ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 7 marzo 2020

Il giusto equilibrio

La comunione del cuore

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I Padri del deserto, non essendo generalmente sacerdoti e vivendo in luoghi isolati e impervi, non potevano comunicarsi se non raramente, ma supplivano a tale inconveniente con la preghiera e la meditazione. Scopo di questa considerazione non è certo quello di spingerti a sminuire la necessità dell’Eucaristia: «A meno che non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non beviate il suo sangue, non avrete vita in voi» (Gv 6, 53); essa mira piuttosto a rammentarti che la grazia santificante viene comunicata da Dio anche per altre vie, come l’orazione e le opere buone. 
Del resto, i nostri fratelli che subiscono la persecuzione o i cattolici dispersi in luoghi dove i missionari passano solo di rado non sono affatto meno assistiti dal Cielo, il quale assicura sempre, a chiunque sia ben disposto, le grazie necessarie ad adempiere i propri doveri di stato e a progredire nella santità. Pur non essendo la stessa cosa che comunicarsi realmente al Corpo del Signore, anche la comunione spirituale può realizzare un alto grado di intimità con Lui qualora, per un motivo o per l’altro, tu non possa riceverlo. La comunione eucaristica, d’altronde, non produce immancabilmente un accrescimento della grazia abituale, poiché quest’ultimo è legato alle tue disposizioni interiori, le quali possono anche impedirlo. Il distratto automatismo con cui tanti si comunicano così spensieratamente non apporta loro alcun beneficio reale, bensì una colpa supplementare.


Nella confusione dottrinale del nostro tempo rischi di oscillare tra due estremi opposti, ugualmente falsi e dannosi: da una parte, lo spiritualismo tendenzialmente gnostico di chi considera l’economia sacramentale un sovrappiù quasi facoltativo, dato che l’essenziale è individuato in una conoscenza meramente intellettuale; dall’altra, una concezione quasi materialistica della grazia, che dovrebbe sempre essere tangibile e produrre effetti sensibili, in assenza dei quali sarebbe inattiva. Il giusto equilibrio si fonda sul mistero dell’Incarnazione, che si prolunga in quello della Chiesa: il Figlio di Dio ha agito sulla terra servendosi della natura umana assunta per compiere azioni che trascendono la storia e hanno portato frutti soprannaturali; così oggi continua ad agire per mezzo di coloro che lo rappresentano e dei mezzi visibili che ha loro affidato per ottenere risultati invisibili che preparano le anime all’eternità beata. Fra questi mezzi c’è anche la Sacra Scrittura, la quale, pur non essendo un sacramento, in virtù di quello stesso Spirito che ne ha ispirato gli autori umani ispira pure chi la medita – dottrina, questa, genuinamente cattolica, per chi eventualmente pensi che la lettura della Bibbia sia roba da protestanti…


Nel metodo di meditazione, pur soffermandomi in particolare su di una, ho indicato un ventaglio di modalità possibili fra cui scegliere, avvertendo prima che ognuno tende spontaneamente a privilegiare o l’attività dell’intelletto o gli affetti o la volontà. L’ideale è cercare di coinvolgere tutte le facoltà dell’anima, ma ciò si realizza con accentuazioni diverse da persona a persona, in base all’indole, al grado di progresso spirituale e all’azione della grazia. Perciò non devi recepire queste indicazioni in modo totalmente passivo, quasi si trattasse di istruzioni per l’uso di un apparecchio, ma applicarle con la libertà interiore di chi riconosce che nel dialogo con Dio bisogna lasciare il ruolo principale a Lui, pur facendo diligentemente ciò che spetta all’uomo per disporsi il meglio possibile a ricevere un Ospite così grande. Non perdere mai di vista il fatto che, nella tua preghiera, l’agente primario è lo Spirito Santo, che devi invocare continuamente avendo fede che ti ascolta e ti risponde; altrimenti il tuo non sarà altro che un esercizio volontaristico e solitario, che può perfino diventare un ostacolo al dispiegarsi della grazia.


Se, nonostante un’applicazione prolungata, seria e regolare, la meditazione continua a rimanere senza frutto, può esser segno che c’è un ostacolo invisibile: un peccato mortale non confessato in passato o di cui non sei abbastanza contrito; un vizio in materia grave non sradicato e contro il quale non combatti abbastanza; la propensione al linguaggio volgare o a discorsi scabrosi; mancanze abituali contro la carità fraterna e la reputazione altrui, come giudizi, ingiurie o maldicenze, anche soltanto interiori; comportamenti iniqui contro familiari, parenti, amici, colleghi e vicini; rancori non sopiti, ma coltivati volontariamente; ingiustizie o frodi economiche di cui ti giustifichi; atteggiamenti di superbia, vanità od orgoglio; un eccesso di tempo dedicato a inutili controversie o a letture polemiche; uno smodato attaccamento al cibo o al denaro; la cura eccessiva della salute o dell’aspetto fisico; manie di controllo assoluto sulla realtà… Sono tutti ostacoli, più o meno grossi, all’unione con Dio, che richiede un cuore puro e distaccato, umile e discreto, caritatevole e rispettoso; in una parola, un cuore che aspiri alla santità.


