ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

martedì 7 aprile 2020

Parola di vairus

PASQUA CON IL CORONAVIRUS
Questa Messa non s'ha da fare. Parola di Bassetti

Un'intervista al Corriere della Sera fuga ogni dubbio: è il vertice dell'episcopato a non volere la celebrazioni delle Messe con popolo il giorno di Pasqua. Per il presidente della CEI, cardinale Bassetti, la salute del corpo viene prima di ogni cosa. Ma è questa la parola di speranza che ci si aspetta da un vescovo?



Un effetto positivo almeno l’ha avuto l’uscita di Matteo Salvini, che chiedeva di far celebrare le Messe di Pasqua. E il positivo è che almeno ha provocato delle reazioni che hanno chiarito una volta per tutte chi davvero non vuole i riti della Settimana Santa aperti al popolo. Non i politici, o perlomeno non loro primariamente: sono i vertici dell’episcopato italiano. L’intervista ieri al Corriere della Sera del presidente della Conferenza Episcopale Italiana (CEI), cardinale Gualtiero Bassetti, fuga ogni dubbio al riguardo.

Non che non ne fossimo convinti – lo abbiamo anche scritto – ma c’era la segreta speranza che di fronte alle tante, ragionevoli, richieste per consentire la partecipazione dei fedeli almeno alla messa di Pasqua, ci potesse essere un qualche ravvedimento. Invece no; in fondo, il cardinale Bassetti resta lo stesso che fosse stato per lui altro che le messe, avrebbe chiuso a doppia mandata anche le chiese.

La sospensione delle messe è una decisione consapevole dei vescovi: «La Chiesa italiana ha scelto questa strada: abbiamo a cuore prima di tutto la salute dei fedeli, perché l’anima è sì immortale, ma abita un corpo fragile». E poco prima aveva detto: «È tempo di responsabilità». È bello che il presidente dei vescovi abbia a cuore la salute fisica dei fedeli, ma per questo basterebbero i politici e soprattutto i medici. Perché mantenere dei prelati per sentirsi ripetere le stesse cose del ministro della Sanità o del Governatore? Non avrebbero i vescovi il compito fondamentale di aiutare i fedeli a salvare le anime, di conquistare anime a Dio? E a noi fedeli, in questo periodo di prova e per molti di sofferenza, serve più un’altra governante che ci viene a misurare la febbre e a raccomandarci di non prendere freddo, oppure uomini di Dio che ci aiutino ad alzare lo sguardo verso Colui che solo ci salva e dà un senso alla sofferenza?

Tempo di responsabilità? Certo, ma ci si aspetta anche che un pastore indichi con chiarezza che questo è soprattutto tempo di conversione. Ma chissà perché, quando si parla di coronavirus i vescovi stanno bene attenti a evitare questa parola. Conversione: non sia mai che qualcuno possa pensare che questa pandemia sia un castigo o rientri nei piani provvidenziali di Dio. Ci mancherebbe, e infatti di questi tempi ne abbiamo sentiti diversi che si sono affrettati a spiegare che Dio non castiga, piuttosto è la ribellione di  Madre Terra per tutto l’inquinamento che noi uomini abbiamo provocato. Il cardinale Bassetti no, non si è spinto fin lì, ma alla domanda su cosa possiamo imparare da questo periodo, ha risposto: «Possiamo imparare a riconciliarci con noi stessi, con chi abbiamo vicino e magari non sapevamo più riconoscere. Possiamo imparare a non essere violenti. Possiamo sostenere lo sguardo dei nostri figli». E magari portare finalmente in cantina quei libri che non leggiamo più da anni. Quasi quasi, meglio la ribellione di Madre Terra.

Però su alcune parole d’ordine impiegate da Bassetti, così come da altri vescovi e cardinali, vale la pena soffermarsi. Responsabilità, anzitutto. Come a dire: andare a messa di questi tempi è un gesto irresponsabile. Ma il cattolico della strada, che va responsabilmente al supermercato, in farmacia, dal panettiere e magari pure dal tabaccaio, non può fare a meno di chiedersi perché diventerebbe irresponsabile se provasse ad andare a messa osservando le stesse identiche precauzioni che usa negli altri posti.

