Loro in piazza, noi a casa senza libertà: prove di regime
I carabinieri irrompono in chiesa e multano i preti, ma alle celebrazioni del 25 aprile nelle piazze d'Italia compaiono decine e decine di non autorizzati: nessuno viene multato. Mentre si festeggia una libertà fasulla, l'Emilia ammette che i runner non erano untori, ma bisognava fermarli per dare il senso di un regime di severità. Sono prove tecniche di regime, che Cei e Avvenire sposano utlizzando la retorica della Sinistra giustizialista, ma senza dire una parola sulla libertà di culto calpestata.
Il 25 aprile in via del Portello a Bologna
La foto del giorno buca il profluvio di retorica resistenzialista. È stata scattata in via del Pratello a Bologna. È qui che ha sede una delle sezioni dell’Anpi del capoluogo emiliano. Ed è qui che ieri mattina si sono radunate decine e decine di persone senza autorizzazione. Tutti partigiani intenti a celebrare il 25 aprile? Ovviamente no, perché le celebrazioni ufficiali si stavano svolgendo col sindaco davanti al monumento ai caduti di fianco al Nettuno.
Ma in via del Pratello si è svolta un’altra cerimonia Anpi. Autorizzata? Chi può saperlo, dato che la circolare inviata ai prefetti autorizzava a festeggiare - come ha notato Alfredo Mantovano - la giornata «in un qualche modo»?
Infatti, in qualche modo, subito si è radunata la gente. Come api sul miele, canti e balli. Con la scusa della Resistenza. Le immagini hanno indignato e sui social si sono sprecate le battute: ma come? La Messa di Pasqua è stata proibita ai cattolici e le celebrazioni del 25 aprile no?
Verissimo. Ma i cattolici non hanno lottato con le unghie e con i denti per riavere subito le Messe, dato che i vescovi sono ancora in alto mare con le trattative. Agli eredi dei partigiani comunisti (Anpi) è bastato molto meno invece per farsi autorizzare l’uscita. Dopo Bologna sono girate immagini di Roma e di altre città. Anche lì decine e decine di persone in corteo con bandiere e slogan. A Modena davanti alla Ghirlandina in Piazza Grande si contano almeno 40 persone.
Tutto secondo copione, dunque. Anche l’arrivo delle forze dell’ordine. In via del Pratello sono arrivati i carabinieri in Grand Cherokee chiamati da qualche residente, a Roma si vedono agenti della Polizia municipale che passano e salutano. Indovinate quante contravvenzioni sono state fatte? Zero.
In chiesa a Soncino e in tutte le altre chiese (Cerveteri, Rocca Imperiale, il catalogo è lungo) dove la polizia ha fatto irruzione, le multe sono fioccate senza pietà. Perché? Semplice. Perché questo è il problema principale che emerge ogni giorno dopo l’ubriacatura di retorica resistenziale: al 25 aprile segue sempre il 26 aprile e quella data per molti italiani ha significato la fine non solo della propria libertà, ma della propria vita. Citofonare Delitti del Triangolo della morte compiuti tutti dopo la fine della guerra.
Nel giorno della libertà si certifica che c’è qualcuno più libero di altri
L’inerzia del carabinieri di ieri stride terribilmente con l’arroganza del militare che sale sull’altare per impedire a don Lino Viola di celebrare Messa. È evidente che il problema non sono i carabinieri, ma gli ordini di scuderia che essi hanno ricevuto ed è evidente che la tolleranza rispetto all’inosservanza della legge è stata decisa per via politica. L’effetto è sgradevole: nel giorno della libertà si certifica che c’è qualcuno più libero di altri. Conte, Zingaretti, Renzi, Di Maio… c’è qualcuno che dopo aver finito la spaghettata antifascista ha voglia di dirci qualcosa?
