Risolta con una buone dose di ambiguità la faccenda dei preti sposati e delle donne prete su cui si era concentrata l'attenzione degli osservatori, l'Esortazione apostolica "Querida Amazonia" presenta in realtà un approccio e alcuni temi che lasciano perplessi: prevalenza di argomenti socio-economici, ecologismo, indigenismo. E una concezione della missione ridotta a cura della casa comune.
Ammettiamolo. Negli ultimi mesi nella testa di molti cattolici la parola “Amazzonia” veniva associata a “preti sposati” e “donne prete”. Pubblicata l’esortazione post sinodale Querida Amazonia, Papa Francesco ha abolito il celibato ecclesiastico ed ha aperto all’ordinazione delle donne?
L’esortazione non si pronuncia esplicitamente su tali due aspetti, ma è un silenzio diniego oppure un silenzio che lascia aperta la porta a queste novità? Forse la risposta viene dalle prime righe dell’esortazione in cui si capisce il valore dottrinale della stessa esortazione. Tale valore deve essere dedotto dalla relazione tra esortazione e Documento finale del Sinodo, documento - che lo ricordiamo – apriva al clero uxorato (111) ed era possibilista al diaconato femminile (102-103). In parole povere: su queste tematiche così discusse prevale ciò che dice Francesco nell’esortazione o il Documento finale? Il Santo Padre preferisce dare una risposta obliqua, ambigua così da lasciare aperte tutte le porte, così ad avviare i famigerati processi.
Infatti da una parte pare che l’esortazione superi per autorità il Documento (e così, giuridicamente, dovrebbe in effetti essere): «Ho preferito non citare tale Documento in questa Esortazione» (3). Su altro versante sembra che l’esortazione si affianchi come valore dottrinale al Documento finale: «Non intendo né sostituirlo, né ripeterlo» (2). Ed infine pare che il Documento funga da chiave ermeneutica per interpretare correttamente l’esortazione e dunque sia paradigma di riferimento e di valore gerarchicamente superiore a quella: «Voglio presentare ufficialmente quel Documento. […] Dio voglia che tutta la Chiesa si lasci arricchire e interpellare da questo lavoro, che i pastori, i consacrati, le consacrate e i fedeli laici dell’Amazzonia si impegnino nella sua applicazione e che possa ispirare in qualche modo tutte le persone di buona volontà» (3-4).
Insomma ce n’è per tutti i gusti e tutti potrebbero essere soddisfatti da questa esortazione: i conservatori tradizionalisti, i moderati e i progressisti. Gli ultimi, in particolar modo, useranno la frase «si impegnino nella sua [del Documento finale] applicazione» come grimaldello per picconare il celibato e per far indossare la talare alle donne, così come auspicato nel Documento finale.
Chiusa questa riflessione sul valore dottrinale dell’esortazione – riflessione che rappresenta l’aspetto più importante dell’esortazione stessa – diamo ora uno sguardo, ma solo dall’alto, al contenuto di Querida Amazonia che si incardina su quattro sogni. Gli “I have a dream” di Francesco sono i poveri, la cultura indigenza, l’ecologia e la missionarietà. La prospettiva per indagare le prime tre tematiche, direbbe qualche maligno, pare avvalersi di una retorica sindacalista. Infatti i temi toccati sono letteralmente: le disuguaglianze sociali, lo sfruttamento dei poveri e del territorio, la globalizzazione, il colonialismo e il consumismo, l’individualismo, la discriminazione, la disuguaglianza.
Naturalmente non si fa cenno del peccato, del secolarismo, del relativismo e di temi affini. Le soluzioni indicate per sanare le problematiche prima indicate non possono che articolarsi sullo stesso piano in cui si sono rinvenuti tali problemi, cioè, nuovamente, sul piano della giustizia sociale e quindi lungo una prospettiva immanentista della storia: solidarietà, sviluppo, dialogo sociale, sostenibilità nell’economia, ecologismo, fraternità, educazione delle popolazioni, riscoperta delle radici, confronto interculturale. La dimensione trascendente – salvezza delle anime, evangelizzazione, sacramenti, virtù teologali – appare sì nell’ultimo sogno, ma come foglia di fico, in modo accidentale e soprattutto viene declinata sempre secondo le categorie orizzontali della giustizia sociale. Ad esempio scopriamo che la «missione che Dio ha affidato a noi tutti [è] avere cura della Casa comune» (19), non la salvezza eterna.
