ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 23 ottobre 2019

Per carità di patria, anzi di Chiesa

De Mattei e Valli riflettono sul comportamento anticattolico di Bergoglio



Mi chiedo soltanto: fino a quando dovremo sopportare questa svalutazione, questo immiserimento, questa sconcertante opera di progressivo degrado della figura papale e della sua autorità?” Queste considerazioni che faccio mie non sono mie, ma di Aldo Maria Valli, sul suo blog Duc in Altum di cui vi consiglio la lettura.” (Roberto de Mattei)

Papa Francesco espresse, fin dal suo esordio sulla Sede Petrina, un atteggiamento ambiguo nei confronti di una Chiesa “Cattolica”, arrivando a far dire all’amico Scalfari che “Dio non è cattolico”… salvo ripetute smentite ed imbarazzanti contorcimenti da parte della Santa Sede, atte a tentare sempre di mitigare le parole “attribuite” a Papa Francesco il quale, invece, sembra essere sempre più contento e soddisfatto della confusione che sta seminando. L’ultima come sappiamo ha riguardato niente meno che l’identità di Gesù Cristo, vero Uomo ma anche vero Dio, eppure Eugenio Scalfari è arrivato a dire che il Papa stesso gli avrebbe confidato che Gesù, una volta diventato Uomo, non era più Dio…  Peggio della toppa, come è oramai uno sport dell’ufficio per le Comunicazioni papali, sono le continue smentite che non solo non riescono ad essere convincenti, ma quel che è peggio sembrano sempre più compiacere il “divino regnante” nel voler mantenere l’ambiguità e la confusione.
In tutta la sua umiltà, legittima e soprattutto sincera o in buona fede come si direbbe, ciò che è sempre più evidente in questo pontificato, è L’APPARENZA delle cose… Papa Francesco “appare” ciò che in verità non è. Non ci riferiamo certamente ad un giudizio alla sua persona, ma non possiamo però scappare da quel giudicare secondo giustizia per poter fare discernimento sulle cose, sul bene e sul male. Bergoglio regna facendosi scudo delle APPARENZE che sono in verità nocive, una volta scoperto l’inghippo: egli persegue un progetto anticattolico, ma lo fa apparire nei discorsi e nei gesti, come atti ad eliminare il marciume che c’è nella Chiesa, li fa apparire come gesti concilianti stravolgendo spesso il senso stesso dei Vangeli che rilegge con una nuova interpretazione, vedi qui un esempioLe insidiose domande di Papa Francesco.
Così Bergoglio APPARE ora “umile”, ma in verità cela una forte superbia nel guidare la Chiesa; appare “cattolico”, ma in verità egli ha ripugnanza di tutto ciò che il cattolicesimo ha fatto nel suo passato glorioso; appare “gesuita”, ma in verità egli persegue il progetto del gesuitismo Modernista di recente “ri-fondazione” del suo maestro Pedro Arrupe del quale vuole e pretende la beatificazione, con il panteista compagno Teilhard de Chardin… Appare come il Papa dell’unità e della pace tra i popoli, mentre in verità sta coronando il sogno di una chiesa sincretista e sollecita ad inglobare ogni tipo di culto, come ha saputo dimostrare firmando il documento ad Abu Dhabi su di un Dio senza alcuna identità cristologica e senza nome…. un documento imposto, senza ricorso in appello, a tutta la Chiesa. Appare come un Papa dallo spirito mariano mentre esibisce corone del Rosario e bacia statue ed immagini sacre, salvo poi affermare che “neppure Maria è nata santa…”, una frase gettata così in una Udienza generale, senza impegnare la Cattedra, ma seminando il veleno della discordia, della divisione, dell’ambiguità sul ciò che intendesse davvero affermare…
E’ così che lavora Bergoglio: nella ambiguità volutamente espressa dal modo di operare di un certo gesuitismo che ha sempre preteso di sentirsi “chiesa nella Chiesa“, vedi qui, e non si tratta di complottismi ma di una dura realtà che, per quanto si faccia fatica a capire e ad accettare vera, a chi continua a negarne l’evidenza, giunge all’oblio DELLA VERITA’, giunge ad una paralisi della ragione mentre, ad altri, conduce all’erronea equazione del “un Papa non può essere eretico e perciò, se Bergoglio è eretico allora non è papa..“, troppo comodo così!! E’ più facile liquidare questo pontificato dichiarandolo invalido ed inesistente e perciò alla fine “incolpevole”, invece di discutere sull’apostasia impetrata proprio dalle più alte gerarchie ed imposta da un Pontefice con forme di buonismo stuzzichevole, tra balli e canti folkloristici e simboli pagani, frasi e slogan ad effetto, rilettura dei vangeli in chiave modernista tanto da voler pretendere di far sposare la gnosi con la VERITAS…. altro gesuita eretico, Karl Rahner docet, vedi qui.
E bene! Premesso ciò, Aldo Maria Valli ha fatto, come suo stile cristiano, diversi editoriali tra i quali questo: FINO A QUANDO? Il breve commento del professore Roberto de Mattei ci aiuta maggiormente nella riflessione addolorata, per certi versi, ma al tempo stesso nella chiara consapevolezza che, nel seguire quel “fino a quando”, arriverà IL DOPO, ci sarà un “dopo” attraverso il quale comprenderemo ciò che oggi ci appare inverosimile, diremo UN INCUBO… una assurdità tale da rendere incomprensibile quanto stiamo vivendo e subendo. Ma passerà, finirà…. l’importante è capire da che parte stare. Si legga anche qui, per capire di cosa stanno parlando Valli e de Mattei: Con Bergoglio ciò che è Bene diventa male e ciò che è Male diventa bene.

