In questi giorni di bilancio di fine anno anche il corrispondente da Roma per Kath.net Armin Schwibach, professore di filosofia a Roma ed esperto di questioni papali, ha voluto ripercorrere ciò che è avvenuto nel 2019 nella Chiesa Cattolica intervistando a tutto tondo e in modo informale il cardinal Müller. Egli a febbraio ha addirittura sentito la necessità di pubblicare quello che ha chiamato Manifesto della Fede, documento diffuso in diverse lingue, con lo scopo di esprimere un giudizio sul momento difficile e confuso che stiamo attraversando e ribadire i pilastri della nostra fede. La prima parte di questa intervista è stata resa pubblica il 23 dicembre, mentre la seconda parte verrà pubblicata sempre su Kath.net ad inizio gennaio.
Di seguito l’intera prima parte che vi propongo nella mia traduzione.
Elena Mancini
Ora, alla fine dell’anno e in vista di molti altri eventi, come spiegherebbe quali sono le linee fondamentali della Scrittura? Cosa l’ha portata a riconoscere la necessità di un tale documento di diffusione e portata internazionale (che si regge solo ed esclusivamente su Catechismo e Magistero)? È stato sorpreso di essere attaccato dagli attuali “neo-papisti” del “gruppo di pressione bergogliano” perché Lei aveva sintetizzato qualcosa di “cattolico” e quindi è stato qualificato come “avversario papale”?
Cardinal Müller: Chi diffama un vescovo e cardinale cattolico della Chiesa romana, “con la quale ogni altra Chiesa (nella professione di fede) deve essere d’accordo per la sua peculiare principalità (= propter potentiorem principalitatem)” (cfr. Ireneo di Lione, Contro le eresie III, 3,2) dichiarandolo “oppositore del Papa”, agisce chiaramente con la volontà di sviare l’attenzione su altri dando loro la colpa.
Quello che viene chiamato “gruppo di pressione” non fa parte del papato, bensì al massimo è un peso per la Chiesa stessa. Con chi prende sul serio questo gruppo dal punto di vista teologico, non c’è più speranza. Ogni buon allenatore di calcio sa di non poter vincere il campionato ascoltando i suoi tifosi, ma solo in collaborazione con professionisti di prima classe. Due sono le cose: o non conoscono la dottrina vincolante della fede, enunciata da Vaticano I e II su “l’istituzione, la durata, il potere e il significato del santo primato dovuto al Vescovo di Roma e al suo infallibile Magistero” (Lumen Gentium 18), o questi approfittatori abusano deliberatamente del prestigio pubblico del Papa per introdurre dottrine e pratiche pastorali eterodosse che contraddicono la “verità del Vangelo”. (Gal 2, 14).
Il papato e la Chiesa non hanno inizio oggi, bensì con Cristo, anche se alcuni ideologi pensano di essere loro, adesso con papa Francesco, ai “comandi del potere” e che non esista per la Chiesa fortuna più grande di quella di avere loro come consiglieri. L’unica cosa che queste persone credono infallibile è il proprio mantra secondo cui la Chiesa abbia dovuto aspettare loro con bramosia per 100 anni per giungere finalmente nel mondo moderno grazie alla propria visione del mondo stesso. Uno dei protagonisti in questo senso ha sostenuto che nella pastorale, dove quindi è in gioco la salvezza eterna del singolo individuo, si possa anche applicare la regola: 2+2=5. L’esempio rivela il livello di riflessione di tali consiglieri e la confusione che essi causano tra i fedeli.
In sostanza lavorano qui dei dilettanti che erroneamente considerano arbitrio la volontà di Dio e pensano inoltre di poter interpretare loro stessi la Rivelazione in modo arbitrario e, aggirando la rivelazione in Cristo e l’insegnamento dogmatico della Chiesa, dicono di rifarsi direttamente allo Spirito Santo. Così facendo, essi dimenticano solo una cosa: che lo Spirito Santo è lo Spirito del Padre e del Figlio, e che Egli (e non loro) sostiene la Chiesa nella verità di Cristo. Dio non agisce mai per spinte che vengono dall’interno o dall’esterno, ma agisce seguendo la propria saggezza e non il calcolo dell’arbitrarietà umana. Né si lascia indurre in contraddizione attraverso i nostri sofismi.
