Prof. don Strumia: “Nella Chiesa si è rischiato di gettare via anche il Bambino Gesù…, parlando d’altro, o riducendoLo a pochi banali buoni sentimenti”
Collegamento diretta Facebook del 9 aprile 2020
Riportiamo ampi brani dell’intervento di don Strumia dall’interessante dialogo con mons. Nicola Bux che ritrovate nel video:
Da diverso tempo sto riflettendo sulla situazione anomala che si sta vivendo nella Chiesa, da alcuni anni a questa parte, a causa del disorientamento provocato dal vigente modo confuso, contraddittorio, in rottura talvolta esplicita – ma più volte ancora subdola e ambigua – con il solido insegnamento che Essa (la Chiesa, ndr) aveva costantemente garantito per più di venti secoli.
È una “situazione di fatto” e, come tale, va riconosciuta per quello che è.
Mi fanno un po’ tenerezza e talvolta mi provocano anche senso di fastidio e di irritazione, quanti lo negano per sfuggire alla realtà.
E ancora più tristezza e disappunto, quanti, ormai nati e cresciuti con il DNA del “pensiero unico” imposto dal mondo a tutti, si fanno collaboratori convinti della nuova linea di rottura con i fondamenti della dottrina di sempre – che è poi quella di Cristo e l’unica possibile per non staccarsi da Lui – per sostituirla con la prassi del “facciamo noi la nuova chiesa”, il nuovo cristianesimo adatto per il mondo di oggi. Con la presunzione di essere più bravi di Cristo stesso, dei Dottori e dei Santi.
– La tentazione.
Però di fronte a questa “situazione di fatto” vedo una tentazione alla quale è molto facile cedere, anche per i buoni amanti della tradizione e della fedeltà alla “sana dottrina” di sempre.
Ed è la tentazione del consumare tutto il tempo nel lamentarsi, nel criticare ora questo ora quello, ora il tale avvenimento nella vita della Chiesa ora l’altro. E compiacersi di questo.
È fondamentale sapere individuare gli errori e insegnare a farlo, questo assolutamente sì.
Ma è inutile prendersela con gli erranti che, piuttosto vanno aiutati a correggersi, se lo vorranno, e fermati se necessario, e si ha l’autorità per farlo.
Ma la sola “via negativa” della caccia all’errore non basta. Il rischio di radunare delle persone, di formare dei “gruppi di lamentela” e di “pianto su se stessi”, quando non addirittura di maldicenza, alla fine esaurisce tutte le energie, esaspera e non alimenta né la fede, né la ragione.
– La costruzione (l’“edificazione”, si diceva una volta).
Che cos’è, allora, che può essere “edificante”? Occorre “reagire in positivo” e mettersi a “costruire”: occorre che il Tempio venga ricostruito se prima è stato distrutto (per riecheggiare I cori della rocca di Eliot).
Così sarà utile formare dei piccoli gruppi (collegandoli tra loro) nei quali ci si aiuta, sotto una guida affidabile (da ricercare con cura!), ad approfondire la conoscenza della “dottrina”, contenuta nel Catechismo della Chiesa Cattolica, fino a che ne abbiamo ancora un volume non modificato da nuove manipolazioni. Si può partire utilmente dal Compendio, per non perdersi, che è più conciso e formulato in termini di domande e risposte.
E partendo da queste basi imparare a giudicare con “intelligenza di fede” gli avvenimenti della storia: «Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo?» (Lc 12,56).
La strada che vedo è quella di riprendere Giovanni Paolo II (abbiamo ricordato quindici anni delle sua morte la scorsa settimana) e Benedetto XVI.
Non sono tra coloro che si pongono in dilemma “Concilio sì, Concilio no”. Il cristianesimo, me lo ricordo bene, prima era spesso ridotto, per molti, ad una sorta di morale precettiva senza motivazioni, un moralismo. Si fa così perché lo dice la Chiesa.
E va bene, ma occorre chiedersi anche: “Perché lo dice la Chiesa? Quali sono le ragioni?”. Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno fatto vedere al mondo che il cristianesimo è conveniente anche sul piano umano, qui sulla terra, e insieme come via alla beatitudine eterna.
In esso si racchiude una “concezione” dell’uomo, della società, della famiglia che può rendere più umana l’esistenza. La sfida della Chiesa al mondo è e deve essere anche sul piano culturale, civile, umano. Benedetto XVI ha lanciato la sfida agli indifferenti, agli agnostici e al materialismo di oggi: il mondo è divenuto invivibile, la democrazia è degenerata in anarchia (da noi) o in dittatura (sotto i vari regimi) perché si è costruito un mondo materialista, come se Dio non esistesse.
Allora perché non provare a costruirlo, al contrario, come se Dio esistesse e l’insegnamento di venti secoli di cristianesimo avesse ragione? Si sono aboliti i Dieci Comandamenti (legge morale naturale) trasformando in legge la loro trasgressione, ma le cose non sono migliorate; anzi!
E allora occorre cambiare rotta, tornare a quei “fondamenti” della vita “personale”, “familiare”, “sociale” e “pubblica” che si sono gettati via, come il bambino con l’acqua sporca.
E nella Chiesa si è rischiato di gettare via anche il Bambino Gesù… Ed è quello che si è fatto oggi, parlando d’altro, o riducendolo a pochi banali buoni sentimenti.
Oggi sono arrivate le piaghe d’Egitto: quella della pandemia attuale sembra essere solo la prima: speriamo che non ne occorrano dieci per smuovere l’umanità e la Chiesa dei nostri giorni! Oggi occorre muoverci e metterci all’opera per costruire, ricostruire, riparare prestando le mani a Cristo stesso. Si parla malamente di san Francesco riducendolo ad un ottuso ambientalista, quando la storia vera ci fa vedere un uomo che prese sul serio, alla lettera il mandato del Signore: «Francesco va, e ripara la mia Casa!» (Fonti francescane, 1411).
Di Sabino Paciolla
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