Questa volta cari amici voglio leggervi un testo del vaticanista Aldo Maria Valli sul suo blog  Duc in altum., che mi è sembrato assolutamente pertinente e condivisibile. Valli si riferisce a un articolo pubblicato dal padre Antonio Spadaro sulla Civiltà cattolica, la rivista dei gesuiti, molto vicina a papa Francesco.
Padre Spadaro riferisce la conversazione che Francesco ha avuto il 5 e l’8 settembre scorso con i gesuiti del Mozambico e del Madagascar in occasione del suo viaggio apostolico in Africa. Il resoconto si intitola La sovranità del popolo di Dio e vi possiamo leggere le risposte che il papa ha dato ai suoi confratelli durante l’incontro.
A un certo punto, rispondendo alla domanda del padre Bendito Ngozo, che lo interpella sul problema delle sette protestanti e del proselitismo, il papa racconta: «Oggi ho sentito una certa amarezza quando ho concluso l’incontro con i giovani. Una signora mi ha avvicinato con un giovane e una giovane. Mi è stato detto che facevano parte di un movimento un po’ fondamentalista. Lei mi ha detto in perfetto spagnolo: “Santità, vengo dal Sud Africa. Questo ragazzo era indù e si è convertito al cattolicesimo. Questa ragazza era anglicana e si è convertita al cattolicesimo”. Ma me lo ha detto in maniera trionfale, come se avesse fatto una battuta di caccia con il trofeo. Mi sono sentito a disagio e le ho detto: “Signora, evangelizzazione sì, proselitismo no”».
Valli commenta: Ho letto e riletto, ma c’è scritto proprio così. Capite? Anziché abbracciare i due convertiti, fare festa con loro e benedirli, il papa li ha praticamente sgridati, ed ha rimproverato la signora per averli aiutati a diventare cattolici! Nella sua risposta il papa introduce la solita distinzione tra evangelizzazione e proselitismo, un discorso che ha fatto molte volte. Ma, al di là di questa distinzione (sulla quale si può discutere), come può avere un atteggiamento simile nei confronti di chi è arrivato alla fede cattolica provenendo da un’altra esperienza religiosa? La signora di cui parla si sarà anche pronunciata “in maniera trionfale”, ma come biasimarla?
Se ti trovi davanti al papa, e hai la possibilità di presentargli due giovani convertiti al cattolicesimo, un certo cedimento alla soddisfazione può essere più che comprensibile. E invece il papa (dico: il papa, il capo visibile della Chiesa cattolica) se la prende a male. Ma nel dialogo con i confratelli gesuiti c’è un altro punto che lascia più che perplessi. Si trova là dove il papa, tuonando contro il clericalismo (e anche questa non è una novità) dice: «Il clericalismo ha come diretta conseguenza la rigidità. Non avete mai visto giovani sacerdoti tutti rigidi in tonaca nera e cappello a forma del pianeta Saturno in testa? Ecco, dietro a tutto il rigido clericalismo ci sono seri problemi. Ho dovuto intervenire di recente in tre diocesi per problemi che poi si esprimevano in queste forme di rigidità che nascondevano squilibri e problemi morali. Una delle dimensioni del clericalismo è la fissazione morale esclusiva sul sesto comandamento.