Il fatto che il 2+2, senza eccezioni, dia come somma sempre 4 e mai 5 è dovuto al fatto che le leggi formali della logica, della geometria e dell’aritmetica (matematica) sono i principi da cui dipende l’essenza delle cose, così come Dio le ha create. Quindi, un atto di Dio che andasse contro i principi sui quali si fonda il mondo da lui creato e l’ordine di salvezza da lui stabilito non sarebbe una prova della sua assoluta libertà, ma solo un’impossibile contraddizione tra l’essenza e l’azione di Dio. San Tommaso d’Aquino respinge così la falsa idea della volontà arbitraria di Dio (Summa contra gentiles II, cap. 125).
Ma per sapere che in matematica, e di conseguenza nel ministero pastorale, 2+2=4, non occorre disturbare i più grandi pensatori dell’umanità. Ogni bambino lo sa già. E come figli di Dio comprendiamo la logica dei sacramenti anche senza frequentare l’università. Sconvolge invece quando un servo ordinato della parola divina (=logos), cioè Cristo (Lc 1,2; Atti 6,4), confonde la logica della fede, perché non riesce nemmeno a sommare correttamente 2 e 2. Teo-logico è: chi si trova in stato di peccato mortale non può ricevere in modo fruttuoso e salvifico lo stesso Cristo nella santa comunione, alla quale egli si contrappone diametralmente attraverso un peccato grave, senza il pentimento e la penitenza precedenti (Concilio di Trento, Decreto sull’Eucaristia, can. 11).
Quindi questo dogma non è definito arbitrariamente da Dio o da una certa Chiesa (ricaduta nel farisaismo), e da esso, Dio non ci dispensa ogni tanto, strizzandoci l’occhio, perché si pente di essere sempre così severo. Rispecchia piuttosto la logica del buon medico che, con la giusta medicina, conduce il paziente alla guarigione prima che possa rialzarsi e nutrirsi di cibo normale.
E a causa di questa negligente o incompetente confusione della logica della fede, il Manifesto della fede si è reso necessario per ricordare le tabelline delle verità fondamentali del Catechismo cattolico. Esso [il manifesto, ndr.] corrisponde al Credo apostolico con i misteri della Trinità e dell’Incarnazione di Dio, la natura intrinseca della Chiesa come sacramento della salvezza del mondo in Cristo, i sette sacramenti come mezzo di grazia per la vita divina, l’unità del Credo e della vita cristiana, la speranza in Dio e la vita eterna.
Per quanto riguarda la fedeltà al papa, vale anche la logica conclusione inversa: chi disprezzava Giovanni Paolo II e Benedetto XVI come persone e rifiutava le loro spiegazioni dogmatiche (ad esempio: sull’impossibilità che una donna riceva il sacramento dell’ordine; o che ci siano atti intrinsecamente malvagi, come l’uccisione di un bambino nel grembo materno) non può essere un vero amico del papa attuale. Perché ogni papa è Pietro, il quale – dopo essersi convertito – deve rafforzare i suoi fratelli nella fede in Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente (Lc 22,32; Mt 16,16).
Non si può essere cattolici senza [questo e i seguenti due corsivi lo sono anche in originale, ndr.] la piena comunione con il papa e i vescovi. Ma nessuno è cattolico grazie al Papa, ma solo per grazia di Cristo nella fede, nella speranza e nell’amore, nella professione di fede, nel battesimo e nella partecipazione a tutti i sacramenti, in un modo tale da essere in comunione con i successori degli apostoli e riconoscere il loro insegnamento e il loro ministero pastorale (Lumen gentium 14). I vescovi e i sacerdoti non amministrano la grazia dei sacramenti, ma solo (instrumentaliter) i sacramenti della grazia (Tommaso d’Aquino, Summa theologiae, Suppl. q. 36 a.3).
Il magistero non è al di sopra della parola di Dio, ma la serve (Dei verbum 10). Al papa e ai vescovi non compete integrare, relativizzare o correggere la rivelazione escatologica di Dio nella sua pienezza e insuperabilità, né “modernizzare” la sua Chiesa e il suo insegnamento, ovvero adattarla alle esigenze del mondo. Esistono libri con titoli assurdi che non solo usando la stampa celebrano Papa Francesco come riformatore della Chiesa, ma che parlano di una conversione della Chiesa tramite il Papa, o sostituiscono l’unica espressione corretta “Chiesa di Cristo” con il termine “Chiesa di Francesco”, per cui il Papa si trasformerebbe da annunciatore della fede in un oggetto di fede. Lutero, con una venerazione papale così poco illuminata, si sarebbe sentito confermato nella sua azione.
