Mandato di cattura internazionale per monsignor Zanchetta
Cari amici di Duc in altum, dunque l’ineffabile vescovo Zanchetta è ora ricercato in tutto il mondo. Qui trovate la notizia. Alla quale faccio seguire il passaggio che avevo dedicato a Zanchetta nella rubrica Uomini giusti ai posti giusti del 15 gennaio scorso.
Mandato di cattura internazionale nei confronti di monsignor Zanchetta accusato di abusi sessuali e ora domiciliato in Vaticano
La magistratura di Salta, in Argentina, ha spiccato un mandato di cattura internazionale nei confronti del vescovo argentino Gustavo Zanchetta, accusato del reato di abuso sessuale semplice e continuato ai danni di due seminaristi, aggravato dal fatto di essere stato commesso da un ministro di culto.
Il mandato di cattura è stato emesso dopo che l’ex vescovo di Orán non ha risposto a ripetute telefonate ed e-mail inviategli al fine di procedere alla notifica degli atti processuali e dopo la sua decisione di costituire il suo domicilio nello Stato del Vaticano.
Monsignor Zanchetta nel 2017 è stato richiamato a Roma dal papa Francesco, che ha autorizzato nel maggio di quest’anno l’apertura nei suoi confronti di un giudizio canonico.
Dalla rubrica Uomini giusti ai posti giusti, 15 gennaio 2019
… Bene, eccoci al secondo uomo giusto al posto giusto, che è un altro vescovo argentino, in questo caso in servizio presso la Santa Sede. Si tratta infatti di monsignor Gustavo Zanchetta, che dopo le improvvise dimissioni, nel luglio 2017, dalla guida della diocesi di Orano, nel nord dell’Argentina, è stato chiamato in Vaticano, dove il papa ha creato per lui il nuovo ruolo di ispettore dell’ufficio di amministrazione finanziaria della Santa Sede.
Se non che monsignor Zanchetta si trova ora sotto inchiesta preliminare dopo che alcuni sacerdoti lo hanno accusato di abusi sessuali e altri comportamenti scorretti.
Narrano le cronache argentine che la frettolosa partenza di Zanchetta da Orano il 29 luglio 2017 fu coperta nel mistero. Non celebrò una messa d’addio, non salutò i fedeli e rilasciò un laconico comunicato nel quale accennava a un “problema di salute”. Poi di fatto scomparve (salvo riapparire, in buona salute, a Madrid, alla cerimonia di apertura dell’anno accademico dell’Università ecclesiastica di San Damaso), fino al 19 dicembre 2017, quando il Vaticano annunciò che era stato nominato ispettore delle finanze dell’Apsa, l’organismo che gestisce il vasto patrimonio immobiliare e finanziario del Vaticano.
Secondo il giornale della provincia di Salta, El Tribuno, tre sacerdoti accusano Zanchetta di abuso di potere, abusi economici e abusi sessuali all’interno del seminario. L’attuale vescovo di Orano, nella provincia di Salta, sta raccogliendo prove e testimonianze e le trasmetterà al Vaticano. Se le accuse saranno ritenute credibili, il caso sarà inoltrato alla commissione speciale per i vescovi.
Le ipotesi sull’uscita di scena di Zanchetta dalla diocesi di Orano sono numerose. Alcuni media hanno parlato di “crisi depressiva” e perfino di “pressioni” da parte dei narcos. Si dice inoltre che abbia lasciato le finanze della sua diocesi in uno stato non proprio brillante, così come aveva già fatto in precedenza a Quilmes, dov’era stato vicario e dove si era opposto a una perquisizione della sua automobile da parte della polizia, in cerca di droga.
Di seguito la dichiarazione di mons. Zanchetta in risposta alla richiesta di arresto del Pubblico Ministero argentino come pubblicata sul sito Il sismografo.
Come portavoce e rappresentante canonico di Mons. Gustavo Zanchetta, in riferimento alle notizie circolate negli ultimi giorni relative ad una apparente richiesta di emissione di un ordine di cattura internazionale contro di lui, a petizione dell’interessato desideriamo manifestare che:
In primo luogo si tratterebbe, lo si ricorda, di una semplice richiesta da parte del Pubblico Ministero – secondo quanto si può dedurre dalle informazioni pubblicate, ad esempio, dal sito web della Procura di Salta – e non certo di un ordine emanato dall’autorità giudiziale competente.
In primo luogo si tratterebbe, lo si ricorda, di una semplice richiesta da parte del Pubblico Ministero – secondo quanto si può dedurre dalle informazioni pubblicate, ad esempio, dal sito web della Procura di Salta – e non certo di un ordine emanato dall’autorità giudiziale competente.
