ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 5 marzo 2020

Agere sequitur esse

Vaticano II: religione dell’uomo
 

di Mons. Richard Williamson


Presentazione di Le Sel de la terre


Don Alvaro Calderón (FSSPX), che ha già scritto diversi articoli per Le Sel de la terre, fra cui uno molto notevole: Questioni disputate sul magistero conciliare (1), ha pubblicato nel 2010 a Buenos Aires, uno studio sui principii guida e la coerenza interna del concilio Vaticano II.

Intitolato in modo chiaro: Prometeo, La religión del hombre. Ensayo de una ermenuéutica del conclio Vaticano II (Prometeo, La religione dell’uomo. Saggio di ermeneutica del concilio Vaticano II), questo studio non si accontenta di recensire e di analizzare i diversi punti di rottura del magistero conciliare con la tradizione cattolica. Esso mostra in maniera impressionante la logica che tiene insieme queste novità in un tutto coerente e che costituisce veramente una nuova religione, erede della rivoluzione umanista e del «cattolicesimo liberale», ma dotata di una fisionomia e di caratteristiche proprie.

Uno studio di questa qualità non potrà mancare di essere tradotto e pubblicato in francese. Ma poiché questa edizione si fa attendere già da dieci anni, noi siamo felici di offrire ai nostri lettori il riassunto dettagliato che Mons. Williamson ha voluto fare di quest’opera magistrale (2).
Noi lo ringraziamo per averci voluto affidare questo lavoro.



Capitolo I

Cosa fu il Vaticano II


Agere sequitur esse.
Si agisce sempre conformemente a ciò che si è.


Per prima cosa spieghiamo ciò che fu il concilio Vaticano II (cap. I), per comprendere in seguito ciò che ha fatto (capp. II, III e IV).

Definizione del Concilio

Il tempo trascorso ci permette oggi di vedere molto chiaramente cosa fu il Vaticano II: l’ufficializzazione dell’umanesimo cattolico.

1. Ufficializzazione: questo Concilio ha permesso che l’umanesimo apparso nel Rinascimento divenisse ufficiale in tutta la Chiesa. Per far questo era necessario un concilio ecumenico, perché un papa, da solo, non avrebbe avuto questo potere. Propriamente parlando, quest’atto non fu gerarchico, né magisteriale (3), ma fu esattamente un atto ufficiale.

2. Umanesimo: questo termine venne usato da Paolo VI nel suo discorso di chiusura del Concilio: «Riconoscete il nostro nuovo umanesimo» (4).
Il Concilio fu una riflessione della Chiesa su se stessa, per meglio conoscersi e definirsi, ma anche un’attenzione particolare prestata all’uomo moderno. In effetti, è stata proprio questa simpatia per l’uomo moderno che ha condotto il Concilio a cercare una nuova definizione della Chiesa. Il Vaticano II fu un dirottamento della religione in vista del servizio e della promozione dell’uomo moderno.

3. Cattolico: l’elemento proprio di questa modernità è l’umanesimo, che centra tutto sull’uomo, in contraddizione con lo spirito cattolico che centra tutto su Dio. Ora, l’uomo ha effettivamente bisogno di Dio, centrando tutto su se stesso egli perisce. Perché l’uomo non perisca, e con lui l’umanesimo, questo ha bisogno del cattolicesimo. Tale sarà l’umanesimo del Concilio: un esercizio di conciliazione dell’antico col moderno; che consiste nell’inserire i nuovi principii all’interno della dottrina tradizionale. Si tratta di una contraddizione: ma fu proprio questo lo scopo del Vaticano II.

Questo umanesimo cattolico rimanda all’Umanesimo integrale di Jacques Maritain, che fu il pensatore di riferimento di Paolo VI (5). Secondo il suo autore, l’Umanesimo integrale indica un umanesimo non borghese al servizio qui in terra della dignità umana e della fraternità.

