta a qualcuno; alle persone consacrate, per esempio, o a chi nel suo percorso spirituale faccia un voto di questo genere; ma non la trovo rispettosa né della libertà che ci è stata data, come figli di Dio, né della verità, che, come è stato detto, rende libero l’uomo (e la donna).
Temo che troppe volte questa scelta, così apparentemente umile, nasconda altre motivazioni, molto meno nobili. Il desiderio di non avere grane, la paura di conseguenze economiche o di carriera, il timore che una posizione di critica velata venga riportata ai superiori, o possa danneggiare sviluppi di carriera…potrei dettagliare esempi reali per ogni tipo di queste situazioni; ma sarebbe inutile, a noi serve solo sapere che è una realtà che esiste. Ed esiste in particolare in questo momento nella Chiesa cattolica, dove la sorveglianza su pensieri e parole è capillare, diffusa e occhiuta.
Voglio raccontarvi alcune cose.
Nelle settimane passate un arcivescovo emerito, titolare di una diocesi molto importante, ha avuto l’idea di scrivere un messaggio al Pontefice, per chiedergli di esprimersi chiaramente su alcuni punti che nei mesi passati hanno provocato dubbi, polemiche, e mezze spiegazioni. Per esempio la frase del documento di Abu Dhabi in cui si diceva che la diversità delle religioni è “voluta” da Dio. Una frase che contrasta in maniera clamorosa con la ragione esistenziale della Chiesa cattolica. Se anche le altre religioni sono “volute” da Dio, perché non dovrei sceglierne una piuttosto che un’altra, che magari mi si attaglia meglio, è meno rigida su certi punti che mi stanno stretti…insomma, come un vestito.
Bene: questo arcivescovo ha scritto una breve lettera, e qualche proposta di chiarimento. La sua intenzione era di trovare un’altra decina di vescovi che la firmassero, vescovi di diverse lingue e Paesi, prima di renderla pubblica; nella speranza poi che molti altri vescovi, sacerdoti e magari semplici fedeli si unissero nella richiesta di chiarezza al Pontefice.
Non ha trovato quasi nessuno che acconsentisse a seguirlo in questa strada. Salvo, naturalmente, ma a loro non abbia credo nemmeno chiesto, vescovi e cardinali come Burke, Brandmüller e Schneider che già si sono esposti più volte con filiale franchezza e coraggio.
Solo qualche giorno fa poi è uscito un altro documento, questa volta relativo al Sinodo sull’Amazzonia, che si apre il 6 ottobre a Roma. È una breve denuncia, in quattro punti, di affermazioni del documento Preparatorio del Sinodo che vanno contro la fede e la dottrina cristiana. Molti vescovi, cardinali e sacerdoti ne hanno preso visione e l’hanno approvato; ma si è deciso alla fine di non rendere pubbliche le firme, per evitare a quelle persone ritorsioni ed epurazioni, ben prevedibili nell’attuale regime.
È chiaro allora che la lealtà deve essere una lealtà non cieca, una realtà che vede gli errori e li fa presenti. Ha scritto un laico americano molto impegnato, Phil Lawler che la totale lealtà può essere richiesta ai religiosi consacrati, che hanno fatto voti di obbedienza, “ma per i laici cattolici la lealtà cieca, che diventa acquiescenza, non è un’opzione”. Il padre (o la madre Chiesa) vanno rispettati e amati; ma se vedi che compiono un errore, o un’azione ingiusta, è giusto e necessario farlo rimarcare.
L’ultima opzione deriva esattamente da questa considerazione: e cioè, quale deve essere la qualità della nostra lealtà? Questa è una domanda che sento che sta diventando sempre più diffusa e comune nel popolo cattolico.
Come sapete, e se non lo sapete ve lo dico adesso, da tre anni ho dato vita, e conduco un blog che si chiama “Stilum Curiae”. Gli articoli che posto, quotidianamente, sono aperti ai commenti. In questi tre anni ho “moderato” – cioè letto, approvato o cestinato – più di 72 mila commenti. Inoltre Stilum Curiae viene pubblicato anche su Facebook, Twitter e LinkedIn. Questo per dirvi che sono in contatto stretto, quotidiano, con i fedeli cattolici diciamo così “della strada”. E in questi tre anni ho potuto accorgermi di quanto stia crescendo il disagio, la confusione, e la perplessità fra i cattolici.