Ma anche qui non c’è da stupirsi. Era tutto scritto e lo ha ammesso con protervia maoista l’assessore regionale in Emilia Romagna Davide Baruffi: «Abbiamo detto no all’attività motoria non perché rappresenti il primo fattore di contagio, ma perché volevamo dare un senso che il regime delle restrizioni dentro cui eravamo doveva essere molto severo e molto stringente per tutti». Capito? Colpirne uno per educarne cento. C’è per caso qualcuno ubriaco di retorica antifascista che magari vede in queste parole proprio il fascismo prepotente di uno Stato che si arroga il diritto di raccontarti delle balle spaziali per tenerti in casa e limitare la tua libertà?
Nessuno, ovviamente, perché il fascismo è sempre quello degli altri e non quello che ci portiamo in casa senza che ce lo venga detto. Cos’è se non fascismo ammantato di igienismo civico quello di raccontarti le balle che i runner potevano infettare mezzo mondo salvo poi scoprire che si trattava di un esperimento di coercizione totale della popolazione? Lo ricordiamo l’assessore alla Sanità in Regione – Emilia Romagna of course – Venturi, nelle sue dirette catalogare i ciclisti della domenica come pericolosi untori spanditori di virus. «Se non la piantate di andare in giro dovremo chiudervi in casa con le cattive». Beh, lo hanno fatto e ora possono anche permettersi l'impunità di dirci che in realtà non c’era alcun pericolo, ma era per il nostro bene.
Ma è proprio quando uno Stato fa le cose “per il nostro bene” che il nostro bene viene a mancare e si scivola nel regime. Ieri ci hanno detto che chi abita vicino al mare può fare il bagno. Un po' di catena allentata suvvia, dopo aver rincorso con droni e quad i passeggiatori solitari acciuffati come narcos in fuga. Ma vicino quanto? Chieti va bene o bisogna avere proprio la casa sul lungomare di Pescara? Non ci rendiamo conto che più sono le disposizioni, più aumenta la fetta di libertà che ci lasciamo dietro perché plurimae leges corruptissima reipublicae.
I runner? Non erano untori, ma dovevamo dare una lezione
Lo stesso regime che chiude un occhio sulle celebrazioni della religione resistenziale e si accanisce contro la libertà di culto di un popolo messo in silenzio a pregare tra le mura domestiche e in pantofole.
Bel 25 aprile quello che ci siamo appena lasciati alle spalle, un 25 aprile dove si intravedono i germi di una libertà sempre più compressa. Nel nome della libertà, ovviamente.
Quella libertà cantata a gran voce dalla stessa Conferenza Episcopale, il cui giornale Avvenire, ieri, se n’è uscito con una prima pagina imbarazzante che neanche il Manifesto nei giorni migliori. “Resistere, Resistere, Resistere”, il motto della Sinistra giustizialista fatto proprio dai vescovi. Ma resistere a che cosa, poi?
Una Cei che celebra il Giorno della Liberazione come nemmeno ha fatto per la Pasqua, che si autodissolve nella religione civile conformista della resistenza e che dimentica – ancora una volta – i sacerdoti uccisi dai partigiani comunisti. E che, con codardia, mentre parla con pomposa magniloquenza di libertà e resistenza, non dice una sola parola sulla scandalosa compressione della libertà religiosa in cui viviamo e nemmeno si accorge della libertà venuta meno a don Lino Viola e ai tanti che, per pregare e partecipare al Santo Sacrificio dovranno ora fare bollettini postali da 400-500 euro.
Una Cei che abbandona il linguaggio eterno della Chiesa per sposare quello populista, come l’arcivescovo di Milano Delpini che ricorda «i martiri della Resistenza», che però non sono i cattolici uccisi per mano dei comunisti in odium fidei.
E che spaccia il 25 aprile per una festa religiosa alla quale tutti dobbiamo aderire perché il fascismo degli antifascisti non sta a fare differenze di prospettiva. Che poi, il 25 aprile sarebbe stata anche la Festa di San Marco Evangelista. Ma si vede che per Avvenire «San Marco è senz’altro anche il nome di una pizzeria».