Le cause che spiegano il Concilio

Per approfondire cosa fu il Vaticano II, guardiamo alle sue quattro cause.
Dopo l’esame del suo scopo, o causa finale, la causa delle cause, considereremo l’oggetto, o causa materiale; poi la causa efficiente, e infine la causa formale, che ci indicherà ciò che fu realmente questo Concilio.
Per far questo, terremo sempre conto di quello che hanno detto i pensatori del Vaticano II.

Causa finale del Vaticano II

- La ragione di questo nuovo umanesimo

Per promuovere la dignità umana, Paolo VI ha voluto un «nuovo umanesimo». Nuovo, per correggere gli eccessi dell’antico, poiché quest’ultimo – per reazione al Medio Evo, unicamente e inumanamente centrato su Dio – disconosceva troppo la dimensione religiosa dell’uomo. L’umanesimo ateo – subentrato al teocentrismo inumano del Medio Evo (6) – è culminato nelle ultime due guerre mondiali. Quindi bisognava ricercare un nuovo equilibrio che facesse coincidere la gloria di Dio con quella dell’uomo. Come fare? Con la libertà!

- La gloria di Dio è ciò che Egli crea liberamente e gratuitamente. Come ogni artista, Egli trova la Sua gloria nella perfezione della Sua opera.
- Ora, fra tutte le creature terrene, l’uomo è la sola che sia libera; creata a immagine di Dio, la sua perfezione consiste nella sua libertà. Più l’uomo è libero, più è a immagine di Dio: Essere sommamente libero.
- Così, promuovere la dignità umana avvalorando la libertà dell’uomo, significherà promuovere contemporaneamente la gloria di Dio. «[questo Concilio] non sarebbe, in definitiva, un semplice, nuovo e solenne insegnamento ad amare l’uomo per amare Iddio? Amare l’uomo, diciamo, non come strumento, ma come primo termine verso il supremo termine, trascendente le cose umane» (Paolo VI) (7).

- Il problema di questo umanesimo

Questo amore per l’uomo potrebbe sembrare tradizionale: l’amore per il prossimo, come dice San Giovanni nella sua prima epistola, è inseparabile dall’amore per Dio. Ma, in realtà, ormai Dio è posto al servizio dell’uomo; poiché, non solo il Concilio promuove la dignità umana come un fine, ma al tempo stesso dimentica che Dio può avere come fine solo Se stesso e che il fine ultimo dell’uomo non è allora solo la felicità che troverà in Dio, ma la stessa gloria di Dio. La gloria estrinseca di Dio (la salvezza degli eletti) è necessariamente ordinata alla Sua gloria intrinseca (increata). Voler identificare la gloria dell’uomo con quella di Dio, come fine assoluto della creazione, significa subordinare il Creatore alla creatura.

In altre parole, secondo l’umanesimo conciliare, Dio può essere perfetto in Se stesso, ma in quanto Creatore è interamente al servizio della promozione della dignità umana.
I sostenitori di questo nuovo umanesimo diranno che Dio non è egoista. Dunque egli non cerca il Suo bene, ma quello dell’uomo. In questo modo l’uomo è il fine dell’uomo perché è il fine di Dio.
Questo antropocentrismo è espresso dall’«immensa simpatia» che ha invaso il Concilio nei confronti dell’uomo, fine di Dio; e da quella «religione del Dio che si è fatto Uomo [che] s’è incontrata con la religione dell’uomo che si fa Dio» (8).
Di contro, lo spirito cattolico afferma che Dio «è geloso della Sua gloria e non la dà ad alcuno» (9).

- L’inversione personalista del bene comune

Facendo della persona umana un fine a se stessa, un essere che sarebbe amabile per se stesso, a differenza delle altre creature materiali che sono amabili solo per la persona, il personalismo eleva l’uomo allo stato divino. In questo modo, esso subordina il bene comune alla persona individuale, considerata simpliciter come fine.
Ora, in realtà, questa Persona esiste per la famiglia, la città, il mondo e Cristo, al fine di partecipare al supremo Bene comune: DIO. Invertendo quest’ordine, il personalismo cristiano si mette in sintonia con l’umanesimo ateo, che vuole ad ogni costo promuovere l’uomo. La sola differenza è che il personalismo cristiano aggiunge che questa gloria dell’uomo è trascendente, perché essa glorifica il Creatore che ha fatto l’uomo a sua immagine e somiglianza.