Abbiamo sentito strane risposte a questa domanda: «Perché in chiesa sarebbe troppo difficile organizzarsi per fare rispettare le distanze»; «Perché la gente, si sa, è indisciplinata, una volta in chiesa non li controlli più». Ma al solito cattolico della strada sorge allora un’altra domanda: perché le stesse persone che fanno ordinatamente la fila fuori dai supermercati, dagli uffici postali, dalle farmacie, si dovrebbero poi trasformare in animali selvaggi una volta varcata la soglia di una chiesa? Quale potrebbe essere mai la difficoltà di impiegare un qualche volontario della parrocchia per gestire l’afflusso nella chiesa e l’ordinata disposizione nelle panche, magari prendendo anche la temperatura e controllando che tutti abbiano la mascherina? Perché lo si può fare nelle Filippine e a Hong Kong e non in Italia? Mistero.

E poi la questione della salute dei fedeli a cui i vescovi italiani tengono prima di ogni altra cosa. Ma il cardinale Bassetti ha considerato bene le conseguenze di questa affermazione? Perché quando d’estate farà molto caldo in città e ad andare a messa si può rischiare un’insolazione o comunque in chiesa si soffoca, giustamente il fedele eviterà qualsiasi rischio: non si può mica mettere a repentaglio la salute per andare a messa, tanto si può pregare anche in cucina o in bagno, come dice monsignor Fiorello. E quando d’inverno fa molto freddo e le strade sono anche un po’ ghiacciate, non si può mica rischiare di rompersi una gamba o prendersi una bronchite per andare a messa; ce la guardiamo in tv, almeno fino a quando non diventerà esclusiva di Sky o Dazn (e magari la CEI proverà a sostituire l’8 per mille con i diritti tv).

Il punto è che noi fedeli, pur borbottando, obbediamo cercando di trarre comunque dei frutti spirituali da queste circostanze. Ma deve essere chiaro che il messaggio che i vertici della Chiesa stanno dando è che la messa, i sacramenti, per non dire della stessa presenza in chiesa, sono optional, elementi non essenziali e non richiesti per una fede matura. Forse l’epidemia passerà ma questo messaggio resterà.

E poi l’altra frase magica di questo periodo: «Nessuno si salva da solo». Che è il logico sviluppo della premessa: «Siamo tutti sulla stessa barca». Il problema delle frasi magiche è che spesso suonano bene ma non significano nulla. Curioso poi che il cardinale Bassetti dica questa frase a completamento dell’affermazione «Nessuno deve essere lasciato solo». Certamente non è voluta, ma suona davvero come una presa in giro: se c’è una caratteristica che sarà ricordata per sempre a proposito di questa epidemia è proprio la solitudine a cui tante persone sono condannate: sole in casa, sole a morire negli ospedali, senza neanche un funerale. Una esperienza umana devastante, di cui anche tanti preti devono prendersi la responsabilità. E la risposta è: «Nessuno si salva da solo». Ovviamente qui la salvezza è intesa in senso esclusivamente orizzontale, cioè come uscire dall’epidemia con la medicina e la separazione sociale.

Ma da un vescovo, da un cardinale, da un papa ci si aspetta che venga affermato con forza che «Nessuno si salva senza Cristo». Non per arroganza, non per un senso di orgoglio e superiorità, non per fare proselitismo, ma per il riconoscimento di una evidenza, per offrire a tutti la Speranza. Perché chi soffre, chi ha visto morire un congiunto o un amico, chi è solo e depresso, chi sta perdendo il lavoro, se ne frega della versione clericale dell’«Andrà tutto bene», quando tutto sta andando male.

C’è bisogno di qualcuno che ci faccia vedere che malattia e morte non sono l’ultima parola, che la Speranza che abbiamo non è semplicemente quella di non beccarsi il virus; anche questo, ma anzitutto è riconoscere che Dio ci ha tanto amati «da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in Lui non muoia, ma abbia la vita eterna». È per questo che c’è la Chiesa, per offrirci la salvezza che c’è solo in Colui che si è incarnato, ha patito la morte di croce ed è risorto. Per questo andare in chiesa, partecipare alla Messa non è la rivendicazione di un diritto, ma la necessità di incontrare Chi ci salva. Che sia lo Stato ad impedirlo è grave, ma che siano i vescovi a volerlo non è neanche commentabile.

