Le lunghe radici del modernismo, massoneria cattolica che sempre ritorna
Cari amici di Duc in altum, vi propongo un istruttivo contributo di Andrea Mondinelli.
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Per capire la situazione in cui siamo immersi è necessario comprendere come il modernismo si sia insinuato nella Chiesa, nonostante il giuramento antimodernista.
Rileggendo l’ottimo libro di Roberto de Mattei Il Concilio Vaticano II. Una storia mai scritta, mi sono imbattuto nel capitolo dedicato alla Chiesa sotto Papa Pio XII. Cominciamo da questa notissima affermazione (1943) del più famoso modernista italiano, don Ernesto Bonaiuti: «Fino ad oggi si è voluto riformare Roma senza Roma, o magari contro Roma. Bisogna riformare Roma con Roma; fare che la riforma passi attraverso le mani di coloro i quali devono essere riformati. Ecco il vero ed infallibile metodo; ma è difficile. Hic opus, hic labor».
«Il culto esteriore – continua Bonaiuti – durerà sempre come la gerarchia, ma la Chiesa in quanto maestra dei sacramenti e dei suoi ordini, modificherà la gerarchia ed il culto secondo i tempi: essa renderà quella più semplice, più liberale, e questo più spirituale; e per quella via essa diventerà un protestantesimo, ma un protestantesimo ortodosso, graduale e non violento; un protestantesimo che non distruggerà la continuità apostolica del ministero ecclesiastico, né l’essenza stessa del culto» [E. Bonaiuti, Il modernismo cattolico, Guanda, Modena 1943 pag. 128].
«Roma – aveva affermato il gesuita don George Tyrrell, modernista irlandese – non può essere distrutta in un giorno, ma bisogna farla cadere in polvere e in cenere in modo graduale e inoffensivo, allora noi avremo una nuova religione e un nuovo decalogo».
Certamente le parole di Bonaiuti e Tyrrell non lasciano spazio a dubbi o ad interpretazioni. San Pio X condannò il modernismo nell’enciclica Pascendi nel 1907. Molti pensarono che con la condanna di san Pio X la storia fosse chiusa. Nell’ottobre 1909 Loisy, padre del modernismo, riteneva dover parlare dei suoi compagni come dei «morti». Un mese prima egli ammetteva che il modernismo «è in piena ritirata e sarà presto annientato». Dall’altra sponda, lo scrittore tradizionalista Hillaire Belloc proclamava che «il colpo della Pascendi è stato mortale (…) Il modernismo è morto!». Tutt’altro, purtroppo!
Per niente pentiti, dopo la Pascendi i modernisti si nascosero ancor di più, formando ciò che Antonio Fogazzaro definì «massoneria cattolica». Nel romanzo teologico Il Santo, in realtà un libro programmatico, il senatore del Regno (simpatizzante del modernismo ma sottomessosi alla Pascendi), indicava ai confratelli la strategia da seguire per aggirare la condanna e continuare i lavori: «Noi vogliamo comunicare nel Cristo vivente quanti sentiamo ch’Egli prepara una lenta ma immensa trasformazione religiosa, la quale si opererà con sacrificio, con dolore, con divisione di cuori. (…) Comunicare, vogliamo, tutti, di ogni paese, ordinare la nostra azione. Una Massoneria Cattolica? Sì, la Massoneria delle Catacombe! (…)».
«Prima dunque di iniziare questa frammassoneria cattolica, io credo che vi converrebbe intendervi circa le riforme. Dirò di più; io credo che anche quando fosse fra voi un pienissimo accordo nelle idee, io non vi consiglierei di legarvi con un vincolo sensibile. La mia obbiezione è di una natura molto delicata. Voi pensate certo di poter navigare sicuri sott’acqua come pesci cauti, e non pensate che un occhio acuto di Sommo Pescatore o vice Pescatore vi può scoprire benissimo e un buon colpo di fiocina cogliere. Ora io non consiglierei mai ai pesci più fini, più saporiti, più ricercati, di legarsi insieme. Voi capite cosa può succedere quando uno è colto e tirato su. E, voi lo sapete bene, il grande Pescatore di Galilea metteva i pesciolini nel suo vivaio, ma il grande Pescatore di Roma li frigge».