- L’umanesimo personalista di «Gaudium et spes».

Gaudium et spes (GS) esplicita il personalismo del Concilio: l’uomo è centro, vertice, signore e maestro dell’intera creazione (GS 12). Essendo l’uomo a immagine di Dio, egli merita ciò che merita Dio. «L’amore per Dio e per il prossimo è il primo e più grande comandamento» (GS 24). «l’uomo è la sola creatura terrena che Dio ha voluto per se stessa» (ibidem). Invertendo la relazione della persona col bene comune, questo documento conciliare afferma: «la persona umana, … è e deve essere principio, soggetto e fine di tutte le istituzioni sociali» (GS 25). «L’ordine delle cose deve essere subordinato all’ordine delle persone e non l’inverso» (GS 26).
Di fatto, ogni attività umana, tutti i beni particolari o comuni devono essere ordinati alle persone (n° 35). Ove, dunque,  in tutto questo possiamo trovare il Bene Comune Supremo?

- L’inversione antropocentrica nel magistero conciliare

La deviazione è molto grave, ma è sottile, e negli stessi testi del Concilio essa è più implicita che esplicita. Certo, si trova in Ad gentes, § 2, l’insistenza sulla liberalità del Creatore e l’identificazione della gloria dell’uomo con quella di Dio; ma è il magistero post-conciliare che rivela chiaramente l’errore.
Ecco un esempio nel nuovo Catechismo. Definendo il fine della creazione esso menziona certo la gloria di Dio (n° 293); ma a ben guardare essa consiste nella perfezione e nella felicità della creatura. Il fine ultimo della creazione non è Dio stesso, ma la felicità dell’uomo in cui Dio si glorifica (n° 294). Dio ha voluto la creazione come un dono fatto all’uomo, un’eredità che gli è stata destinata ed affidata (n° 299). Sulla terra, l’uomo è l’unica creatura capace di conoscere e di amare il suo Creatore e che Dio ha amato per se stessa (con riferimento a Gaudium et spes 12, 3 e 24, 3).
Il Catechismo di Trento insegna che la gloria estrinseca di Dio è in vista della Sua gloria intrinseca (IV, 10). Invece, secondo il nuovo catechismo, santificare il nome di Dio equivale a santificare l’uomo; infatti (n° 2807-9), Dio ha creato l’uomo per la gloria di questi, ed è per la sua gloria e la nostra vita che il suo nome sia santificato in noi e da noi (n° 2813). Così, non è più la gloria di Dio ad essere il maggior bene per l’uomo, ma è la gloria dell’uomo ad essere il maggior bene di Dio!

- Conclusione

Sarebbe legittimo mostrare all’umanista ateo che non ci può essere vera promozione della dignità dell’uomo senza il ricorso alla religione. Ma il Concilio va oltre. Il suo errore è certo sottile, ma le conseguenze sono enormi. Piazzare l’uomo sul trono della creazione e mettere Dio al suo servizio significa riprodurre il peccato di Satana, il primo personalista, che ha preferito contemplare la sua perfezione piuttosto che quella del Verbo incarnato.

