ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 2 gennaio 2020

“Farà pascolare le sue pecore fra molte tribolazioni”

Chi è Petrus Romanus? Malachia e le sue profezie, tra storia e misteri

Cari amici di Duc in altum, ho letto di recente con grande interesse Malachia, tra storia e misteri (Àncora editrice, 144 pagine, 16 euro), libro nel quale Paolo Gulisano, medico-scrittore studioso del mondo celtico e ben noto ai lettori di questo blog, affronta la vita del santo irlandese Malachia di Armagh, figura di spicco del cristianesimo medievale, il cui nome rimanda subito alle profezie (Prophetia Sancti Malachiae Archiepiscopi, de Summis Pontificibus) riguardanti i pontificati a partire da Celestino II, eletto nel 1143, fino a Gloria olivae, identificato con Benedetto XVI. Dopo di che abbiamo Petrus romanus, “che farà pascolare le sue pecore fra molte tribolazioni”, e infine “la città dai sette colli sarà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo”. 

Ricordando che sull’argomento è anche disponibile l’opera di Alfredo Maria Barbagallo La Profezia di San Malachia sui Papi, sottolineiamo che il merito del libro di Gulisano è non solo di illustrare origini e presupposti della profezia introducendo una nuova ipotesi lasciata trapelare da Benedetto XVI, ma anche di aprire uno squarcio istruttivo sul cristianesimo medievale e sull’opera di un santo vescovo che dedicò tutta la vita alla difesa e alla diffusione della vera fede.  
A.M.V.
***
Paolo Gulisano, chi era Malachia e che cosa ha rappresentato per la Chiesa?
Malachia di Armagh è un santo irlandese, una delle più grandi figure del Medioevo e del cristianesimo irlandese, una Chiesa frutto della straordinaria opera evangelizzatrice di san Patrizio. Una Chiesa di monaci, di asceti, di dotti, di santi.  Malachia nacque nel 1095 (l’anno in cui venne indetta la prima crociata) e morì nel 1148. Fu primate d’Irlanda, un grande vescovo che combatté la rilassatezza dei costumi della Chiesa del suo tempo, rinnovando  la tradizione di ascetismo del monachesimo irlandese. Fu anche amico di Bernardo di Chiaravalle, il padre dell’ordine cistercense che aveva accolto una prima volta Malachia nel suo convento di Clairvaux nel corso di un pellegrinaggio del vescovo irlandese a Roma.  In seguito Bernardo avrebbe ospitato ancora Malachia, e proprio nel corso della sua ultima visita l’irlandese si ammalò gravemente e spirò tra le braccia dell’amico il 2 novembre 1148. Tale era la stima e l’affetto per Malachia che il futuro dottore della Chiesa volle in seguito essere sepolto accanto alla tomba dell’amico.
Il sottotitolo del libro è Tra storia e misteri: a quali misteri ti riferisci?
La storia di Malachia di Armagh è ben documentata: sappiamo delle sue opere, dei suoi sforzi di predicare il Vangelo, di correggere gli errori e gli erranti, e persino dei miracoli che compì ancora vivente.  I misteri invece riguardano le sue celebri profezie sui papi, quelle che vengono evocate a ogni conclave, e non solo.   Queste in realtà vennero pubblicate nel 1595 a Venezia a cura di un monaco benedettino proveniente dalle Fiandre, Arnold de Wyon, autore di un libro dal titolo Lignum vitae, ornamentum et decus Ecclesiae. Si trattava di una monumentale storia, in più volumi, dell’ordine di san Benedetto. Nel primo volume Arnold presentava ai lettori uno scritto, per secoli inedito e sconosciuto, attribuito a un santo monaco e vescovo irlandese vissuto nel XII secolo, Malachia di Armagh, omonimo del profeta Malachia con cui si chiude l’Antico Testamento, cosa che è piuttosto suggestiva. Le profezie consistono in una serie di brevi oracoli che descrivono le caratteristiche dei papi e la successione dei pontificati da quello di Celestino II – eletto nel 1143 –  fino a Pietro II, l’ultimo papa. Si è molto discusso sull’autenticità di questo testo, e molti sono i misteri che lo circondano.  Fu davvero scritto da Malachia di Armagh? E quando? Nel mio libro ho cercato di indagare.
E qual è la tua lettura delle famose profezie?
Abbiamo un testo con 111 descrizioni sintetiche di altrettanti pontefici, fatte con brevi frasi latine. Alla fine ecco che l’autore del testo conclude la sua esplorazione del futuro con questa ulteriore e ultima profezia: “In persecutione extrema Sanctae Romanae Ecclesiae sedebit Petrus Romanus, qui pascet oves in multis tribulationibus; quibus transactis, civitas septicollis diruetur, et Judex tremendus iudicabit populum suum. Finis”. Significa che durante l’ultima persecuzione della Santa Romana Chiesa siederà Pietro Romano, che pascerà il suo gregge fra molte tribolazioni; quando queste saranno passate, la città dai sette colli sarà distrutta e il tremendo Giudice giudicherà il suo popolo. Fine. Ora, scorrendo l’elenco dei papi descritti da Malachia, ci accorgiamo che i 111 papi da lui descritti sono trascorsi. Benedetto XVI corrisponde all’ultimo, contrassegnato come De gloria olivae, La gloria dell’ulivo, che richiama un simbolo benedettino.                       