Se questo è il paesaggio descritto nei suoi aspetti principali, mettiamo ora in evidenza alcuni particolari di questo quadro amazzonico, particolari che possono meglio individuare la vera natura dell’esortazione. Il primo particolare è l’indigenismo o primitivismo: si apprezza in modo significativo la «saggezza dello stile di vita dei popoli originari – pur con tutti i limiti che possa avere» (22). È la vecchia teoria, seppur espressa in toni moderati, del buon selvaggio. Al modo di Rosseau, è la civiltà che ha corrotto l’uomo. Invece gli abitanti dell’Amazzonia, non infettati dalla civiltà industrializzata, «semplicemente hanno dato vita a culture diverse» (29). Messa così, pare che il cattolicesimo sia un inutile optional per queste culture ed infatti l’esortazione presenta gli indigeni non come destinatari dell’insegnamento cristiano, non come discenti, bensì come maestri. Ne consegue che se la Chiesa, ridotta ad alunna, vuole presentare qualche proposta deve chiedere permesso: «Se vogliamo dialogare, dovremmo farlo prima di tutto con gli ultimi. Essi non sono interlocutori qualsiasi, che bisogna convincere, e nemmeno un convitato in più ad una tavola di pari. Essi sono i principali interlocutori, dai quali anzitutto dobbiamo imparare, che dobbiamo ascoltare per un dovere di giustizia e ai quali dobbiamo chiedere permesso per poter presentare le nostre proposte» (26).
Non più quindi «Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura» (Mt 16, 15), bensì “Andate in tutto il mondo e chiedete il permesso di predicare il vangelo ad ogni creatura”. Anche il seguente quesito è a tal proposito illuminate: «la grande questione è: come loro stessi immaginano il buon vivere per sé stessi e i loro discendenti?». Non è l’indigeno che deve conformare il suo vivere al cristianesimo, che deve convertirsi, bensì è il cristianesimo che si deve fare indigeno, che deve convertirsi alla cultura amazzonica. C’è però da appuntare che anche in questo caso l’esortazione usa la figura retorica dell’antifrasi: ossia dire una cosa e poi negarla. Infatti nell’ultimo sogno l’esortazione esplicitamente parlerà di evangelizzazione e quindi di insegnamento, seppur con le riserve prima indicate.
Ulteriore particolare di questo quadro amazzonico disegnato dalla Querida Amazonia: la sacralizzazione della natura. L’Amazzonia è figlia della Madre Terra: «la terra, mentre si offre per sostenere la loro vita, come una fonte generosa, ha un senso materno che suscita rispettosa tenerezza» (71). Una esortazione che acquista nel suo incedere accenti bucolici. L’Amazzonia diventa Eden, paradiso perduto. Il tutto sfocia in una religione cosmica-ecologica: «entriamo in comunione con la foresta» (56) e non più con Dio. O meglio: Dio diventa creato. Infatti «il rapporto con Cristo, vero Dio e vero uomo, liberatore e redentore, non è nemico di questa visione del mondo marcatamente cosmica che caratterizza questi popoli, perché Egli è anche il Risorto che penetra tutte le cose. […] Egli è gloriosamente e misteriosamente presente nel fiume, negli alberi, nei pesci, nel vento» (74).
Anche negli aspetti sacramentali si riverberano elementi propri dell’animismo: Cristo «nell’Eucaristia assume gli elementi del mondo» (Ib.). Ecco allora che la conclusione è assolutamente coerente con le premesse: «Noi credenti troviamo nell’Amazzonia un luogo teologico» (57).
In sintesi: forse non saranno passati il clero uxorato e l’ordinazione femminile, ma la dottrina è stata comunque attaccata su altri fronti.