Causa materiale del Vaticano II: un umanesimo cattolico

- Le supposte radici evangeliche dell’umanesimo conciliare

E’ esatto che la dignità umana, la libertà, i valori disinteressati hanno la loro origine nel Vangelo. Platone ha valorizzato l’idea dell’uomo, non l’uomo in particolare; e se Aristotele riconosce che esiste solo l’individuo, questo sembra esistere solo in ragione della specie. Dunque, la dignità umana è un’idea che proviene dal Vangelo, ma essa vi è unita all’elevazione ad un fine soprannaturale, alla caduta originale e alla Redenzione tramite il sacrificio di Cristo. Tre verità molto importanti, poiché, a ben guardare, il fine soprannaturale a cui noi siamo chiamati con la partecipazione alla natura divina è una dignità divina piuttosto che umana; il peccato originale ci impedisce di gloriarci di una qualunque dignità umana, mentre la Redenzione ci obbliga ad esaltare solo la dignità cristiana. Ora, l’umanesimo conciliare svuota questi tre dogmi fondamentali del cattolicesimo, esaltando una dignità umana concepita per mettere da parte ogni «sacralismo», ogni «pessimismo» e ogni «dolorismo».

- Essendo una corruzione del cattolicesimo, l’umanesimo ha bisogno del cattolicesimo

Le tendenze umaniste, entrando in conflitto col cattolicesimo tradizionale, hanno condotto l’umanesimo a separarsi dalla Chiesa; ora, separandosene, esso muore.
Il nuovo umanesimo consisterà, dunque, nel reagire contro  le deviazioni dell’antico umanesimo e a sforzarsi  di restare cattolico. Mentre gli umanesimi del Rinascimento, della Riforma, della Rivoluzione e il cattolicesimo liberale del XIX secolo sono sfociati in due guerre mondiali, il nuovo umanesimo si muove per tentare di rimanere nella Chiesa. Così l’umanesimo sarà salvo.
Questa tendenza è favorita da diversi fattori:

- l’illusione umanista può conservare la sua genuinità solo in un certo clima cristiano; senza questo cristianesimo superficiale essa si trasforma in ipocrisia machiavellica;
. le idee e gli ideali attinti dal cristianesimo possono conservare tutta la loro forza solo mantenendo la maggiore connessione possibile col pensiero cattolico e il potere ecclesiastico;
- il tomismo, che è nemico mortale di tutte le eresie, è stato contraffatto con molto talento da Maritain, che ha saputo rivestire il lupo novatore con una «pelle tomista».

La grande novità del Vaticano II fu dunque questo tentativo di riconciliare due forze opposte. Benedetto XVI è l’esempio vivente di questa riconciliazione impossibile, ma sincera e risoluta.

- Conclusione

L’umanesimo del Vaticano II è il primo ad aver pienamente capito che la sua esistenza dipende dalla Chiesa. Se come ogni umanesimo si definisce per il suo antropocentrismo, esso si distingue dalle altre forme di umanesimo non tanto per la sua volontà di non rinnegare né Dio né Gesù Cristo – altri l’avevano già tentato -, ma per la sua risoluzione di mettere la stessa Chiesa cattolica al servizio dell’uomo. In questo senso esso può essere detto cattolico, ma allo stesso modo in cui un cancro può essere detto cerebrale.

Causa efficiente del Vaticano II: un nuovo esercizio dell’autorità

- La reinvenzione moderna dell’autorità

L’umanesimo è sempre stato una contestazione dell’autorità. Il paganesimo del Rinascimento, il libero esame protestante, il dubbio cartesiano, la ghigliottina rivoluzionaria, tutti hanno mirato a fondare il mondo moderno su una nuova versione dell’autorità. Marsilio di Padova ha liberato lo Stato dall’autorità soprannaturale della Chiesa, e Machiavelli lo ha liberato da ogni principio morale.
Per giustificare agli occhi degli ingenui questo esercizio machiavellico del potere, si è inventato il sofisma della democrazia, che maschera un potere senza principii dottrinali né responsabilità morale.
Il Vaticano II ha fatto adottare alla gerarchia ecclesiastica questa modalità moderna dell’esercizio del potere, trascinando con sé le ultime autorità politiche che beneficiavano ancora del sostegno dottrinale e morale della Chiesa.