E questo a dispetto del fatto che i cattolici probabilmente hanno una fiducia maggiore di altri gruppi di persone nei loro leader, e in particolare nel Pontefice. Non solo: negli ultimi trent’anni la qualità spirituale e umana di Pontefici come San Giovanni Paolo II o Benedetto XVI appariva in maniera così chiara ed evidente che non era necessario un grande sforzo, per seguirli e apprezzarli. Ma adesso purtroppo sembra giunto il momento in cui è necessario usare il discernimento nel campo della lealtà. E soprattutto nel modo, in cui la lealtà verso la Chiesa deve essere espressa. Certo tacere può essere in certe situazioni anche un’espressione di lealtà.
Ma lo può essere, e spesso è assai più costoso, parlare. Ci sono momenti in cui non si può tacere, e purtroppo per noi sembrano diventare sempre più frequenti. Allora è necessario ricordare alcune frasi chiave, pronunciate nel Vangelo. “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa”. E anche questa: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci”.
Così torniamo alla questione iniziale. Che cosa possiamo fare, in una stagione tutt’altro che tranquilla, anzi tempestosa? Penso che la prima cosa da fare, con insistenza, ogni giorno, sia pregare. Pregare affinché la confusione che spesso sembra circondarci come una nuvola di polvere si plachi, e ci permetta di vedere di nuovo con chiarezza la strada. Non lasciarci confondere, o fuorviare; seguire la via della Chiesa di sempre.
La mia opinione vale per uno. Credo che quello che si possa fare, in questo momento, sia di trovare buoni preti, che seguano e vivano la fede di sempre, e non si lascino trascinare dalle mode, anche e soprattutto dalle mode ecclesiali. Parlare con sincerità e rispetto; e soprattutto, lo dico ancora, pregare perché questo, che sembra un tempo di sofferenza, per molti cattolici, non sia troppo lungo. Mi piace sempre ricordare qualche cosa che Benedetto XVI ha raccontato. Quando era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger veniva a conoscenza di molte cose, certamente non edificanti, di sacerdoti, vescovi cardinali di tutto il mondo; si trovava davanti problemi di fede e di morale gravi; e ripensava, magari durante la notte, a qualche caso particolarmente difficile, qualche avvenimento che feriva la Chiesa. Poi diceva, rivolto al Crocifisso: “È la tua Chiesa, Signore, non la mia. Pensaci tu”. E si addormentava.
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Venerdì quattro ottobre invece avevo partecipato a una tavola rotonda, a Roma, organizzata da Voce of The Family, in un grande albergo della capitale, insieme a un panel di grossi nomi, soprattutto anglofoni, che potete trovare qui. C’erano diverse centinaia di persone in sala e oltre cinquemila collegate via streaming in tutto il mondo. Mi era stato chiesto di parlare della frase del documento di Abu Dhabi. Sempre per chi fosse interessato, questo è l’intervento:
Marco Tosatti, 4 ottobre 2019-09-27
Papa Francesco ha sottoscritto ad Abu Dhabi un documento in cui è contenuta una frase che ha conseguenze esplosive per la fede cattolica. Eccola: “Il pluralismo e la diversità delle religioni, il colore, il sesso, la razza e il linguaggio sono voluti da Dio nella sua saggezza”. Sono evidenti le implicazioni di una frase del genere: se Dio ha voluto – e bisogna sottolineare questo verbo, “voluto” che esistessero diverse religioni, se ne deduce che tutte le religioni sono volontà divina, e quindi ogni persona può scegliere la religione che più gli attaglia, tranquillo nella sua coscienza di fare la volontà di Dio, e di meritarsi di conseguenza la salvezza alla fine della vita terrena. Se la religione – “voluta” da Dio, secondo il documento di Sbu Dhabi – presuppone una salvezza, e una vita dopo la morte fisica.
Successivamente, nell’udienza generale di mercoledì 3 aprile 2019, Papa Francesco ha pronunciato queste parole: “Perché Dio consente che ci siano tante religioni? Dio ha voluto permettere questo: i teologi della Scolastica facevano riferimento alla voluntas permissiva di Dio. Egli ha voluto permettere questa realtà”. Si può pensare che dopo le critiche espresse da molti, e in particolare, di persona con il Pontefice regnante da mons. Athanasius Schneider, il papa sia stato consigliato di modificare il senso della dichiarazione firmata ad Abu Dhabi. Ma il documento resta quello che è, in tutta la sua gravità; e anzi è stato creato un comitato che ha il compito specifico di diffonderlo, sine glossa, cioè con la frase incriminata.