Riccardo Cascioli

https://lanuovabq.it/it/questa-messa-non-sha-da-fare-parola-di-bassetti
ANCORA DENUNCE
A Messa siamo a guardie e ladri: grazie al cedimento dei vescovi

Culto sempre sempre più a rischio: a Sulmona Polizia in chiesa su segnalazione anonima, a Torino il sindaco manda gli agenti e a Frascati il vescovo si scusa con l'Arma: «Starò più attento». A Cassano d'Adda restare in chiesa per una preghiera in più può costare carissimo. Mentre a Milano Delpini può invitare in Duomo i politici e a Chieti il vescovo Forte uscirà con la stessa processione costata 400 euro di multa al parroco di Rocca Imperiale: l'anarchia "questurile" rivela la dannosità della circolare del Viminale e i frutti fallimentari della sottomissione vescovile.




Messa & Polizia, storie di ordinaria follia della nuova serie “Anarchia questurile”. E anche domenica superlavoro per preti e per carabinieri. Tutti insieme in chiesa a giocare a Guardia & ladri, i primi a celebrare le Palme e i secondi a controllare che non ci fossero trasgressori delle disposizioni governative che limitano il culto ma che il vescovo Bassetti chiama – nientemeno - «atto di generosità».

Le cronache hanno riferito di diversi episodi di Messe interrotte o di sacerdoti multati e in alcuni casi vescovi. Un dato balza all’occhio: le irruzioni delle forze dell’ordine in chiesa dimostrano che il chiarimento del Viminale del 27 marzo scorso e la successiva specificazione sul sito degli Interni non solo non hanno fermato le incursioni in chiesa, ma semmai sono serviti ad aumentarle. E’ il segno che – nonostante ciò che dice il presidente dei vescovi – quello di rinunciare alle Messe e di rendere sempre più proibitivo l’ingresso in chiesa sia una decisione che prim’ancora che dal governo è stata voluta dai vescovi i quali sono i veri promotori della prima e autoprodotta “eclissi sacramentale” di Pasqua della storia della Chiesa.

Nell’ordine.

A Sulmona il parroco don Andrea Accivile era stato scrupolosissimo per la domenica delle Palme: «Avevo tre lettori e un ministrante. In tutto eravamo in cinque», spiega alla Nuova BQ il giorno dopo. Invece al termine della Messa sono stati tutti identificati. Colpa, come è ormai prassi, del solto delatore, che ha telefonato in Municipio denunciando il pericoloso assembramento di appena cinque persone. Così «durante la Messa è entrato un agente – spiega – e ha scattato una foto. Al termine della celebrazione gli agenti della municipale si sono presentati sul sagrato e ci hanno chiesto i documenti». Una volte identificato, il parroco ha provato a spiegare che la presenza di quelle 4 persone era indispensabile per la Messa (la tradizionale lettura del Passio porta via almeno due lettori oltre al celebrante) e soprattutto che la nota-chiarimento dell’Ufficio culto del ministero consentiva il loro ingresso in chiesa.

Niente da fare. I cinque sono stati verbalizzati: «Sono rammaricato, è evidente che si tratta di una situazione che non è normale». E come dargli torto? Quello che però non capiterà a Sulmona e che invece è accaduto a Rocca Imperiale è il pagamento della sanzione. Sembra che la multa da 280 euro non verrà pagata: «Stamattina – prosegue il parroco – il vescovo ha telefonato al comando e la cosa si è risolta. E’ stato dimostrato che eravamo in piena regola».

Per un vescovo che interviene personalmente, all’italiana diciamo, ce n’è un altro che si è dovuto cospargere il capo di cenere per il pericoloso assembramento.

A Frascati il pastore della diocesi aveva pensato di condividere la Messa delle Palme con altre sette presbiteri diocesani in modo da rivolgersi ai fedeli con un unico collegamento. Va da sé che in cattedrale, tra concelebranti, ministranti, diaconi, lettori e cantori il numero dei presenti è lievitato a tal punto da insospettire qualcuno. Quando poi verso la fine della celebrazione, qualche incauto fedele si è introdotto per cercare un ramoscello di ulivo benedetto e sono entrati anche tre operatori della protezione civile incaricati di prendere i sacchi con l’ulivo da portare alla casa protetta e all’ospedale, ecco che, implacabile si è presentato subito il braccio violento della legge, che al termine della celebrazione ha chiesto i documenti al vescovo Raffaello Martinelli.

La notizia si è sparsa in un men che non si dica e i giornali l'hanno pubblicata: vescovo multato per aver celebrato Messa. Il giorno dopo Martinelli è uscito con un comunicato stampa. «Mi dispiace che sia avvenuto questo, e che sia dovuto intervenire personale della Polizia Municipale, dei Carabinieri…che ringrazio e apprezzo per il loro non facile servizio e encomiabile disponibilità, e con i quali, come con gli altri organismi civili e militari preposti a servizio della cittadinanza, è sempre stato mio impegno collaborare e rispettare».