Il primo a rendersene conto fu proprio il Papa, “l’occhio acuto del Sommo Pescatore” che vegliava. Nel 1910 san Pio X pubblicava il motu proprio Sacrorum antistitum, nel quale denunciava che i modernisti si stavano raggruppando in una lega clandestina (clandestinum foedus) e che «non hanno abbandonato il loro intento di perturbare la pace della Chiesa». Al fine di chiudere definitivamente le porte, egli istituì il celebre giuramento anti-modernista, richiesto ai vescovi e sacerdoti, nonché ai professori di teologia. È doveroso leggere l’incipit per comprendere come san Pio X avesse uno sguardo acutissimo: «Nessuno tra i Vescovi ignora, riteniamo, che una genia perniciosissima di persone, i modernisti, anche dopo che con l’Enciclica Pascendi dominici gregis fu tolta loro la maschera di cui si coprivano, non hanno abbandonato i loro piani di turbare la pace della Chiesa. Difatti non hanno cessato di ricercare nuovi adepti raggruppandoli in una società segreta, e per mezzo di costoro inoculare il veleno delle loro opinioni nelle vene della società cristiana con la pubblicazione di libri e scritti anonimi o sotto falso nome. Se, dopo aver riletto la detta Nostra Lettera Enciclica, si considera attentamente tale culmine d’audacia che Ci ha causato tanto dolore, ci si convincerà facilmente che queste persone non sono diverse da come ivi Noi le abbiamo descritte, avversari tanto più da temersi, quanto più ci sono vicini; i quali abusano del loro ministero per prendere all’amo con esca avvelenata gli incauti che abboccano, spargendo attorno a sé un’apparenza di dottrina che contiene la somma di tutti gli errori».
Ed ecco come si chiude il motu proprio di papa Sarto: «Ormai è un fatto che non dobbiamo più affrontare, come all’inizio, degli avversarii travestiti con vesti d’agnello, ma nemici dichiarati e feroci, entro la stessa casa, i quali, avendo fatto un patto coi peggiori nemici della Chiesa, si propongono di distruggere la Fede. Si tratta di uomini la cui arroganza contro la sapienza che ci viene dal Cielo si rinnova ogni giorno, che si arrogano il diritto di riformarla come se si stesse corrompendo; che vogliono rinnovarla come se la vecchiezza l’avesse consumata; che vogliono darle nuovo impulso e adattarla ai voleri del mondo, al progresso, ai comodi del secolo, come se essa si opponesse non alla leggerezza di alcuni, ma al bene stesso della società.
A fronte di questi oltraggi contro la dottrina evangelica e contro le tradizioni ecclesiastiche, non sarà mai troppa la vigilanza e la fermezza di coloro a cui è stato affidato di custodire fedelmente il sacro deposito».
Alla morte di san Pio X le maglie della rete anti-modernista si allargarono e di molto. La dimostrazione si ha da una lettera di Giovanni Genocchi a Paul Sabatier, uno dei leader del movimento modernista in Francia: «Stiamo già sentendo alcuni effetti positivi del nuovo clima. Non c’è più il furore iconoclasta del vecchio Pontefice. Stiamo respirando più comodamente. (…) Diverse vittime della follia e del fanatismo sono già state reintegrate, ed altre sono in cammino».
Il fiume carsico del modernismo poté cosi scorrere tranquillamente in attesa di prorompere in superficie nel momento propizio. Vi riporto questo impressionante esempio citato nel libro di de Mattei: «Una conferma dell’esistenza d questo fiume sotterraneo che scorreva nella Chiesa si ebbe nel 1978, quando venne pubblicato un documento, fino ad allora sconosciuto, dal titolo Dal profondo: il testamento di fede di don Primo Vannutelli, un sacerdote romano morto a Roma il 9 aprile 1945, presso i padri Filippini dell’Oratorio. Don Vannutelli, dopo essere stato modernista, rientrò nei ranghi prestando il prescritto giuramento anti modernistico. Ecco, però, quale era la sua professione di fede nella nuova chiesa: “Attenti studi fatti per secoli, da uomini di più nazioni, di varia mente, e tra essi anche da figli tuoi, hanno mostrato che secondo gli Evangeli più antichi Gesù ignorò di essere il Logos di Dio, Dio con il Padre, stato prima del mondo. Questi titoli Gesù in quei racconti non si dà mai. Fu profeta grande, servo e figlio di Dio, inviato ad una grande opera, ma non fortunato come Mosè o Maometto, o Francesco d’Assisi. […] E se taluno che legge questi fogli mi domandasse: che resta allora al Cristianesimo se Gesù non è Dio?, gli rispondo già fin d’ora: Resta poco: Dio, l’anelito e la gioia dell’universo. Ma allora, che cosa distinguerà più il cristiano dall’israelita e dal maomettano? Ti contristeresti se nulla ci distinguesse davvero? Se, nell’amore del Padre fossimo tutti d’un labbro solo e d’un cuore? Se alle tante cause di discordia tra gli uomini, non s’aggiungesse quella che più dovrebbe essere d’amore? Se la verità, che è una, ci unisse? […] [La riforma per essere radicale] dovrebbe essere di riti, non di dogmi apertamente”».