- Una nuova gerarchia per una «nuova cristianità»

Le divisioni del protestantesimo e la catastrofe di due guerre mondiali hanno dimostrato al nuovo umanesimo la necessità di una certa autorità.
Dopo lo scacco del liberalismo, bisognava stabilire un nuovo modo per l’esercizio dell’autorità, che permettesse a Cristo di regnare nuovamente sulle persone e i popoli, applicando il modello democratico moderno.
E’ la nuova cristianità; che pretende di evitare il liberalismo classico e fornire solo un cammino più realistico per giungere al regno di Cristo oggi.
Come realizzare questo giuoco delle tre carte? Facendo prendere coscienza alla gerarchia della Chiesa che la sua funzione non è di dominare, ma di servire. Cristo, non ha detto che era venuto per servire (Mt. XX, 25-28)? E allora, la gerarchia servirà l’umanità.

- Autorità e bene comune

Siccome non bisogna rompere con la Tradizione – altrimenti ci si separa dalla Chiesa – si continua ad utilizzare la nozione tradizionale di bene comune, ma reinterpretandolo. Si dirà, dunque, che l’autorità è al servizio del bene comune, il quale, democraticamente, è al servizio della persona.

- Conclusione

L’umanesimo integrale ha trionfato al Vaticano II, non opponendosi alla gerarchia, ma offrendole il suo ufficio di mediatore nei suoi conflitti col mondo moderno, a condizione che essa agisca alla luce dei suoi consigli. Tutta la forza del cristianesimo e l’immensa autorità del Papa sono stati così mobilitati al servizio della «Nuova Cristianità».

La causa formale del Vaticano II: cos’è l’umanesimo conciliare

Collocando Dio e la Chiesa al servizio dell’uomo, il personalismo capovolge anche i rapporti tra la natura e la grazia. Quest’ultima, ormai è al servizio della natura, che va solo a perfezionare. Il valore supremo dell’uomo risiede nella sua libertà e tutti i dogmi servono il naturalismo.
Il Vaticano II non fu solo il concilio in cui la Chiesa ha preso coscienza di se stessa. Ma il concilio che ha distolto il suo sguardo da Dio per posarlo con soddisfazione sull’umanità.

Di fronte al cristianesimo – che si chiama così perché centra tutte le cose in Gesù Cristo ed è chiaramente teocentrico perché Gesù Cristo è Dio – la religione conciliare deve essere chiamata umanesimo, perché centra tutte le cose nell’uomo e su Gesù Cristo in quanto uomo. Essa è un’idolatria perché fa dell’uomo la gloria di Dio. Essa è una nuova religione che adora l’uomo come realtà suprema della creazione e del Creatore. Essa è propriamente la RELIGIONE DELL’UOMO.

Conclusione sulle quattro cause del Vaticano II

Formalmente, il Vaticano II è una nuova religione. La sua finalità è il culto della dignità umana, ma con il sostegno di Dio. Materialmente, tutte le ricchezze della Chiesa sono oggetto di un sottile ri-orientamento antropocentrico. La sua causa efficiente è la propria gerarchia ecclesiastica che opera secondo i principii machiavellici della democrazia moderna.

Le proprietà più caratteristiche dello spirito del Concilio

Dopo aver definito la cosa e distinto le sue cause, e opportuno studiare le sue proprietà. La proprietà principale del Vaticano II è l’OTTIMISMO, a cui si può aggiungere l’INCLUSIVISMO e la NOVITA’.

L’ottimismo del nuovo umanesimo

- Un Concilio ottimista

Fin dal suo discorso di apertura dell’11 ottobre 1962, Giovanni XXIII presenta l’ottimismo come l’attitudine caratteristica del Concilio:

- La modernità non è una calamità, né un segno della fine dei tempi. Essa è provvidenziale ed offre il vantaggio della libertà (§ 9-11).
- La gerarchia è perfettamente unita nella sana dottrina, anche il Concilio non ha per oggetto la dottrina (§ 14).
- Gli errori sono effimeri e oggi spariscono come la nebbia ai raggi del sole (§ 15).
- I fedeli sono sempre più convinti del valore supremo della dignità umana (§ 15).
- Gli infedeli sono pieni di buona volontà e di rispetto per la Chiesa cattolica (§ 17).
- L’evoluzione politica del mondo conduce alla pace del genere umano preparato dal Concilio (§ 18).
- Il Concilio è per l’umanità l’aurora di una grande luce celebrata dal Cielo e dalla terra (§§ 19-20).