Andrea Zambrano
- I VESCOVI SCOZZESI DENUNCIANO L'ABORTO DOMESTICO di Ermes Dovico
https://lanuovabq.it/it/loro-in-piazza-noi-a-casa-senza-liberta-prove-di-regime
ARGENTINA
Il governo proibisce le Messe. Per gli ebrei rito ammesso
Il Governo nazionale argentino ha respinto la richiesta della Conferenza Episcopale fatta dopo le parole del Papa affinché i fedeli cattolici possano partecipare alla celebrazione delle Messe in quarantena. Per gli ebrei invece è stato autorizzato un protocollo ad hoc.
Fernandez e Bergoglio
Il Governo nazionale argentino ha respinto la richiesta della Conferenza Episcopale affinché i fedeli cattolici possano partecipare alla celebrazione delle Messe durante la quarantena, almeno fino alla data stabilita.
La richiesta aveva avuto la sua motivazione nell’omelia della Messa di venerdì 17 aprile in cui Papa Francesco aveva invitato a non viralizzare la Chiesa, a non viralizzare i sacramenti, a non viralizzare il popolo di Dio. La Chiesa, i sacramenti, il popolo di Dio sono concreti”.
Monsignor Victor Manuel Fernandez, attuale arcivescovo di La Plata (Argentina), aveva quindi scritto una lettera alla Commissione Esecutiva della Conferenza Episcopale Argentina, datata 19 aprile 2020, con "una proposta riflessiva e al tempo stesso concreta, che raccoglie in sé diversi suggerimenti da parte di vari vescovi”. Ricordava che “non si costruisce nessuna comunità cristiana, se questa non ha le sue radici e il suo cuore nella celebrazione della Sacra Eucaristia” (PO 6) e che san Giovanni Paolo II sottolineava che la Messa “prima ancora che un precetto, deve essere sentita come un’esigenza profondamente radicata nell’esistenza cristiana” (DD 81) .
E proponeva di celebrare la Messa con un numero limitato di persone e mantenendo le distanze necessarie, in modo che non diventi un assembramento.
Il 22 aprile il direttore dell’Ufficio comunicazioni e stampa della Conferenza Episcopale Argentina (CEA) ha reso noto: “In risposta alla richiesta da parte della Commissione Esecutiva del Governo Nazionale, il Sr. Segretario del Culto, Dr. Guillermo Olivieri, comunica che le autorità nazionali continueranno a valutare la proposta, ma per ora è necessario mantenere le attuali misure di prevenzione e isolamento applicate alle celebrazioni religiose”.
Si potrebbero dire tante cose su questo rifiuto. Vale la pena ricordare, a tal proposito, una recente richiesta, avanzata dall’Asociacion Mutual Israelita Argentina (AMIA) per poter assistere alla Mikve, stando a quanto riportato da Visavis: "Dopo una pratica da parte del presidente dell’AMIA, Ariel Eichbaum, Rabbino della comunità giudaica argentina e del Rabbinato Superiore della Repubblica Argentina, presso le autorità nazionali, questo pomeriggio è stato emesso il protocollo di autorizzazione per assistere alla Mikve (bagno rituale dell’ebraismo). Il protocollo è stato approvato dallo specialista in infettivologia, Dr Juan Carlos Cisneros, membro del comitato assessore del Presidente della Nazione, Alberto Fernandez”.
Come afferma Josè Durand Mendioroz, “quello su cui non c’è alcun dubbio è il fatto che quella la congregazione ebraica prende molto sul serio il suo precetto rituale. Ciò significa che i comportamenti legati a un bene trascendente sono i più importanti, sebbene gli altri non li capiscano. Tra l’altro, tra quelli che praticano questo bagno rituale della mikve troviamo gli ebrei chassidici, tanto maltrattati nella serie tv Unorthodox trasmessa da Netflix.
“Dovremmo riflettere” – aggiunge Durand Mendioroz – “su questo: che importanza rivestono i sacramenti e la Messa per il cristiano di oggi?”. “Non sto proponendo di riunire delle folle a caso, così da ignorare la questione del contagio, ma solo che sia data la possibilità a tutti i fedeli cattolici l’accesso al tempio per ricevere i Sacramenti, adorare Gesù Sacramentato e assistere alla Messa.
