ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 27 maggio 2020

Talis Pater

“Rigido, gelido, sviato”. Così il monastero di Bose ringrazia il suo fondatore


“In questo tempo che ci prepara alla Pentecoste, invochiamo una rinnovata effusione dello Spirito su ogni cuore, perché pieghi ciò che è rigido, scaldi ciò che è gelido, drizzi ciò che è sviato e aiuti tutti a far prevalere non il sentimento personale ma la sua azione”.

Sono queste le parole finali del comunicato con cui il monastero di Bose ha dato notizia dell’ingiunzione di papa Francesco a fratel Enzo Bianchi, il fondatore, e a tre suoi fedelissimi, i monaci Goffredo Boselli e Lino Breda e la monaca Antonella Casiraghi, di “separarsi” dal monastero e “trasferirsi in altro luogo”.
La citazione di una strofa della sequenza “Veni Sancte Spiritus” non addolcisce, anzi, rende ancor più aspro l’addio, corredato dall’informazione che, dopo la notifica del decreto di espulsione emesso dalla Santa Sede il 13 maggio, “l’annunciato rifiuto dei provvedimenti da parte di alcuni destinatari ha determinato una situazione di confusione e disagio ulteriori”.
I precedenti e l’epilogo di questa storia sono riassunti nel comunicato del monastero, che è stato rilanciato da Vatican News la mattina del 27 maggio con il titolo perentorio: “Enzo Bianchi dovrà lasciare il monastero di Bose”.
Il tutto a motivo – si legge ancora nel comunicato – di “una situazione tesa e problematica nella comunità per quanto riguarda l’esercizio dell’autorità del fondatore, la gestione del governo e il clima fraterno”.
Enzo Bianchi, 77 anni, è un semplice monaco senza gli ordini sacri, come la quasi totalità dei circa ottanta membri – uomini e donne – della comunità monastica da lui fondata, con sede principale a Bose, in Piemonte, e con filiazioni a Gerusalemme, Assisi, Ostuni, Cellole di San Gimignano e Civitella San Paolo.
Nel 2014 papa Francesco lo ha nominato consultore del pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, anche a motivo dell’interconfessionalità del monastero, fatto di fratelli e sorelle di cinque nazioni, alcuni dei quali protestanti e ortodossi.
Uno dei più assidui visitatori di Bose, dove risiede per lunghi periodi, è l’arcivescovo emerito di Canterbury e primate della Chiesa anglicana Rowan Williams.
Enzo Bianchi è uno dei leader più influenti del cattolicesimo progressista, padre nobile della cosiddetta “scuola di Bologna”. È stato presidente dal 1978 al 2000 della Fondazione per le Scienze Religiose fondata a Bologna da don Giuseppe Dossetti, del cui consiglio di amministrazione è membro a vita.
Nel primo pomeriggio del 27 maggio, anche "L'Osservatore Romano" ha riportato ampi stralci, a pagina 7, del comunicato del monastero di Bose sull'estromissione del suo fondatore.
Settimo Cielo
di Sandro Magister 27 mag

La crisi del Covid 19 colpisce l’economia della Santa Sede in quello che forse è uno dei momenti peggiori della sua credibilità dal punto di vista finanziario, e la rende particolarmente vulnerabile: tanto che c’è chi è arrivato a parlare di default per il piccolo Stato. Un colpo drammatico è venuto, naturalmente, dal blocco del traffico turistico in Italia, che ha tagliato – la chiusura dei Musei Vaticani – la fonte di introito più rilevante in assoluto. A breve i Musei riapriranno, ma per visite guidate, una quantità di visitatori limitata; un ruscello a confronto del fiume quotidiano abituale.

In una riunione fra i capi dei dicasteri, nei giorni scorsi, sono state fatte alcune proiezioni per capire di quanto la crisi del Covid 19 può decurtare le entrate di bilancio. Le stime più ottimistiche indicano una diminuzione delle entrate intorno al 25 per cento. Le più pessimistiche intorno al 45 per cento. Ma su tutto questo grava un altro punto interrogativo gigantesco: infatti nessuno dietro le Mura è in grado di dire se ci sarà una diminuzione delle donazioni all’Obolo di San Pietro, a causa delle difficoltà economiche di larga parte del mondo occidentale, e se e quanto ci sarà una diminuzione dei contributi che arrivano dalle Diocesi.

Già, perché tre sono i Paesi le cui diocesi e conferenze episcopali danno un maggiore aiuto a Roma:

Gli Stati Uniti, l’Italia e la Germania. Negli Stati Uniti il flusso di contributi da parte dei fedeli, e in particolare dai grandi contributori, ha subito un netto calo: il caso McCarrick, nomine episcopali discutibili, il caso clamoroso della Papal Foundation e in generale una maggiore disaffezione verso la gerarchia cattolica hanno ridotto drasticamente le offerte. In Italia sappiamo che l’8 per mille è calato. E in Germania le cose non vanno meglio. Anzi. Secondo alcune stime fatte recentemente, il gettito fiscale previsto per quest’anno potrebbe subire una contrazione anche del 20% delle entrate.

Le previsioni dello Stato inizialmente facevano pensare ad un calo più contenuto, si parlava del 13% ma dopo l’avvio dell’economia e, di conseguenza, del gettito fiscale il calo potrebbe arrivare a cifre superiori. E questo colpirà duramente la Chiesa in Germania (è il secondo datore di lavoro dopo lo Stato) e con effetto domino anche gli aiuti a Roma. Grazie al peculiare sistema fiscale tedesco, in base a cui chi dichiara di appartenere a una confessione versa ad essa una parte di tasse, nel 2018 i contribuenti che si sono iscritti alla Chiesa cattolica hanno versato 6,6 miliardi di euro di tasse ecclesiastiche.

E anche se le cifre della Santa Sede sono in valori assoluti non eclatanti, un impatto della crisi ci sarà. Tra il 2016 e il 2020 sia le entrate che le uscite sono state costanti: le entrate intorno ai 270 milioni, e le spese in media intorno a 320 milioni, a seconda dell’anno.

Ma c’è anche un altro elemento che fa da sfondo a questa situazione; ed è l’odore di scandali che è tornato ad aleggiare intorno alle finanze vaticane, dopo che la Riforma dell’economia – portata avanti con coraggio da Pell, spesso ferito da fuoco amico – si è arenata di fronte alle resistenze di posizioni di potere consolidate, che il Pontefice non ha avuto il coraggio o la forza, a dispetto dei “motu proprio” iniziali, traditi poi da successivi rescritti di realizzare. E l’ultimo caso, quello del palazzo di Sloane Square a Londra acquistato anche – secondo alcuni – con i proventi dell’Obolo di San Pietro, con il suo contorno di inchieste giudiziarie, perquisizioni, arresti, allontanamenti, e – forse – licenziamenti di prestanome usati per coprire alti prelati non contribuisce certo a invogliare i fedeli a gettare nel cesto per le offerte vaticano il proprio obolo. Specialmente in tempo di crisi…

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