Subito dopo – al telefono con la Nuova BQ – ha continuato a gettare acqua sul fuoco: «Ma quale fastidio? Sono stati rispettosissimi, hanno anche aspettato la fine della Messa, non hanno fatto irruzione – ha detto –. E per quanto riguarda la multa… bè vediamo che succede, vediamo se arriva, vediamo se è stata una violazione o no insomma, io non rimprovero nulla alle forze dell’ordine che ringrazio per il loro compito».

Parole distensive, diciamo. In Cina le userebbero per i programmi di rieducazione.


Chi invece non ha commentato il blitz e attende ora di sapere se gli arriverà una contravvenzione è il parroco di Beinasco (Torino). Don Gigi Coello si era raccomandato: «Non più di sette persone a Messa ad aiutarmi». Senonché – dannate delazioni – qualcuno dalla strada ha sentito canti e voci: «Una Messa! E per giunta cantata!». Così ha telefonato al sindaco Antonella Gualchi la quale – scripsit la Stampa - è andata su tutte le furie. Da lì all’invio della Polizia Municipale il passo è stato breve.

Gli agenti, appostati sul sagrato hanno atteso che uscissero tutte e sette le persone: identificati e multati. L’ammenda resterà o sarà tolta? Chissà, dipenderà dai buoni uffici del vescovo o dalla bravura del parroco se saprà dimostrare che era nella ragione.

Peccato che di ragione in queste dolorose vicende ci sia poco. La nota del Viminale non è servita praticamente a nulla, semmai ha peggiorato la situazione, verrebbe da chiedersi se le forze dell’ordine l’abbiano recepita. Ma è evidente che se un prete domani non saprà se celebrando Messa sarà multato, cosa che a occhio e croce accade appena appena in Cina, la responsabilità somma è proprio dei vescovi.

I quali, non solo hanno letteralmente ceduto su tutta la linea permettendo allo Stato di mettere le mani negli affari di culto e sottomettendosi alle disposizioni, ma il più delle volte sono stati loro stessi fautori di una obbedienza cieca, pronta e assoluta che sta creando imbarazzi e mesti mea culpa indegni di vescovi e sacerdoti.

Peggio è andata ai quei malcapitati fedeli che a Cassano d'Adda sono entrati in chiesa per una preghiera, ma sono stati sopraffatti dall'inizio della Messa. Avrebbero dovuto scappare a gambe levate. Invece - egoisti - non hanno resistito al canto dell'Osanna della domenica delle Palme e sono stati rapiti dalla liturgia. All'uscita, mal gliene incolse: ad attenderli sul sagrato c'era una gazzella dei Carabinieri: verbale e domenica rovinata.

Per ogni storia di violazione, come in ogni regime che si rispetti, c’è però sempre anche quello che ha – diciamo - un lasciapassare e la fa franca. Due esempi, giusto per dare un’idea: a Milano l’Arcivescovo Delpini domenica ha aperto le porte del Duomo al sindaco Beppe Sala, prefetto e il Governatore Attilio Fontana. «Sono stato invitato in
rappresentanza della città alla messa privata del vescovo», gongolava Sala come un quindicenne che entra nel camerino dei suo cantante preferito. Ma da quando alle Messe si partecipa su invito personale? Forse da quando la Messa non è più un affare per il popolo che si dice di voler rappresentare.





Guardando le foto delle celebrazione almeno almeno sette persone (quattro concelebranti e i tre invitati). Più il servizio all'altare. Almeno dieci persone. Quindi, che differenza c’è con la messa di Frascati o quella di Sulmona? Forse il “blasone” dei partecipanti? E perché il sindaco di Giulianova - a differenza di Sala - invece è stato sanzionato? 

E che dire dell’arcivescovo di Chieti-Vasto monsignor Bruno Forte, teologo di fama e soprattutto segretario dell’ultimo Sinodo della Famiglia. Nel corso di un’intervista a VaticanInsider ha dichiarato che Venerdì Santo uscirà da solo in processione con la statua del Cristo morto e la porterà in giro per la città. Lo sa che per lo stesso “reato” il parroco di Rocca Imperiale si è preso 400 euro di multa? O forse, anche in questo caso, saranno decisivi certi buoni uffici da spendere al momento opportuno? Non è che – direbbe Totò – qua si fanno figli e figliastri?