Tommaso Scandroglio
https://lanuovabq.it/it/esortazione-resiste-il-mito-dellamazzonia-felix
Querida Amazzonia, querida Italia
"È necessario assumere la prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture” recita l'esortazione apostolica dedicata alle culture minacciate. Ecco perché oggi mangerò pesto di cavallo invece che riso alla cantonese
(foto LaPresse) |
Querida Amazonia, querida Italia. Come scrive Papa Francesco nell’esortazione apostolica pubblicata ieri, “l’economia globalizzata danneggia senza pudore la ricchezza umana, sociale e culturale”. Proprio per questo non ho mai frequentato i ristoranti cinesi. Il coronavirus non c’entra: ho sempre amato la ricchezza culturale della variegatissima cucina regionale italiana e ho sempre saputo che riso alla cantonese e involtini primavera (come pure sushi, kebab, Big Mac…) l’avrebbero impoverita fino a renderla il fantasma di sé stessa, riducendola a quattro piatti turistici. Oggi fra Prato e Firenze nelle mense di 56 scuole verranno serviti cibi cinesi, e ai bambini verranno imposte le bacchette. Con le migliori intenzioni (lotta ai pregiudizi) e con i peggiori risultati (ulteriore danneggiamento di una cultura fragile, solo 60 milioni di appartenenti, inferto da una cultura potente e invadente, 1 miliardo e 430 milioni di appartenenti). Sugli indigeni italiani nessuno organizza sinodi. Ma basta applicare i punti dell’esortazione apostolica dedicati alle culture minacciate: “È necessario assumere la prospettiva dei diritti dei popoli e delle culture”. Oggi a pranzo assumerò la mia prospettiva e mangerò pesto di cavallo, peculiarissimo piatto della mia querida Parma.
di Camillo Langone
https://www.ilfoglio.it/preghiera/2020/02/13/news/querida-amazzonia-querida-italia-301541/
di Sabino Paciolla
L’attesissima esortazione post sinodale dell’Amazzonia alla fine è giunta alla sua presentazione pubblica, dopo che era stata distribuita alla stampa con l’ordine di embargo fino alle ore 12.00. L’esortazione si chiama Querida Amazonia, cioè “Amata Amazzonia”.
L’esortazione è stata una sorpresa un po’ per tutti perché si è mossa nel solco della tradizione, deludendo notevolmente coloro che più avevano spinto per un esito di rottura, e sorprendendo coloro che temevano fortemente che Papa Francesco assecondasse quei suoi collaboratori che hanno gestito il sinodo amazzonico, i quali su alcuni temi caldeggiavano per uno strappo epocale più che millenario, e che pure la stesso Papa è sembrato più volte sostenere.
Querida Amazonia non apre ai sacerdoti sposati, non apre ai viri probati, ossia agli uomini maturi e sposati, non apre all’elevazione al sacerdozio di diaconi sposati, un rango clericale inferiore che non richiede il celibato. Querida Amazonia, inoltre, non apre alle donne diacono. L’esortazione non cita le raccomandazioni fatte dai vescovi all’incontro di ottobre in Vaticano sull’Amazzonia. Il Papa ha deciso di rispondere non prevedendo cambiamenti o ulteriori possibilità di eccezioni rispetto a quelle già previste dall’attuale disciplina ecclesiastica.
Dunque, il Papa non fa proprie le conclusioni più dirompenti che erano state fatte nel Sinodo dell’Amazzonia dell’ottobre scorso. Infatti, la Relazione finale del Sinodo, per venire incontro alla carenza di sacerdoti nella regione amazzonica, nel punto più controverso, quel n. 111, diceva: “Apprezziamo il celibato come dono di Dio (cfr. Sacerdotalis Caelibatus, 1) nella misura in cui questo dono permette al discepolo missionario, ordinato al presbiterato, di dedicarsi pienamente al servizio del Santo Popolo di Dio.(…) proponiamo che, nel quadro di Lumen Gentium 26, l’autorità competente stabilisca criteri e disposizioni per ordinare sacerdoti uomini idonei e riconosciuti dalla comunità, i quali, pur avendo una famiglia legittimamente costituita e stabile, abbiano un diaconato permanente fecondo e ricevano una formazione adeguata per il presbiterato al fine di sostenere la vita della comunità cristiana attraverso la predicazione della Parola e la celebrazione dei Sacramenti nelle zone più remote della regione amazzonica. A questo proposito, alcuni si sono espressi a favore di un approccio universale all’argomento.”
