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sabato 4 aprile 2020

Vivere senza menzogna

RICORDO DEL TEOLOGO
Antonio Livi, gigante del pensiero cattolico

Un ricordo personale di monsignor Antonio Livi, il teologo scomparso il 2 aprile. Un gigante del pensiero cattolico che però si trovava ad essere emarginato da un ambiente clericale che lo vedeva come un reietto. Aveva sofferto molto per la situazione nella Chiesa negli ultimi decenni, da quando vi era entrata la "falsa teologia" ora vincente



La morte di Monsignor Antonio Livi il 2 aprile mi ha colpito, ma non sorpreso. Questo perché ho seguito la malattia di Mons. Livi dal suo apparire nell’autunno del 2018. Seguito a distanza, in quanto ci scrivevamo delle e mail anche perché stavamo lavorando ad un libro insieme, poi uscito con il titolo Dogma, Teologia e Pastorale (Chorabooks 2018), una intervista a questo grande teologo che avrebbe dovuto essere un vanto della cultura cattolica mentre alla fine ne è divenuto quasi un reietto. 

Conoscevo Mons. Livi da molti anni, almeno 20. Lo avevo incontrato ad un convegno dove si ricordava la figura di Cornelio Fabro, che fu suo grande maestro, con Etienne Gilson. Qualche volta l’ho visitato nel suo ufficio alla Lateranense, al tempo in cui lui insegnava lì, e mi regalò anche alcuni suoi volumi tra cui la sua storia della filosofia in più volumi. A volte rifletto sul mio destino singolare, quello di un musicista che ha avuto l’onore di incrociare nella sua vita alcune delle grande menti della filosofia e della teologia cattoliche, come Mons. Antonio Piolanti, Mons. Brunero Gherardini, don Dario Composta, don Luigi Bogliolo, padre Raimondo Spiazzi, padre Enrico Zoffoli e Mons, Antonio Livi, tutti da me conosciuti più o meno approfonditamente e di cui serbo un grato e devoto ricordo.

Mons. Livi ha sofferto molto per la situazione nella Chiesa negli ultimi decenni, si è molto battuto contro quella che lui definiva come “falsa teologia”. In una intervista riportata da Gloria.tv nel 2018 diceva: “Per più di cinquant’anni i teologi eretici, malvagi, hanno cercato di conquistare il potere, e adesso ci sono riusciti. E’ per questo che parlo di eresia al potere. Non sono i papi ad essere eretici; non ho mai detto questo di nessun Papa. I papi hanno subito questa influenza e non vi si sono opposti. Essi hanno seguito quell’idea folle di Giovanni XXIII che diceva: affermiamo la dottrina di sempre, ma senza condannare nessuno. E’ impossibile; la condanna fa parte dell’esplicitazione del dogma, è l’altra faccia della stessa medaglia. Se si vuole applicare il dogma ai tempi moderni, in cui vi sono delle eresie, bisogna necessariamente condannarle. Non condannare alcunché significa approvare tutto; e approvare tutto significa che non vi è più la fede cattolica”. Ovviamente posizioni come questa non lo rendevano popolare in molto ambienti ecclesiastici. Nella stessa intervista infatti dirà: “La fede della Chiesa è sempre la stessa, e quelli che vi sono legati non possono essere rimproverati, non devono essere perseguitati: li si deve aiutare a compiere il loro dovere e bisogna e si dia loro ragione. Arriverà il tempo in cui il Papa lo farà; quando Dio vorrà”.

Ho incontrato Mons. Livi per l’ultima volta poco prima che si ammalasse, alla presentazione di un libro di don Ennio Innocenti nel 2018. Chiacchierammo per un poco prima che la presentazione cominciasse, parlando proprio del progetto per il libro di cui ho parlato in precedenza. Egli era stato così cortese da scrivere la prefazione per un altro mio libro dedicato a Divo Barsotti e ne scriverà un altra dopo quell’incontro per un libro da me scritto insieme ad Aldo Maria Valli. Fu con me sempre molto cortese e percepii in lui sempre quel fuoco interiore che lo metteva a caccia della verità servendosi della potenza del pensiero ravvivata dalla luce della fede. Ora quella Verità da lui sempre cercata, la possiede tutta intera.