Andrea Zambrano

https://lanuovabq.it/it/a-messa-siamo-a-guardie-e-ladri-grazie-al-cedimento-dei-vescovi

TRA PANDEMIA E FILOSOFIA
Il virus che annienta cinque secoli di materialismo

Il Covid-19 è stato isolato e si è scoperto che è così piccolo da essere quasi invisibile, eppure ci ha stravolto l'esistenza. Sono cinquecento anni che si sostiene che esiste solo ciò che colpisce i nostri sensi e che il resto è superstizione. Ora sappiamo che ci hanno mentito e che empiristi, illuministi, materialisti e romantici si sbagliavano.


Eccolo, finalmente! Il coronavirus, detto anche "vairus", all’inglese. Grazie ad un pool di ricercatori (eccezionali) abbiamo la possibilità di vedere questo famoso flagello, il Sars-CoV-2.

Il virus è stato isolato dal Laboratorio di Malattie infettive dell'università Statale-ospedale Sacco, coordinato da Massimo Galli e Gianguglielmo Zehender, in collaborazione con l'Anatomia patologica diretta da Manuela Nebuloni del Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche Luigi Sacco. Il virus è stato isolato dai ricercatori Alessia Lai, Annalisa Bergna, Arianna Gabrieli e Maciej Tarkowski; le immagini sono invece frutto del lavoro di Antonella Tosoni e Beatrice Marchini. Tanto per capire di cosa stiamo parlando, una delle immagini è stata ottenuta con un ingrandimento di 140mila volte. Pazzesco, no? Solo con un microscopio elettronico è possibile ottenere immagini del genere. In qualunque altro modo non avremmo mai potuto vedere il famoso coronavirus. Qualcuno sarà deluso… mi aspettavo di vedere un mostriciattolo verde, con i denti aguzzi, e invece… solo una pallina? Beh, pensiamo a quanto sia piccolo un virus: una cosa che è impossibile da vedere a occhio nudo. E questa è una cosa interessante.

Dimentichiamo per un istante le immagini che abbiamo visto. Sono un risultato tecnico eccezionale, e per di più molto recente. Quindi facciamo finta di tornare a qualche giorno fa, quando non avevamo davvero mai visto questo virus. Pensiamoci un attimo.

Siamo chiusi in casa da un mese: non possiamo passeggiare, incontrare persone, abbracciare un amico. Non possiamo uscire a prendere un caffè, con tutti i riti connessi, né andare a mangiare una pizza. Stiamo cercando in tutti i modi di trovare in casa il lievito per fare il pane. Usciamo una volta alla settimana per fare la spesa, o meglio: fare anche tre ore di coda per una spesa veloce. Qualcuno ha paura, qualcun altro è disperato. Siamo stati costretti brutalmente a riflettere sulla morte, sulla fine e il significato della nostra esistenza. E tutto questo a causa di cosa? Di qualcosa che non possiamo toccare né vedere, che non produce parole né suoni, che non ha odore né gusto. Qualcosa che i nostri sensi non possono cogliere.

Ecco il punto. Sono cinquecento anni che martellano su questo concetto: esiste solo ciò che colpisce i nostri sensi; queste sono le uniche cose che hanno una vera influenza sulla nostra vita. Le cose che possiamo misurare. Il mondo materiale, fisico. Il resto, il meta-fisico (Dio, gli angeli, la provvidenza, la vocazione, l’anima…) non esiste. È invenzione. Idolum, superstizione. Non ha nessuna influenza sulla nostra vita. È un concetto semplice.

Bene: il coronavirus ha avuto almeno un effetto benefico sulla nostra vita: ci ha aperto gli occhi. Ci ha insegnato che una cosa che non può essere misurata, che non colpisce i nostri sensi, può avere una influenza enorme sulle nostre vite. Ci ha fatto capire che, da cinquecento anni, ci hanno mentito. Quel «concetto semplice» che ci ripetono fin dalle elementari (pardòn, scuola primaria) è falso.

Certo, il virus non ha dimostrato l’esistenza di Dio, né dell’anima, né di tutti quei concetti metafisici che qualcuno, in questi secoli, si è ostinato a credere. Però dimostra che empiristi, illuministi, materialisti e romantici si sbagliavano. Tutto qui? Beh, non mi sembra poco. Personalmente, sono molto lieto di questa scoperta.

Roberto Marchesini
https://lanuovabq.it/it/il-virus-che-annienta-cinque-secoli-di-materialismo

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