ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 29 maggio 2020

Piccole monadi si riuniscono..

EMENDAMENTO STORICO
Parentali non più fantasma: lo Stato s'accorge della scuola libera

Fino a oggi Cenerentola nel sistema scolastico, per la prima volta dallo Stato arriva un timido riconoscimento delle scuole parentali: approvato un emendamento di Lega e Fratelli d'Italia nel Decreto scuola che equipara la modalità della Maturità e degli esami di III Media anche per gli studenti dell'istruzione famigliare. Ma il cammino per le scuole libere è ancora lungo: restano le discriminazioni per tutte le altre annate. Nasce un coordinamento di scuole cattoliche sotto l'egida dell'Osservatorio Van Thuan. 





È un piccolo emendamento nelle pieghe del più vasto Decreto Scuola, ma la sua approvazione segna un passaggio decisivo nel riconoscimento delle scuole parentali italiane. Bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno, anche se la strada da percorrere è ancora tanta vista la palese discriminazione nella quale vivono, tra color che son sospesi, gli oltre 15mila studenti delle scuole parentali, che lo Stato considera di fatto dei privatisti.

Ieri però al Senato con l’approvazione del Decreto Scuola è passato anche un emendamento accorpato di Fratelli d’Italia e Lega per consentire agli studenti che devono sostenere la Maturità di poterlo fare secondo la modalità del colloquio orale come accadrà per gli altri studenti d’Italia delle scuole pubbliche, statali e paritarie. L’emendamento va a inserire nelle modalità di esecuzione della Maturità anche l’estensione all’articolo 1, comma 4 lettera B «per i candidati provenienti da percorsi di istruzione parentale».  

È un piccolo passo, ma decisivo che proietta il neonato Coordinamento scuole familiari cattoliche, che ha richiesto l’intervento a diversi esponenti politici, come ente riconosciuto e con un suo peso politico nella battaglia per il riconoscimento dell’Istruzione Parentale, ancora una Cenerentola della scuola italiana, ma sempre più ricercata come presidio di libertà educativa.

Fino a ieri infatti i maturandi avrebbero dovuto sostenere un esame completo, vecchio stampo diciamo, senza tenere conto del fatto che con la pandemia, le modalità di svolgimento della Maturità sono cambiate per tutti. Una discriminazione, in sostanza.

L’emendamento, promosso dal senatore leghista Mario Pittoni e alla Camera dall’ex ministro della Famiglia Lorenzo Fontana consentirà lo stesso trattamento anche agli studenti di Terza media che potranno così sostenere l’esame come i coetanei.

La salita però è ancora ripida. Molti sono ancora gli elementi che penalizzano gli studenti delle “famigliari” rispetto ai coetanei al tempo del Covid.

A cominciare dal fatto che i maturandi rischiano di sostenere l’esame di Maturità molto dopo quelli degli altri e comunque probabilmente non entro il 1 settembre. Colpa del fatto che il Miur ha fissato al 10 luglio gli esami di Ammissione all'esame di Stato che di solito si svolgono in primavera. Si tratta di un pre esame che costituisce un’ammissione alla Maturità.

In sostanza: con la fine della scuola dell’obbligo, le annate III e IV delle Superiori, non sono soggette a esame di Stato per il conseguimento dell’obbligo scolastico. Ma per poter dare la Maturità, lo studente della parentale deve sostenere la prova di idoneità per le annate mancanti. La prova si svolgerà il 10 luglio, quando i coetanei delle altre scuole saranno già maturi e di conseguenza l’esame dovrà sostenersi a Settembre, costringendo le famiglie a dover rinunciare alle agognate vacanze, ma soprattutto mettendo i ragazzi nella difficile situazione di non potersi iscrivere alle prove pre selettive per quelle facoltà universitarie che lo richiedono. Insomma: una discriminazione.

Così come quella che subiranno tutte le atre classi parentali: le Elementari, la I e II Media e la I e II Superiore. «Per loro non c’è alcuna certezza di poter dare l’esame a giugno come chiediamo e come è sempre accaduto», spiega alla Nuova BQ Maria Bonaretti, referente del coordinamento delle scuole parentali che raggruppa alcune tra le principali esperienza scolastiche famigliari che hanno dato vita a opere pionieristiche che sono cresciute fino al punto da essere dei punti di riferimento: l’Istruzione familiare ImmaginaChe di Sant’Ilario-Reggio Emilia; la scuola Parentale Giovanni Paolo II di Piacenza; la Scuola Libera Gilbert Keith Chesterton di San Benedetto del Tronto; l’Associazione di promozione sociale Gesù Maestro di Staggia Senese; il Centro educativo Santa Maria degli Angeli di Montecorvino Pugliano (Salerno); l’Istituto cattolico di istruzione parentale Maria Mater Sapientiae e la Giovanni paolo II entrambe di Trieste e la Scuola Familiare di Nomadelfia.

Realtà che fino allo scorso anno erano monadi nel panorama dell’home schooling, slegate le une dalle altre e che dall’anno scorso si sono riunite in un coordinamento resosi necessario per iniziare a farsi sentire a livello associativo, politico, coerente con la Dottrina Sociale della Chiesa. Il coordinamento infatti è nato a seguito di una sollecitazione dell'Osservatorio Van Thuan che, dopo aver dedicato un numero del bollettino alle scuole parentali, ha invitato le principali realtà associative a sedersi attorno ad un tavolo per dare vita ad una realtà reppresentativa, di cui lo stesso Osservatorio fa parte, per lo scambio di buone pratiche e per creare sinergie di intervento.