Una delle ipotesi è che le profezie siano state la conseguenza di una visione avuta dal vescovo irlandese nel corso di un suo pellegrinaggio a Roma, nel 1140. Avrebbe riportato per iscritto le visioni e consegnato il manoscritto al papa del tempo, Innocenzo II, e il testo sarebbe poi stato “dimenticato” per 450 anni.  Il manoscritto potrebbe essere rimasto per secoli tra le mura silenziose di Clairvaux. Possiamo ipotizzare che Malachia lo avesse con sé durante il suo ultimo viaggio a Roma, terminato anzi tempo nel monastero borgognone. Forse il manoscritto era destinato a Eugenio III, il papa cistercense, o forse doveva proprio restare tra le mani sicure di Bernardo, in attesa dell’occasione opportuna per diffonderlo. Il mistero è piuttosto fitto. Ma la cosa che oggi dovrebbe interessarci di più è che in base alle profezie siamo arrivati al capolinea della storia della Chiesa di Roma, per lo meno per come l’abbiamo conosciuta per duemila anni.
Nel libro-intervista di Peter Seewald Ultime conversazioni il papa emerito Benedetto XVI accenna alle profezie con alcune considerazioni che secondo te sono molto significative. Ci puoi spiegare perché?
In questo libro Peter Seewald pone al papa emerito una domanda molto diretta sulle presunte profezie di Malachia, e la risposta di papa Ratzinger è piuttosto sorprendente: «Tutto può essere. Probabilmente questa profezia è nata nei circoli attorno a Filippo Neri. A quell’epoca i protestanti sostenevano che il papato fosse finito, e lui voleva solo dimostrare, con una lista lunghissima di papi, che invece non era così. Non per questo, però, si deve dedurre che finirà davvero. Piuttosto che la sua lista non era ancora abbastanza lunga!».                                                                                                                                                    Benedetto XVI, non senza una certa ironia, sembra dare la sua risposta all’enigma, con un’ipotesi che non era mai stata avanzata da nessuno: la profezia verrebbe da san Filippo Neri o da quelli che il papa chiama «circoli» che erano attorno al santo dell’allegria. Un’ipotesi originale e suggestiva. Le profezie dunque sarebbero di san Filippo, e della sua compagnia, e non di san Malachia? Benedetto non aggiunge altro, e non fornisce elementi per documentare questa sua ipotesi. Tuttavia, personalmente, non voglio credere all’idea di un falso confezionato ad arte dal grande santo fiorentino, e poi fatto pervenire al benedettino fiammingo che la pubblica. C’è da notare che l’anno della pubblicazione delle profezie, il 1595, è lo stesso della morte di san Filippo, una curiosa coincidenza. Può dunque essere che qualcuno dei circoli di cui parla Ratzinger avesse scoperto il manoscritto? Nel mio libro avanzo un’ipotesi: può essere che Cesare Baronio, uno dei primissimi “ragazzi” di san Filippo, che poi divenne sacerdote e cardinale, uno dei maggiori storici della Chiesa, e che passò molto tempo in Francia, sia venuto in possesso delle profezie?
Chi è Petrus Romanus, l’ultimo papa indicato da Malachia?
La Chiesa sembra oggi essere chiamata a rivivere la stessa Passione del suo Signore. A cominciare dalla notte nell’orto degli ulivi, un periodo iniziato forse proprio col papa definito Gloria olivae, Benedetto XVI. In quella notte, con il tradimento di Giuda, la fuga degli apostoli e il rinnegamento di Pietro, tutto sembrò perduto e finito. Anche per molti cattolici oggi sembra così. Tuttavia i credenti non possono perdere la speranza, e la conclusione delle profezie di Malachia sembrano confermarci che, alla fine, le porte degli inferi non vinceranno. Ci sarà il trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Pietro Romano è colui che guiderà la Chiesa nell’ora più buia, che è però quella che precede il ritorno della luce, una nuova alba. Non ci resta dunque che attendere la venuta di Petrus Romanus, certi che la Chiesa non si fonda sugli uomini, fragili peccatori, ma su Gesù Cristo, che ne è la sola, vera guida.
A cura di Aldo Maria Valli

1 commento:

  1. Finalmente qualcuno che non associa stupidamente "Petrus romanus", l'ultimo, grande, santo e perseguitato Papa che chiuderà Questo tempo, con bergoglio, che semmai corrisponde al motto tramandato oralmente, dopo De gloriae olivae: "caput nigrum".



    Molto deludente, invece, la teoria cinica attribuita al Santo Padre attuale (Benedetto 16):

    Dubito che sia un santo, che i suoi figli spirituali, combattano la menzogna con la menzogna!

    La menzogna purtroppo è uno dei vizi abituali dell'attuale Vaticano.

    RispondiElimina

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.