Nel suo discorso di chiusura, Paolo VI afferma che i desideri di Giovanni XXIII si sono realizzati:

Ma bisogna riconoscere che questo Concilio, postosi a giudizio dell’uomo, si è soffermato ben più a questa faccia felice dell’uomo, che non a quella infelice. Il suo atteggiamento è stato molto e volutamente ottimista. Una corrente di affetto e di ammirazione si è riversata dal Concilio sul mondo umano moderno. Riprovati gli errori, sì; perché ciò esige la carità, non meno che la verità; ma per le persone solo richiamo, rispetto ed amore. Invece di deprimenti diagnosi, incoraggianti rimedi; invece di funesti presagi, messaggi di fiducia sono partiti dal Concilio verso il mondo contemporaneo: i suoi valori sono stati non solo rispettati, ma onorati, i suoi sforzi sostenuti, le sue aspirazioni purificate e benedette.

- In aiuto dell’ottimismo umanista

L’umanesimo del Rinascimento volle essere una reazione ottimista alla spiritualità sacrificale del cattolicesimo medievale. Ma il suo zelo nel promuovere i valori puramente umani non ha raggiunto lo scopo e l’uomo moderno è stato travagliato dalla depressione e dal pessimismo. Il nuovo umanesimo, quindi, ci tiene a conservare la gioia cattolica. E siccome per questo sono necessarii la Vergine Maria, il sacerdozio e la Santa Eucarestia, esso si sforza di conservare la gioia positiva di queste ricchezze cattoliche, ma purificandole della loro negativa spiritualità sacrificale. (Missione impossibile, poiché la gioia cristiana ha la sua fonte ai piedi della Croce).

- Cause e conseguenze

La principale causa del Concilio può riassumersi con lo slogan: Sorridi, Dio ti ama.
Se il fine della creazione è la gloria e la dignità della persona umana, solo l’ottimismo è confacente, poiché Dio non può mancare la sua finalità. Da qui la dottrina della SALVEZZA UNIVERSALE.
Le conseguenze sono molteplici e toccano tutti i dominii evocati da Giovanni XXIII all’inizio del Concilio.
Se la visione tradizionale ha una nota di pessimismo («… tutto il mondo giace sotto il potere del maligno» 1 Gv. V, 19), l’ottimismo umanista cattolico supporrà invece che la maggioranza degli uomini abbia buona volontà e che tutto può evolversi solo per il meglio.

L’inclusivismo del Concilio

Prima del Concilio, il Magistero della Chiesa invocava la difesa della verità per individuare ed escludere l’errore. Al contrario, il Concilio invoca l’unità per rifiutare ogni esclusione.
Vediamo i motivi di questo inclusivismo, la sua messa in pratica al Concilio e infine il suo soggettivismo e la sua ambiguità.

- Contro l’esclusivismo scolastico

La nuova teologia ammette che la Rivelazione è la Verità suprema. Ma Dio è mistero e la filosofia greca ha troppo poca fiducia nel logos umano. Durante il regno di questa filosofia, la scolastica ha misconosciuto troppo la dimensione del mistero delle verità rivelate e si è messa ad escludere come eretica ogni altra espressione della Rivelazione.
Nel Medio Evo, le conseguenze di questo esclusivismo sono state limitate, perché i pensatori cattolici erano tutti d’accordo per attenersi al metodo scolastico. Ma a partire dal Rinascimento, l’aristotelismo ha perduto il suo monopolio intellettuale. La Curia romana è stata troppo lenta a liberarsi dall’armatura mentale e dal linguaggio della scolastica, come hanno dimostrato gli schemi che essa aveva preparato per il Concilio.
Ma i Padri conciliari, fin dall’inizio dei loro lavori, hanno saputo rigettare questi schemi troppo ristretti ed esclusivi delle altre maniere di pensare che corrispondono molto meglio alla pluralità delle diverse culture umane della nostra epoca. Il Magistero della Chiesa universale, infatti, non deve chiudersi in un metodo o un linguaggio particolare, ma deve esprimersi in maniera che sia compreso immediatamente da tutti.

