L’errore di vivere totalmente calati nel presente. Uomo spirituale o carnale? Per quale ragione l’uomo cristiano vive nel tempo, ma senza appartenere al tempo mentre l’uomo moderno vive immerso nel tempo ed è schiavo del tempo?
di Francesco Lamendola
Gli uomini moderni vivono totalmente calati nel presente perché la cultura moderna è segnata da uno stoicismo radicale: la psicologia, in particolare, insegna alla gente a vivere hinc et nunc, qui e adesso, e la gente riceve queste banalità da Baci Perugina come preziose perle di saggezza, da conservare con somma cura e da tirare a lucido ogni giorno, per farne la propria bussola nel mare periglioso della vita. Ciò nasce da un grave errore di prospettiva, uno di quegli errori capaci di condizionare tutto il sistema di vita di un’intera società. Tuttavia si tratta di un errore perfettamente logico e inevitabile, date le premesse. Le premesse sono l’immanentismo, il materialismo, il pragmatismo, l’utilitarismo e il relativismo della cultura moderna, nata, o piuttosto imposta a viva forza, sul ceppo della civiltà cristiana medievale.
Gli umanisti prima, gli illuministi poi, hanno creato la leggenda di una società medioevale triste e angosciata, nemica della gioia di vivere oltre che della ragione e del sapere, mentre è vero l’esatto contrario: che, se mai c’è stata un’epoca in cui gli uomini hanno conosciuto l’autentica gioia di vivere, quella è stata proprio il tanto bistrattato Medioevo, come ha mostrato nei suoi libri, in maniera assai convincente, una delle massime medieviste contemporanee, Régine Pernaud. Ebbene, la gioia di vivere dell’uomo medievale, figlio della civiltà cristiana, proveniva appunto dalla sua capacità di vivere nel presente, sì, ma con la piena consapevolezza che la storia non è tutto, anzi, è solo la parte più piccola e transitoria del reale; che la storia, sia quella del mondo, sia quella del singolo individuo, ha avuto un principio e avrà una fine; e che quando i veli saranno caduti e la realtà si sarà pienamente manifestata nella luce splendente dell’Assoluto, il tempo non ci sarà più, ma ci sarà solo l’eternità, meta finale del pellegrinaggio umano. Per tale motivo l’uomo cristiano camminava – e cammina tuttora, se vi sono ancora dei cristiani ai nostri giorni – con i piedi nel presente, ma con la chiara coscienza del passato e con l’ancor più chiara consapevolezza del futuro, ossia dell’eternità. Invece l’uomo moderno, figlio di una civiltà che non gli ha dato alcun punto di riferimento permanente, cammina nel vuoto, ignora il passato e non si preoccupa del futuro: è come un cieco che procede a tentoni, e questo brancolare nel buio lo chiama progresso, e lo considera come il vertice della propria comprensione del reale e il maggior vanto del suo sistema di vita.
L’uomo cristiano non è terrorizzato dalla morte, l’uomo moderno sì: è questa la grande differenza fra i due, che si riflette su tutto il loro sistema di vita!
Per quale ragione l’uomo cristiano vive nel tempo, ma senza appartenere al tempo, mentre l’uomo moderno vive immerso nel tempo ed è schiavo del tempo? Per la stessa ragione per cui l’uomo cristiano vive nel mondo, ma non appartiene al mondo: perché è un uomo spirituale. Invece l’uomo moderno, che è un uomo carnale, non sa innalzarsi al di sopra del tempo, non sa vedere il proprio essere nel mondo dalla giusta prospettiva: privo com’è di orientamento, si smarrisce nella selva del presente, si dimentica del suo passato ed è angosciato dal futuro che avanza e che intacca il suo corpo, al quale è così visceralmente legato, proprio perché immerso totalmente nella dimensione temporale, con la paura delle rughe, della vecchiaia, la malattia e la morte. L’uomo cristiano non è terrorizzato dalla morte, l’uomo moderno sì: è questa la grande differenza fra i due, che si riflette su tutto il loro sistema di vita. Pertanto l’uomo cristiano non si dispera quando la morte bussa alla sua porta, per quanto dolore provi per la perdita delle persone care (perfino Gesù Cristo pianse calde lacrime sulla tomba dell’amico Lazzaro); l’uomo moderno non vorrebbe nemmeno parlarne, salvo avocare a sé il diritto di sopprimere sia la vita nascente (lo chiama diritto d’interrompere volontariamente la gravidanza), sia la propria o eventualmente quella di un congiunto non più in grado di esprimere la sua volontà, quando giudica che non vi sono più le condizioni per condurre un’esistenza dignitosa. E il giudizio si basa su questo: che non è dignitosa una vita in cui non vi sia il pieno controllo del proprio corpo o in cui non vi sia speranza alcuna di miglioramento da una grave malattia o infermità. Ancora e sempre, immanentismo radicale: ciò che conta è la vita del corpo, non quella dell’anima: e se il corpo non è efficiente, né può godere, che vive a fare? Così ragiona l’uomo moderno; così ragionano ormai moltissimi cristiani, conquistati dal sistema di vita e dal modo di pensare della modernità; e la cosa notevole è che non avvertono neppure più la stridente contraddizione. Del resto, due generazioni di preti modernisti e di vescovi sincretisti li hanno abituati a non vederla, o a considerarla come un motivo di vanto: Vedete? Siamo cristiani, siamo cattolici, però quanto alle idee e ai valori morali, non restiamo indietro rispetto a nessun altro; sono passati i tempi in cui qualcuno poteva accusarci di essere retrogradi e bigotti. Ora noi siamo favorevoli all’aborto e all’eutanasia, non c’è nessun problema in proposto: siamo cristiani adulti, cristiani maturi, mica ignoranti e superstiziosi come lo erano i nostri nonni. Ci sono dei vescovi, come quello di Pinerolo, che per l’Epifania si sono inventati una speciale “messa dei popoli” e non fanno più recitare il Credo durante la liturgia, per riguardo ai valdesi, agli ortodossi e ai non credenti che erano presenti, e ai quali il Credo, dice il bravo vescovo, rincarando la dose – per le cronache, si chiama Derio Olivero – non serve (ma che ci fanno i non cattolici e gli atei, alla santa Messa cattolica? chi li ha inviati? sono lì per impedire ai cattolici di celebrare la vera Messa secondo il loro rito, o per quale altra ragione?). In compenso, un minuto di silenzio: chi vuole può recitare il Credo mentalmente, dice il vescovo, e gli altri possono pregare secondo le loro intenzioni. E meno male che, a parole, il clero dei nostri giorni, cominciando dal signor Bergoglio, nega di essere relativista e afferma di non voler incoraggiare il relativismo.