Andrea Zambrano
https://lanuovabq.it/it/parentali-non-piu-fantasma-lo-stato-saccorge-della-scuola-libera

IL CORAGGIO DI CHI AMA
Denuncia il governo: “Volevano abortissi mio figlio Down”

Máire Lea-Wilson, 30 anni, scoprì che il figlio in grembo aveva la sindrome di Down e «la prima cosa di cui volevano parlare (in ospedale) era se volessi abortire. All’epoca ero incinta di 34 settimane». L'amore per il figlio l’ha spinta ad adire le vie legali per chiedere giustizia per le centinaia di bambini uccisi perché malati e discriminati rispetto ai sani. Scegliendo di fare come Davide con Golia e giocando in attacco.




Vuole trascinare il governo inglese in tribunale per affossare la legge sull’aborto, o almeno una sua parte. Tutto si può quindi dire tranne che la britannica Máire Lea-Wilson, 30 anni, contabile di Brentford, Londra, difetti di coraggio. Sì, perché questa battagliera madre di famiglia sembra davvero intenzionata ad andare fino in fondo, spinta da una forza incontenibile: l’amore per il figlioletto Aidan, nato nel giugno 2019 non grazie bensì nonostante le indicazioni sanitarie.

Infatti quando la Lea-Wilson, insieme al marito Simon, si era recata in ospedale durante la sua seconda gravidanza (dalla prima era nato il figlio Tom, che oggi ha 3 anni), si era sentita consigliare dal personale, neppure troppo velatamente, una sola strada: quella dell’aborto. Un passaggio drammatico, che la donna tutt’ora ricorda molto bene: «La prima cosa di cui volevano parlare era se volessi abortire. All’epoca ero incinta di 34 settimane».

In effetti, la legislazione inglese consente l’aborto dopo le 24 settimane di gestazione solo in casi di «gravi anomalie fetali»; e si dà il caso che la Trisomia 21, di cui è affetto Aidan, rientri tra esse. Tuttavia, la signora Lea-Wilson, d’accordo col marito, si è guardata bene dall’accogliere il consiglio abortivo, optando per la venuta al mondo di un figlio che adora: «Aidan è un piccolo raggio di sole. Non lo cambierei per nulla al mondo». Proprio l’amore per il figlio l’ha spinta, in questo periodo, ad adire le vie legali.

Nello specifico, la tesi con cui questa madre inglese spera di modificare la legislazione del suo Paese è la disparità di trattamento che, dopo le 24 settimane dal concepimento, viene posta in essere tra i nascituri sani e quelli che, invece, possono essere ancora abortiti in ragione delle già citate «gravi anomalie fetali». «Ho due figli, li amo e li apprezzo allo stesso modo», spiega la donna, «per questo ritengo sia sbagliato che la legge non li tuteli allo stesso modo. E per questo intendo cambiarla».

Di qui l’idea di una causa che la signora Lea-Wilson intende promuovere insieme, tra gli altri, ad Heidi Crowter, giovane attivista a sua volta affetta da Trisomia 21, il cui legale, l’avvocato Paul Conrathe, depositerà a breve un’istanza presso l’Alta Corte contro la previsione dell'Abortion Act del 1967 che, come detto, include la disabilità fra le giustificazioni degli aborti tardivi. Dopo spetterà ai giudici stabilire se dare o meno avvio ad un processo che, se mai si celebrasse, sarebbe senza dubbio qualcosa di storico a prescindere dall’esito che potrebbe avere. Staremo a vedere.

Quel che intanto è certo è che il problema degli aborti dei nascituri “colpevoli” di non essere abbastanza sani non rappresenta, neppure nel Regno Unito, una questione marginale. Lo dicono i dati, che hanno registrato solo nel 2018 quasi 3.300 aborti – 3.269, per l’esattezza - motivati sulla base di anomalie fetali; di dette anomalie, quasi la metà sono risultate essere malformazioni congenite, con la sindrome di Down indicata in almeno 618 casi. Ma gli esperti evidenziano come gli aborti eugenetici, dei quali una parte sarebbe sommersa ed estranea ai conteggi, possano in realtà essere ben di più.

Ecco che allora la battaglia di cui ha deciso di farsi interprete la signora Lea-Wilson, ben lungi dall’essere una sua faccenda personale, appare a tutti gli effetti una questione sociale dato che interessa ogni anno svariate centinaia di bambini inglesi abortiti per il solo fatto di non essere sufficientemente «conformi agli standard». Certo, una battaglia per la vita degna di questo nome non può dimenticare come gli aborti, nel Regno Unito, si aggirino complessivamente sui 200.000 l’anno, e come nessuno di essi che possa risultare qualcosa di minimamente accettabile, anzi.

Ciò nonostante, c’è da esser profondamente grati a questa madre di famiglia che, a ben vedere, avrebbe potuto starsene tranquilla a casa a godersi la compagnia del marito e dei suoi due figli; e invece ha scelto di combattere il nome del più fragile di essi, Aidan, per far sì che altri bambini possano vedere la luce. Senza esser più eliminati in nome di un presunto e discutibilissimo «diritto di scelta».

Giuliano Guzzo
https://lanuovabq.it/it/denuncia-il-governo-volevano-abortissi-mio-figlio-down

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