In realtà, è solo Dio che converte i cuori. Gli apostoli e i loro successori, attraverso la predicazione e il buon esempio, sono solo strumenti di Cristo come “servi di Cristo e amministratori dei misteri di Dio” (1 Cor 4,1) e suoi “collaboratori” (2 Cor 6,1). L’ordine dei fattori e la causalità fra signore e servo non si può invertire: “Dio ci ha riconciliati a sé mediante Cristo e ci ha affidato il ministero della riconciliazione” (2 Cor 5,18)
Schwibach: Molte questioni critiche e confuse sono ancora nell’aria. Anche quattro anni dopo la fine dei cosiddetti sinodi sulla famiglia, c’è ancora bisogno di sottolineare il carattere dottrinale di una lettera post-sinodale che li riassume.
Così papa Francesco ha spiegato durante il suo viaggio in Thailandia nel novembre 2019, in una conversazione privata con la comunità dei gesuiti di quel Paese, sulla questione di come i pastori cattolici dovrebbero trattare i divorziati risposati: “Potrei rispondere in due modi: in modo casistico, che però non è cristiano, anche se può essere ecclesiastico; oppure, secondo il Magistero della Chiesa, come è scritto nell’ottavo capitolo dell’Amoris laetitia”. Lì si tratterebbe di incamminarsi su una strada di accompagnamento per “trovare soluzioni nelle decisioni spirituali”. – Una “storia infinita”. Cosa può significare?
Card. Müller: È chiaro che nessuno può ricevere la Santa Comunione se non è in stato di grazia santificante. Chi è consapevole di un peccato mortale deve (per la natura del suo rapporto sacramentalmente mediato con Dio) pentirsi dei suoi peccati, fare ammenda per il male fatto, e nella confessione e nella penitenza ottenere l’assoluzione da parte di un sacerdote (o, dopo il completo pentimento, cercare la prossima occasione per confessare i suoi peccati a un sacerdote).
È importante costruire su questa base dogmatica le successive argomentazioni morali-teologiche (per esempio sul significato e i limiti della casistica) o gli approcci pastorali e psicologici. Le decisioni spirituali riguardano il fatto se, all’interno dei principi morali e delle verità dogmatiche della fede che valgono per tutti, io segua una chiamata personale ad una vita secondo i consigli evangelici o che preferisca decidermi per il matrimonio. Un po’ diversa è la questione dell’ordinamento fondamentale dei sacramenti, di cui la Chiesa non dispone a piacimento e che nessuno può piegare al proprio “discernimento spirituale”. Qui stanno i limiti dell’autorità ecclesiastica.
Per quanto riguarda il matrimonio, l’unico mandato possibile è quello di constatare, in determinate circostanze, che non sussistevano le condizioni per un matrimonio valido. Si tratta quindi solo in questo senso di casi singoli di cui tenere conto. Sbagliato sarebbe invece dire che, oltre al matrimonio sacramentale esistente, è possibile un matrimonio civile, il cui adempimento sessuale, contrariamente alle parole di Cristo, non sarebbe adulterio (Mc 10,11), e che questa unione sessuale potrebbe essere concessa a un secondo coniuge, perché per l’interessato l’astinenza sessuale non sarebbe ragionevole (1 Cor 7,10s).
Le tensioni nella Chiesa non si risolvono con quella che a mio parere è una polemica assurda e personalmente offensiva contro i difensori degli insegnamenti di Cristo e della Chiesa riguardo l’indissolubilità del matrimonio sacramentale. È anche poco realistico pensare che un giorno queste tensioni si estingueranno o scompariranno dall’episcopato attraverso giochi politici. Per ogni credente pensante, e ancor di più per un maestro di fede teologicamente preparato, sono evidenti le incongruenze tra la sincera volontà di aiutare spiritualmente le persone in situazioni matrimoniali difficili e la mancanza di chiarezza riguardo ai fondamenti teologici.
Al sassolino nella scarpa non ci si abitua. Il piede si ribellerà eternamente fino a quando l’elemento di disturbo non sarà rimosso, cioè, in questo caso, con obiettività non si sgombrino i principi da ogni contraddizione. Dobbiamo nuovamente riconoscere che l’insegnamento e la pratica della fede vanno insieme e non devono essere messi l’uno contro l’altro.