Un falso clero modernista? Pur di andare d’accordo coi tempi nuovi, il falso clero modernista rovescia il Magistero e stravolge perfino il senso delle Sacre Scritture spalancando le porte ai sodomiti: ciò che essi fanno non è più peccato, anzi non lo è mai stato!
Ecco: anche questo è un modo di calarsi totalmente nel presente, di identificare l’esistente con il bene. Ci sono i non cattolici, nel mondo odierno? Certo che ci sono; anzi, non è forse vero che sono ormai la maggioranza della popolazione, anche nei Paesi di tradizione cattolica? Ebbene, la soluzione è presto trovata: si prende atto di tale stato di fatto e si modifica la liturgia, la pastorale e perfino la dottrina, secondo la sensibilità della nuova maggioranza. Ci sono o non ci sono le coppie di fatto, i divorzi, e i divorziati che sono passati a nuove unioni o che si sono risposati in municipio? Ebbene: si confeziona un documento eretico spacciato per autentico Magistero, Amoris laetitia (che titolo suadente, mellifluo, celestiale!), col quale si socchiude la porta alla loro riammissione ai Sacramenti, come se nulla fosse, senza chieder loro di emendarsi e ritornare sulla retta via; anzi si arriva al punto, come hanno fatto alcuni vescovi e specialmente quello di Belluno, di domandare scusa ai divorziati risposati, perché la Chiesa è stata troppo severa e arcigna nei loro confronti. Il che, fra l’altro, è una grossa offesa alla verità dei fatti, e soprattutto è uno schiaffo a tutti quei cattolici che hanno portato la croce di un matrimonio infelice, ma sono rimasti fedeli al Sacramento e hanno lottato ogni giorno per tenere unita la loro famiglia, chiedendo l’aiuto di Dio. E via di questo passo: ci sono o non ci sono le persone che vogliono amare alla luce del sole dei compagni dello stesso sesso, e perfino sposarsi in municipio, e molte delle quali vorrebbero sposarsi anche in chiesa? Ebbene, il falso clero modernista ne prende atto e spalanca loro le porte: ciò che essi fanno non è più peccato, anzi non lo è mai stato. Pur di andare d’accordo coi tempi nuovi, il falso clero modernista rovescia il Magistero e stravolge perfino il senso delle Sacre Scritture: e insegna, come fa la Pontificia Commissione Biblica, stampando un libro ad hoc, che il peccato dei sodomiti non è affatto la sodomia, bensì la mancanza di ospitalità e la violenza verso gli stranieri. Due piccioni con una fava! Da un lato si sdogana il peccato di Sodoma, dall’altro si ritorce la colpa non sui sodomiti, ma su quanti non sono disposti a subire l’immigrazione selvaggia: insomma i veri sodomiti, quelli che dispiacciono a Dio, sono i leghisti e tutti quegli italiani e quegli europei che, insensibili e duri di cuore, non vogliono lasciarsi invadere da milioni di falsi profughi di fede islamica. E così, pur di andare d’accordo coi tempi nuovi, i sedicenti cattolici odierni preferiscono dare torto all’insegnamento dei Padri, dei Santi, di duecentosessanta pontefici e di venti concili (venti, non ventuno), e soprattutto a Gesù Cristo e al suo Vangelo, pur senza avere il coraggio di dirlo apertamente, ma con somma ipocrisia, avanzando nuove “letture” di esso e sostenendo che oggi non si può credere al Vangelo allo stesso modo in cui ci si credeva prima della modernità. Il che equivale di per sé ad ammettere che dei due fattori in predicato, il cristianesimo e la modernità, è il secondo che fornisce l’unità di misura ed è quindi il primo che si deve adattare. Ma questo non è un palese tradimento del Vangelo? Nell’insegnamento e nella vita di Gesù non si trova nulla del genere: non è il Vangelo che va adattato al mondo, perché esso è l’alternativa radicale al mondo, senza compromessi né ambiguità (e sia il vostro parlare: sì, sì, no, no: tutto il resto viene dal diavolo: ricordate?).
Oggi tra il cristianesimo e la modernità, è il secondo che fornisce l’unità di misura ed è quindi il primo che si deve adattare. Ma questo non è un palese tradimento del Vangelo? Non è il Vangelo che va adattato al mondo!
L’errore di vivere totalmente calati nel presente
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