Una frase profondamente errata dal punto di vista cristiano, e cattolico. (E anche ebraico, se vogliamo risalire più oltre; ma anche credo dal punto di vista islamico). Questa frase contraddice la Rivelazione divina, alle fondamenta, poiché Dio nel Decalogo dice: “Io sono il Signore, tuo Dio, che ti ho fatto uscire dal paese d’Egitto, dalla condizione di schiavitù: non avrai altri dei davanti a me. Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto terra. Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai” (Es 20: 2-5).
Né si può affermare che successivamente da parte di Nostro Signore Gesù Cristo ci sia stata una correzione, perché anzi dalla bocca di gesù è venuta una conferma: “È scritto: Adorerai il Signore tuo Dio e solo a lui servirai” (Mt 4, 10). In questo senso sia il primo comandamento, che le affermazioni successive dei testi sacri del nuovo Testamento sono sempre state interpretate dalla Chiesa Cattolica in questo modo: che è volontà di Dio, volontà positiva, che tutti gli uomini rendano culto e adorazione solo a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, l’unico Signore e Dio. Il Catechismo della Chiesa Cattolica insegna: “Poiché enunciano i doveri fondamentali dell’uomo verso Dio e verso il prossimo, i dieci comandamenti rivelano, nel loro contenuto essenziale, delle obbligazioni gravi. Sono sostanzialmente immutabili e obbligano sempre e dappertutto. Nessuno potrebbe dispensare da essi. I dieci comandamenti sono incisi da Dio nel cuore dell’essere umano” (n. 2072).
Che cosa dire? Il Pontefice regnante ci ha abituati da tempo a sentire dalla sua bocca affermazioni di ogni genere, discutibili. Questa frase però ha un valore particolare e di grandissima gravità: è scritta, firmata, fa parte di un documento sottoscritto con un alto responsabile di un’altra religione. Da un punto di vista pastorale può essere una bomba dall’effetto devastante; se non c’è – come non ci sarà, purtroppo, conoscendo il protagonista principale di questa vicenda – una chiarificazione, che dovrebbe in realtà essere una smentita, i fedeli cattolici sono lasciati nell’idea che loro fanno parte di una delle possibili Chiese volute da Dio. Non l’unica, non quella che ti indica la strada – stretta, ahimè – verso la vita eterna; ma una delle possibili. E a questo punto allora non si capise che valore possa dare il Pontefice regnante alla validità del primo Comandamento del Decalogo, cosa possa pensare dell’obbligo divino di tutti gli uomini di credere e adorare, con il loro libero arbitrio, Gesù Cristo come unico Salvatore dell’umanità. Se dobbiamo credere al Vangelo, Dio ha comandato a tutti gli uomini: “Questo è il Figlio mio diletto, nel quale mi sono compiaciuto; ascoltatelo!” (Mt 17, 5). Il libero arbitrio è stato dato affinché l’uomo potesse giudicare, e scegliere, ma affinché potesse in piena libertà decidere di seguire e adorare Dio nella sua verità; che per i cristiani è Cristo. Non per optare fra una religione qualsiasi in un ventaglio di possibilità di eguale valore. Non si capisce inoltre – anzi, si capisce fin troppo bene – quale valore possa dare il Pontefice, dopo questa frase, alla Missione ad Gentes. Perché devo farmi missionario, se tutte le religioni sono volute da Dio? Personalmente, ritengo che questa dichiarazione sia una delle frasi più devastanti per il cattolicesimo mai pronunciate da un papa, una sostanziale affermazione di relativismo. E purtroppo trova una conferma attuale nell’Instrumentum Laboris del Sinodo sull’Amazzonia che si aprirà fra pochi giorni in Vaticano. Anche in quel documento la figura e il ruolo di Cristo come unico salvatore e della Chiesa come via di salvezza eterna sono messi in secondo piano da altri elementi: l’ecologia, l’ascolto della tradizione indigena, l’idea dell’Amazzonia come locus theologicus…Un documento giudicato in maniera molto severa da eminenti studiosi e cardinali.
§§§
Ma il 5 ottobre c’era un altro convegno, oltre a quello dell’IPCO, sul Sinodo dell’Amazzonia, molto interessante, a Roma, e per cui mi era stato chiesto – nell’impossibilità di essere presente – un intervento. Che, sempre per chi eventualmente fosse interessato, allego…si parla di come ricevere l’eucarestia.
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Buongiorno. Personalmente credo che la scomparsa degli inginocchiatoi da moltissime chiese, in Italia e altrove, sia un disastro.
C’è un rapporto preciso e diretto fra mente, intenzione, spirito e corpo.
L’uso del corpo è fondamentale per esprimere nella sua pienezza quello che lo spirito vuole trasmettere.