Una volta un gesuita, un grande gesuita, mi disse di stare attento nel dare l’assoluzione, perché i peccati più gravi sono quelli che hanno una maggiore “angelicità”: orgoglio, arroganza, dominio… E i meno gravi sono quelli che hanno minore angelicità, quali la gola e la lussuria. Ci si concentra sul sesso e poi non si dà peso all’ingiustizia sociale, alla calunnia, ai pettegolezzi, alle menzogne. La Chiesa oggi ha bisogno di una profonda conversione su questo punto. D’altra parte, i grandi pastori danno alla gente molta libertà. Il buon pastore sa condurre il suo gregge senza asservirlo a regole che lo mortificano. Il clericalismo invece porta all’ipocrisia. Anche nella vita religiosa».
Valli osserva; Non voglio entrare nella questione riguardante quali peccati siano più gravi, se quelli legati alla sfera sessuale o quelli sociali, perché mi sembra un discorso che non porta da nessuna parte. Mi concentro invece sul parallelo che il papa fa tra il “clericale”, inteso come arrampicatore e persona moralmente corrotta, e il “rigido”, esemplificato dalla figura del giovane prete in tonaca nera. E dico che qui siamo a un livello di insinuazione e di maldicenza del tutto inaccettabile.
In base a che cosa il papa sostiene che il giovane sacerdote che si veste da prete, con tonaca e cappello, è un “rigido” e come tale un clericale e una persona moralmente corrotta? Com’è possibile che un papa si esprima in questo modo nei confronti di chi ha a cuore la propria identità di sacerdote? Discorsi come questi, difficilmente digeribili perfino se fatti al bar, non sono tollerabili. Mettiamoci nei panni (è il caso di dirlo) di un prete che per amore della propria identità si veste abitualmente da prete, con tonaca e cappello. Il papa in pratica lo addita come perverso e ipocrita, come persona dalla quale stare alla larga. Ma come si permette?
E che dire – continua Valli – del concetto secondo cui «i grandi pastori danno alla gente molta libertà»? Che significa? Libertà in che senso? Su che cosa si basa tale affermazione? Dove vuole arrivare? Perché i cattolici, che hanno il diritto di capire bene che cosa intende il supremo pastore in materia di fede e dottrina, devono essere ormai nutriti in questo modo, da un papa che appare ostile a tutto ciò che è cattolico e produce ambiguità, maldicenze, insulti e allusioni cattive e ingiustificate?
Per carità di patria, anzi di Chiesa, non mi occupo di altri punti del dialogo del papa con i gesuiti. Mi chiedo soltanto: fino a quando dovremo sopportare questa svalutazione, questo immiserimento, questa sconcertante opera di progressivo degrado della figura papale e della sua autorità? Queste considerazioni che faccio mie non sono mie, ma di Aldo Maria Valli, sul suo blog Duc in Altum di cui vi consiglio la lettura.