Aurelio Porfiri
https://lanuovabq.it/it/antonio-livi-gigante-del-pensiero-cattolico
Un ricordo di monsignor Livi, maestro del vivere senza menzogna
Ieri, alla notizia della sua morte, ho ricordato il mio incontro con monsignor Antonio Livi, a Roma nel 2015. Parlammo a margine di una conferenza e rimasi stupita dalla sua dolcezza e dalla sua affabilità, capaci di prevalere, nel rapporto con l’interlocutore, sulla straordinaria cultura del teologo e del filosofo. Un ponderoso bagaglio di sapere e di sapienza restava come custodito nelle retrovie, e si manifestava con disarmante semplicità nella parola semplice e schietta quale può scaturire solo da un pensiero lineare, nitido, articolato sempre dentro l’orizzonte limpido dell’ortodossia.

In ogni caso, il rigore speculativo di ogni suo discorso, colloquiale o accademico che fosse, non oscurava la luce di una fede intima e genuina, messa a servizio della realtà delle cose e di tutte le sue drammatiche contraddizioni. Non era arroccato, monsignor Livi, nella torre dei suoi studi alti, che mai lo alienavano alla percezione di una sofferta attualità: tanto più sofferta quanto pervicacemente refrattaria a seguire la guida della ratio e della fides, il binomio perfetto a disposizione della creatura modellata a immagine di Dio.

Rimase incuriosito da quel mio figlio con la passione per la filosofia e si informò anche degli altri, in quanto figli tutti di un’epoca stravolta, ostile alla famiglia, alla ragione e alla vita. Era interessato a capire come si configurasse, nella quotidianità, il campo di battaglia delle nuove generazioni e di quelle a loro subito precedenti chiamate a crescerle in tempo di guerra non convenzionale. Chiedeva, ascoltava.

Dopo quella volta non lo rividi più di persona. Avrei dovuto reincontrarlo a un convegno dove era in programma, insieme a una sua lectio, anche un mio intervento sul tema della educazione e delle sue degenerazioni. Memore della chiacchierata pregressa e in virtù di una simpatia che mi era apparsa ricambiata, gli mandai in anteprima la bozza della mia relazione con lo spirito di chi, sentendosi inadeguato, domanda il parere di un maestro. Il suo giudizio mi lusingò. Poi, per ragioni legate agli organizzatori, quel convegno non si tenne più, per lo meno nella versione in origine pianificata.

Monsignor Livi mi scrisse, allora, che avrebbe pubblicato molto volentieri i miei contenuti con la sua casa editrice e mi incoraggiò a confezionarli sotto forma di saggio. MalaScuola nacque così, il sottotitolo lo decise lui.

Così, nell’ampliare lo schema originario predisposto per quel convegno mancato, approfondii, tra gli altri, vari aspetti riguardanti la capitale responsabilità della chiesa nel degrado, oltre che religioso, morale, culturale ed educativo del nostro tempo. Inserii nomi e cognomi, documenti e circostanze, senza censurare nulla. Per correttezza, segnalai a monsignore tutte le parti in cui menzionavo le gerarchie traditrici, su su fino ai loro vertici, in ordine crescente di colpevolezza. Mi rispose a stretto giro di posta che aveva già letto e riletto l’intero testo, e che non aveva nulla da obiettare.

Questo per dire della onestà intellettuale di un uomo e di un chierico che ha dimostrata una sensibilità non certo comune per le ricadute pratiche generate dalla dismissione, da parte della neochiesa, del proprio magistero, sostituito oggi dai dogmi contraffatti del credo mondialista.

Quando tutto si frantuma e si dissolve nel relativismo, nel soggettivismo, nel modernismo e i falsi profeti della falsa chiesa, artefici di una falsa teologia, inseguendo le suggestioni del mondo tentano di imporre a tutti una religione adulterata e suicida, c’è tanto più bisogno di una voce che ribadisca la forza della verità oggettiva e immutabile, salda e consolatrice per l’uomo che cerca, nel suo Signore, la via.

In tempi di ateismo ecclesiastico diffuso – compenetrato, per esigenze pratiche, a un misericordioso totalitarismo – monsignor Antonio Livi si è distinto fino all’ultimo come intrepido difensore della autentica fede cristiana, che ha continuato a professare, a spiegare e a proclamare senza cedimenti, ben sapendo quale sarebbe stato il prezzo da pagare. Un prezzo che in effetti ha pagato, ma che gli renderà merito al cospetto del Dio nel nome del quale ha sempre combattuto.

Elisabetta Frezza 3 Aprile, 2020

https://www.ricognizioni.it/un-ricordo-di-monsignor-livi-maestro-del-vivere-senza-menzogna/

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