Don Vannutelli, negando la divinità di Cristo, era rimasto un incredulo, e pure spergiuro, che svolgeva il suo ministero in una chiesa di Roma, dove viveva in piena armonia con padre Giulio Bevilacqua, elevato cardinale da Paolo VI nel 1965, e padre Paolo Caresana. C’è da chiedersi come sia stato possibile e se sia veramente credibile che padre Bevilacqua e padre Caresana non si siano accorti di nulla, tanto da vivere in piena armonia con il Vannutelli, come riportato da de Mattei. Questi due padri Filippini, poi, non erano due qualunque: scrisse l’Osservatore romano il 5 agosto 2015: «Giovanni Battista Montini, antico amico più giovane di sedici anni, che sin da ragazzo aveva frequentato l’Oratorio bresciano della Pace, ebbe in padre Bevilacqua e nel confratello padre Paolo Caresana le sue due principali guide spirituali».
Rimangono i fatti: il giuramento antimodernista fu abolito da Paolo VI nel 1966, dopo il Vaticano II, e la riforma liturgica di Paolo VI entrò in vigore nel 1969.
Il resto è storia d’oggi, fino a giungere alla Dichiarazione sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la fratellanza di Abu Dhabi e alla “casa dei monoteismi” con moschea, sinagoga e chiesa, ossia l’Abrahamic Family house.
Andrea Mondinelli
Don Minutella: “La fede si è indebolita, ma questa prova può solo purificarla e rafforzarla”
Cari amici di Duc in altum, torno oggi a occuparmi di don Alessandro Minutella, il sacerdote palermitano scomunicato due volte, per eresia e scisma. Preciso ancora una volta, come ho già fatto in passato, che parlare di e con don Minutella non significa, da parte mia, aderire alle sue posizioni. Da cronista, ho voluto rivolgere al diretto interessato alcune domande che mi sono arrivate da numerosi lettori.
A.M.V.
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Don Minutella, quando lei ha deciso di chiamare a raccolta i fedeli a Roma, per una preghiera di riparazione in seguito alle profanazioni e alle cerimonie idolatriche avvenute durante l’ultimo sinodo, molti fedeli hanno pensato: ecco un’ottima idea, l’unica vera reazione cattolica. Non pochi lettori però mi hanno fatto notare che, pur essendo in linea di massima d’accordo con lei sull’analisi della situazione attuale della Chiesa, non possono seguirla quando lei sostiene che le Sante Messe celebrate cum Francisco sono invalide. Ora le chiedo: poiché tali Messe sono celebrate ogni giorno in tutto il mondo, lei davvero ritiene che siano tutte invalide? E spingere i fedeli a disertarle non vuol dire esporli al rischio di non poter vivere in stato di grazia? Come può il Signore permettere una cosa simile? Non le sembra di essersi infilato in un vicolo cieco?