In secondo luogo, il Pubblico Ministero sostiene che la volontà dell’imputato sia quella di non presentarsi a giudizio, visto che l’imputato non avrebbe risposto né a chiamate telefoniche né ad e-mail.
A questo proposito, anche se nel domicilio situato in Argentina non si è ricevuta alcuna notificazione, Mons. Zanchetta ritiene di ricevere correttamente le opportune notifiche quando queste avvengano nelle modalità indicate nel messaggio di posta elettronica nel quale gli veniva inviato il certificato di notifica; nel siffatto messaggio lo si avvertiva che la ricezione della mail comportava la notifica, senza sollecitare conferma né nessun’altra azione da parte sua.
“Mons. Gustavo Zanchetta: con la presente trasmetto in allegato la notifica di citazione a giudizio emessa in data 01/11/2019 nella causa JUI n. 60.843/19 dal Tribunal de Juidicio Sala II – Distrito Orán del Poder Judicial de Salta – Argentina; e il certificato che lo cita a comparire di fronte al menzionato Tribunale in data 27/11/2019 alle ore 9.00 per la ratifica del domicilio e la conferma della difesa. Lo si informa che conformemente alla Resolución del Juzgado de Garantías Segunda Nominación, emessa in data 22/08/2019, si è stabilito come mezzo di notificazione nella presente causa il suo telefono personale e la presente e-mail. Ciò vale come notifica legale”.
In terzo luogo, non è ammissibile qualificare la condotta processuale di Mons. Zanchetta come un rifiuto a presentarsi in giudizio: quest’ultimo, infatti, ha sempre collaborato con la giustizia, tanto è vero che lo stesso Giudice argentino, nella sua decisione del 23 agosto di quest’anno, ha accolto la richiesta della Difesa di revocare le misure cautelari a lui imposte previamente, affermando che:
“l’Imputato Zanchetta nello stesso momento in cui ebbe conoscenza della denuncia nei suoi confronti si presentò spontaneamente davanti al tribunale penale … allo stesso modo, a seguito dell’ordine del Tribunale di presentarsi in giudizio il giorno 08/08/19, costui si presentò regolarmente nel momento e nella forma previsti dalla Legge … lo stesso assicurò continuamente la sua collaborazione con la Giustizia … da queste azioni dell’imputato può desumersi che Egli ha rispettato le condizioni necessarie per lo svolgimento delle indagini … avendo prestato le sue dichiarazioni in forma spontanea … la condotta dell’imputato non permette di sospettare in alcun modo che lo stesso non collaborerà con la Giustizia”.
Dal momento in cui il Giudice ha rivelato la menzionata condotta collaborativa di Mons. Zanchetta non si è verificato alcun cambio di attitudine; pertanto non si spiega la richiesta del Pubblico Ministero argentino, anche perché nel caso specifico non è nemmeno adducibile il principio di necessità.
In quarto luogo, sorprende molto la pubblicazione, nel sito web della Procura, della documentazione oggetto del processo penale non ancora sottoposta al legittimo contradditorio, compresi i documenti che afferiscono all’intimità dell’imputato. Tutto ciò comporta la costruzione di una immagine negativa di Zanchetta la cui colpevolezza deve ancora essere dimostrata in giudizio. Gravissima è poi la lesione dei principi fondamentali della tutela dell’intimità e della presunzione di innocenza perpetrata dalla stessa autorità che, nell’esercizio delle sue funzioni, dovrebbe agire come garante di tali diritti.
Infine, si dichiara che Mons. Zanchetta è la prima persona ad avere l’interesse a che sia acclarata tutta la verità sul caso, al fine così di ripristinare la sua dignità ed il suo onore. Per tale ragione continuerà a collaborare attivamente come ha fatto fino a questo momento e come le stesse autorità competenti hanno riconosciuto. Per questo, nonostante quanto rilevato nel punto precedente, Mons. Zanchetta dichiara la sua completa convinzione che sia l’Autorità giudiziaria che il Pubblico Ministero, nell’applicazione scrupolosa della Legge, agiranno garantendo i diritti di tutte le parti coinvolte nel processo, in modo che prevalga il solo anelito di giustizia, alla quale conducono i sentieri intrapresi con senso di legalità e onestà.
Dr. Javier Belda Iniesta
Professore ordinario di Diritto Canonico
Rappresentante Canonico e portavoce di Mons. Zanchetta
Di Sabino Paciolla|
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