Schwibach: All’inizio dell’anno si è svolta in Vaticano la riunione dei presidenti e degli esponenti delle Conferenze episcopali, voluto personalmente da papa Francesco. Argomento: la crisi degli abusi, che soprattutto a causa degli eventi negli USA e in Germania aveva assunto una dimensione mondiale. Ne è nata l’impressione che Roma e il Papa abbiano difficoltà a riconoscere gli aspetti essenziali della catastrofe.
Poi, in aprile, Benedetto XVI ha pubblicato i suoi commenti sulla Chiesa e sullo scandalo degli abusi sessuali, che erano stati ignorati durante l’incontro romano. “Uno spettro sta infestando il mondo. Lo spauracchio è lo spettro di un cambiamento, peggio ancora, di un’incombente conversione dell’Europa, che con un grido di sdegno si sta sfogando e scaricando contro Benedetto XVI”, ha scritto Albert Christian Sellner in una prefazione all’edizione tedesca cartacea: “Perché il Papa emerito, a pochi giorni dal suo 92° compleanno, ha osato accusare i sessantottini dell’imbarbarimento sessuale dello spirito del tempo! Per quanto posso vedere, l’ex-pontifex ha ragione”.
Sia come sia: le reazioni accese nella Chiesa e anche all’esterno di essa hanno mostrato una sola cosa: Benedetto XVI, come è sempre stato nello stile di Ratzinger, aveva messo il dito in molte piaghe infette, di cui si era appena fatto finta, ancor più negli ultimi anni, che non esistessero.
Che tipo di testo è quindi questo? L'”ultima enciclica” dell’emerito novantaduenne o una nuova forma di “lettera dottrinale” con cui Benedetto XVI apre la strada al futuro? In che misura e fino a che punto Lei è d’accordo con l’analisi di Benedetto XVI?
Card. Müller: Il testo è una visione personale delle cose, ma ha un grande peso per l’alto livello della riflessione teologica e a causa della decennale esperienza [di Joseph Ratzinger] come vescovo, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede e come Papa.
L’abuso sessuale è sempre esistito, come sappiamo dall’imbarbarimento dei vecchi pagani, per cui nemmeno i loro più brillanti pensatori riconoscevano la pedofilia come la più grave ingiustizia contro gli adolescenti. Paolo considera questo peccato di contatto sessuale tra giovani e adulti, ma anche tra persone dello stesso sesso, come uno dei vizi più gravi che escludono dal Regno di Dio (1 Cor 6,9) e che sono di per sé segni di ribellione contro Dio e il suo ordine nella creazione del matrimonio tra uomo e donna (Rm 1,26ss).
Questo vale anche per gli sforzi tesi a depenalizzare la pedofilia, come negli anni Ottanta alcuni partiti addirittura anche in Germania e in Austria volevano fare. Quello fu anche il momento in cui questo modo di pensare devastante era arrivato fino al clero cattolico.
L’insegnamento morale cattolico in ogni epoca ha dichiarato i contatti sessuali tra adulti e adolescenti come un peccato mortale, come si può vedere da ogni aiuto alla confessione e all’esame di coscienza dei libri di preghiera e degli inni di ogni tempo. La polemica più accesa contro quelli che erano semplicemente fatti accertati e statisticamente provati da Benedetto XVI è venuta da una lobby interna alla Chiesa il cui tema perenne e il cui obiettivo principale è quello di rendere moralmente accettabili gli atti omosessuali. Non rientra nella loro strategia il fatto che oltre l’80% delle vittime di tali misfatti del clero siano giovani uomini nella loro età puberale o prepuberale.
È il desiderio sessuale incontrollato che fa dei singoli chierici o anche dei non chierici dei criminali contro le loro vittime. Lo sfogo peccaminoso del loro disordinato desiderio sessuale non era lo strumento per dimostrare il loro potere sulle vittime (come si sentono i pervertiti con le loro vittime indifese durante una violenza), ma al contrario era l’autorità spirituale o la superiorità dell’adulto sul bambino che servivano da accesso ad una soddisfazione del piacere egoistico, che serviva a strumentalizzare la vittima e quindi a degradarla.
L’abbassamento del livello della morale pubblica e del “sistema” di Chiesa, scuola, famiglia borghese, ecc. non può in nessun caso portarci a giustificare colpevoli, perché in un adulto sano di mente, e ancor più in un sacerdote, maestro di fede e di morale, la coscienza è diretta al bene come misura di tutte le nostre azioni morali (Rm 2,15).