Papa Francesco, con sorpresa, non cita questo articolo, che pure era stato ampiamente votato dai padri sinodali. Al contrario, al n. 3 di Querida Amazonia scrive: “Nello stesso tempo voglio presentare ufficialmente quel Documento (la relazione finale del Sinodo, ndr), che ci offre le conclusioni del Sinodo e a cui hanno collaborato tante persone che conoscono meglio di me e della Curia romana la problematica dell’Amazzonia, perché ci vivono, ci soffrono e la amano con passione. Ho preferito non citare tale Documento in questa Esortazione, perché invito a leggerlo integralmente.”
Quindi il Papa, dopo aver “avviato processi”, e dopo il grande trambusto sviluppatosi durante e dopo il Sinodo, non se l’è sentita di percorrere una strada gravida di conseguenze? A maggior ragione dopo la pubblicazione del libro Sarah-Benedetto XVI?
Ma la presenza delle appena citate parole “presentare ufficialmente”, e poichè subito dopo, al n. 4, Francesco chiede “che i pastori, i consacrati, le consacrate e i fedeli laici dell’Amazzonia si impegnino nella sua applicazione e che possa ispirare in qualche modo tutte le persone di buona volontà”, ha spinto molti a pensare che il documento finale del sinodo avesse una valore magisteriale.
Il dubbio sorgeva a causa del contenuto della Costituzione Apostolica «Episcopalis communio» di Papa Francesco sul Sinodo dei Vescovi approvata il 18.09.2018, e che prevede che il Papa possa attribuire valore magisteriale ad un documento del sinodo.
Il card. Baldisseri, a tal proposito, e al fine di fugare qualsiasi dubbio, ha fatto riferimento all’articolo 18 di tale Costituzione che dice: “Se approvato espressamente dal Romano Pontefice, il Documento finale partecipa del Magistero ordinario del Successore di Pietro.” Perciò, il documento finale, essendo stato solo presentato dal Papa ma non “approvato espressamente”, ha solo un “valore morale”, non è cioè magisteriale. La stessa cosa ha precisato il cardinale Michael Czerny, segretario speciale del sinodo amazzonico, come anche Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede. Quest’ultimo ha addirittura detto che “qualsiasi cosa nel documento finale deve essere letta con la lente dell’esortazione apostolica”, compresa qualsiasi “applicazione”.
Quindi, le tre figure appena citate, sembrano mettere le mani avanti verso qualsiasi forzatura interpretativa discendente dal fatto che l’esortazione porta come allegato il Documento finale del sinodo dell’Amazzonia.
Come detto, il tema dell’ordinazione dei viri probati, o uomini maturi e sposati, è stato un punto di notevole discussione al Sinodo, ma anche di accesissime discussioni nella intera cattolicità.
Da una parte gli aperturisti, i fautori dell’aggiornamento a tutti i costi della Chiesa ai tempi, dall’altra coloro che temevano che una eccezione nel celibato per l’Amazzonia fosse in realtà un cavallo di Troia abilmente costruito dai vescovi e laici tedeschi per rompere un tradizione millenaria della Chiesa. Una eccezione che concessa per l’Amazzonia, si sarebbe immediatamente estesa a tutte le regioni del globo.
E infatti, chi non ha preso per niente bene l’esortazione Querida Amazonia sono stati proprio i tedeschi, vescovi e laici.
Come noto, i vescovi tedeschi ed un influente gruppo di laici, raccolti nel Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK), hanno avviato da una decina di giorni un percorso sinodale che dovrebbe avere esiti vincolanti in materia di fede e morale, un campo che è di esclusiva competenza del magistero universale. Le preoccupazioni sono notevoli in quanto i laici del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK) si propongono apertamente di abolire il celibato sacerdotale, benedire le coppie gay, introdurre la figura della donna diacono. Proposte ben viste anche da una parte della maggior parte dei vescovi tedeschi.