Un mezzo molto utile per scoprire questi ostacoli, oltre al quotidiano esame di coscienza, è l’esame particolare su singoli vizi o virtù, come pure la confessione generale, specialmente nel corso degli esercizi spirituali. Per evitare di cadere negli scrupoli o in sensi di colpa ossessivi, causati da ferite psicologiche oppure provocati dal diavolo travestito da angelo di luce, attieniti alle indicazioni del confessore o del padre spirituale, grazie alle quali saprai sventare questo genere di insidie. Un facile criterio di discernimento è l’effetto che un pensiero produce sull’anima: se viene da Dio, esso causa un turbamento iniziale dovuto alla presa di coscienza di un peccato o di un difetto, ma poi, una volta accolto con la decisione di correggersi, infonde in essa pace, consolazione e gratitudine; se invece viene dal diavolo o dalla psiche, provoca un’inquietudine persistente che la tormenta aggravandosi col passare del tempo, anziché attenuarsi in seguito ad una risoluzione virtuosa. Un altro evidente indizio dell’azione divina è la prontezza all’obbedienza da essa suscitata, mentre quella del demonio ingenera un ottuso attaccamento al giudizio personale, ostinatamente difeso a dispetto della palese erroneità o della disapprovazione da parte del sacerdote.


L’orgoglio e la superbia rappresentano i più pericolosi e feroci nemici sulla via del Paradiso, il cui raggiungimento è il tuo unico scopo da perseguire in ogni tuo atto, in particolare nella preghiera. L’unità del fine realizza a poco a poco l’unificazione del cuore e della vita: tutto converge verso un solo obiettivo e ciò, oltre a ridurre significativamente la dispersione delle tue energie, le moltiplica in modo misterioso; la meditazione, riportandoti ogni giorno a Colui che è tuo principio e fine, ti comunica infatti una forza straordinaria. «Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è colui che ti dice: “Dammi da bere”, tu stessa gliene avresti chiesto ed egli ti avrebbe dato acqua viva» (Gv 4, 10). Hai a tua disposizione, ogni giorno, un pozzo al quale attingere la bevanda della vita eterna, che te la fa pregustare e ti disseta per il cammino che ti rimane da compiere, duro e faticoso che sia. Veni hodie ad fontem aquae, et oravi Dominum, dicens: Domine, Deus Abraham, tu prosperum fecisti desiderium meum (Oggi son venuto alla fonte dell’acqua e ho pregato il Signore dicendo: Signore, Dio di Abramo, tu hai condotto a buon fine il mio desiderio; dall’Ufficio Divino; cf. Gen 24, 12ss).


Termina la meditazione ringraziando il Signore per il tempo che ti ha concesso di passare in intimità con Lui (e che già di per sé è un beneficio per l’anima), per la luce che ti ha donato, per gli affetti che ha suscitato nel tuo cuore, per le risoluzioni che ti ha ispirato e per ogni grazia ricevuta, che tu l’abbia riconosciuta o no. Il frutto può essere anche differito, a volte, e manifestarsi quando meno te l’aspetti, nel momento in cui ne hai bisogno: nel bel mezzo di un’occupazione, per esempio, ti torna in mente ciò che hai meditato e te ne si svela di colpo un aspetto che non avevi colto, oppure se ne sprigiona una forza o una consolazione inattesa, o ancora una decisione che devi prendere o un problema da affrontare ti appare sotto una luce inedita… È il momento della lode e dell’azione di grazie: «Esulto e mi allieto per la tua  misericordia, poiché hai volto lo sguardo alla mia miseria, hai salvato l’anima mia dalle angustie; non mi hai consegnato nelle mani del nemico, ma hai diretto i miei passi in un luogo spazioso. Benedetto il Signore, poiché ha esaltato la sua misericordia per me nella città fortificata» (Sal 30, 8-9.22 Vulg.).


La civitas munita del salmo è la tua inespugnabile cittadella interiore, quella cella segreta dell’anima in cui sei rientrato all’inizio, quel santuario inviolabile in cui hai scoperto la presenza del Padre, che scrutava il tuo ritorno e ti ha gettato le braccia al collo. Ora, uscendo dalla meditazione trasformato nell’intimo, àpplicati alle risoluzioni che hai preso per ricambiare il Suo amore e dargli gloria, ma fallo anzitutto mostrando agli altri, nell’atteggiamento e nella condotta, il volto del figlio ritrovato, di quel bambino felice di essere amato che si era nascosto nel cuore e non desidera altro che uscire all’aperto, pieno di compassione per ogni creatura, per poter amare a sua volta di quello stesso Amore che lo ha fatto esistere, lo sostiene in ogni istante e lo dirige verso la pienezza della beatitudine. Veleggiando verso l’eterno porto, non avrai più a temere alcuna tempesta, per quanto minacciosa, e trascinerai con te tante altre anime attirate dal celeste bagliore del tuo sguardo, dal germe di Paradiso che porti nell’anima, dal mite tepore della carità divina in essa effusa: «La speranza non svergogna, poiché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori mediante lo Spirito Santo a noi donato» (Rm 5, 5). Amore con l’amor si paga!



Prima parte:



Seconda parte:


Terza parte:


Quarta parte:


Quinta parte:


Pubblicato da Elia

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