Non è un caso che altre antiche tradizioni religiose, come l’ebraismo, vogliano che la preghiera sia accompagnata da un movimento del corpo, a significare un’unità totale fra l’intenzione di preghiera dell’orante, le sue parole e l’unità completa del suo essere mentre si rivolge a Dio.
Pensiamo all’importanza della proskynesis nelle tradizioni cristiane orientali e ortodosse. Pensiamo alla gestualità fisica nella preghiera dell’islam. E all’importanza dell’unione corpo-spirito nelle tradizioni legate al buddismo e alla meditazione zen. Per non parlare dell’esperienza dell’esicasmo, la preghiera del cuore, nel cristianesimo dell’Europa orientale.
La tradizione cattolica presenta in innumerevoli quadri i santi in preghiera inginocl4chiati. Credo che se visitassimo le stanze in cui santi grandissimi hanno vissuto, vi troveremmo sempre un inginocchiatoio.
La memoria recente ci riporta alcune immagini drammatiche. Come non ricordare san Giovanni Paolo II, al culmine della sua malattia, durante le ultime processioni del Corpus Domini, quasi accasciato in ginocchio davanti al Santissimo? Ma neanche allora rinunciava a esprimere, con tutto il suo corpo devastato dalla malattia il suo rispetto, la sua devozione e il suo amore per l’ostia consacrata, il corpo di Cristo.
Vorrei poi fare un’altra considerazione. Inginocchiarsi è da sempre dimostrare con tutto il corpo il proprio rispetto nei confronti di qualcuno o di qualcosa. Lo pretendevano molti sovrani nel passato. Nel tempo presente, inginocchiarsi significa riconoscere e mostrare – non solo a parole, ma con i fatti; e niente è più fattuale del corpo – la propria umiltà verso qualche cosa di più grande e più alto. E quale momento più alto abbiamo di quello in cui siamo dinanzi a Nostro Signore, che si offre a noi non solo in Spirito, ma fisicamente nell’ostia?
Infine, un’ultima considerazione, minima. Se l’Eucarestia è il punto centrale dell’Ultima Cena, e se in questo modo noi partecipiamo, durante la messa all’Ultima Cena del Signore, perché dovremmo vivere questo momento impressionante, e assumere l’ostia in piedi, come cavalli? Un grande scrittore francese, molto anziano, disse a un suo amico che si preoccupava delle sue condizioni di salute: grazie a Dio, sono ancora abbastanza uomo per inginocchiarmi. Ecco, siamo uomini – e donne – e inginocchiamoci.
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Ecco, cari Stilumcuriali, ora sapete tutto delle mie giornate passate. E – badate bene – nonostante tutto non avete dovuto aspettare molto per vedere i vostri commenti moderati…Vedete quanto vi voglio bene!
Marco Tosatti
Alla fine dell’assemblea amazzonica saranno tutti contenti, anche i ribelli tedeschi
Eminenza, come finirà il Sinodo amazzonico? “Come previsto, avremo i viri probati, un’ulteriore autonomia delle chiese locali, con il riconoscimento di poteri dottrinali non di poco conto”. Il cardinale è sicuro di quel che dice, mentre seduto alla scrivania ricolma di libri mi guarda con lo sguardo fisso e tranquillo, quasi fosse un medico provetto che descrive al paziente il morbo che l’affligge. “Ovviamente non leggeremo nulla di dirompente, di traumatico. Nessuna rottura sarà certificata, ma ho ragioni valide per ritenere che si seguirà il modus operandi sperimentato con Amoris laetitia, il documento sulla famiglia del 2016: si innoveranno le prassi, ma non lo si dirà esplicitamente. Una nota a piè di pagina qua e là, un paragrafo da un’altra parte. E così via”. Però, obietto, qualcuno che saprà leggere tra le righe ci sarà, e allora le conseguenze potrebbero essere non indifferenti. “Perché, non ci sono state conseguenze dopo il Sinodo sulla famiglia, scusi? E’ cambiato qualcosa? Abbiamo avuto scismi, fratture, gente che se n’è andata nonostante la portata novatrice rilevantissima?”. Rispondo di no. “Appunto, e così andrà anche questa volta, vedrà. E penso che anche questa rivolta tedesca sarà sedata con i risultati del Sinodo sull’Amazzonia, che non dispiaceranno troppo al cardinale Marx e agli altri vescovi più spinti nell’invocare riforme non solo pastorali ma anche dottrinali”. E quando vedremo i risultati? “Presto, credo già la prossima primavera, anche se da come andranno le settimane di discussione sinodale si comprenderà il destino della chiesa”.
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