- Come il Concilio ha messo in pratica l’inclusivismo

Da subito, Giovanni XXIII ha qualificato il Concilio come pastorale – e non dogmatico – per promuovere una nuova pastorale che accogliesse l’umanità intera, invece di condannare tutti quelli che la scolastica aveva escluso.
I documenti preparati dalla Curia, dunque, hanno dovuto cedere il posto ai teologi del Reno. Ecco le principali regole della nuova metodologia:

- preferire i termini della Sacra Scrittura a quelli della scolastica;
- lasciare aperte, senza un’esatta definizione, tutti nuovi termini;
- se bisogna spiegare una nozione, farlo in molte maniere diverse (esempio: la nozione di Chiesa in Lumen gentium);
- evitare le distinzioni scolastiche, per esempio fra grazia e natura;
- privilegiare le espressioni che permettono diverse interpretazioni.

- Soggettivismo e ambiguità di questo inclusivismo

In realtà, la scolastica non è una maniera di pensare tra le altre, ma l’unico metodo che permette di mettere in chiaro la Rivelazione soprannaturale in perfetto accordo con tutta la realtà naturale, e di difendere così la fede da ogni errore. Essa non è neanche la prerogativa di una particolare cultura, poiché appartiene a tutte le culture ed esclude solo gli errori in grado di distruggere la Chiesa della verità.
Quanto ai risultati, l’ambiguità del Vaticano II è tale che i suoi testi sono ancora da interpretare: fu quello che disse Benedetto XVI alcune dozzine di anni dopo la fine del Concilio. Una tale fluttuazione  non merita il bel nome di inclusivismo, ma il suo vero nome di scetticismo soggettivo e ambiguità machiavellica.
E contro questi mali, quanti papi avevano già suonato l’allarme!

- Soggettivismo e ambiguità di questo inclusivismo

In realtà, la scolastica non è una maniera di pensare tra le altre, ma l’unico metodo che permette di mettere in chiaro la Rivelazione soprannaturale in perfetto accordo con tutta la realtà naturale, e di difendere così la fede da ogni errore. Essa non è neanche la prerogativa di una particolare cultura, poiché appartiene a tutte le culture ed esclude solo gli errori in grado di distruggere la Chiesa della verità.
Quanto ai risultati, l’ambiguità del Vaticano II è tale che i suoi testi sono ancora da interpretare: fu quello che disse Benedetto XVI alcune dozzine di anni dopo la fine del Concilio. Una tale fluttuazione  non merita il bel nome di inclusivismo, ma il suo vero nome di scetticismo soggettivo e ambiguità machiavellica.
E contro questi mali, quanti papi avevano già suonato l’allarme!

La novità conciliare

- Una nuova era dell’umanità

Tutto nella nuova Chiesa è nuovo, perché, secondo il Vaticano II, l’umanità è entrata in una nuova era. Così, nella Gaudium et spes il termine «nuovo» ricorre costantemente (§§ 4, 6, 7, 8, 10, 54). D’altronde, questa Costituzione saluta il nuovo umanesimo nascente (GS 55). Non era stato Giovanni XXIII a chiedere che la Chiesa si aggiornasse, e cioè che si rinnovasse?