Che sia giunto il momento, anche per noi, di prenderci le nostre responsabilità e agire in coscienza, ossia, che noi fedeli cattolici ci presentiamo alle porte dei templi affinché le aprano e possiamo così partecipare alla Messa?
Germán Masserdotti
https://lanuovabq.it/it/il-governo-proibisce-le-messe-per-gli-ebrei-rito-ammesso
La polizia spagnola davanti a due espressioni di culto religioso in due citta diverse.
Prima tocca ad un imam (se video non si carica clicca qui):
e poi tocca a un sacerdote cattolico (se video non si carica clicca qui):
Di Sabino Paciolla
Le bandiere rosse sfilano senza rispettare i divieti. Salvini: "Loro possono"
In un video pubblicato sui social network da Matteo Salvini decine di manifestanti con bandiere rosse sfidano le regole varate dal governo per il coronavirus
In un video pubblicato sui social network da Matteo Salvini decine di manifestanti con bandiere rosse sfidano le regole varate dal governo per il coronavirus
Una questione di buon senso. La polemica cavalca il 25 aprile. La festa della liberazione, che portò nel 1945 i nazifascisti a fuggire per sempre da Milano, tiene banco.
"Oggi a Roma. Senza polemica, solo una riflessione. Gli Italiani sono chiusi in casa per via del coronavirus, niente funerali, messe e matrimoni, niente bimbi nei parchi giochi, multe a chi corre o porta il cane lontano da casa. Ma con la bandiera rossa tutto è possibile. Boh...". A parlare, o meglio, a scrive è Matteo Salvini. Sui social pubblica un video in cui si vedono delle persone con delle bandiere rosse che camminano su un marciapiede indossando delle mascherine. Si era detto: vietati assembramenti. Ma per qualcuno, la legge, sembra più uguale. E, se quel qualcuno ha una bandiera rossa al seguito, questo fa la differenza.
Poche ore prima del video, diventato in poco tempo virale, il leader della Lega sempre sui social aveva scritto: "Grazie a chi, 75 anni fa, oggi e domani, ha messo, mette e metterà al centro della propria vita la battaglia per la libertà". Posta un selfie con tazzine da caffè dei colori della bandiera italiana e alle spalle un tricolore. "La voglia di libertà - sottolinea l’ex ministro dell’Interno - può essere attaccata, offesa, incarcerata, derisa, ma alla fine vince sempre. Grazie ai nostri nonni, un abbraccio ai nostri genitori, una carezza ai nostri figli".
"Fra qualche anno - scrive - ricorderemo questi giorni incredibili di sofferenza, di paura, di rabbia, di incertezza e preoccupazione, e penseremo a quanto siamo stati bravi, forti e coraggiosi nel superarli, per tornare a sorridere. Qualcuno, oggi come allora, dice che la libertà, come donne e uomini, come Italia, non serve, è un lusso di cui possiamo anche fare a meno. No! Non è così".
Il 25 aprile è sempre stata una data divisiva. I rossi e i neri si sono affrontati per decenni in quel periodo buio chiamato "anni di piombo". Ma, oggi, a 75 anni dalla liberazione, ciò che coglie lo sguardo è quell’ammasso di uomini e donne che mettono a rischio la vita loro e dei loro familiari in questi tempi di coronavirus. I disordini non sono mancati neppure a Milano.
Gli antagonisti avevano annunciato che il corteo in programma per oggi in memoria dei partigiani sarebbe partito in ogni caso, pur con le restrizioni imposte dal governo a causa dell’allarme Covid-19. E così è stato. Non sono mancati momenti di tensione. Verso mezzogiorno gli uomini della questura hanno intercettato una quindicina di militanti dei comitati di appoggio alla resistenza per il comunismo (Carc), ovvero il movimento politico extraparlamentare marxista leninista e maoista. Durante il corteo improvvisato, i giovani stavano decorando con dei drappi rossi le lapidi dedicate ai partigiani, quando sono stati fermati dalle forze dell’ordine affinché potessero effettuare dei controlli finalizzati al rispetto delle norme di contenimento del contagio da coronavirus, che impediscono ogni genere di assembramento.