L’iniziativa da me proposta, di una preghiera di riparazione a Roma lo scorso 26 ottobre, ha avuto un ottimo risultato. È venuta gente da tutta Italia, e abbiamo vissuto momenti di grande fede, a seguito dei recenti riti pagani e satanici compiuti a Roma, nel pressoché generale immobilismo dei pastori. Non è stata un’iniziativa pubblicizzata, ma non è detto che ciò sia un male, dal momento che Dio ha le sue vie per compiere la sua opera, e spesso sono vie umili e semplici. Il raduno è stato vissuto da tutti i presenti con grande fede. C’è ancora un popolo che vuol rimanere cattolico fino in fondo e che soffre di fronte all’impostura generale nella Chiesa. La Messa in unione con uno che non è il papa, ma soltanto un usurpatore del trono di Pietro, non può essere valida. Il canone 332 § 2 dichiara nulle le dimissioni del papa, quando non è libero di farlo, pertanto Benedetto XVI è ancora il papa, e la Messa esordisce nel Canone Romano proprio in favore dell’unità ecclesiale, che quindi non è un accessorio, come per esempio per i luterani. Il papa è garante visibile della Communio, e la Messa ha una garanzia, diciamo così “cattolica”, se è “una cum famulo tuo, papa nostro Benedicto”. Non è questione anzitutto canonica o liturgica, ma teologica e dogmatica. Se ancora nel mondo non c’è consapevolezza, non vuol dire che il problema non esista, allo stesso modo in cui una persona accusa dei sintomi, ma non sa ancora di avere un cancro. Se non si interviene, l’intero organismo perisce! Lei pone la questione di come sia possibile, qualora io avessi ragione, che il Signore lasci i fedeli privi della Messa. Ma la questione è ben più profonda. Può Dio aver permesso che la Chiesa cattolica, dal Concilio Vaticano II a oggi, in un cinquantennio indicibile, si sia ridotta così? Può Dio aver permesso che le chiese fossero presto trasformate in osterie e passerelle di moda, con preti clown e vescovi pagliacci? Può Dio aver permesso che la Chiesa cattolica venisse presa di mira e finalmente conquistata dai poteri forti internazionali? Può Dio, più di recente, aver permesso che San Pietro venisse trasformata in una sede di culti satanici con la Pachamama? Può Dio aver permesso il sempre più crescente isolamento di Benedetto XVI, fino alle forzate dimissioni, lasciando il trono di Pietro in mano ai massoni? La risposta è: sì, Dio lo ha permesso, e allora perché non dovrebbe ora condurre a compimento le profezie, che parlano di un abominio della desolazione che riguarda proprio l’invalidità della Messa in unione con il falso papa, mentre la Chiesa cattolica continua a sopravvivere in un piccolo resto legato a Benedetto XVI? Chi può dire a Dio come agire? L’idea di un abbandono così ampio non ha forse, nella logica di Dio, dei precedenti biblici, con l’invasione babilonese di Gerusalemme, la distruzione completa del Tempio e l’esilio? L’adempimento del terzo segreto di Fatima, con l’abominio della desolazione, non è un tema peregrino, e neppure un prestito dei millenaristi; è piuttosto un dato biblico e teologico che fa luce sulla situazione attuale della Chiesa, e che non è a detrimento della fede, al contrario la fortifica. Cinquant’anni di teologia postconciliare hanno indebolito la fede, questa prova può solo rafforzarla e purificarla.
Nei giorni scorsi è stata resa nota una preghiera di Benedetto XVI che, secondo me, dice tutto: “Signore, aiutaci in quest’ora a essere veramente cattolici e a rimanere nella grande verità, nel tuo Dio, e così vivere e morire”. La Chiesa è dove c’è il papa, Benedetto XVI (ubi Petrus ibi Ecclesia), e così permane la Communio. Il cardinale Bergoglio non è il papa, e governa non la Chiesa cattolica, ma la multinazionale dei poteri occulti, una chiesa diabolica, che vuole distruggere lo spirito cattolico. Come potrebbe ancora lo Spirito Santo operare in ciò che non è la Chiesa di Cristo? L’inganno, ben riuscito, è di aver occupato le strutture e, diciamo così, lo strumentario visivo del cattolicesimo, e così la gente crede che quella governata dal cardinale Bergoglio a Roma sia ancora la Chiesa, mentre non lo è. Oggi la gente si preoccupa di questa questione, senz’altro rilevante, della Messa, ma la questione decisiva è la fede, che è sotto attacco. Nel IV secolo i cristiani resistettero ad Ario, non andando alle Messe celebrate nelle chiese da loro occupate, e così i francesi della Vandea e non solo, tanto che il Curato d’Ars ha fatto la Prima Comunione in una stalla dalle mani di un prete clandestino controrivoluzionario. Lo stesso è accaduto in Giappone e di recente nei paesi dell’Est. Eppure questi fratelli ne sono usciti rafforzati. Talora ho come la sensazione che questo discorso sull’una cum in realtà diventi lo spartiacque tra quanti, pur consapevoli dell’apostasia, non si fanno avanti e quanti, invece, hanno capito e si sono schierati. Se fosse del tutto irragionevole, la questione non susciterebbe così tanto interesse. Evidentemente è una questione che scuote le coscienze, un appello radicale a venir fuori dalle strutture e, forse, molti fratelli non sono ancora pronti per una sequela più radicale, sofferta e provata. Ma il prezzo da pagare è alto, ed è quello di contaminarsi con gli eretici, che risulta peccato mortale (come insegna san Tommaso d’Aquino, riprendendo la tradizione patristica).