Alla luce di ciò, è comprensibile che il Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK), dopo la presentazione pubblica della esortazione, abbia espresso tutto il suo rincrescimento in un comunicato in cui si legge: “Purtroppo [il Papa] non trova il coraggio di attuare vere e proprie riforme sui temi della consacrazione degli uomini sposati e sulle capacità liturgiche delle donne di cui si parla da 50 anni”. E poi: “Ci dispiace molto che Papa Francesco non abbia fatto un passo avanti nella sua esortazione. Piuttosto, rafforza le posizioni esistenti della Chiesa romana sia in termini di accesso al sacerdozio che di partecipazione delle donne ai ministeri e ai ministeri”.
Anche il cardinale Reinhard Marx di Monaco, presidente dei vescovi tedeschi, nonché collaboratore strettissimo di Papa Francesco, non ha celato la sua delusione. A suo parere, Papa Francesco non ha chiuso la porta alle ambizioni tedesche di porre fine al celibato clericale, e ha definito l’esortazinoe Querida Amazonia, che come detto ha l’autorità magisteriale papale, un semplice “quadro di riflessione”. Marx, in particolare, ha insistito sul fatto che le raccomandazioni per il cambiamento che provengono dal Sinodo dell’Amazzonia non sono “assolutamente fuori discussione”. “Come è noto, la maggioranza dei due terzi dei 280 [padri sinodali] nel documento sinodale finale ha anche sostenuto le eccezioni al celibato obbligatorio e ha stimolato un’ulteriore riflessione sull’ammissione delle donne al diaconato”, ha detto il cardinale tedesco. “Questa discussione continuerà”, ha insistito Marx.
Getta invece acqua sul fuoco il card. Gerhard Müller quando dice che il Papa “non vuole alimentare i conflitti politici, etnici e interni alla Chiesa, ma piuttosto superarli”. “I fedeli laici non si definiscono per il fatto di poter fare tutto tranne ciò che è riservato esclusivamente ai sacerdoti, ma per la loro partecipazione alla missione totale della Chiesa sulla base del Battesimo e della Cresima”, scrive Müller, rilevando che “l’importanza dei ministeri ecclesiali dei laici, che “sono chiamati in vario modo a collaborare direttamente con l’apostolato della gerarchia”, è giustamente ricordata dal papa.
Papa Bergoglio è stato stoppato. Il documento post-sinodale dedicato all’Amazzonia non dice una parola sulla possibilità di ordinare sacerdoti uomini sposati e tace anche sull’eventualità di dare uno status speciale alle donne, che guidano le comunità cattoliche sparse nella foresta amazzonica.
Giunto al momento di prendere la decisione, papa Francesco ha frenato bruscamente, consapevole che l’opposizione a una svolta era ramificata e forte e tanto più potente quanto sotterranea. E’ una sconfitta per lo slancio riformatore del pontificato. L’opposizione, capitanata dal cardinale Mueller – ex prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede -, canta vittoria. “E’ un documento di riconciliazione”, dichiara Mueller, aggiungendo con linguaggio eloquente: servirà a evitare il formarsi di fazioni intraecclesiali, a ridurre il rischio di abbandoni silenziosi o il manifestarsi di “aperta opposizione”.
Diceva a suo tempo una grande personalità di Curia, ex presidente della conferenza episcopale francese, il cardinale Roger Etchegaray: “I primi tempi Francesco godrà una sorta di luna di miele, ma poi verrà il momento in cui si troverà con le spalle al muro”. Il momento è questo.
Per Francesco non è soltanto duro dover constatare che i rapporti di forza all’interno della Chiesa non sono, su questi temi, a suo favore. La difficoltà in cui è stato messo è acuita dal fatto che Bergoglio si trova ora in aperta contraddizione con se stesso. E’ stato lui infatti a incoraggiare apertamente la discussione sul tema dei viri probati (uomini sposati di provata fede e moralità da candidare al sacerdozio). E’ stato lui a volere che l’argomento fosse trattato nel sinodo, lui ha scelto come relatore generale il cardinale Claudio Hummes apertamente favorevole a questa soluzione e sempre lui ha autorizzato che il documento preparatorio, Instrumentum Laboris, contenesse un passaggio esplicitamente dedicato al tema.