- Una nuova incarnazione della Chiesa

La «buona novella» del Concilio è che la Chiesa è ridivenuta umana dopo l’inumana elevazione del cattolicesimo medievale. E’ così che Giovanni XXIII ha potuto essere paragonato al Precursore di una Chiesa veramente umana e salvatrice, che pur conservando i suoi attributi divini ha aggiunto ad essi quelli della modernità.
E’ la trascendenza cattolica combinata con la democrazia moderna: la Chiesa sposa della modernità (GS 40).

Divisione dello studio che segue sulle novità conciliari

Dopo lo studio analitico che va dal tutto (definizione) alle parti (cause e proprietà), seguiremo adesso l’ordine inverso, considerando prima gli elementi semplici e poi quelli composti. Vedremo dunque:

II. L’uomo nuovo, nato dal Concilio.
III. La nuova Chiesa, risultante da quest’uomo nuovo.
IV. La nuova religione, conseguenza della nuova relazione dell’umanità e della Chiesa con Dio.


Per noi chiediamo la fedeltà ad un solo altare ed a un solo luogo di educazione alla fede, per produrre nella vita l’opera che Dio ci chiede, accettando il dolore della correzione, perché la vita è vocazione.



NOTE

1 – DON ALVARO MARTIN CALDERÓN, Questioni disputate sul magistero conciliare, in quattro articoli: (1) «Un dilemma: Si può criticare il Vaticano II senza erigersi a giudici del Magistero? (Le Sel de terre, n° 47); (II) Il magistero conciliare può essere messo in questione? (n° 55); (III) Il magistero conciliare ha qualche grado di autorità? (n° 60); (IV) L’infallibilità delle canonizzazioni e delle leggi universali (n° 72). Si veda anche in Le Sel de la terre n° 63 (pp. 47-58), la risposta dell’autore alle critiche e alle obiezioni di Don Bernard Lucien – Don Calderón è professore di filosofia e teologia al seminario della Fraternità San Pio X di La Reja, in Argentina.
2 – Il libro di Don Alvaro Martin Calderón, ultimato il 17 gennaio 2010, è stato stampato a Buenos Aires (Ediciones Oeste) nel marzo 2010; esso è composto di 324 pagine.
3 – Sull’argomento si veda Questioni disputate sul magistero conciliare, segnalato prima.
4 – Allocuzione del 7 dicembre 1965 (http://www.unavox.it/doc25_PVI_chiusura.htm).
5 - JACQUES MARITAIN, Humanisme intégral, Paris, Aubier, 1936 [versione italiana reperibile su Amazon: https://www.amazon.it/Umanesimo-integrale-MARITAIN-Jacques/dp/B016V455HG]
6 – Si veda Jacques Maritain, Umanesimo integrale, cap. I: «La tragedia dell’umanesimo».
7 – Paolo VI, Discorso di chiusura del Vaticano II, 7 dicembre 1965 (http://www.unavox.it/doc25_PVI_chiusura.htm). (amare hominem, dicimus, non ut strumentum, sed ut primum veluti finem, quo ad supremum finem, humanas res trascendentem, perveniamus – amare l’uomo, diciamo, non come strumento, ma come primo termine verso il supremo termine, trascendente le cose umane).
8 – Paolo VI, Discorso di chiusura del Vaticano II, 7 dicembre 1965 (http://www.unavox.it/doc25_PVI_chiusura.htm).
9 – Isaia, XLII, 8; XLVIII, 11.



Pubblichiamo un articolo di Mons. Richard Williamson, riguardante il Vaticano II e le sue deviazioni. L'articolo è stato scritto a partire dal libro di Don Alvaro Calderón, FSSPX: Prometeo, La religione dell'uomo, e fa parte del n° 111, inverno 2019-2020, della Rivista Le Sel de la terre, pubblicata dai Domenicani di Avrillé, Francia.

L'articolo verrà pubblicato in 4 parti, corrispondenti ai 4 capitoli che lo compongono.


http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV3406_Williamson_Vaticano_II_Religione_dell-uomo_Cap_I.html

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