È proprio in questo momento che la tensione è salita alle stelle. Nella caotica colluttazione che si è originata, una ragazza è stata spintonata dagli uomini in divisa ed è finita a terra. Mentre una seconda, dopo esser stata ammanettata, è stata caricata a bordo della volante per raggiungere gli uffici della questura. Quasi contemporaneamente è partito un secondo corteo non autorizzato di manifestanti.
Una ventina di persone circa appartenenti ai centri sociali. In questo caso il gruppetto è stato bloccato dagli agenti della polizia di Stato in modo più agevole: le pratiche di identificazione si sono infatti svolte senza registrare alcun incidente. Questo è il 25 aprile. La festa della liberazione. La festa che sancisce la supremazia dello stato di diritto sull’odio e l’oppressione. Una festa che andrebbe onorata nel rispetto delle regole. Questo non sembra valere per i soliti nostalgici dal pugno chiuso. E dalla "zucca vuota".
Cittadini costretti ad ascoltare Bella Ciao: operai del Comune con musica a palla
È successo a Malalbergo (Bologna). La denuncia di Fratelli d'Italia: "È normale questa costrizione? Democrazia comunista, noi indagheremo"
È successo a Malalbergo (Bologna). La denuncia di Fratelli d'Italia: "È normale questa costrizione? Democrazia comunista, noi indagheremo"
Neanche il 25 aprile c'è la libertà di non ascoltare Bella Ciao. I cittadini di Malalbergo (Bologna) sono stati infatti costretti a sentire la canzone simbolo della lotta partigiana: la denuncia è arrivata direttamente da alcuni residenti che hanno visto passare un'auto, probabilmente usata dagli operai del Comune, con gli altoparlanti sul tetto.
Un modo originale per celebrare la Festa della Liberazione che però non è stato gradito da molti. Il video è stato postato da Marco Lisei: "Bella Ciao per forza! Se abiti al Comune di Malalbergo (Bo) sei costretto ad ascoltare bella ciao! Democrazia comunista". Il capogruppo di Fratelli d'Italia in Emilia-Romagna ha annunciato che sulla vicenda vuole vederci chiaro: "Filodiffusione, con auto del Comune a quanto pare ed immaginiamo con dipendenti del Comune. Verificheremo...". C'è chi ha rivelato che si tratterebbe di una vecchia vettura della polizia municipale utilizzata da anni dagli operai comunali.
Sui social non sono mancanti commenti di indignazione per quanto si è verificato: "La sinistra si è appropriata arbitrariamente delle feste di liberazione, del lavoro, delle canzoni, che appartenevano e appartengono a tutti gli italiani, per cui le usano come propaganda politica. Non è giusto e non è onesto, sono solo antidemocratici e antiitaliani"; "Li denuncerei"; "Come siamo messi...questa non è democrazia". E non si tratterebbe proprio di un caso isolato. Alcuni utenti hanno segnalato: "Anche a Molino del Pallone in Alto Reno Terme"; "Lo stanno facendo anche a Massa Lombarda"; "Anche a Pianoro...".
"Solita prepotenza e faziosità"
Contattato in esclusiva da ilGiornale.it, Galeazzo Bignami ha espresso il proprio sconcerto per quella che reputa una vera e propria assurdità, considerando soprattutto il delicato periodo che il Paese sta attraversando: "Trovo incredibile che in un momento in cui tutti siamo costretti a stare a casa, un sindaco invii auto del Comune diffondendo una canzone faziosa e divisiva come Bella Ciao, costringendo tutti ad ascoltarla". Perciò ha invitato il primo cittadino a utilizzare la polizia municipale (ma comunque le auto pubbliche in generale) in maniera più intelligente e per contesti di maggiore urgenza. "È la solita prepotenza e faziosità di chi interpreta le istituzioni come di una parte e non, come dovrebbe essere, al servizio di tutti", ha concluso il deputato di Fratelli d'Italia.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.