Ma soprattutto Francesco si trova in contraddizione con un principio da lui propugnato sin dall’inizio del pontificato: il principio di sinodalità, per cui i vescovi sono chiamati a partecipare con il papa alla guida della Chiesa. Francesco ha emanato persino un documento, a futura memoria, per consentire che vi siano sinodi di vescovi con potestà deliberativa. E adesso che un sinodo come quello dell’Amazzonia prende una decisione a regolare maggioranza di due terzi, lui salta a pie’ pari la questione e non la menziona in alcun modo.
Confessava l’anno scorso il generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa, che “all’interno della Chiesa si svolge una lotta” e che agiscono forze tese a influenzare il prossimo conclave e la scelta del successore di Francesco. Lo stop imposto ad aperture sull’ordinazione di uomini sposati e sul diaconato femminile fa parte di questa guerra civile sotterranea, che agita il cattolicesimo. Papa Francesco ha percepito di non avere nell’episcopato e tra i cardinali di tutto il mondo alleati sufficienti per imporre una svolta. Perché i papi sono onnipotenti quando sono conservatori, quando sono riformisti devono tener conto dei rapporti di forza interni alla Chiesa.
Con linguaggio simbolico Francesco ha riferito lunedì scorso a una delegazione di vescovi americani che sul tema dei sacerdoti sposati “non sentiva all’opera” lo Spirito Santo nell’attuale momento. Lo racconta l’arcivescovo John Charles Wester di Santa Fè. Paradossalmente anche gli avversari di Bergoglio usano beffardamente questo argomento. In rete si può leggere che “il Santo Padre da alcuni giorni (fortunatamente) è stato ricondotto dalla Spirito Santo a più miti consigli… Le sue esternazioni riguardo migranti e innovazioni fuori luogo nella Chiesa cattolica avevano da qualche tempo allontanato i fedeli. E la mano dello Spirito Santo, nella sua immensa grandezza, … ha indotto Sua Santità ad avere un atteggiamento più parco”. La guerra è guerra, dicono i romani.
Il colpo d’arresto provoca anche contraccolpi. E’ difficile credere che l’improvviso annuncio del cardinale Reinhard Marx di non volere più ripresentarsi a marzo per un secondo mandato alla guida della conferenza episcopale tedesca non abbia legami con l’esito del sinodo. Marx, grande sostenitore delle riforme bergogliane, deve avere capito che si è aperta una fase di stagnazione nel riformismo del pontificato. E certamente non gli va di passare i prossimi anni a difendere i “no” papali al clero sposato e al diaconato femminile: temi su cui lui stesso e una larga fetta del cattolicesimo di qua e di là dell’Atlantico sono estremamente sensibili.
Papa Francesco si ritrova oggi più solo, avendo suscitato delusione in una massa notevole dei suoi sostenitori. Il documento post-sinodale Querida Amazonia è molto bello e stimolante nella parte che riguarda le ingiustizie che colpiscono gli indigeni, l’importanza della salvaguardia della natura, la protezione di un ambiente culturale, la necessità di coinvolgere nella liturgia cattolica elementi fondanti delle tradizioni spirituali dei popoli amazzonici. E tuttavia il colpo per la mancata svolta sui preti sposati resta forte.
Perché il problema delle parrocchie prive di sacerdoti è ormai drammatico ovunque. Un parroco, incaricato di seguire cinque-sei-dieci parrocchie (come accade anche in Italia) non è più una guida comunitaria, ma rischia di diventare un funzionario che corre da un centro all’altro.
Ciò nonostante il documento del sinodo, votato dai vescovi, resta sul tavolo. Rappresenta un’istanza della gerarchia ecclesiale amazzonica. Non è cancellabile. Francesco, dicevano a Buenos Aires, “ha la testa di un politico”. Se si apriranno spazi, potrà sempre turare dal cassetto le deliberazioni sui diaconi sposati da ordinare sacerdote. Hanno un valore che non scade.
Marco Politi
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.