Sempre secondo numerosi lettori che mi hanno scritto, lei, a causa della sua richiesta di non andare alla Messa cum Francisco, sarebbe un fomentatore di odio e divisione, un prete scismatico che tiene in scacco centinaia di anime. Come risponde?
Che la questione irrisolvibile oggi sia don Minutella lo trovo singolare! Non c’è in me alcuna voglia scismatica, e lo dimostra il fatto che io non ho costruito nulla di nuovo, né dico una sola sillaba che non sia patrimonio verificabile della fede cattolica. Le immagini del sottoscritto, l’anno scorso, in preghiera a piazza San Pietro, subito dopo le scomuniche, per implorare papa Benedetto, dovrebbero essere sufficienti a superare questa perplessità diffusa. Se così fosse, se cioè io fossi fomentatore di divisione – pur con le debite e sovrastanti differenze – anche sant’Atanasio era fomentatore di odio, perché nel IV secolo invitava i fedeli a non andare a Messa con gli ariani. In quel caso non c’era la questione della validità, perché il papa era valido successore di Pietro, ma dire, per esempio, che io sono eretico donatista corrisponde a una reazione ingiusta, dal momento che io non ho mai, e dico mai, sostenuto l’ex opere operantis. In questo modo dovrei considerare invalida anche la mia Messa, giacché non sono certo perfetto, ma peccatore. Scendere in campo per schierarsi con Benedetto XVI doveva per forza comportare questo clima di ostilità e di sofferenza, che tuttavia volentieri offro al Signore, per le mani di Maria, in favore della Chiesa cattolica, affinché venga liberata dai suoi nemici. È una grazia incalcolabile, e ciò mi permette di sentirmi vicino al Santo Padre che, mai come oggi, soffre e offre.
Altro punto controverso: le locuzioni che lei riceverebbe. Ci può spiegare come stanno le cose? Ne può parlare?
Devo premettere che, a riguardo delle locuzioni interiori, nelle mie seguitissime catechesi su Radio Domina Nostra non ne ho mai fatto un cavallo di battaglia, dal momento che, grazie alla competenza teologica (con due dottorati e una significativa produzione teologica, pensi che dovevo anche insegnare alla Facoltà teologica di Sicilia), le argomentazioni che porto avanti sono, appunto, fondate sul Magistero e sul sano deposito della fede. In ogni caso, la teologia mistica insegna che le locuzioni sono un dono di Dio, gratia gratis data. Ciò significa che non è un necessario punto di riferimento, ma, nel caso di alcune missioni, è un supporto carismatico che aiuta l’uomo di Dio a svolgere il proprio compito. Se ne può parlare e anche no. Nel mio caso, la falsa chiesa massonica ha imbastito una messinscena ridicola, subito dopo le mie prime coraggiose dichiarazioni a riguardo dell’invalidità dell’elezione del cardinale Bergoglio, che si commenta da sola, che doveva gettare discredito su di me e che, invece, ha attirato molta gente che poi, ascoltando le catechesi, ha dovuto riconoscere che proprio matto non sono! Ho visto che la gente di buon senso, dopo che mi ascolta e mi frequenta, abbandona ogni dubbio. Il dono da me ricevuto l’ho sottoposto più volte al discernimento della Chiesa e all’esame di esorcisti provati, e ne è uscita una valutazione positiva. Me ne servo sempre in modo riservato per, diciamo così, corroborare la mia missione.
Don Minutella, qual al momento la sua situazione dal punto di vista canonico?