FINO A QUANDO? (di Aldo Maria Valli)
Cari amici di Duc in altum, così come le vie del Signore anche le possibilità di restare sconcertati da papa Francesco sono infinite.
Il padre Antonio Spadaro pubblica oggi sulla Civiltà cattolica  la conversazione che Francesco ha avuto il 5 e l’8 settembre scorso con i gesuiti del Mozambico e del Madagascar in occasione del suo viaggio apostolico in Africa. Il resoconto si intitola La sovranità del popolo di Dio e vi possiamo leggere le risposte che il papa ha dato ai suoi confratelli durante l’incontro.
Ma perché parlo di sconcerto? Perché a un certo punto, rispondendo alla domanda del padre Bendito Ngozo, che lo interpella sul problema delle sette protestanti e del proselitismo, il papa racconta: «Oggi ho sentito una certa amarezza quando ho concluso l’incontro con i giovani. Una signora mi ha avvicinato con un giovane e una giovane. Mi è stato detto che facevano parte di un movimento un po’ fondamentalista. Lei mi ha detto in perfetto spagnolo: “Santità, vengo dal Sud Africa. Questo ragazzo era indù e si è convertito al cattolicesimo. Questa ragazza era anglicana e si è convertita al cattolicesimo”. Ma me lo ha detto in maniera trionfale, come se avesse fatto una battuta di caccia con il trofeo. Mi sono sentito a disagio e le ho detto: “Signora, evangelizzazione sì, proselitismo no”».
Ho letto e riletto, ma c’è scritto proprio così. Capite? Anziché abbracciare i due convertiti, fare festa con loro e benedirli, il papa li ha praticamente sgridati, ed ha rimproverato la signora per averli aiutati a diventare cattolici!
Nella sua risposta il papa introduce la solita distinzione tra evangelizzazione e proselitismo, un discorso che ha fatto molte volte. Ma, al di là di questa distinzione (sulla quale si può discutere), come può avere un atteggiamento simile nei confronti di chi è arrivato alla fede cattolica provenendo da un’altra esperienza religiosa? La signora di cui parla si sarà anche pronunciata “in maniera trionfale”, ma come biasimarla? Se ti trovi davanti al papa, e hai la possibilità di presentargli due giovani convertiti al cattolicesimo, un certo cedimento alla soddisfazione può essere più che comprensibile. E invece il papa (dico: il papa, il capo visibile della Chiesa cattolica) se la prende a male.
Ma nel dialogo con i confratelli gesuiti c’è un altro punto che lascia più che perplessi. Si trova là dove il papa, tuonando contro il clericalismo (e anche questa non è una novità) dice: «Il clericalismo ha come diretta conseguenza la rigidità. Non avete mai visto giovani sacerdoti tutti rigidi in tonaca nera e cappello a forma del pianeta Saturno in testa? Ecco, dietro a tutto il rigido clericalismo ci sono seri problemi. Ho dovuto intervenire di recente in tre diocesi per problemi che poi si esprimevano in queste forme di rigidità che nascondevano squilibri e problemi morali. Una delle dimensioni del clericalismo è la fissazione morale esclusiva sul sesto comandamento. Una volta un gesuita, un grande gesuita, mi disse di stare attento nel dare l’assoluzione, perché i peccati più gravi sono quelli che hanno una maggiore “angelicità”: orgoglio, arroganza, dominio… E i meno gravi sono quelli che hanno minore angelicità, quali la gola e la lussuria. Ci si concentra sul sesso e poi non si dà peso all’ingiustizia sociale, alla calunnia, ai pettegolezzi, alle menzogne. La Chiesa oggi ha bisogno di una profonda conversione su questo punto. D’altra parte, i grandi pastori danno alla gente molta libertà. Il buon pastore sa condurre il suo gregge senza asservirlo a regole che lo mortificano. Il clericalismo invece porta all’ipocrisia. Anche nella vita religiosa».
Non voglio entrare nella questione riguardante quali peccati siano più gravi, se quelli legati alla sfera sessuale o quelli sociali, perché mi sembra un discorso che non porta da nessuna parte. Mi concentro invece sul parallelo che il papa fa tra il “clericale”, inteso come arrampicatore e persona moralmente corrotta, e il “rigido”, esemplificato dalla figura del giovane prete in tonaca nera. E dico che qui siamo a un livello di insinuazione e di maldicenza del tutto inaccettabile. In base a che cosa il papa sostiene che il giovane sacerdote che si veste da prete, con tonaca e cappello, è un “rigido” e come tale un clericale e una persona moralmente corrotta? Com’è possibile che un papa si esprima in questo modo nei confronti di chi ha a cuore la propria identità di sacerdote? Discorsi come questi, difficilmente digeribili perfino se fatti al bar, non sono tollerabili. Mettiamoci nei panni (è il caso di dirlo) di un prete che per amore della propria identità si veste abitualmente da prete, con tonaca e cappello. Il papa in pratica lo addita come perverso e ipocrita, come persona dalla quale stare alla larga. Ma come si permette?
E che dire del concetto secondo cui «i grandi pastori danno alla gente molta libertà»? Che significa? Libertà in che senso? Su che cosa si basa tale affermazione? Dove vuole arrivare? Perché i cattolici, che hanno il diritto di capire bene che cosa intende il supremo pastore in materia di fede e dottrina, devono essere ormai nutriti in questo modo, da un papa che appare ostile a tutto ciò che è cattolico e produce ambiguità, maldicenze, insulti e allusioni cattive e ingiustificate?
Per carità di patria, anzi di Chiesa, non mi occupo di altri punti del dialogo del papa con i gesuiti. Mi chiedo soltanto: fino a quando dovremo sopportare questa svalutazione, questo immiserimento, questa sconcertante opera di progressivo degrado della figura papale e della sua autorità?
Aldo Maria Valli

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