Alla favola di un clericalismo malvagio credono solo i suoi inventori. Non è altro che una manovra di distrazione dalla vera causa, e cioè che la sessualità è vista solo come una sensuale soddisfazione egoistica dei propri istinti e non è riconosciuta nel suo rapporto fondamentale con l’amore dei singoli nel matrimonio. Alcuni approfittano dell’opportunità favorevole che rappresenta la cattiva reputazione del celibato sacerdotale per sfogare la propria aggressione anticlericale. Si sente spesso la frase: “il celibato è contro natura, la decisione per il sacerdozio deriva dall’immaturità e inevitabilmente conduce sacerdoti e religiosi verso i minori piuttosto che verso oggetti sessuali adulti”.
Altri, al contrario, stanno comunicando così proprio ora le proprie ambizioni clericali (cioè la ricerca di quel potere altrimenti tanto disprezzato), perché come teologi laici o teologi sposati si sono sentiti finora ingiustamente esclusi dagli onori del sacramento dell’ordine.
Schwibach: Parole chiave “cammino sinodale”, “sinodalità”: che immagini evocano? Come giudica ciò che sta venendo alla luce dal periodo precedente fino ad ora, all’inizio del “cammino sinodale” tedesco, che in modo abbreviato ma efficace può essere riassunto come segue: “Non c’è nulla di assoluto nel magistero, a partire da ciò che sono il sacerdozio e la Chiesa, fino alla nuova definizione del magistero cattolico in tema sessualità”?
Cardinale Müller: Il “cammino sinodale” è una tautologia. La Chiesa percorre da pellegrina il cammino verso il compimento eterno e riconosce che Gesù, suo Signore e Capo, nella sua persona è “Via e Verità e Vita” (Gv 14,6).
L’agnosticismo cristiano, che mira a un cristianesimo senza dogmi come religione dell’umanità o a una Chiesa che si offre come religione civile, non è niente di nuovo. Solo che adesso, come Chiesa nazionale tedesca, vuole affermarsi a un livello incredibilmente più primitivo del modernismo dell’inizio del secolo scorso e questo mostra chiaramente la perdita interiore della fede, sì, il nichilismo dei suoi protagonisti. Una tale ignoranza può alzare sfacciatamente la testa solo lì dove l’intero sviluppo della Chiesa e della teologia degli ultimi 300 anni è stato dimenticato.
L’unico “fundamentum inconcussum” che ancora riconoscono è la ricchezza materiale delle diocesi tedesche. Ma il patrimonio della Chiesa non è lì per ingrassare i propri funzionari e offrire ai propri servi una piattaforma per le loro vanità, bensì per fornire le condizioni materiali al servizio salvifico della Chiesa visibile attraverso Martyria, Leiturgia e Diakonia.
Dio è la prima verità, e tutti gli articoli del Credo e i dogmi dell’insegnamento della Chiesa ci trasmettono la partecipazione alla conoscenza di Dio nella fede e la partecipazione alla sua vita trinitaria nell’amore.
L’atteggiamento degli apostati da Lei descritto sopra, i quali hanno abbandonato la fede della Chiesa e considerano la confusione mentale che si sono costruiti da soli come cattolica-moderna, volendo imporla obbligatoriamente agli altri, è di una tale profonda vacuità che ogni discussione a questo livello è fatica sprecata. Si può solo sperare in un miracolo. ” Quelli, infatti, che sono stati una volta illuminati e hanno gustato il dono celeste, sono diventati partecipi dello Spirito Santo e hanno gustato la buona parola di Dio e i prodigi del mondo futuro. Tuttavia, se sono caduti, è impossibile rinnovarli un’altra volta portandoli alla conversione, dal momento che, per quanto sta in loro, essi crocifiggono di nuovo il Figlio di Dio e lo espongono all’infamia. ” (Eb 6,4-6f). Nessun cattolico serio e spiritualmente vigile dovrebbe lasciarsi scoraggiare da coloro che negano che ” la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo”. (Gv 1,17).
Dal punto di vista della ragione, la suddetta posizione può essere liquidata come un non sense. Dal punto di vista della fede è uno scandalo e un invito “ad esaminare le ispirazioni per vedere se sono di Dio” (1 Gv 4,1). “Chi non crede a Dio, fa di lui un bugiardo, perché non crede alla testimonianza che Dio ha dato riguardo al proprio Figlio” (1 Gv 5,10).
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