Mi verrebbe voglia di risponderle con l’arguzia di san Lorenzo che, una volta arrostito da sotto, chiedeva di voltarlo per completare l’opera! In effetti, sono ben “arrostito” anch’io! Ho avuto in dono dalla chiesa misericordiosa del cardinale Bergoglio, che vuole ponti non muri, e che parla di dialogo con tutti, una sospensione a divinis, la rimozione da parroco e l’anno scorso, per il 15 agosto (!), due scomuniche, una in più di Lutero. Attualmente, dunque, risulto fuori dalla comunione ecclesiale. Se però penso che questa chiesa, governata dal cardinale Bergoglio, non è la vera Chiesa, ma quella mostruosa e satanica, descritta in molte profezie, beh, allora, a dire il vero, e comprendo che ciò può apparire sorprendente, ne provo persino gioia. Sì, quella gioia soprannaturale che mi permette di soffrire per la causa di Cristo, della verità e della Chiesa. Le minacce, le condanne e le ritorsioni mediatiche che ho subìto non mi hanno abbattuto, anzi. Diceva san Francesco Saverio: plus ultra, Domine. Lo ripeto anch’io, dal momento che non posso escludere nulla di ulteriore, compresa la riduzione allo stato laicale, ma mi attacco a Gesù, come diceva don Dolindo Ruotolo, e avanzo fiducioso nella protezione della Santa Vergine. In questo modo sento la vicinanza interiore con papa Benedetto.
Da quel che vedo, lei viaggia molto. Che cosa le dicono i fedeli che incontra?
È una gioia pastorale incalcolabile, che condivido con don Enrico Roncaglia, anche lui prete schieratosi apertamente con Benedetto XVI. Sì, incontrare tutta questa gente, che è in crescita, aiuta anche me ad andare avanti. È piuttosto faticoso, eppure entusiasma molto. I fedeli mi rincuorano di continuo e, soprattutto, pregano per me, dal momento che vedono quanto odio c’è attorno. Essi sono certi che don Minutella non vuole nulla per sé, né si sognerebbe di creare un movimento scismatico o eretico. Mi vedono come un prete coraggioso, inviato dalla Santa Vergine, che apre gli occhi sull’apostasia dilagante, mentre i pastori che “contano” usano inutili scorciatoie. Ma con il lupo non si patteggia. Le pecore hanno un istintivo bisogno di protezione e devo riconoscere che in me l’hanno trovato. Ci stiamo preparando anche a un raduno in Spagna, e credo che quest’opera, come a volte dico, se viene da Dio, nonostante le prove che affronta, anzi proprio grazie alle prove che affronta, andrà avanti e crescerà come il chicco di senape che diventa un grande albero. Ne sono sicuro, lo sento nel cuore.
Secondo lei come si uscirà da questa situazione confusa?
Il cardinale Caffarra, poco prima di morire, disse: “Gli Apostoli erano dodici e il Signore ricomincerà con pochi. Immagina la sofferenza di Sant’Atanasio che rimase da solo a difendere la verità per amore di Cristo, della Chiesa e degli uomini. Dobbiamo avere fede, speranza e fortezza”. La Chiesa cattolica sta vivendo quella che il Catechismo chiama la “prova finale” (CCC 675). La direzione impressa dal Concilio Vaticano II, e che per fortuna è solo pastorale e non dogmatica, è pressoché fallimentare su tutti i fronti. È in questa palude dottrinale ed etica che prosperano i coccodrilli che hanno infestato il trono di Pietro, ma la Chiesa è di Cristo, ed Egli ha promesso che non praevalebunt. Il terzo segreto di Fatima si sta attuando in pieno, così come la visione di Leone XIII. La Chiesa è ora con Benedetto XVI e con lui condivide la persecuzione e il nascondimento, come l’abbandono forzato delle strutture. Ma, come sempre, alla maniera dell’araba fenice, la Chiesa saprà uscirne purificata e ritemprata. La promessa di Fatima, “il mio Cuore immacolato trionferà” è dinanzi a noi, e ci incoraggia, ci sprona, ci sostiene. Dobbiamo attendere, pregare e soffrire, fiduciosi che Roma tornerà a essere quel centro luminoso della fede che impareggiabilmente ha illuminato i popoli e le culture.
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Qui termina l’intervista, in seguito alla quale ho inviato a don Minutella la seguente mail:
“La ringrazio. Secondo me però nella sua posizione il punto debole riguarda l’invalidità della rinuncia di Benedetto XVI. Infatti non abbiamo una sola prova che tale rinuncia sia effettivamente non valida. Possiamo avere sospetti, ma nessuna prova”.
Ed ecco la risposta che don Minutella mi ha inviato:
“Caro Valli, a riguardo del ragionevole dubbio, intorno a cui ruota tutto quanto la Chiesa sta vivendo di apocalittico, sarebbe bello poterne dialogare qualche volta di presenza. Sto leggendo un testo del Newman che parla proprio delle implicazioni circa il rapporto tra dubbio e certezza. A presto e avanti con Maria!”.
A cura di Aldo Maria Valli
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